Aspergillosi nei Rapaci

Aspergillosi
Di:
Dott. Antonio Di Somma e  Dott. Maddalena Garlinzoni

aspergillosiL’Aspergillosi e’una malattia conosciuta e temuta dai falconieri gia dai tempi di Federico II, il quale la citava nel famoso trattato ”De arte venandi cum avibus”. In effetti la malattia mieteva vittime specialmente fra i preziosissimi girfalchi bianchi che arrivavano decimati dalle spedizioni di cattura in Groenlandia. I falchi  che sopravvivevano (indeboliti dalla malattia) venivano chiamati i ”falchi con il respiro corto”. In effetti l’Aspergillosi e’stata diffusamente studiata in seguito e si e’ rivelata “malattia oppurtinistica” perche’il fungo che la provoca prospera in determinate condizioni predisponenti al suo sviluppo. L’Aspergillosi viene definita una malattia infettiva ma non contagiosa da un soggetto a un altro.

L’Aspergillosi e’una delle patologie respiratorie piu’frequenti negli uccelli tenuti in cattivita’e nei rapaci acquista particolare pericolosita’sia riguardo alla mortalita’che ai problemi di scarsa performance di volo nei soggetti che sopravvivono. La malattia e’ causata dall’inalazione delle spore prodotte da alcuni miceti, in particolar modo da Aspergillus fumigatus, tristemente famoso anche in medicina umana. Le spore sono un po’ovunque nell’ambiente vegetale e, una volta inalate, possono colpire diversi tratti dell’apparato respiratorio (polmoni, sacchi aerei, siringe). Nel punto di colonizzazione si possono vedere con l’esame endoscopico piccole bianche fioccose colonie che producono aerosacculite e malessere generale per rilascio di tossine. La malattia non e’ trasmissibile da soggetto a soggetto, il suo insorgere e’ legato allo stato immunitario e alla recettivita’ dell’animale alla malattia stessa. L’aquila reale, lo smeriglio, i girfalchi e in generale tutti gli uccelli originari dei paesi piu’ freddi (tipica la malattia nei pinguini) si sono dimostrati particolarmente sensibili alla malattia un volta trasferiti in climi piu’ umidi e temperati. L’insorgere e l’evoluzione dell’Aspergillosi sono fortemente legati allo stato immunitario dell’animale,  per cui sono predisponenti tutte le cause di immunodepressione, tra cui: stress di qualsiasi natura (lunghi viaggi, cambio della temperatura ambientale, stress psicologici), prolungate terapie antibiotiche, terapie cortisoniche. Sono molto importanti anche le condizioni ambientali in cui vive l’animale: scarsa ventilazione, illuminazione insufficiente, materiale vegetale in decomposizione e scarsa igiene della falconiera, sono tutti fattori che concorrono all’insorgere e alla gravita’della malattia.

L’Aspergillosi puo’ presentarsi, per sintesi, in due forme: acuta e cronica. La forma acuta, meno frequente, insorge nei giovani soggetti oppure in uccelli adulti immunodepressi o che hanno inalato grandi quantita’ di spore provenienti  da ambiente fortemente contaminato. I soggetti colpiti da Aspergillosi acuta possono andare incontro a morte in pochi giorni con una sintomatologia varia e non sempre riconoscibile, provocata specialmente dalle tossine del micete. La forma cronica si puo’ avere in tutti i rapaci: nella fase precoce di questa, i sintomi non sono riferibili all’apparato respiratorio ma l’animale presenta segni di generico malessere: calo delle prestazioni atletiche, diminuito appetito, cambiamento della voce, perdita di peso. La diagnosi di sospetto si basa  sui segni clinici unitamente al risultato degli esami ematologici che mostrano in genere leucocitosi e neutrofilia. E’ comunque fondamentale effettuare l’esame radiologico e specialmente endoscopico dei sacchi aerei e anche della trachea che, unitamente all’isolamento del micete, danno la diagnosi di certezza. La prognosi dipende dalla gravita’ dei sintomi e dall’appartenza dell’animale a una categoria a rischio. Di solito, se diagnosticata al suo insorgere, un mese di terapia puo’salvare la vita dell’animale e il suo futuro di buon volatore. Se la malattia e’diagnosticata con sintomi gravi gia’in atto si puo’cercare solo di salvare l’animale con terapie prolungate e controlli incessanti in seguito. La malattia infatti non da’stato di immunita’nei soggetti guariti i quali sono invece piu’ propensi di altri alle ricadute.

Prognosi da riservata a infausta nei casi in cui vi sono segni clinici gravi: importante difficolta’ respiratoria (dispnea), notevole perdita di peso, vomito, anoressia, segni di insufficienza renale in genere (feci verdi pastello).

In alcuni soggetti si ha la formazione di un unico granuloma che occlude le vie aeree, sopratutto a livello della siringe, se la massa e’rimovibile chirurgicamente e non c’e’ ulteriore coinvolgimento dell’apparato respiratorio la prognosi e buona. La terapia e’ farmacologica oltre che chirurgica. Moltissimi farmaci sono citati in letteratura: amphotericina B in vena, itraconazolo, ketoconazolo e fluconazolo per via orale; enilconazolo, amphotericina B e clotrimazolo per inalazione.Tutti i medicinali provengono dalla medicina umana ed alcuni di loro sono molto meglio sopportati dai pappagalli che dai nostri rapaci. Comunque quasi tutti vanno somministrati per il periodo di un mese in via continuativa, prima di sospendere la terapia e’ necessario sottoporre il soggetto ad un nuovo esame endoscopico. Superfluo sottolineare l’importanza del controllo veterinario in corso di terapia cosi’ prolungate. Esistono altre molecole utilizzabili nella terapia dell’aspergillosi, ma si sono dimostrate meno efficaci o addirittura tossiche. Nei casi in cui si rende necessario ricorrere alla terapia chirurgica e’ sempre necessario associare anche la terapia farmacologica.

Per quanto riguarda la profilassi dell’aspergillosi e’  bene operare un trattamento preventivo per i soggetti  a rischio in determinati momenti predisponenti della loro vita. E’ quindi buona norma sottoporre le specie piu’ sensibili e gli animali sotto stress a un controllo del veterinario che decidera’ se iniziare un ciclo di itraconazolo, farmaco che a giuste dosi  e’ ben tollerato per un periodo di due settimane. Infine un avvertimento: portare il falco dal veterinario specialista ai primi sintomi di malessere, meglio una visita inutile che una terapia iniziata in ritardo o quando e’ ormai addirittura troppo tardi. In Italia l’interessamento dei veterinari per la medicina aviare e’ in continuo crescendo per cui il corretto trattamento e, specialmente, la qualita’ della vita del nostro amatissimo rapace dipende in principal modo dalla sensibilita’ del suo falconiere e dall’identificazione della unita’ sanitaria specialistica. Siamo sicuri che le associazioni dei falconieri, numerose e sempre disponibili, saranno di grandissimo aiuto e supporto logistico. Noi in particolare saremo lieti di rispondere a eventuali quesiti e dubbi.

Antonio Di Somma DVM Direttore Dubai Falcon Hospital  dfh@emirates.net.ae

Maddalena Garlinzoni DVM mgarlinzoni@katamail.com

Bunblefoot nei rapaci

bumblefoot

Da centinaia di anni questa patologia è conosciuta dai falconieri di tutto il mondo e rappresenta uno dei principali problemi dei rapaci, soprattutto falconidi ma non solo, tenuti in cattività ed allevati sia per la riproduzione che per la caccia. In letteratura se ne trova traccia sin dal testo sacro della falconeria scritto da Federico II, il “ De Arte Venandi Cum Avibus”. Bumblefoot o pododermatite è un termine generale per ogni condizione infiammatoria o degenerativa del piede degli uccelli e può andare da un modico arrossamento dei cuscinetti accompagnato da edema ad ascessualizzazione profonda e cronica accompagnata da modificazioni ossee (osteomielite).

Le considerazioni da fare per la prevenzione del bumblefoot sono:

  • Appropriate dimensioni, forma e tipo delle pertiche

  • Materiali adeguati per la costruzione delle voliere e dei loro posatoi e prevenzione dei danni traumatici al piede

  • Nutrizione adeguata sia per tipo che per quantità

  • Pulizia delle gabbie, attrezzature e posatoi

CLASSIFICAZIONE E CAUSE DEL BUMBLEFOOT

Innanzitutto bisogna ben tenere presente che l’evoluzione della malattia dipende strettamente dalla causa che l’ha determinata e dalla specie considerata.

Spesso le lesioni da bumblefoot di grado da I a III, non sono ancora considerate come gravi lesioni del piede dai falconieri, per cui è raro osservarle in un rapace alla visita clinica. Vengono quindi spesso osservate lesioni gravi, di grado IV o V quando per il recupero dell’animale sarà necessario non solo la terapia medica ma anche quella chirurgica.  Le lesioni infatti possono procedere molto velocemente se non trattate adeguatamente in tempo. Ovviamente le prognosi sono tanto più favorevoli quanto prima viene intrapreso il trattamento delle lesioni.

Solitamente le lesioni da Bumblefoot da grado I a III sono determinate da una non corretta gestione degli animali, quindi pertiche inadatte, sovrappeso e materiale di costruzione delle voliere potenzialmente pericoloso ( legature della rete che possono ferire il piede) e spesso ( ma non sempre) con un miglioramento delle condizioni di allevamento e alcune terapie mediche regrediscono più o meno velocemente.

Grado I

Desquamazione di piccole aree della superficie plantare del piede clinicamente evidenti per la presenza di aree piccole aree rosee con desquamazione della pelle del piede o della zampa

Grado II

Aree circoscritte, sottili e lisce sulla superficie plantare del cuscinetto metatarsale di uno o entrambi i piedi con io tessuto sottocutaneo evidente al di sotto della pelle che diventa translucente. Non è evidenziabile distintamente la presenza di ulcere.

Grado III

Ulcerazione del cuscinetto plantare metatarsale. In alcuni uccelli si può evidenziare la formazione di un callo.

Grado IV

Nelle ulcere è presente del materiale necrotico. Molte specie con la presenza di ulcere e materiale necrotico mostrano segni evidenti di dolore e disagio

Grado V

Gonfiore ed edema (cellulite) del tessuto che circonda la necrosi. Le dita o anche la zampa possono essere edematose. I detriti necrotici si accumulano nell’area metatarsale con conseguente infezione dei tendini. E’ comune estremo dolore. Può essere interessato l’intero cuscinetto metatarsale. Questa è generalmente una lesione cronica.

Grado VI

Clinicamente sono evidenti i tendini necrotici, come rigonfiamenti a livello delle dita e rottura dei tendini flessori. Solitamente nella guarigione sono comuni l’artrite e la perdita di funzionalità di una o più dita

Grado VII

Osteomieliti

Abrasioni ed escoriazioni sulla superficie plantare del piede si possono realizzare quando i rapaci saltano continuamente da una pertica a una superficie troppo dura, quando si aggrappano con le zampe sulle sbarre della gabbia, sulle maglie della rete o quando sono costretti a rimanere su delle pertiche in cemento. Anche la non corretta distribuzione del peso sulle zampe è in grado di determinare la patologia e lesioni traumatiche ad una zampa possono determinare un bumblefoot secondario sulla zampa controlaterale per eccessivo carico di peso nel tentativo di risparmiare l’arto che causa dolore. Altri eventi traumatici e non, come unghie troppo lunghe, morsi delle prede, lesioni da poxvirus, danni da freddo o ustioni sono anch’essi in grado di far scoccare la scintilla che porterà allo sviluppo di bumblefoot.

Anche se la precisa patogenesi del bumblefoot non è ancora ben compresa sembra che  una riduzione della circolazione verso il piede, e un danno microepiteliale che comportano una incapacità locale di azione del sistema immunitario che permette ai batteri di prendere il sopravvento sull’organismo nonché la riduzione del ritorno venoso dal piede possano effettivamente esserne la causa. L’inattività a cui sono soggetti gli animali tenuti in gabbia è il fattore scatenante, mentre altri fattori predisponenti inducono la formazione del bumblefoot.

TRATTAMENTO MEDICO-CHIRURGICO

Le prevenzione del bumblefoot consiste nel costante monitoraggio delle condizioni dei piedi per segni precoci di ipercheratosi, desquamazioni e lesioni della cute delle zampe nonché arrossamenti , gonfiori e correzione delle cause sottostanti, nonché la corretta scelta dei materiali per costruire gabbie, voliere e falconiere, una dieta bilanciata ed integrata. Data la difficoltà e la lunga durata del trattamento del bumblefoot che richiede continuo monitoraggio veterinario è consigliabile mettere in atto tutti gli accorgimenti possibili per evitare di dover trattare poi una patologia così potenzialmente invalidante.

Gli obiettivi del trattamento del bumblefoot sono:

§         Ridurre l’infiammazione e il gonfiore

§         Instaurare una dieta adeguata

§         Applicare dei drenaggi se necessario

§         Iniziare una terapia antibiotica per eliminare i germi patogeni

§         Trattare adeguatamente la ferita in modo da permettere un rapida guarigione

§         Trattare le carenze alimentari

Possono essere indicati anche l’incisione chirurgica degli ascessi che si possono formare e l’amputazione di alcune dita gravemente danneggiate.

I gradi dal I al III generalmente rispondono alla pulizia della ferita e del piede, nonché alla correzione delle tecniche gestionali e carenze dietetiche sottostanti.

Il trattamento conservativo consiste nel cambiamento della dieta e nel rivestimento delle pertiche con materiali adatti (Astroturf®), applicazione topica di medicamenti e se necessario anche il bendaggio della zampa. Sono stati usati molti prodotti topici inclusi degli agenti emollienti, DMSO per le infiammazioni acute e pomate antiemorroidali.

I tipi di bendaggio applicabili sono il semplice bendaggio delle dita, bendaggio interdigitale e bendaggio a palla, nonché l’applicazione di scarpette in poliestere, polimetilmetacrilato imbevute di antibiotico per uso locale e precedentemente sterilizzate, o altri materiali idonei.

Il trattamento del IV grado invece prevede il drenaggio, l’irrigazione e la chiusura della ferita solo quando l’infezione è stata risolta. La prognosi è incerta.

Il trattamento del bumblefoot di V e VI grado deve essere aggressivo, e la prognosi riservata. Nei rapaci la terapia per i gradi IV e V comprende l’applicazione topica di  preparazioni a base di DMSO, contenenti anche antibiotici e cortisonici in giuste proporzioni e il composto così preparato può essere conservato per un certo periodo in frigo per le successive applicazioni.

La risoluzione dei gradi superiori al IV è lenta e la guarigione completa può richiedere anche mesi. Il trattamento iniziale comprende la terapia antibiotica che si dovrà protrarre per 7-10 gg. L’intero piede deve subire una buona disinfezione chirurgica, le ferite devono invece essere lasciate umide e su di esse non deve essere applicata nessuna forza. Un tampone prelevato dai tessuti profondi dove sono presenti gli ascessi deve essere inviato per fare l’esame colturale alla ricerca di batteri e funghi. La ferita deve essere lavata copiosamente con soluzione disinfettanti usate anche per lo scrub chirurgico e lasciata a bagno per 5 minuti, deve poi essere risciacquata con soluzione salina sterile e fasciata con garze imbevute della stessa soluzione usata per la disinfezione, ed applicato il bendaggio. Il secondo giorno deve essere praticata la stessa procedura e la maggiorparte delle operazioni può essere effettuata senza l’anestesia.

Il terzo giorno la maggiorparte del gonfiore si sarà ridotto e l’essudazione dalla ferita cessata. Il materiale fibrotico viene rimosso e il piede preparato sterilmente per la chirurgia. Deve essere fatta un’ampia esposizione dell’area e la parete ascessuale deve essere eliminata. I tendini e i legamenti danneggiati devono essere rimossi completamente se non è possibile la loro ricostruzione chirurgica. La ferita deve essere ampiamente irrorata con soluzione disinfettante usata anche in precedenza e lavata con soluzione salina sterile. Questa verrà poi parzialmente suturata per permettere il drenaggio e bendata con un bendaggio non troppo compressivo. Il bendaggio dovrebbe essere cambiato inizialmente dopo 2-6 ore, poi ogni giorno per una settimana e poi ogni 3 giorni e così sino a 3-4 settimane quando inizierà la guarigione e la ferita potrà essere completamente suturata. Mano a mano che avviene la guarigione il bendaggio verrà sempre più alleggerito sino a toglierlo definitivamente. Ovviamente nel post operatorio i posatoi dovranno essere adeguati.

E’ anche possibile eseguire terapie antibiotiche locali mediante l’applicazione di sferule di polimetilmetacrilato imbevute di antibiotici efficaci ed in grado di resistere ai trattamenti termici necessari per la loro sterilizzazione. Tali tipi di terapie sono utili nel caso di animali particolarmente suscettibili allo stress limitando la manipolazione del paziente.

MARCO BEDIN, Dott. Med. Vet.

Libero Professionista, Fabriano (AN)

Professore a Contratto Università degli studi di Padova, Facoltà di Medicina Veterinaria, C.I.P.

Clinica degli Animali Selvatici e Non Convenzionali

338 4009259 dott.bedin@libero.it

Bunblefoot

L’angolo del Veterinario:

Il bumblefoot

Bumblefoot rimane una delle malattie più comuni e più serie dei rapaci.

Bumblefoot è una lesione infetta che interessa la sfera del piede e le punte delle dita. Bumblefoot è una malattia comune a molte specie di rapaci (particolarmente quelli tenuti in cattivita’ e rara in uccelli selvaggi) e tende a diventare, progressivamente , cronica e a volte inabilitante.   Se tale condizione capita ad accipitrini o poiane, rispondono di solito alla terapia ordinaria, mentre nei falconi i tassi di recupero sono di solito scadenti.

La Causa
Le zampe dei  Rapaci sono protette da uno strato spesso di pelle dura asciutta. Sul  fondo ci sono delle proiezioni dure (cuscinetti tarsali), che contribuiscono a distribuire il peso dell’animale al piede.
Questa malattia si  presenta per uno o due motivi. In primo luogo da qualsiasi penetrazione del piede, causata  da una spina, da un ente estraneo , da un filo spinato arrugginito  o qualunque altro oggetto tagliente o abrasivo che può introdurre simultaneamente l’ infezione nella pelle o nelle strutture più profonde del piede. Secondariamente,e più comunemente, uccelli in cattivita’,  possono procurarsi una piaga da pressione sulla parte inferiore dei piedi   (prendono peso eccessivo sui loro piedi ) questo perche’ tenuti legati su blocchi o pertiche inadatte, o semplicemente a causa di periodi di inattivita’. Se il peso è ricevuto in modo anomalo da certe parti del piede, il ricambio del sangue in queste aree è compromesso, e porta ad  una riduzione del sistema locale di difesa della pelle, tale che i batteri che  vivono naturalmente sulla pelle, possono penetrare queste difese ed entrare nel piede. Una volta che i tessuti sono influenzati, tendono a gonfiare, rendendo questa zona del piede ancor più prominente e quindi più inadatta per sopportare il peso quando l’ uccello sta  in piedi, quindi  questa zona si compromette ulteriormente . Quando i batteri entrano nel tessuto del piede, tutti i tentativi del medesimo di reagire sono è minimizzati dalla mancanza di afflusso sanguineo. Con il tempo i batteri penetrano in  modo più profondo nei tessuti del piede e a causa dell’infezione  e  del danneggiamento delle strutture più profonde puo conseguire un bumblefoot molto serio e paralizzante. Entro 3-5 giorni del trauma iniziale,  si viene a formare una barriera di tessuto cicatrizzato  intorno a qualsiasi zona dell’ infezione o dell’ infiammazione,che quindi protegge i batteri dagli effetti benefici del meccanismo di difesa interno dell’organismo (o degli antibiotici somministrati da un curatore), che sarebbe normalmente trasportato là dal ricambio di sangue. Questo meccanismo spiega la carenza di guarigioni spontanee,  la risposta all’ intervento chirurgico e il tasso di recidivita’ in molti casi .

 

Segni Clinici

Il bumblefoot per essere trattato con successo è di importanza fondamentale che sia riconosciuto in una fase iniziale. I casi possono essere classificati secondo la loro fase di sviluppo.
Nel primo stadio come si puo’ vedere da  figura I ,la zampa e’ caratterizzata  soltanto da cambiamenti superficiali e  ha quindi una prognosi favorevole, poichè  c’ è un infezione parziale.

In questo stadio la malattia risponde di solito a cambiamenti di modifica conservativa e protettiva, che includano il cambiamento delle superfici d’appoggio e l’applicazione di emollienti topici come la Preparation H  (Laboratori Di Whitehall). Ogni ulteriore fase è caratterizzata da cambiamenti più seri nel piede, in particolare alle strutture più profonde. Nel  II stadio  l’ infezione e’ localizzata ma non danneggia le strutture più profonde, mentre nella III  fase infezioni piu’ generalizzate  danneggiano le strutture più profonde. La fig II mostra un caso tipico della fase III, che richiederà inevitabilmente la chirurgia, dopo un’analisi  della sensibilità dei batteri presenti agli antibiotici. Per effettuare un intervento ambulatoriale,questo dovra’ essere fatto in una fase iniziale, mentre il materiale infettivo può ancora essere asportato in modo pulito e prima che l’ infezione abbia intaccato i tendini o le ossa. Nella fase IV, le strutture più profonde del piede sono danneggiate e la prospettiva che si presenta e’ molto seria, mentre nella fase V l’ osso è infettato e  tali casi sono  considerati come disperati, ed  e’ consigliata’ l’eutanasia.

Nella recente 3° Conferenza Internazionale di Biomedicina dei Rapaci tenutasi in Sud Africa, David Remple dal Dubai e Neil Forbes dall’Inghilterra, hanno presentato il risultato delle loro scoperte realizzate in un progetto di ricerca che utilizza una nuova tecnica nel trattamento delle infezioni , che  spesso  erano state responsabili di problemi nella terapia del bumblefoot . Remple e Forbes (1998) hanno descritto l’ uso  di mastice osseo impregnato di antibiotico utilizzato nel trattamento del bumblefoot. Con questo metodo, cioe’ con concentrazioni locali di antibiotico  si possono ottenere risultati migliori rispetto alle iniezioni o alla somministrazione di pillole senza contare sulla circolazione sanguigna, che in tali casi è spesso indebolita.Inoltre, sostanze che non potrebbero essere usate normalmente per iniezioni o in pillole, (in considerazione dei loro effetti tossici potenziali) possono essere  somministrate in modo sicuro in questa forma locale.

Gestione Clinica
Il primo punto per prevenire il bumblefoot è la formazione del curatore. La procedura di maneggiamento quotidiano e di controllo della salute del piede è inestimabile. Se i casi possono essere rilevati nella fase I,  teoricamente tutti risponderanno  immediatamente alla terapia conservatrice ( cioe’ trovare la causa del problema, ad esempio  pertiche inadatte e sostituirle con piu’ idonee). Sulla presentazione dei casi più seri occorera’ una diagnosi del rapace e  un esame clinico completo. Qualunque altro disturbo, causante  problemi al piede (per esempio lesioni spinali o pelviche ,vaiolo o geloni) o malattie generiche (carenze nutrizionali,aspergillosi,tubercolosi ecc..)si deve prendere in considerazione.

Se la causa è da attribuire al modo di tenere il rapace, la lesione  probabilmente sara’ simile o identica nella gravita’ e nella posizione su entrambi i piedi. I problemi in questo caso variano dal semplice stazionamento per periodi eccessivi su posatoi inadeguati (spesso troppo lisci o duri),  o attrezzature inadeguate (come geti Aylmeri o sonagli che urtano ripetutamente ferendo il tarso o il piede), a ferite dovute al colpire o afferrare recinzioni o altri materiali usati nella costruzione delle voliere. Un’altra causa e’ da attribuire al modo in cui certi rapaci colpiscono il logoro o il selvatico ,infatti possono avere la brutta abitudine di colpire con eccessiva forza con i loro piedi la selvaggina o il logoro ricavandone ripetute lesioni e danni ai piedi.  Se questo accade nel volo al logoro, un disegno migliore , un logoro piu’ leggero di peso, o un  uso più attento  può aiutare. Se la causa è  conseguenza d’una escoriazione, questa può essere dovuta dal modo in cui  l’ uccello è catturato in voliera, o per l’eccessiva crescita degli artigli, o dovuta alla puntura di un corpo estraneo o al ferimento dovuto al morso di un selvatico (scoiattoli, ratti etc.)
Il Bumblefoot non colpisce mai soltanto un piede. Non appena un piede è interessato, il peso supplementare  sopportato dal piede buono, fara’ in modo che anche esso subisca un bumblefoot da necrosi pressoria . Se soltanto un piede sembra affetto, l’ azione dovrebbe essere intrapresa per ridurre il peso sopra la superficie intera del piede buono, comprese le punte, piuttosto che semplicemente la sfera del piede, per impedire  che la malattia attacchi il  secondo piede. La stessa cosa capita a qualunque rapace con  ferite al piede, infatti il piede sano sopporterà più peso del solito e dovrebbe essere imbottito adeguatamente, se questo non viene fatto, un bumblefoot si svilupperà velocemente(per i falchi in particolare). Poichè ci sono vari sistemi per curare e prevenire il bumblefoot.  l’amputazione della  zampa di un rapace dovrebbe  essere evitata.
In tutti i casi il primo punto è prendere un tampone per esaminare i batteri e vedere che antibiotico puo’ essere efficace. In alcuni casi gli antibiotici per il piede possono  essere efficaci, mentre nei casi più seri, (ed in quelli che non rispondono al farmaco),  sarà indicato l’intervento chirurgico.   In questi casi i rapaci  sono anestetizzati ordinariamente usando Isoflorane, il piede viene disinfettato e la parte infetta  rimossa chirurgicamente.Sopra la  ferita, verranno poste delle imbottiture fascianti  impregnate di  antibiotico . In questo modo si continuera’ a  scaricare gli antibiotici nella zona locale che circonda il tessuto precedentemente infettato, per un periodo di mesi.  .
E’ di importanza fondamentale che la pressione  sia alleviata efficacemente dal luogo di funzionamento ( la sfera del piede).  Negli ultimi anni sono stati sviluppati  un certo numero di sistemi differenti per realizzare questo. A seconda della specie si avranno strutture differenti .Per  quelle piccole verranno utilizzati rivestimenti di fibre naturali,per le più grandi   ingessature fatte da gomma piuma rigida o un’imbottiture fascianti ecc.. Queste fasce vengono realizzate sulla parte inferiore alla base di ogni dito dove il dito stesso incontra il cuscinetto del piede.   Il risultato finale è che il cuscinetto del piede ‘ non regge alcun peso e l’ aria è libera di passare intorno alla ferita.Le preparazioni sono fatte da gomma piuma rigida, da plastica, da legno o da un cerchio di corda, ampiamente riempito con gomma piuma ed ovatta. Gli antibiotici verranno somministrati  per via orale o iniezione per 14 – 21 giorni.Queste preparazioni  sono ingombranti, ma in effetti sembrano molto comode per loro, anche se bisognera’ tagliare il cibo, poichè l’ uccello non e’ in grado di tenerlo fermo mentre porta queste preparazioni.
Conclusione
Bumblefoot è stato un’ afflizione seria degli uccelli da falconeria per  migliaia di anni. Una descrizione dettagliata è stata fatta dall’ imperatore Frederico II di Svevia (1194-1250) nel suo trattato monumentale, De Arte Venandi cum Avibus.    Il riferimento  iniziale al trattamento chirurgico della malattia compare in Falconry, pubblicato nel 1615 (cooper 1980). Tuttavia malgrado la si conosca da tanto tempo, tale disturbo resta quello di gran lunga più diffuso nei rapaci in cattivita’.  Una totale pulizia chirurgica è tuttora consideratea essenziale per un efficace trattamento anche quando si usino schiume da ingessatura. Una corretta e totale eliminazione della pressione sul cuscinetto del piede che segua il trattamento chirurgico è essenziale. Ogni parte di questo regime di trattamento è fondamentale, e si ottiene una durata notevole della cura che  incrementa significativamente  sui tassi precedentemente segnalati di recupero.

 

Si ringrazia per la traduzione: Iuri Montarani.

 

Per Approfondimenti:

Treating Bumblefoot in Birds of Prey By Melissa A. Gray

Legge 4058 sulla Falconeria, falconieri negli aeroporti

Legge 4058 sulla Falconeria : intervista ad Andrea Brusa, Presidente dell’Unione Nazionale Cacciatori Falconieri.

Sig. Presidente, come ha reagito l’UNCF alla notizia della votazione della Camera sulla Legge 4058 riguardante la Falconeria?

L’Unione Nazionale Cacciatori Falconieri esprime soddisfazione per il parere positivo emesso lo scorso 8 marzo dalla Camera dei Deputati nei confronti della Legge 4058.
falconiere aeroportoLa legge modifica l’articolo 22 della Legge 157/92 inserendo due importanti innovazioni inerenti la Falconeria.
La prima e’ che le tutte le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dovranno disciplinare le modalita’ di autorizzazione e di utilizzo della Falconeria con proprie leggi.
La seconda, assicura la presenza dei falconieri negli aeroporti giudicati idonei all’utilizzo della Falconeria per il bird-control, con l’intendimento di diminuire fortemente il numero degli incidenti aerei dovuti all’impatto con gli uccelli che occupano in modo assiduo le piste di decollo ed atterraggio.

In pratica quali potrebbero essere gli sviluppi concreti derivanti dal recepimento della Legge attuato dalle Regioni?

La possibilita’ delle Regioni di regolamentare in toto la normativa della Falconeria sul proprio territorio, svincola di fatto i falconieri a dover acquisire la licenza di caccia obbligatoriamente collegata al porto d’armi, come fin’ora e’ accaduto poiche’ previsto dalla legge 157/92. Anche se assimilare legalmente un falco ad un fucile e’ evidentemente grottesco, l’articolo 13 e l’articolo 22 della legge 157/92 parlavano chiaro ed i successivi articoli della vecchia legge non facevano particolari distinzioni fra le due armi con le quali si puo’ attuare il prelievo venatorio(arco e fucile) ed i falchi, anche loro considerati “mezzo di caccia” consentito.
In effetti, sebbene sia corretto che il Falconiere conosca le norme dell’attivita’ venatoria e che collabori alla gestione della caccia iscrivendosi agli ambiti di caccia, rispettando i calendari e le specie come tutti gli altri cacciatori, pareva quasi paradossale che dovesse sottostare formalmente anche a tutte quelle norme che derivano esclusivamente dalla pericolosita’ del maneggio di un’arma.

Aumentano quindi le possibilita’ di praticare la Falconeria anche al di fuori della pratica venatoria?

Certamente. Ricordiamo che, per esempio, gli obbiettori di coscienza non potevano acquisire il porto d’armi e quindi non potevano neppure avere la licenza di caccia e di conseguenza praticare la Falconeria.
C’e’ poi una parte di Falconieri che sono appassionati non tanto della caccia, quanto del “volo” dei falchi e con la nuova legge sara’ possibile creare abilitazioni svincolate dal prelievo venatorio un po’ come accade oggi per gli appassionati del tiro al volo.
Il volo al logoro (simulacro di cuoio di un uccello, utilizzato per il richiamo del falco verso il falconiere o per l‘allenamento) e’ usato in tutte le esibizioni pubbliche o le rievocazioni storiche in cui i falchi vengono fatti volare a scopo dimostrativo. Anche l’utilizzo dei falchi per liberare aree di interesse pubblico frequentate da uccelli opportunisti come gli storni ed i piccioni nei centri urbani, i corvidi, i laridi o gli ardeidi negli allevamenti ittici, e’ un’attivita’ che ultimante viene sempre piu’ richiesta, poiche’ efficace ed incruenta. Ed anche in questi casi il porto d’armi non si capiva bene a cosa servisse.

Anche nel campo del “sociale” ci sono sostanziali riconoscimenti da parte della 4058 …, parliamo di Aeroporti…

Il secondo comma della legge riguardante i falchi e la sicurezza aero-portuale, proviene da un discorso che parte da lontano e in cui l’UNCF ha sempre creduto.
Gia’ nella Conferenza Programmatica della FIdC nel Giugno del 2002, la neo-nata settoriale UNCF si ripropose di portare avanti un discorso di collaborazione concreta con gli organismi ministeriali e
d aero-portuali (ENAC, Bird Strike Commitee) che da subito si mostrarono sensibili ed interessati durante un incontro ufficiale con il Presidente UNCF a Roma alla fine del 2003.

In pratica come pensa di poter collaborare concretamente l’UNCF con le strutture aero-portuali che dovessero aver bisogno del servizio di Falconeria?

Con la creazione di un Albo dei Falconieri Italiani, gia’ esistente, al quale sono iscritti soltanto i Falconieri realmente attivi e riconosciuti dall’UNCF. Rendendo quindi immediatamente disponibile un serbatoio di potenziali accreditati collaboratori per le necessita’ degli aeroporti.
Le societa’ aeroportuali spesso non sono in grado di valutare le “professionalita’” in questo tipo di attivita’, nuova e poco conosciuta. Avere un riferimento accreditato a cui rivolgersi e’ importante e confortante, soprattutto se sotto l’egida di una seria e grande associazione riconosciuta a livello nazionale, come la FidC.

Ci sono gia’ alcune realta’ attive in questo senso…

Diversi aeroporti italiani utilizzano gia’ i falchi come deterrente all’ingombro della piste da parte degli uccelli, ma questa legge sancisce una definitiva e forte volonta’ di andare veramente a fondo con il problema. E viste le statistiche degli incidenti aerei dovuti all’impatto con uccelli, forse ce n’era veramente bisogno…
L’UNCF ha sempre sostenuto che i sistemi tradizionali di bird-control (cannoncini, ultrasuoni, deterrenti visivi etc) sono mezzi costosi a cui gli uccelli si abituano in tempi assolutamente brevi, opinioni anche avvallate da risultati di studi scientifici da sempre ben noti agli etologi.
Purtroppo oggi, malgrado il tanto sbandierato amore verso tutto cio’ che e’ “ecologico”, quando si giunge al concreto, viene ancora data una maggiore credibilita’ alla tecnologia piuttosto che ai sistemi naturali, ma, in verita’, nessuno strumento costruito dall’uomo e’ ancora riuscito ad eguagliare l’atavica e genetica paura che un rapace in volo di caccia incute in qualsiasi preda.

E con il mondo protezionista, quali sono i rapporti?

Con gli animalisti purtroppo il dialogo e’ inesistente, per usare un eufemismo, poiche’ le loro posizioni verso tutti gli animali che vivono in cattivita’, non permettono alcuna mediazione.
I protezionisti in senso generale, speriamo abbiano preso coscienza del fatto che, poiche’ da decenni gli uccelli rapaci sono giustamente protetti, tutti i rapaci utilizzati in falconeria provengono rigorosamente dalla riproduzione in cattivita’ e rispettano le norme della Convenzione di Washington e di tutte le successive normative in merito. Oggi acquistare un falco pellegrino nato in cattivita’ non e’ piu’ complicato o costoso rispetto al comprare un cavallo o un cane di razza.
I Falconieri hanno collaborato, e continuano a farlo, ad innumerevoli progetti di reintroduzione di rapaci in natura ed alla loro riabilitazione. Speriamo vivamente che i pregiudizi siano superati dai risultati e che si apra una nuova stagione di collaborazione fra la Falconeria e l’ambientalismo, cominciando magari dal servizio negli aeroporti…
Probabilmente, come abbiamo visto nella percentuale di voto alla Camera (415 favorevoli, 3 contrari), ci voleva una legge per convincere gli scettici: ora c’e’.

 


Postato 2005-05-04, 17:43:41 da admin

Bird Control : Procedure per evitare Impatti con Volatili

falconiere aeroporto

Oggetto: Direttiva sulle procedure da adottare per la prevenzione dei rischi di impatto con volatili negli aeroporti.

1. PREMESSA

La convenzione tipo per l’affidamento delle gestioni aeroportuali allegata alla Circolare Ministeriale n. 13775 AC del 16-10-1998 all’art. 4 punto C6 stabilisce l’obbligo da parte dei gestori aeroportuali di provvedere “a porre in essere ogni dovuta azione per prevenire rischi da volatili”, obbligo peraltro già vigente per le gestioni totali.
La Commissione “Bird Strike Committee Italy”, istituita con D.M. Trasporti e Navigazione dell’11 marzo 1993, n. 1/BSC 1 ed in linea con le previsioni dell’annesso ICAO n. 14 AERODROMI, ha elaborato le procedure contenute nella presente circolare, da adottare sugli aeroporti, da parte delle Direzioni di aeroporto e delle Società di gestione, per la prevenzione dei rischi di impatto con volatili.
La presente circolare contiene inoltre delle linee guida sulle dotazioni minime di risorse e mezzi da destinare sugli aeroporti, allo scopo di cui sopra.

2. DIRETTIVA SULLE PROCEDURE DA ADOTTARE PER LA PREVENZIONE DEI RISCHI DI IMPATTO CON VOLATILI NEGLI AEROPORTI

Premesso che con separato provvedimento è stato sancito l’obbligo della raccolta e della segnalazione alle competenti Autorità dei dati degli impatti di volatili con aeromobili, ciascuna Società di gestione di un aeroporto aperto al traffico commerciale di linea dovrà predisporre una ricerca di tipo naturalistico ambientale allorché negli ultimi dodici mesi si sia verificato anche uno solo dei seguenti casi negli spazi aerei sovrastanti il sedime aeroportuale e, anche all’esterno di esso, ad un’altezza pari o inferiore a 300 ft.:

a) impatti di volatili con aeromobili di numero pari o superiori a 5 per 10.000 movimenti;
b) impatto multiplo o ingestione di uccelli;
c) impatto con volatili che abbia prodotto danni all’aeromobile;
d) ripetute osservazioni di volatili che per numero e concentrazione siano in grado di causare gli eventi di cui alle lettere b) e c).

La ricerca, condotta da esperti qualificati nella materia, dovrà contenere:

1) Identificazione delle specie coinvolte, eventuale habitat all’interno dell’aeroporto, numero delle presenze mensili, orari preferiti di presenza, zone di concentrazione nell’aeroporto, descrizione dei movimenti giornalieri
2) Localizzazione delle eventuali fonti di attrazione dei volatili presenti in aeroporto;
3) Valutazione della potenziale pericolosità dei volatili per la navigazione aerea.

La ricerca dovrà iniziare entro 6 mesi dal verificarsi degli eventi che l’hanno richiesta, o dalla data della presente direttiva, se già verificatisi, ed avrà una durata non inferiore a 12 mesi consecutivi; la stessa sarà presentata all’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) ed al Bird Strike Committee Italy per il tramite del Direttore dell’aeroporto. La ricerca comunque non interrompe l’uso dei sistemi di prevenzione eventualmente già adottati.

L’ENAC, entro 30 giorni dalla presentazione della ricerca, e sentito il BSCI, stabilirà con provvedimento motivato se la situazione faunistico ambientale dell’aeroporto esaminato richieda l’adozione di uno specifico piano di gestione e controllo della popolazione ornitica.
In caso affermativo, la società di gestione dell’aeroporto sarà tenuta alla predisposizione ed all’applicazione di uno specifico piano di prevenzione e controllo, d’intesa e con il coordinamento del Direttore dell’aeroporto interessato.

Decorsi dodici mesi dall’inizio dell’attuazione delle misure previste nel piano, la società di gestione sottoporrà all’ENAC ed al BSCI una relazione riepilogativa contenente i dati statistici degli impatti del periodo.
In caso di risultati negativi, l’ENAC, sentito il BSCI, potrà imporre la predisposizione di un nuovo piano contenente misure più adeguate.

3. LINEE-GUIDA SULLE DOTAZIONI MINIME, DA ASSICURARE NEGLI AEROPORTI PER LA PREVENZIONE DEI RISCHI DI IMPATTO

Di seguito si forniscono alcune linee-guida per la predisposizione del piano di prevenzione e controllo contro i rischi derivanti dalla presenza di volatili negli aeroporti.
Le misure per la riduzione dei rischi da impatto con volatili consistono generalmente in quattro azioni a carattere permanente:

l. L’informazione
2. Il controllo della fauna
3. L’allontanamento incruento
4. Il monitoraggio

1) Elemento basilare è l’informazione nei confronti di tutti gli operatori aeroportuali sui rischi dovuti alla presenza di volatili. Il piano dovrà perciò contenere una parte descrittiva atta a stimolare il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli operatori stessi. Inoltre l’informazione deve essere rivolta anche al personale navigante: necessaria è perciò anche la sensibilizzazione degli Enti ATS, così come la previsione e l’organizzazione per una adeguata azione informativa ai piloti tramite BIRDTAM, AIC, briefing pre volo, o anche con comunicazioni t/b/t.

2) Il controllo della fauna si esercita attraverso il controllo dell’ambiente aeroportuale: il piano deve quindi prevedere almeno:
– l’eventuale riformulazione dei contratti di utilizzazione agricola dell’aeroporto in senso compatibile con i rischi di bird strike, con particolare riferimento all’altezza minima dell’erba e alle modalità dei tagli periodici;
– la progressiva scomparsa di ogni elemento suscettibile di attrarre volatili (alberi, pozze d’acqua, cespugli, arbusti, ecc.) nelle aree circostanti le aree di manovra degli aeromobili;
– la gestione ecologica dei grandi manufatti (hangar, capannoni, ecc.) per l’eliminazione della fauna stanziale;
– l’eliminazione o il controllo di discariche, rifiuti alimentari ecc.;
– le iniziative assunte, d’intesa con il Direttore dell’aeroporto, presso gli Enti del territorio per l’analisi degli eventuali fattori di rischio esterni all’aeroporto ma influenti su di esso.

3) Vi sono diversi mezzi di disturbo e di allontanamento incruenti, fissi o mobili; tra questi si segnalano gli artifizi pirotecnici, le armi da fuoco con munizioni a salve, i richiami bioacustici (distress call), i cannoni a gas propano, i generatori di suoni ad alta frequenza, i falchi addestrati, alcuni cani da pastore (border collie), ecc.
La loro efficacia è varia e si diversifica a seconda delle circostanze ed a seconda della specie cui si rivolge.
Un sistema di tipo fisso dovrà essere adottato in tutti gli aeroporti in cui sia stata riscontrata la necessità di uno specifico piano.

4) Per monitoraggio si intende il controllo quotidiano delle presenze di volatili e la loro registrazione per specie, numero ed ubicazione, nonché la verifica dell’efficacia dei sistemi di allontanamento.

Da tenere sempre presente è che i risultati migliori si ottengono con la connessione integrata e costante delle quattro azioni sopra descritte, e con la perseveranza.

Elemento comune di ogni piano deve essere la costituzione di un servizio di controllo e allontanamento volatili, BIRD CONTROL UNIT o B.C.U.

Compito del BCU sarà quello di dare esecuzione al piano verificandone i risultati.
Questione essenziale è che il Servizio non deve intervenire solo nel momento dell’allontanamento, ma esercitare un’azione continua di pattugliamento, di vigilanza sul sedime e di disturbo della fauna con modalità tali da indurla a considerare l’aeroporto luogo sgradevole e non sicuro.

Un esempio di BCU ritenuto funzionale per un aeroporto di media grandezza dovrebbe prevedere le seguenti dotazioni di organici e mezzi:

• Un Coordinatore responsabile
• Un Agente presente in aeroporto HJ tutto l’anno
• Un Agente presente con carattere di stagionalità ma reperibile tutto l’anno.

Il personale dovrebbe essere adeguatamente addestrato e dovrebbe ottenere l’autorizzazione ad operare dal competente Direttore di aeroporto, anche a seguito di verifiche teorico-pratiche sulla conduzione dei mezzi e sull’uso dei dispostivi specifici.

L’Unità dovrebbe muoversi all’interno dei sedime aeroportuale con carattere di regolarità ma anche di imprevedibilità.

• Veicolo fuori strada 4 X 4 tipo “pick up” con pianale posteriore;
• Radio UHF veicolare e almeno due portatili, sulle frequenze di TWR o GROUND
• Almeno due tipi di sirena bitonale
• Sistema di illuminazione speciale sul tetto del veicolo e fari ad alta luminosità
• Sistema di diffusione sonora autoportato (amplificatore + altoparlanti)
• 1 lettore di cassette e/o CD e cassette/CD con richiami bioacustíci, oppure un sintetizzatore di suoni
• 1 pistola Very per segnali pirotecnici-luminosi e relative cartucce
• 2 pistole con munizioni a salve con varie possibilità di effetti sonori

4. VERIFICHE SULL’ADOZIONE LOCALE DELLE PROCEDURE DI PREVENZIONE DEI RISCHI DI IMPATTO

La verifica sull’adozione locale delle procedure di prevenzione dei rischi di impatto volatili è affidata alle competenti direzioni di circoscrizione aeroportuale.

Allegati:

ELENCO DELLA DO*****ENTAZIONE E DELLA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALI

ENTI, ASSOCIAZIONI ED ORGANIZZAZIONI COMPETENTI AD ESEGUIRE RICERCHE DI TIPO NATURALISTICO AMBIENTALE

IL DIRETTORE GENERALE
AVV. PIERLUIGI DI PALMA

ALLEGATO 1

ELENCO DELLA DO*****ENTAZIONE E DELLA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALI

Bird Strike Committee Italy: Controllo dei Volatili nelle Aree Aeroportuali – 1992 (Libero adattamento della pubblicazione CAP 484 – Bird Control on Aerodrome, British Civil Aviation Authority, 1981)

Bird Strike Committee Italy: Manuale Informativo per il Controllo dei Volatili nelle Aree Aeroportuali Italiane – Roma, 1995

Bird Strike Committee Europe: The Green Booklet – Some Measures Used in Different Countries for Reduction of Bird Strike Risk Around Airports – 1990

SITI INTERNET

Bird Strike Committee Italy www.ssnet.it/utenti/battvtr

Bird Strike Committee USA www.birdstrike.org

Bird Strike Committee Canada www.tc.gc.ca/aviation/wildlife/htm

FAA www.faa.gov

National Transportation Safety Board www.ntsb.gov

Archeologi come i falchi

falchi archeologiNegli scavi di Ercolano, per allontanare piccioni e colombi, poco rispettosi di ville e affreschi antichi, si è ricorsi a questi rapaci. Addestrati a spaventare gli altri volatili senza far loro del male

Si chiamano Airon, Gari e Miura, i tre rapaci “assunti” da qualche settimana dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei per tutelare l’antica Herculanum dall’attacco di colombi e piccioni. Gli apparentemente innocui volatili sono, infatti, una delle principali cause di deperimento del sito archeologico più piccolo della visitatissima Pompei ma, per certi versi il più prezioso e fragile.

Qui le colate piroclastiche del 79 d.C. hanno letteralmente imbalsamato la cittadina in un blocco tufaceo che per secoli ha preservato dalla decomposizione legni, stoffe, papiri ed altri materiali. Ma ora queste delicate testimonianze correvano il rischio di essere distrutte dalle numerose colonie di colombi e piccioni che hanno deciso di impiantarsi nell’area, ricca di possibili rifugi e di cibo causa la vicinanza della Ercolano moderna.

Il guano di questi volatili è particolarmente acido e, oltre a sporcare le mura e gli affreschi delle ville romane, li corrode irreparabilmente. Ancora più devastante è l’impatto delle deiezioni su reperti quali travi e strutture lignee, che abbondano nel sito. Per giunta, l’abitudine di colombi e piccioni di beccare alla ricerca di insetti e minerali e per curarsi il becco ha ancora più aggravato il loro impatto sui preziosissimi scavi. Aggiungendo poi la loro cattiva fama di veicoli di infezioni e parassiti potenzialmente pericolosi per l’uomo si capisce perché questa era considerata una vera e propria emergenza dalla direttrice degli scavi Maria Paola Guidobaldi.

La risposta però è stata semplice ed ecologica. I falconidi sono i nemici naturali di questi uccelli, e il ricorso all’antica arte della falconeria è stata la soluzione più praticabile ed efficace. Ogni mattina, insieme ai visitatori, due falconieri entrano negli scavi armati di guanto, cappucci e tre rapaci, pronti ad una serie di voli tra le antiche vestigia. «Il nostro compito», spiega Gianclaudio Amalfitano, mentre con Gari si appresta ad operare, «è spaventare gli ospiti indesiderati, sfruttando il loro istinto di fuga alla vista dei falchi e l’altrettanto istintiva spinta dei falchi ad inseguirli. I rapaci sono addestrati per non uccidere le potenziali prede, anche perché l’alta probabilità d’incappare in un esemplare ammalato potrebbe comportare rischi per la salute dei falchi stessi».

Il falconiere estende il braccio e il falco lascia la presa dal suo polso e si staglia nell’aria, per poi posarsi su una colonna di un antico peristilio. Un verso di richiamo e l’uccello riprende il volo, compie un paio di volute nel cielo e si riposa sul guanto del suo conduttore. Turisti e scolaresche che assistono a scene come questa sembrano interessarsi con curiosità all’insolita visione e, grazie ad un tabellone esplicativo posto all’ingresso, la visita agli scavi si arricchisce di un supplemento di informazioni sull’impiego dei falchi nella “lotta ai piccioni”.

«Una lotta lunga e difficile», spiega il falconiere. «Per cinque giorni alla settimana veniamo nell’area archeologica e facciamo volare i rapaci in luoghi e orari sempre diversi. Altrimenti i colombi si accorgerebbero del trucco: sono molto intelligenti, e capaci di adattarsi al pericolo. L’intervento è programmato per un anno. Poi torneremo di tanto in tanto, per voli “di mantenimento” e per impedire che altre colonie si sistemino nei paraggi».

I falconidi si dividono in due tipologie: rapaci a volo alto, come il falco pellegrino, il girifalco, il lanario e il falco sacro, e a volo basso, come l’astore e lo sparviero. I primi attaccano la preda in volo, i secondi colpiscono al suolo. «Li impieghiamo entrambi», spiega Amalfitano. «Se impiegassimo solo falchi a volo alto, i piccioni si metterebbero a razzolare al suolo, certi che essi non si lancerebbero mai in picchiata per colpirli. Se impiegassimo solo quelli a volo basso, i piccioni continuerebbero imperterriti a svolazzare in zona. Inoltre, con i rapaci a volo basso, più portati ad inseguire le prede tra gli ostacoli, possiamo stanare i piccioni che nidificano e si nascondono tra i ruderi».

I guasti arrecati dai colombi al patrimonio di Ercolano sono in alcuni punti assai evidenti. Magnifiche pareti affrescate di rosso pompeiano e mura con la struttura caratteristica dei vari tipi di opus romano appaiono striate del guano degli uccelli. Ercolano, a differenza di Pompei, ha conservato molti dei piani superiori dei fabbricati, e le travi lignee in vari punti sono state attaccate dal becco dei volatili.

Una volta scacciati gli ospiti indesiderati, la pulizia e la recinzione delle aree bonificate garantiranno migliore fruibilità e protezione al sito archeologico, tra le maggiori attrazioni turistiche della Campania e dell’intero Paese. L’impiego dei falchi fa parte di un progetto più ampio di tutela di Ercolano, sponsorizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei, unitamente a The Packard Humanities Institute e alla British School in Rome.

I primi ad impiegare i rapaci per bonificare un’area dai volatili sono stati gli aeroporti con il problema del bird strike, ossia della numerosa presenza di uccelli che rischiano di venire ingeriti dalle turbine degli aerei con conseguenze a volte catastrofiche. Ma ora anche gli amministratori delle città in cui i volatili minacciano il patrimonio artistico stanno cominciando ad adottare lo stesso metodo (vedi anche lo scorso numero de Il Carabiniere, pag. 124).

Tra l’altro, l’uso dei rapaci per scacciare gli sgraditi volatili sembra avere minori controindicazioni e costi dell’uso di veleni o di impianti ad ultrasuoni. «Ai piccioni», aggiunge il falconiere, «si sta affiancando il problema dei gabbiani. Molte colonie ormai non si nutrono più di pesca, ma preferiscono il facile saccheggio delle discariche, con serie conseguenze sulla salute. I falchi possono essere una soluzione, ma, a differenza dei piccioni, i gabbiani sono portati ad organizzarsi in branco e ad attaccare. Bisogna perciò adottare falconidi femmina, più grandi dei maschi e capaci di intimorirli».

Nelle pause tra i voli, i falconieri sono spesso avvicinati dai visitatori, che approfittano dell’occasione per saperne di più sull’addestramento e la vita dei falchi. «La falconeria», spiega Gianclaudio Amalfitano, «è un’arte antichissima, ed ancora oggi il testo base è il De arte venandi di Federico II di Svevia, appassionato falconiere. Questo tipo di caccia è andata scomparendo, ma in piccoli circoli è rimasta come attività sportiva, ed oggi la necessità di trovare una soluzione ecologica al problema dell’infestazione da uccelli l’ha riportata in auge. Addestrare un falco significa innanzitutto guadagnarne la fiducia: i rapaci sono animali fieri, che non si sottomettono all’uomo come gli animali domestici. Ed è un lavoro di pazienza, che inizia col volatile giovane e non finisce mai».

Nel corso delle spiegazioni, il falco si aggrappa al pugno del suo conduttore e ruota la testa di 360 gradi. Ogni tanto accenna un battito d’ali e, guardando bene intorno, si scopre che è stato attratto da qualche piccione svolazzante. «Il suo istinto», commenta il falconiere, «è meglio di un radar. L’importante è portarlo al lavoro non tanto sazio da non avere stimolo a cacciare, ma neanche così affamato da spingerlo a mangiare la preda». Il conduttore alza di nuovo il braccio al cielo e l’uccello, un’arma perfetta per la caccia selezionata dalla natura, si leva in volo. Il suo piumaggio bruno si confonde con le mura dell’antica Herculanum e si vedono i piccioni fuggire lontano.

Maurizio Landi

tratto da www.carabinieri.it


Postato 2005-06-16, 18:41:24 da admin

A Roma sono tornati i pellegrini

falco pellegrinoA Roma i pellegrini sono di casa. Anche i falchi pellegrini, uccelli divenuti rari nel dopoguerra e la cui popolazione italiana era in passato assai rarefatta ma che riappaiono grazie a regole europee sempre più stringenti, per esempio nella vendita di antiparassitari e pesticidi. A Roma già lo scorso anno da ornitologi non professionisti avevano segnalato un nido «spontaneo» di pellegrini (in una cassetta abbandonata dell’Enel sul Policlinico Umberto Primo). Dopo decenni, rimpiazzano (finalmente!) la classica coppia che nidificava sul «Palazzaccio» di Piazza Cavour, e che l’ecologista Fulco Pratesi aveva allora visto scacciare da una coppia di rissose taccole. In questo weekend sono schiuse ben due uova dal secondo nido di pellegrini romani. Alcuni appassionati ornitologi (Umberto Agrimi, veterinario dell’Istituto Superiore di Sanità e l’ornitologo Giacomo Dell’Omo), grazie a una sponsorizzazione di Terna/Enel, hanno posato una cassetta nido sulla facciata della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università, che affaccia sul cimitero Verano. I pellegrini urbani si nutrono di piccoli mammiferi, rettili, e uccelli, soprattutto storni: quando questi migrano verso nord si accaniscono sui rondoni, arrivati verso Pasquetta. Il caso curioso vuole che la coppia neofita di pellegrini romani abbia nidificato proprio sopra le finestre della Presidenza della facoltà. Gli ornitologi romani sperano che il preside Attilio Celant si senta custode privilegiato di tale felice casualità, e promuova una cultura di rispetto e di ammirazione per il lieto evento.

Perché mai gridare di giubilo per il ritorno dei pellegrini? Innanzitutto perché rappresentano una popolazione sentinella di qualità urbana: se riappaiono specie eco-tossicologicamente delicate come i rapaci (al vertice della catena trofica e dunque bioaccumulatori di tossici ambientali) significa che l’ecosistema è in ripresa: in termini di biodiversità (aumento delle specie animali) e di purificazione da agenti chimici man-made che li avevano precedentemente inquinati. Il meccanismo che aveva fatto scomparire i falchi pellegrini da tanti ecosistemi europei era duplice, e dovuto all’accumulo di pesticidi ingeriti da insetti, a loro volta cibo di piccoli uccelli che costituivano la base della dieta dei rapaci, che perciò accumulavano agenti tossici in questa maligna catena. Tali tossici abbassavano la fertilità dei rapaci, e selettivamente interferivano con il delicato processo di formazione del guscio delle uova nelle femmine. Uova dal guscio troppo sottile significavano molto frequenti rotture nel periodo della cova e dunque hanno sterminato progressivamente questi alati conviventi delle nostre campagne e città. La ricomparsa di falchi e nibbi, di gufi, allocchi e civette certifica del recupero ambientale meglio di tante analisi fisico-chimiche sulle acque, le aree e i suoli.

La novità di quest’anno è che tutti possiamo osservare, grazie a webcam posizionate nel nido, la vita quotidiana di genitori e figli pellegrini romani (basta cliccare su http://www.enelbirdcam.com/). Anche la Polizia municipale a Bologna ha messo due webcam in un nido urbano bolognese (http://www.provincia.bologna.it/polizia/webcam/). Spiamoli dal nostro pc, senza disturbarli.

Oltre a belle immagini in rete, i siti contengono un album delle fotografie della vita nei nidi, informazioni di base su questa specie e soprattutto un calendario interattivo, frequentato da ornitologi professionisti e amatoriali. Il maschio al momento è impegnato nella faticosa opera di reperire il cibo per la femmina e per i pulcini ricoperti di lanugine biancastra: la madre spezzetta il cibo e nutre le loro tenere bocche di rapaci affamati.
Veltroni e Cofferati veglino attenti su questi loro concittadini rapaci, importanti regolatori della fauna urbana; simbolici araldi di una natura che torna vittoriosa in quelle città dove gli amministratori sanno governare l’ecologia.

Enrico Alleva, Daniela Santucci
Fonte: www.ilmanifesto.it
21.04.05

 


Postato 2006-01-18, 17:18:26 da admin

Sempre più webcam nei nidi, così il falco finisce nella rete

La tecnologia internet al servizio di studiosi e appassionati di ornitologia
Da Bologna a San Francisco tutti a spiare la vita del falco pellegrino

ROMA – C’è un nuovo reality show che sta andando fortissimo, ma non va in onda su nessuna tv. Lo potete vedere solo su internet. Protagonista è un uccello, il falco pellegrino, che decine di webcam sparse per il mondo spiano continuamente nell’intimità famigliare del suo nido.

Una volta i grandi documentaristi scientifici per rubare agli animali selvatici qualche attimo della loro vita quotidiana erano costretti a rimanere immobili per ore e ore, mimetizzati in curiosi travestimenti per non dare nell’occhio. Ora la tecnologia ha reso tutto più semplice, regalando a studiosi e appassionati la possibilità di osservare la natura comodamente da casa, 24 ore su 24.

La svolta è venuta con lo sviluppo delle webcam, sempre più piccole e affidabili, e la diffusione dei collegamenti internet a banda larga che permettono di ottenere una qualità dignitosa delle immagini anche sui computer domestici. Così questi piccoli occhi elettronici vengono sempre più usati, soprattutto dagli amanti dell’ornitologia, per sbirciare la vita quotidiana di uccelli difficilmente osservabili altrimenti.

Permettendo inoltre ai semplici appassionati di scambiarsi di ruolo con etologi e naturalisti professionisti. Molte webcam puntate su nidi e tane nascono infatti per iniziativa di associazioni o fondazioni, ma vengono utilizzate dai ricercatori per arricchire le loro osservazioni sulle abitudini e i comportamenti degli animali.

L’animale di gran lunga più spiato è il falco pellegrino, anche per la propensione di questo predatore a non disdegnare la città come habitat per il suo nido. In Italia le webcam che lo controllano giorno e notte sono almeno due. Una è piazzata a Roma sul tetto della facoltà di economia e commercio della Sapienza, mentre l’altra tiene d’occhio una coppia che ha scelto di stabilirsi in una delle torri del distretto fieristico di Bologna.

La webcam della capitale fa parte tra l’altro di un progetto più ampio di monitoraggio degli uccelli attraverso la rete. A sistemare la piccola telecamera in cima all’università è stata infatti l’Enel che deciso di ampliare il suo programma a favore dei volatili aggiungendo alcune webcam all’interno delle cassette fatte costruire alcuni anni fa in cima ai tralicci dell’alta tensione della provincia di Roma.

Rendere possibile ai tanti appassionati di ornitologia l’osservazione da vicino dei predatori è diventata infatti una forma di promozione che anche altre aziende hanno scelto di percorrere. Negli Stati Uniti sia il gigante delle pellicole Kodak sia l’azienda Pacific Gas & Electric hanno sistemato una webcam all’interno dei nidi costruiti sui loro tetti dal falco pellegrino. Un’investimento di pochi spiccioli che ha garantito un grande ritorno: l’iniziativa dell’azienda elettrica di San Francisco ha ottenuto infatti un tale successo da costringere i responsabili del programma a potenziare il server.
www.repubblica.it


Postato 2006-02-05, 19:38:33 da admin

Mongolia, il volo dell’Aquila!

aquile_in_kazDalla notte dei tempi si sa dell’esistenza del mal d’Africa ma pochi
sanno della nostalgia delle steppe mongole. Qual’è quel sentimento sorto
da cosi lontano che vela i nostri sguardi di malinconia alla sua sola
invocazione? Da dove viene? Magari quei cavalieri che devastarono
l’Europa accompagnati dal rumore infernale dei loro zoccoli hanno
lasciato nelle nostre vene i loro geni?

È fisico, è cosi forte questa sensazione risentita dal più profondo del nostro essere davanti all’immensità, davanti a questo mare verde infinito, cosi simile però cosi diverso ad ogni onda che viene morire sulla landa. Qui nessun movimento violento soltanto quando Salik* si diverte a giocare con i fili d’erba, sorgente di vita per i cavalli e i greggi dei nomadi, un lento e grazioso movimento fa ondeggiare quel tappeto verde dove si mischiano le armonie del morin khur, il violino a testa di cavallo del popolo mongolo.

Per la terza volta i nostri passi calpestano quella terra magica… quella steppa che sa così bene vestirci di infinite emozioni.
Una iurta spunta come un fungo in mezzo al nulla. Un’altra, molto lontana, appena visibile. Nessun albero. Ciuffi d’erba grigia, esili, in un paesaggio lunare. Laggiù delle colline color ocra oscillano verso le montagne innevate dell’Altai che svettano sopra tre paesi: Mongolia, Russia e Cina. Siamo all’estremo ovest del territorio di Gengis Khan, nella provincia di Bayan Olgi. Questa mattina, sotto il vento che il sole non riesce a riscaldare, gli uomini lasciano le loro tende rotonde, a cavallo, in moto o a piedi. Avvolti in caldissimi capotti, calzando i loro stivali, portano il tradizionale copri capo kazakh in seta tutto foderato di pelle di volpe.
Hanno appuntamento con le aquile, le loro aquile. Oggi l’onore e il saper fare ancestrale dei loro maestri può, con un colpo d’ala, volar via o ottenere il massimo rispetto dal clan dei falconieri.

Occhi pronti ad affrontare l’arsura del sole e capaci di reperire il minimo movimento nell’immensità, i Khazakh cavalcano da diverse generazioni attraverso la steppa. È nella regione dell’Altai che si può incontrare quelli che hanno saputo meglio custodire l’arte della falconeria. I Kazakh catturano le loro aquile da giovani, un solo esemplare per nido e sempre una femmina. L’aquila rimane con loro circa sette anni prima di ritrovare la libertà per permetterle di riprodursi. Anni durante i quali l’uomo e l’uccello dipendono l’uno dall’altro: l’aquila riceve il cibo dalle mani del Kazakh, in compenso il Kazak recupera le prede dell’aquila, soprattutto volpi e marmotte, dalle quali ottiene la pelliccia che indossa o che vende.

A passo di carica, la propria aquila troneggiante sul braccio, tutti i falconieri gallonati iniziano a girare più volte attorno allo stadio improvvisato in quel remoto angolo della steppa e il ritmo della cavalcata si scatena nel seguire la musica. Il torneo è aperto!

falcacavconaquMalgrado la stanchezza, senza dimenticare di fare scintillare nei raggi del sole i loro finimenti d’argento, i cavalli uno ad uno si avvicinano, sanno molto bene che pure da loro dipenderà la vittoria. Per il concorso gli abiti tradizionali sono di rigore e sull’avambraccio destro del suo padrone l’aquila impassibile si lascia ammirare ansiosa di non fare brutta figura con la giuria, si è cosi tanto allenata per quello. Per lei cosi fiera e reale, durante le prossime quarantotto ore non ci sarà riposo e se vuole risentire l’eco della sua vittoria nella steppa sempre sul chi va là dovrà stare per non mancare l’ora della gloria. La concentrazione è al massimo tra le aquile, dalla collina dalla quale devono lanciarsi aspettano con ansia la chiamata del proprio padrone per aprire le ali ed esibirsi nel volo più rapido ed elegante della loro vita, prima di atterrare sul suo braccio. Alcune però faranno di testa loro andando a vagabondare, con grande disperazione dei loro proprietari, nelle montagne dei dintorni. Tifiamo per il nostro preferito, quello del più giovane falconiere, 12 anni, presente con suo padre che gli ha insegnato tutta l’arte della falconeria, come suo padre a sua volta aveva fatto con lui così tanto tempo fa. Rispondendo istintivamente al suo grido, con un velocissimo e maestoso colpo d’ala, andrà a posarsi sul guantone del suo giovane padrone assicurandogli un eccellente punteggio. Dopo una notte passata a confabulare sulle possibilità di ognuno, le aquile, guardando i vari giochi di abilità equestri kazakh, attendono sull’alto della montagna di poter piombare sulla falsa volpe trascinata dal loro padrone dietro al suo cavallo, per dimostrare così la propria abilità a cacciare delle prede.

Grida rauche e selvagge rimbombano nella steppa infrangendosi sui monti circostanti. I Kazakh incitano le proprie aquile a fare valere le loro capacità. Per gli allievi poco attenti sta scoccando l’ora dell’ultima chance. Taluni chiameranno invano con accenti disperati nella voce i loro uccelli, di altri uccelli maliziosi disdegneranno in un primo momento la finta volpe per poi decidersi a catturarla, ma altri ancora, come il nostro beniamino, saranno più fortunati e le loro aquile gli si poseranno sul braccio, agitando con orgoglio le ali e non dimenticandosi di reclamare con grida acute un po’ di carne di coniglio, della quale sono cosi ghiotte, prima di accettare di abbandonare la loro preda.

 

La distribuzione dei premi si farà in un gioioso disordine, mentre lassù una ritardataria aleggia giocando con le correnti salendo e scendendo in un cielo puro. Prende il suo tempo, allarga le ali. Lo sa che è ammirata e temuta nello stesso tempo, questo decuplica il suo sentimento di fierezza e quando meno ce lo aspettiamo si abbatte rapida come un lampo sulla sua preda alla quale non rimane più già che un solo soffio di vita quando si sente sollevata da terra.

Ma è fuori concorso… perché egli è totalmente libero in quella steppa che anche fa viaggiare le nostre emozioni, vera felicità per i nostri sensi.

*Salik: vento in lingua mongola

Scritto da Graziella : angy8@bluewin.ch Fonte: www.vagabondo.net
Postato 2006-02-05, 21:22:56 da admin

Falconieri patentati

VICENZA – Nascerà virtualmente domani a Marostica, nel vicentino, una nuova figura professionale che, in tempi di crisi occupazionale, non avrà che l’imbarazzo della scelta nello scegliere le «aree di crisi» nelle quali operare. Nel corso di una cerimonia ufficiale, avverrà infatti l’investitura dei primi 23 falconieri diplomati, che hanno partecipato al primo corso europeo di qualificazione professionale. Si tratta di un progetto pilota iniziato alla fine del 2004 da un’idea del direttore del Museo Ornitologico di Marostica, Salvatore Foglio e grazie al sostegno della Regione Veneto. Nel campo della falconeria si tratta del primo esempio in Europa di un diploma riconosciuto dallo Stato, con titolo per l’ammissione ai pubblici concorsi, in grado di rispondere alle continue richieste da parte di enti pubblici e privati di formare una figura professionale che possa intervenire in aree a rischio come aeroporti, discariche, allevamenti intensivi, colture agricole e città d’arte.
Per un anno tutti i fine settimana, per complessive 350 ore di lezione teoriche e pratiche, gli aspiranti maestri falconieri provenienti da Veneto, ma anche da Trentino, Lazio e Calabria, hanno appreso a Marostica i segreti di una professione con radici antichissime che oggi può rivelarsi una scommessa occupazionale per il futuro dai molti appeal: la possibilità di svolgere un’attività in proprio a progetto, uno stipendio più che dignitoso, nessuna ricerca affannosa di un datore di lavoro ma, soprattutto, la certezza di poter lavorare all’aria aperta, spesso in contesti architettonici di grande interesse storico. «La Regione Veneto ha indetto un nuovo concorso per altri 25 posti – racconta Foglio – nell’arco di un mese abbiamo già ricevuto oltre 500 domande da tutta Italia; visto che si tratta della prima iniziativa del genere su scala europea, ci stiamo organizzando per ospitare e formare falconieri di tutto il continente».
A dispetto delle credenze comuni, la falconeria è una professione da sempre votata all’incruenza: se ai tempi delle Crociate era proprio il regalo di un falcone a sancire l’armistizio tra cristiani e saraceni, oggi viene usato, come sottolinea Foglio, «sfruttando l’elemento etologico della psicologia animale: dunque nessuna uccisione di altre specie, perchè basta la sua presenza a far allontanare gli ospiti indesiderati». Dai luoghi comuni va bandita anche l’idea che quello del falconiere sia un mestiere prettamente maschile: «intanto perchè l’uccello utilizzato è la femmina – svela Foglio – che vive per almeno 20 anni ed è grande quasi il doppio del maschio, che viene definito ’terzuolò perchè di un terzo più piccolo». E poi perchè la falconeria, almeno in tempi moderni, parla sempre più al femminile. Dei 23 neo patentati falconieri, sette sono donne. «Non è un lavoro prettamente maschile – chiarisce Foglio – anzi le donne hanno una maggiore predisposizione ad ammansire e quindi a sfruttare le doti dell’animale».
Lo conferma anche una delle sette falconiere, Lisa Causin, 28 anni, di Mira (Venezia), una laurea in scienze forestali e un’occupazione a tempo determinato alla Regione Veneto. «All’inizio del corso – sottolinea – avevo solo voglia di capire e di conoscere questo mondo, poi è subentrata la passione e il sogno di trasformarla in una attività lavorativa». L’idea di Lisa, che da aprile diventerà proprietaria del suo primo animale, è di trovare lavoro nel campo della reintroduzione e recupero dei rapaci. Le richieste di personale qualificato vengono gestite per ora dalla struttura di Marostica che fornisce all’interessato l’elenco dei diplomati falconieri ritenuti idonei a svolgere l’attività richiesta. L’ultilizzo dei rapaci si è dimostrato ad esempio l’unico mezzo efficace per tenere lontani altri uccelli: dai gabbiani nelle discariche ai piccioni nei centri storici, per finire con i volatili che creano negli aeroporti il problema del bird-strik
e, la collisione degli uccelli con i motori degli aerei in fase di decollo e di atterraggio che altri sistemi come gli ultrasuoni non hanno risolto in modo definitivo.
Rosanna Codino

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it

24/2/2006


Postato 2006-02-25, 16:37:05 da admin