A Caccia con il Falco in Andalusia

falco-picchiata-cacciaCaccia col Falco: Dai colori caldi e tenui l’Andalusia ospita da decenni i numerosi falconieri che hanno riposto il fucile e si accompagnano al proprio fidato amico, il falco.

Non che in Italia non esistano riserve dedicate interamente ed esclusivamente alla caccia con il falco, eppure la Spagna si dimostra a sorprese particolarmente ferrata nella materia. Il territorio dell’Andalusia soprattutto è ricco di riserve all’interno delle quali è d’obbligo cacciare esclusivamente con il falco, e delle volte con i galgos, levrieri spagnoli.

Queste zone, dette localmente Cotos de Caza offrono più di un vantaggio  agli appassionati della caccia col falco e a  tutti quelli che si stanno avvicinando ad una tecnica tanto suggestiva. Il consiglio è quello di visitarne uno  almeno per una volta: l’esperienza sarà indimenticabile.

Il primo elemento che spinge ad organizzare un viaggio venatorio tanto insolito  è rappresentato dal territorio, bellissimo, bucolico, naturale, che trascina e immerge il cacciatore in un tempo remoto, ricco di natura silenziosa che ospita cortesemente. Non da meno è l’aspetto che si lega alla selvaggina; dato che all’interno di queste riserve speciali i fucili sono rigorosamente banditi, il selvatico presente è normalmente più abbondante e le specie presenti sono esclusivamente autoctone e nate in loco.falco_con_preda

Infine, elemento non da poco è la sfida alla pari fra selvaggina e cacciatore. L’una conosce alla perfezione il territorio nel quale è nata, e sa sfruttare al massimo la sua esperienza durante nella fuga e nella ricerca di nascondigli  e l’altro per riuscire nella cattura si dovrà dimostrare capace, ricco d’iniziativa, di pazienza e di occhio allenato, ma soprattutto dovrà essere accompagnato da un falco smaliziato e ben muscolato, con il quale il feeling dovrà essere totale ed incondizionato.

Il cacciatore che pratica questo genere di tecnica sa bene che la cattura sarà impegnativa e faticosa e che il carniere non abbonderà di selvaggina, ma sa anche bene che la soddisfazione della caccia viene amplificata esponenzialmente, perché catturare una lepre o una pernice in queste condizioni qualifica immediatamente il partecipante alla battuta come un vero falconiere cacciatore.

Le riserve spagnole sono ottimo territorio di caccia per lepri, conigli,  pernici rosse ed anatre e propongono una sfida eccitante fra cacciatore e selvaggina.

Spesso queste incantevoli riserve di caccia sono immerse nel verde, isolate, lontane dal tran tran quotidiano, e in numerosi casi si tratta di immense tenute nobiliari riviste e aperte ad un pubblico ben più ampio della ristretta cerchia di amici.

Stanze e alloggi sono di norma presenti all’interno della riserva, e sfruttano antichi locali ristrutturati che offrono calorosa ospitalità, ambienti confortevoli e affascinanti da vivere e visitare. andalucia

In fase di prenotazione  è bene comunque richiedere specifiche sulle camere messe a disposizione, sui pasti, sui trasporti e soprattutto sulla presenza o meno di falconiere recintate che daranno ospitalità al vostro compagno di caccia.

La selvaggina cui normalmente si può dare la caccia è quella comunemente presente nella regione dell’Andalusia: lepri, conigli,  pernici rosse ed anatre. Si tratta di una selvaggina, come già accennato, ben integrata nel territorio ricco di uliveti, di ficaie d’india che rappresentano un ottimo nascondiglio per i conigli, di boschi di conifere e di piscine naturali, habitat ideale per le anatre.

Il cacciatore potrà sfruttare l’esperienza dei guardiacaccia che consiglieranno le zone più ricche e semplici da affrontare, insieme con le strategie migliori da adottare, accompagnandolo eventualmente durante le mattinate di caccia.

Di norma per la cattura delle lepri e dei conigli è consigliata la caccia allo schizzo con il falco al pugno o eventualmente sulle querce a seguire. Entrambe le specie essendo piccole e non più pesanti di 3 kg si dimostrano velocissime, conoscono alla perfezione territorio e nascondigli e metteranno alla prova il fiato del vostro falco in inseguimenti lungi fino a 500 mt.falco_coniglio

Per le pernici invece in questo genere di territori è sconsigliato l’uso del cane, quasi totalmente inutile, piuttosto si consiglia di aguzzare la vista o di usare al  massimo un binocolo. Solo dopo aver individuato la preda sarà consigliato mettere in quota il falco.

Il cacciatore viaggiatore potrà organizzare il proprio viaggio in maniera del tutto indipendente, ma se il tempo non glielo consente, ottima soluzione sarà quella di affidarsi ad un’associazione venatoria che penserà per davvero a tutto.

Unico impegno? Godersi il viaggio e collezionare avventure da raccontare agli amici dopo il proprio ritorno.

Fonte: Caccia Passione

Falconeria in Marocco

falconeriacopertina1Quando si pensa alla falconeria in Marocco diventa inprescindibile pensare a tre superbi animali che si amalgamano in questa antica arte : il cavallo arabo, lo sloughi (levriero arabo) e il falco. Tre elementi del patrimonio culturale del Reame che non devono essere dimenticati ma valorizzati e capiti. E’ un arte ancestrale quella della falconeria in Marocco, si perde nella notte dei tempi, nei deserti sconfinati del Sahara, alla ricerca di cibo, cacciato con naturalezza, senza armi, alla pari, tra due animali, un rapace che insegue e una preda che fugge. Nella antica tribù degli Qouassem, nella regione dell’Ouled Frej, provincia di El Jadida, un pugno di falconieri perpetua l’arte dell’addomesticamento dei falchi, per hobby e per la caccia, portando avanti una cultura che, attraverso i secoli, si è formata attorno alla nobiltà del rapace e dell’uomo che ne diventa compagno. In questa regione, fertile e generosa, i vecchi Qouassem come Kaddour Maqsouri e Larbi Grini continuano a consacrarsi, corpo e anima, a questa tradizione ancestrale che muove iloro moussem e le loro feste tradizionali. Nessuno riesce a convincerli a gettare la spugna e relegare all’oblio quest’arte che tramandano; neppure  l’età avanzata, la povertà dei mezzi, l’indifferenza verso un patrimonio della regione e del paese tutto riescono a scalfirli. Il falco, At-Tair Al-horr (uccello di pura razza in arabo) come lo chiamano i Qouassem, occupa una posizione particolare nella vita e nei membri della tribù : vive in tutte le case e gode di un notevole interesse occupando il rango di membro nella famiglia. Per essere chiari, quando il proprietario di un falco si reca  al mercato settimanale (souk) il primo acquisto e quello dei piccioni necessari al sostentamento del rapace, prima di procurarsi l’approvvigionamento per la famiglia. Un falco consuma circa 30 piccioni al mese, uno al giorno, e questo diventa un costo notevole per le famiglie. Il falco degli Qouassem misura circa 48 cm di lunghezza e pesa dai 700 ai 900 grammi. maroccoLa sua visione supera gli 8 km con una velocità nell’attacco che varia tra i 200 e i 250 km orari. Parlare dei falconieri in Marocco significa immancabilmente parlare di Kaddour Maqsouiri, 121 anni, parte storica di questa arte. Il venerabile vegliardo, con il suo falco, a cavallo verso la zaouia Moulay Taher, non calcola mai la sua età con gli anni trascorsi ma con il numero degli uccelli e dei cavalli che ha avuto il piacere di possedere durante tutta la sua lunga vita, e il suo più grande rammarico è quello di non poter passare molte ore in sella, ma la passione rimane molta e invariata negli anni. Questo signore in jellaba bianco ha ancora una memoria di ferro e ricorda che la sua passione fu ereditata dai suoi nonni che tra tutte le tribù dell’epoca, si distinguevano per i loro attaccamento alla falconeria, oltre all’essere persone pie, testimone la zaouia costruita dai suoi avi, che organizzava corsi coranici per gli studenti e che divenne un polo d’attrazione in tutta la regione, richiamando a se centinaia di allievi. Sidi Kaddour conserva in memoria dei numerosi fatti avvenuti nella sua terra, in particolare la visita di Moulay Hassan I alla tribù, durante la quale il Sultano annuncio’ l’abolizione delle tasse tribali. Ma Kaddour Maksour non è il solo vegliardo degli Qouassem perchè secondo i dati governativi sono ancora in vita Haj Allal (130 anni) e Si Lahcen (120 anni). falconer_marrakeshL’età avanzata dei falconieri della tribù mette in serio pericolo il perpetuarsi di questa tradizione ma un giovane uomo, Ahmed Laghzaoui ha preso l’iniziativa di costituire una Associazione a Ouled Frj, chiamata Qouassem, con l’obiettivo di trasmettere queste conoscenze oltre alla promozione sociale dei giovani falconieri. In questo momento 11  ragazzi sono inquadrati nell’Associazione che tra le altre cose, ha trovato loro un lavoro presso l’aereoporto internazionale Mohammed V dove, con i loro falchi, si occupano di eliminare gli uccelli dalle piste di atterraggio. Altri giovani sono all’inizio del loro stage per comprendere e apprendere questa antica arte tra cui un bambino di sei anni, Hamza, nipote dello sceicco Abdellah Grini, che ha già dimostrato di possedere un talento eccezionale nell’apprendere l’arte della falconeria. Di pari passo è stata formata una cooperativa femminile per l’allevamento dei piccioni destinati all’alimentazione dei rapaci che occupa una decina di ragazze della zona. Piccole gocce in un mare di disattenzione, di lassismo, di noncuranza, piccole ma importati gocce che riusciranno a salvare questa tradizione grazie anche all’aiuto dell’UNESCO, che in una riunione a Parigi nel giugno scorso, ha deciso di inserire l’arte della falconeria dei Qouassem nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Qualcosa si muove, forse le gocce diventeranno presto un mare e rivedere questi splendidi uccelli solcare i cieli in un  tutt’uno con il loro compagno uomo sarà come tornare indietro nei tempi, sarà emozionante.

 

Fonte: http://myamazighen.wordpress.com

Qualche idea per modificare le leggi sulla Falconeria

Seppur la legge nazionale sulla caccia n 157 abbia rappresentato un grande successo per i falconieri poichè consente la falconeria in Italia, essa ha datfalconeria leggeo anche molte limitazioni, a scapito sia dei falconieri che dei rapaci, anche a causa della sua non recente introduzione. Tale legge infatti consente la falconeria solo se in possesso di porto d’armi per arma ad un colpo (lo stesso previsto per la caccia con l’arco); questa imposizione legale innanzitutto va a discapito dei rapaci, in quanto costringe i neo-falconieri a studiare le tecniche di utilizzo delle armi da fuoco quando invece essi useranno solo rapaci; sarebbe dunque meglio se si introducesse una “Licenza di falconeria” per ottenere la quale si debba sostenere un esame basato sulla biologia e gestione dei rapaci in cattività (e non delle armi da fuoco!). L imposizione del porto d’armi inoltre impedisce di praticare legalmente la falconeria a coloro i quali, quando esisteva, hanno prestato servizio civile come obiettori di coscienza e che non possono richiedere un porto d’armi (ma i falchi non sono armi da caccia!). Inoltre resta dubbiosa la posizione legale di quanti (e il loro numero  sta aumentando a dismisura!) preferiscono addestrare rapaci sia notturni che diurni al volo libero ma non alla caccia.

Ma i falconieri devono anche affrontare altri problemi, che potrebbero essere risolti giuridicamente. Primo tra tutti il divieto di praticare la falconeria in alcune regioni come Trentino e Sardegna. Un secondo, e molto più grave, problema è che i falconieri sono costretti a frequentare gli stessi territori negli stessi orari dei cacciatori; purtroppo però in questa situazione si incorre spesso in “incidenti” provocati dai soliti cacciatori “sparatutto”, che portano all’uccisione in media di circa 5 falchi da falconeria ogni anno su tutto il territorio italiano (e visto l’esiguo numero di falconieri italiani, è una media altissima!); i falconieri dovrebbero avere il diritto di poter cacciare e far volare i propri rapaci in territori e/o giorni distinti dai cacciatori col fucile, magari tutto l’anno, perché si deve tenere in considerazione il fatto che i rapaci sono cacciatori selettivi e a basso impatto: con un falco da caccia non si può “bracconare” e non si possono fare stragi!

Dopo aver accennato ai diritti e falconieri, veniamo i diritti dei rapaci. L’appena citata legge nazionale sulla caccia ha anche rivoluzionato la giurisdizione italiana in merito alla protezione dei rapaci, in quanto è stata la prima legge a proteggerli in Italia, dopo tanti anni i massacri. Le popolazioni di molte specie di rapaci oggi sono per fortuna in forte ripresa, ma sussistono ancora molti fattori di rischio, soprattutto per alcune specie che faticano a riprendersi; i rapaci dovrebbero avere il diritto di nutrirsi di prede sane e non avvelenate da pesticidi, erbicidi e bocconi, il diritto di riprodursi senza essere disturbati e di trovare siti idonei alla nidificazione, ma soprattutto il diritto di volare liberi e tranquilli in natura senza essere fucilati da bracconieri e cacciatori “sparatutto”. Per ottenere ciò sarebbe auspicabile una maggiore attenzione giuridica alle problematiche di conservazione ma anche maggiori controlli da parte degli organi preposti.

Cos’è la Falconeria

LA FALCONERIA

  • È volo e caccia con il falco.
  • È un’arte e come l’arte se fosse praticata da tutti non sarebbe più un’arte
  • È una passione sconvolgente, più ne diamo più ne rimane
  • È parte di un sapere esoterico, non tutti vi possono accedere
  • È la simbiosi uomo-falco, due entità che devono essere complementari per coesistere
  • È paura: paura di perdere il falco perché ciò a volte accade
  • È superamento della paura esponendosi sempre per migliorare i risultati
  • È uno sport di rischi e di emozioni violente, non adatte ai mezzi uomini o ai calcolatori, è sorpresa, stupore, soddisfazione e insoddisfazione, tutto in positivo e in negativo

LA FALCONERIA :

  • Non è una passioncella di una stagione, chi è falconiere lo rimarrà per sempre
  • Non è esibizione, non è ricerca di pubbicità né di compenso o di comprensione.
  • Non è il raggiungimento di piccoli risultati ma di risultati migliori dei precedenti
  • Non è uno sport competitivo
  • Non è , come nel passato, prerogativa di nobiltà l’esercitarla. Oggi chi fosse fortemente motivato la può praticare a patto di essere in possesso dei requisiti indispensabili : passione totale ed esclusiva e disponibilità
  • (A.Arpa)

Il benessere dei rapaci in cattività

pellegrino_rilassato
Il benessere dei rapaci in cattività deve essere considerato come la prima priorità del falconiere. Si
distinguono due tipi di benessere, il primo, il benessere fisico, riguarda lo stato di salute e fisico del
rapace, ed è il più conosciuto, mentre il secondo, il benessere psicologico, viene considerato molto
raramente, ma è importante quanto il primo.
Tutti i falconieri, chi più chi meno, sanno che il benessere fisico è di critica importanza, poiché una
carenza in questo aspetto potrebbe portare anche alla morte del rapace stesso; il benessere fisico
viene mantenuto assicurando una buona alimentazione, dei locali di allevamento adeguati sia nelle
dimensioni che nella struttura e nell’organizzazione dell’arricchimento ambientale, una giusta
gestione igienico-sanitaria e un corretto protocollo di addestramento (senza esagerare con il calo di
peso).
Il benessere psicologico è, invece, solitamente, meno considerato, anzi, è un aspetto quasi
sconosciuto ai più. Per questo motivo voglio dedicare questo paragrafo a tale argomento che è
particolarmente “sentito” quando si parla di applicazioni professionali della falconeria come le
esibizioni al pubblico ed il bird-control. Il motivo per cui, in queste applicazioni professionali, il
benessere dei rapaci deve essere preso in particolare considerazione è molto semplice: i falconieri
professionisti infatti hanno bisogno di un vasto parco rapaci, sia che si dedichino alle esibizioni che
al bird-control; un grande numero di rapaci dunque impone una massimizzazione delle norme e
precauzioni igienico-sanitarie e richiede ampi spazi sia per quanto riguarda i locali per
l’alloggiamento di tali rapaci sia nel loro trasporto. Come detto in precedenza a proposito degli
aspetti legislativi, esistono già, sia a livello nazionale che a livello locale (Regionale, Provinciale o
Comunale) delle apposite normative che appunto regolamentano la detenzione in cattività, gli
aspetti veterinari ed il trasporto finalizzati al benessere dei rapaci. I falconieri sono tenuti a
rispettare nei minimi dettagli queste normative. Tali normative, però, considerano soprattutto gli
aspetti più fisici e sanitari del benessere ma prendono poco in considerazione invece il benessere
psicologico.
Il benessere psicologico dei rapaci dipende da vari fattori e tutti devono essere presi in
considerazione. I principali aspetti da prendere in considerazione nel benessere psicologico dei
rapaci in cattività sono i seguenti:
1) Se il rapace è imprintato all’uomo (cioè è stato allevato a mano) bisogna sempre mantenere un
contatto continuo con esso; il falconiere non deve isolarlo o lasciarlo da solo in una voliera chiusa
ma deve passare con lui almeno 1-2 ore al giorno.
2) Se il rapace non è imprintato non bisogna stressarlo cercando di toccarlo o accarezzarlo
3) I rapaci da falconeria possono essere tenuti legati al blocco ma solo se vengono fatti volare almeno
una volta ogni due giorni. In caso contrario vanno tenuti liberi in voliera
4) Le voliere devono essere di dimensioni adeguate alla specie
5) L’arricchimento ambientale delle voliere deve esser adattato alle esigenze eco-etologiche della
specie; nella voliera devono essere presenti posatoi idonei, una o più finestre da cui il rapace possa
guardare fuori, una vasca per il bagnetto, un nido o un nascondiglio dove il rapace possa trovare
tranquillità e privacy.
6) L’alimentazione deve essere abbondante e corretta, usando cibi freschi e di buona qualità, adatti
alle esigenze di ogni singola specie.
7) L’addestramento non deve traumatizzare o stressare il rapace; la gestione del peso/fame deve essere
affrontata nella maniera meno stressante possibile, NON si deve mai esagerare nell’abbassamento
del peso del rapace credendo che così si possano risolvere i problemi di addestramento.
L’addestramento va affrontato con le necessarie basi scientifiche altrimenti, non solo non si
otterranno risultati ma si maltratterà il rapace sia psicologicamente che fisicamente fino al punto di
ridurlo alla morte.
8) Il cappuccio può essere utilizzato, anzi esso risulta di fondamentale importanza in molte
circostanze con i rapaci in cattività. Contrariamente a quanto si pensa, se ben utilizzato il
cappuccio non arreca nessuna sofferenza al rapace, anzi ne assicura un maggior benessere in alcune
situazioni. L’addestramento al cappuccio non deve essere traumatico e il cappuccio deve essere
idoneo alla specie (non troppo stretto né troppo largo, non troppo aderente agli occhi, deve calzare
perfettamente sulla testa del rapace, etc.)
9) Il trasporto dei rapaci deve essere effettuato in maniera corretta usando trasportini di dimensione
adeguata non solo alla specie ma anche alla distanza di trasporto. Per viaggi molto lunghi infatti i
trasportini devono essere di dimensione maggiore rispetto alla dimensione standard specifica, per
consentire al rapace un certo movimento all’interno.
10) Non lasciare mai i rapaci al soli senza dare loro la possibilità di rifugiarsi all’ombra, soprattutto non
lasciarli mai in macchina al sole. Non lasciare mai i rapaci fuori alle intemperie, soprattutto nella
stagione fredda.
11) Non mettere insieme in voliera rapaci di due specie diverse
12) I rapaci sono dei predatori per loro istinto naturale scritto sul loro DNA. Ad essi deve essere
dunque data la possibilità di esplicitare questo loro istinto, facendoli predare. Si è già detto però
che nelle applicazioni professionali come le esibizioni al pubblico e il bird-control NON è possibile
permettere ai rapaci di uccidere altri animali, siano esse prede cacciabili o, soprattutto, specie
protette. Come si risolve questo problema? Vanno utilizzate le tecniche di falconeria alternativa al
logoro: il logoro rappresenta un ottimo surrogato alla preda viva, e consente al rapace di soddisfare
il suo bisogno istintivo di cacciare e “uccidere”. Tutti i rapaci per applicazioni professionali vanno
dunque addestrati esclusivamente al logoro e deve essere data loro sempre la possibilità di
esplicitare il loro istinto predatorio su questa preda finta.
Si è già accennato varie volte al fenomeno dello stress, ma in questo paragrafo ritengo utile fare un
ulteriore approfondimento su questo argomento fondamentale nella gestione dei rapaci in cattività.
Che cosa è lo stress? Lo stress è una alterazione dei parametri fisiologici che può essere dovuta a
varie cause e che ha come conseguenza principale l’indebolimento del rapace e l’alterazione di
alcune funzioni fisiologiche. In modo particolare lo stress indebolisce il sistema immunitario
rendendo il rapace soggetto a patologie che in una condizione di benessere sarebbero facilmente
evitate. Esistono differenti categorie di stress:
A) Stress immediato: In genere è dovuto ad un trauma, ad una forte paura, per esempio quando
tentate di prendere in mano un rapace selvatico o ancora non bene addomesticato (tipico degli Accipiter
nelle prime fasi di addestramento). In questa situazione di forte paura nel corpo viene rilasciata molta
adrenalina, i battiti cardiaci aumentano, e la respirazione diventa più intensa e affannosa, il becco viene
tenuto aperto (panting nei rapaci diurni e fluttuazione gulare nei rapaci notturni). Questo tipo di stress,
generalmente, non ha conseguenze tardive ma solo nell’immediato: bisogna evitare di manipolare
pesantemente i rapaci che si stressano facilmente e quelli che hanno ancora una elevata “fear response”
(cioè troppo paurosi e selvatici). Le uniche conseguenze dunque sono immediate e dipendono
dall’entità dello stress: alcuni rapaci potrebbero anche morire di infarto se lo stress è eccessivo.
B) Stress a lungo termine: A differenza del precedente, in questo caso lo stress non è puntiforme ma è
continuato, l’ organismo del rapace è stressato continuamente, giorno dopo giorno, e come principale
conseguenza si ha l’inibizione di alcune funzioni ormonali (gli ormoni della muta, con conseguente
blocco della muta e gli ormoni riproduttivi che vengono inibiti dall’adrenalina, portando dunque al
blocco delle funzioni riproduttive) e l’indebolimento del sistema immunitario, che rende il rapace
facilmente attaccabile da patologie che normalmente non lo colpirebbero (Aspergillosi, per esempio). Le
cause dello stress a lungo termine sono principalmente 3:
1) Stress termico: Questo stato di stress sovviene quando l’animale vive in un clima non adatto alla sua
normale fisioclimatologia. Un esempio di stress termico si ha quando un falconiere che vive nel nord
Italia decide di acquistare un Lanario afrifcano (Falco biarmicus ssp erlangeri, il così detto “Alfanetta”)
oppure quando un falconiere del centro-sud Italia acquista un Girfalco (tipico falco nordico). In genere
però, seguendo le corrette regole e utilizzando dei locali di allevamento perfettamente adattati alle
esigenze climatologiche della specie in questione, il problema dello stress termico può essere facilmente
risolto.
3) Stress alimentare: E’ invece dovuto ad una alimentazione non adeguata sia da un punto di vista
qualitativo sia, soprattutto, dal punto di vista quantitativo. Questo tipo di stress è tipico dei rapaci in
fase di addestramento o già addestrati e, principalmente, si osserva quando il falconiere è inesperto o
incompetente. Uno esempio di stress alimentare si ha per esempio quando un rapace viene tenuto per
troppo tempo ad un peso troppo basso, magari per errori nella valutazione del corretto peso di volo: un
maschio di Pellegrino tenuto a razione ridotta (mezza o un terzo o un quarto di razione) per 6-7 giorni,
per esempio, è già in uno stadio di stress alimentare.
4) Stress psicologico: E’ invece dovuto ad un errata tecnica di “manning” (addomesticamento) del
rapace. Rapaci troppo selvatici o inselvatichiti, o rapaci troppo paurosi (cioè con una “fear response”
ancora troppo elevata) sono facilmente soggetti a questo stress: ogni volta che un rapace di questo tipo
vede il falconiere o viene preso sul pugno e maneggiato, subisce uno stress psicologico, che, nel
momento in cui avviene, non è molto intenso ma è continuo, giorno dopo giorno. In genere questi
rapaci col tempo si abituano (assuefazione, che è appunto lo scopo dell’addomesticamento), ma non è
detto che ciò avvenga (per esempio con rapaci ormai troppo adulti, dai 2-3 anni in su, o con rapaci
troppo facilmente stressabili e troppo paurosi per temperamento individuale).

L’ospedale corre ai ripari contro i piccioni: arrivano falchi e falconieri

Il Vietri si trasforma per una settimana in “riserva di caccia” per falchi pellegrini e poiane addestrate a catturare i fastidiosi volatili. E’ una sperimentazione, inedita per il Molise, voluta dalla direzione sanitaria per risolvere la piaga dei colombi. Affascinante la preparazione, affidata al falconiere Massimo Lanatà.

Larino. L’Ospedale Vietri di Larino si trasforma per una settimana in territorio di caccia con i falchi. Non e’ uno scherzo, ma una soluzione contro il proliferare di piccioni che sta diventando un problema serio per il nosocomio frentano. L’iniziativa, partita dalla direzione sanitaria e coordinata dall’ufficio tecnico, tende a risolvere il problema dei piccioni in modo “naturale”: niente abbattimento dei volatili, bensì una tecnica presente in natura da secoli, ovvero la conquista del territorio e la sua colonizzazione da parte di un predatore.
lanata1Massimo Lanatà, falconiere e addestratore, spiega che questa è l’unica soluzione possibile, tra quelle “civili” e non barbare, per eliminare il problema dei piccioni sia nelle città che negli aeroporti, negli allevamenti ittici, in capannoni industriali e via dicendo. E, come nel nostro caso… anche negli ospedali.
L’operazione durerà una settimana, dall’alba al tramonto, e stando a quanto racconta il falconiere il risultato sarà senza dubbio positivo.
Ma ad affascinare di più, tanto da radunare sul posto una piccola folla di curiosi e appassionati dell’eleganza dei rapaci, è sicuramente la preparazione: infatti il falconiere ha installato dei piedistalli a terra dove ha poi posizionato i falchi e le poiane, «per prendere confidenza con il luogo». Ogni falco viene pesato e gli viene dato un piccola razione di cibo per fare in modo che torni in quel posto. Successivamente viene scelto un animale per un giro di prova. La scelta, mentre siamo noi presenti, ricade su una poiana del deserto che fa una sorta di ricognizione e individua i posti in cui i piccioni o altri volatili si trovano.

 

Massimo Lanatà, la tecnica dei falchi anche in un ospedale?
«Certo, è una tecnica applicabile in molte situazioni, e stando ai risultati attualmente è l’unica che risolve il problema, come dire alla radice, senza abbattere gli animali chiaramente. Qui utilizzeremo poiane del deserto, falchi pellegrini e reali ed alcuni incroci adatti allo scopo, e verranno utilizzati in base alle condizioni climatiche o al lavoro che devono fare»

Come si fa ad addestrare i falchi?
«Innanzitutto bisogna capire il comportamento dell’animale e soprattutto le caratteristiche fisiologiche per individuare che tipo di lavoro bisogna fare, o meglio per studiare un tipo di addestramento a seconda della predisposizione del rapace».

Falconeria patrimonio culturale dell’umanità

unesco
La notizia è di pochi giorni fa. La IAF (International Association for Falconry and Conservation of Birds of Prey ) comunica che L’Unesco ha riconosciuto la falconeria, antichissima tradizione venatoria, patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La richiesta era stata avanzata da undici nazioni: Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Corea, Mongolia, Marocco, Qatar, Arabia Saudita, Spagna, Siria ed Emirati Arabi Uniti e supportata dalle associazioni dei falconieri di diversi stati, che  hanno cooperato in maniera egregia per supportare le motivazioni del riconoscimento.
Il Comitato dell’Unesco, riconosce che:
“La falconeria è una delle più antiche relazioni tra uomo e uccello, risalenti a più di 4000 anni fa. La falconeria è una attività tradizionale con gli uccelli rapaci addestrati a prendere prede nel loro habitat. Si tratta di una attività naturale, perché il falco e la preda si sono evoluti insieme nel corso di milioni di anni, la loro interazione è un dramma antico. Il falco è adattato a cacciare la preda e la preda si è evoluta in molti modi per sfuggire al falco Questo porta ad una visione affascinante, nel modo in cui funziona la natura e pone una sfida intellettuale per il falconiere nella sua comprensione del comportamento. Il suo compito è quello di portare gli attori insieme sul palco della natura. Per fare questo il falconiere deve sviluppare una forte relazione e sinergia con il suo rapace”.
Questo riconoscimento da parte dell’ Unesco significa molto per la conservazione del nostro modo di vita tradizionale” e per fermare il declino di questa nobile arte, dovuto allo stile di vita moderno e alla rapida urbanizzazione. Dalle sue origini antiche in Medio Oriente ad oggi, la falconeria è praticata in tutti i continenti e ha dato al mondo intero così tanto. Un illustre falconiere, Federico II ha dato al mondo il primo libro scientifico sulla natura, il   De arte Venandi cum Avibus ; nei secoli alcune guerre sono  state evitate o fermate da doni diplomatici di falchi.
“Da prima del tempo delle piramidi, l’arte della caccia con gli uccelli rapaci addestrati ha mantenuto un filo ininterrotto della tradizione. Di padre in figlio c’è stato un passaggio  di conoscenze per quasi 200 generazioni in una catena di patrimonio immateriale, portando l’arte della falconeria a noi, nel 21 ° secolo.  La falconeria è considerata un’attività a basso impatto: i falconieri hanno capito che i loro falchi e le  prede devono essere conservate e hanno praticato un “uso sostenibile” per secoli”.
“Ma la falconeria, conclude il Presidente di Uncf, oltre ad una forma di prelievo venatorio ha anche una importante funzione di sicurezza per i cittadini, dal momento che molti aeroporti in tutto il mondo sono protetti da falconieri che con i propri falchi tengono lontani gli stormi di uccelli che potrebbero causare con il loro impatto con gli aerei incidenti anche gravi. Fondamentale poi il ruolo dei falconieri per il recupero in tutto il mondo del falco pellegrino in pericolo e il loro coinvolgimento in molti progetti di conservazione. Per festeggiare questo risultato eccezionale sono attesi ad Abu Dhabi nel prossimo mese di dicembre oltre 10.000 falconieri provenienti da tutto il mondo”.

Falco come Mezzo di Caccia

astore

Il falco è evidentemente un animale ed evidentemente non è un’arma.

Malgrado questo indiscutibile dato di fatto, rientra nei mezzi caccia (come da art .13 della Legge quadro 157/92) senza nessun’altra specifica a riguardo e come tale è soggetto al rispetto di tutte le limitazioni formalizzate per il fucile.

Paradossalmente un falconiere dovrebbe rispettare le distanze di sicurezza da strade e case prima di lasciar andare un falco all’inseguimento di un fagiano, etc etc esattamente come se sparasse.

Partendo dall’inizio, tanto per capirci, chi vuole praticare la caccia con il falco in Italia, deve prendere il porto d’armi e saper smontare un fucile, anche se magari non ne userà mai uno, dato che utilizzerà un falco: questo perché la licenza di caccia è assolutamente vincolata al porto di fucile.

Ma poiché la legge è ” intelligente”…. nell’esame per la licenza di caccia, non si insegna a scappucciare o a gestire un falco, perché il maneggio del falco non è equiparato a quello di un’arma che potrebbe causare danni a terzi.

Allora come mai il falconiere deve rispettare regole create per le armi, se la legge stessa ammette che si stia utilizzando un animale non pericoloso per la collettività?

Non per venalità, ma per completezza di informazione, bisogna anche sapere che il falconiere, oltre che pagare annualmente il porto d’armi………., è obbligato a fare l’assicurazione per l’esercizio venatorio con costi e massimali esattamente come quelli del fucile…………..

Per quanto riguarda la conoscenza dei periodi di caccia e della specie cacciabili o protette, è sacrosanto che il falconiere debba conoscere e rispettare la legge, ma per tutto il resto, è meglio sorridere, per non pensare…………..

Un’altra chicca del nostro sistema legislativo era anche quella che un obiettore di coscienza , non potendo fare il porto d’armi, non poteva neppure andare a caccia con il falco.

Da pochi mesi, tramite l’abolizione di alcune norme relative alle limitazioni poste agli obiettori, oggi, se ha voglia di darsi da fare, l’obbiettore può far volare i falchi a caccia.

Amedeo Traverso

Fonte: LaCaccia.net

L’incubazione artificiale delle uova dei Rapaci

incubatorNell’allevamento egli uccelli, può essere
necessario ricorrere all’incubazione artificiale delle uova. Il motivo più comune
è probabilmente il desiderio di ottenere un’ulteriore deposizione di uova e,
quindi, altri novelli: infatti, molte specie di uccelli, rapaci inclusi, sono in grado
di deporre una seconda e, a volte, anche una terza covata se le precedenti
vanno perse poco dopo che le uova siano state deposte. Se l’obiettivo è quindi
di incrementare l’ovodeposizione, si attendono al massimo due o tre giorni
dopo la produzione dell’ultimo uovo prima di rimuovere la covata. In altri casi,
invece, si ricorre all’incubazione artificiale o a coppie adottive perché le uova
devono essere sottratte alla coppia parentale poiché possono essere
danneggiate o distrutte da uno o da entrambi i genitori, oppure perché la
coppia non è capace di una cova adeguata e le uova non giungono quindi a
termine.
Qualunque sia il motivo, se le uova vengono raccolte è indispensabile avere a
disposizione dei genitori adottivi (della stessa specie o di specie affini) o
provvedere all’incubazione artificiale.
uovaPer non danneggiare le uova e i fragili embrioni in via di sviluppo è importante
che la rimozione delle uova stesse sia fatta con delicatezza e che il trasporto
verso l’incubatrice sia eseguito evitando traumi e scossoni (per esempio
mettendo le uova in contenitori con della gommapiuma con i fori predisposti
per le stesse, oppure scatole piene di mangime per canarini o altre granaglie
che attutiscono le oscillazioni). Le uova vanno poi messe nell’incubatrice al più
presto, specialmente se l’incubazione naturale è già cominciata. Il guscio può
essere pulito, se necessario, con un panno morbido. Ovviamente l’incubatrice
deve essere in condizioni igieniche perfette poiché i parametri di temperatura e
umidità interni alla macchina sono ideali, oltre che per lo sviluppo embrionale,
anche per la moltiplicazione batterica e fungina.
I fattori fondamentali per una corretta incubazione sono temperatura, umidità,
rotazione delle uova e circolazione dell’aria. La temperatura consigliata per le
uova dei rapaci è di circa 37,2 °C e non dovrebbe subire oscillazioni poiché sia
le variazioni in eccesso, sia quelle in difetto possono compromettere,
specialmente se eccessive e ripetute, la vitalità degli embrioni in sviluppo.
Anche la temperatura del locale dov’è sistemata l’incubatrice è importante.
Dovrebbe essere stabile e compresa, idealmente, tra i 15-30°C: uno
scostamento pronunciato da queste temperature rende più difficile per
l’incubatrice mantenere una corretta temperatura interna.igrometroL’umidità relativa dell’incubatrice si attesta attorno al 60%, ma è un parametro
che può anche variare molto da un’apparecchiatura all’altra in relazione alla
circolazione dell’aria all’interno della macchina stessa. Fondamentale per
calcolare l’umidità da impostare è la pesatura dell’uovo: la corretta perdita di
peso (per semplice evaporazione) di un uovo durante l’incubazione, si attesta
attorno al 12-16%: questo significa che perdite ponderali inferiori indicano
un’umidità elevata che ostacola l’evaporazione (bisogna perciò abbassare
l’umidità nell’incubatrice) mentre cali di peso superiori ai valori normali
segnalano un’umidità relativa bassa (è necessario incrementare la percentuale
di umidità all’interno della macchina incubatrice). E’ evidente che per eseguire i
calcoli l’uovo va pesato subito prima dell’incubazione e la perdita teorica di
peso va poi divisa per il numero di giorni d’incubazione propri della specie. Si
ottiene così la perdita ponderale giornaliera, e se il calo è più accentuato o
minore di quanto teoricamente atteso, è opportuno intervenire con gli
aggiustamenti del caso (per incrementare l’umidità della macchina, per
esempio, si può aggiungere acqua in un piattino oppure utilizzarne uno più
largo di quello presente. Viceversa per abbassare l’umidità relativa).
La rotazione delle uova è un altro aspetto dell’incubazione che può
determinarne il successo o il fallimento. Girare le uova, infatti, serve ad
impedire che l’embrione si attacchi alle membrane interne dell’uovo con
conseguente arresto dello sviluppo e morte, e per distribuire uniformemente
entro l’uovo stesso i nutrienti e le sostanze di scarto prodotte dal metabolismo
embrionale. La rotazione è di circa 180°, deve essere fatta con dolcezza,
evitando i movimenti bruschi e dovrebbe avere essere eseguita ogni tre ore
circa, dal primo giorno d’incubazione fino a quando l’embrione si è messo nella
posizione che assume per bucare il guscio, 2-3 giorni prima della schiusa.
Durante l’incubazione è opportuno controllare lo sviluppo embrionale per
verificare che tutto proceda normalmente e per allontanare le uova in cui
l’embrione non è presente oppure è deceduto. Questa operazione si chiama
speratura e si effettua con l’aiuto di una fonte di luce puntiforme (es. lampada,
torcia ecc.) in un ambiente scuro: le uova feconde diventano progressivamente
più scure poiché l’embrione, crescendo, occupa un sempre maggior spazio
entro l’uovo e blocca il passaggio della luce, quelle infeconde o all’inizio
dell’incubazione sono chiare, mentre le uova in cui l’embrione muore mostrano,
ovviamente, un arresto dello sviluppo embrionale (la macchia scura, dopo un
iniziale espansione, non si ingrandisce).speratura La speratura ci aiuta anche a stabilire
quando l’embrione si prepara alla nascita: la camera d’aria, visibile al polo
ottuso dell’uovo come un’area chiara posta trasversalmente alla lunghezza
dell’uovo, in seguito ai movimenti del futuro pulcino che ormai occupa tutto lo
spazio a disposizione, si inclina da un lato assumendo un andamento obliquo
rispetto alla lunghezza dell’uovo. Questa è l’indicazione che la schiusa, in altre
parole la nascita del pulcino, avverrà entro 2-3 giorni. A questo punto si
interrompono le rotazioni dell’uovo per non ostacolare i movimenti che il

pulcino compie per rompere il guscio e vedere finalmente la luce.
La nascita è per il pulcino un evento molto faticoso, estenuante. La prima
tappa è la rottura delle membrane interne cui segue, dopo circa 24 ore, la
rottura del guscio mediante una piccola protuberanza del becco chiamata
“dente dell’uovo” che scompare nei giorni successivi alla nascita. Dopo la prima
schiusaapertura del guscio il pulcino ruota su se stesso procedendo nella rottura del
guscio, creando una linea di frattura trasversale lungo la circonferenza
dell’uovo e poi, aiutandosi con le zampe, spinge le due metà dell’uovo in modo
da liberarsene. Una volta fuoriuscito, si consiglia, prima di toglierlo dalla
schiusa, di lasciare tranquillo il pulcino per alcune ore per consentirgli di
recuperare le energie e per lasciar asciugare il piumino bagnato.
A questo punto, una volta asciutto, si può disinfettare l’ombelico per impedire
che eventuali microbi possano penetrare all’interno del pulcino, e si può
mettere in una gabbia calda a circa 35°C. Il neonato è ora pronto per essere
allevato dall’uomo.
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Dottor Claudio Peccati
Medico Veterinario

Cacciata a lepri in Austria con astori ed aquile

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Già nel mese di Agosto sono arrivate le prime telefonate di invito da parte di un nostro amico falconiere austriaco alla consueta cacciata ottobrina a lepri in quel di Neudorf bei Staaz.Sono anni oramai che gli inviti si susseguono regolarmente e regolarmente una “delegazione” italiana di falconieri sale fino ai confini con la Repubblica Ceca.

In Austria, come del resto negli altri paesi europei, la caccia in generale è gestita diversamente rispetto all’Italia, in pratica non c’è territorio libero dove tutti possono far ciò che piace ed avere la facoltà di sfruttare il territorio e selvaggina in modo “anarchico” come facciamo noi.

Tra colloqui in inglese misto a tedesco credo di aver capito che il territorio austriaco è diviso in Distretti di caccia dove possono andare solo i residenti e gli eventuali invitati, con regole più severe in fatto di prelievo di selvaggina e di uscite.

Il Distretto era stato concesso ai falconieri per tre giorni e mezzo, ovvero, il giovedì, venerdi, sabato e la mattina della domenica (dal 24 al 27 ottobre); nessun cacciatore con il fucile poteva esercitare la propria attività in quei giorni al fine di garantire l’incolumità dai vari rapaci.

Partimmo dall’Italia in 5 persone, 3 con il proprio rapace e 2 accompagnatori, falconieri anch’essi, ma che non avendo un rapace idoneo a cacciare lepri (Astori, Harris, Poiane americane ecc) si aggregarono a noi con l’intento di vivere giornate venatorie indimenticabili oltre che immortalare con fotografie e filmati le varie scene di caccia che si sarebbero susseguite.

Ci ritrovammo all’appuntamento il mattino alle 9 all’uscita del casello autostradale di Padova (2 venivamo dalla Toscana, 1 dalla Romagna e 2 dalla Lombardia) caricammo tutti i bagagli e trasportini con i falchi in due auto e ci mettemmo in viaggio verso la destinazione con velocità da crociera.

Arrivammo la sera verso le 18 a destinazione dopo un viaggio di oltre 1000 Km. Il piccolo albergo dove ci avevano prenotato per alloggiare e dove c’era il ritrovo per la caccia era molto accogliente, intimo, il cui proprietario è anch’esso un cacciatore di ungulati da altana (cinghiali e caprioli) .

Trofei di caccia ad ogni parete, quadri a scena venatoria, il tutto coperto da una cortina di fumo indescrivibile (in Austria ancora si può fumare nei locali pubblici), boccali di birra ad ogni tavolo dove alcuni clienti del luogo si stavano sorseggiando tra una discussione e l’altra e tra un piatto di carne ed un contorno di verdure per cena.

Ad attenderci l’organizzatore del meeting che ci aveva invitato, l’amico Wolfgang, ottimo falconiere e grande allevatore di Astori e Aquile del Bonelli.

Prima di entrare in possesso del bilocale dove dovevamo pernottare situato ai piani superiori dell’edificio, Wolfgang ci fece vedere il giardino protetto dove potevamo giardinare i nostri rapaci; all’interno c’erano già al blocco 4 imponenti aquile reali, la giovane aquila del bonelli oltre ad alcune femmine di astore, pellegrini ed alcuni ibridi.

Dopo una frugale cena a base di piatti del luogo (io già rimpiangevo la nostra cara e gustosa spaghettata!!) ci ritirammo nelle nostre stanze per il meritato riposo.

Il mattino seguente, di buon ora, rituale colazione alla “nordica”….un vero e proprio pranzo come non siamo abituati a fare: pane, formaggi, salumi, spremute, marmellata, cioccolato, caffè ( un lungo ed insipido caffè, niente a che vedere con il nostro espresso con la crema!!)

Finita la colazione abbiamo iniziato a fare il consueto e regolare controllo del peso dei nostri Astori sulle bilance elettroniche portatili; il controllo del peso è importante in questa forma di caccia in quanto i nostri “fucili alati” debbono essere ben in punto di fame per poter insidiare una grossa lepre dal peso di 3 – 4 Kg; di norma si limano nel peso per circa il 15 % rispetto al peso di “muta”, ovvero, rispetto al peso massimo che hanno raggiunto durante i mesi in cui sono stati fermi a causa del ricambio annuale del piumaggio; oltre a mantenerli in appetito e quindi con la voglia di cacciare, vanno preventivamente allenati affinché i muscoli a contrazione rapida (quelli che gli permettono di avere uno scatto fulmineo e quasi istantaneo) siano ben tonici e quindi meno sensibili agli accumuli deleteri dell’acido lattico, il quale porterebbe il nostro astore ad abbandonare l’inseguimento per mancanza di “fiato” e quindi di condizionamento generale.

Espletate le prime “formalità di rito” ci muoviamo con le auto al seguito del capocaccia.

Giunti nel luogo preposto iniziamo a preparare i nostri astori: togliere girella, inserire alla coda o al tarso la piccola ed utilissima trasmittente per un eventuale rintracciamento del rapace dopo un volo lungo.

Il capocaccia ci chiama tutti a rapporto; è di usanza loro, prima di partire per la caccia, fare un discorso a tutti i partecipanti, spiegando come funziona la battuta e facendo gli onori ai rapaci con la levata generale e simultanea dei copricapo.

Il discorso è in lingua tedesca, e noi italiani lo capiamo ben poco, ma subito dopo ci viene spiegato in inglese: in parole povere dobbiamo andare a rastrello senza l’ausilio dei cani, lungo i vari campi che ci sono stati messi a disposizione.

Una volta individuata una lepre al covo dobbiamo alzare il braccio e gridare HASE (lepre in tedesco); il capocaccia indicherà chi dovrà volare in quel momento.

Quando la lepre verrà messa in fuga, un attimo prima del lancio dobbiamo gridare “Habich frei” (Astore libero) affinché i compagni di caccia non liberino a loro volta il loro rapace e per stare attenti ad un eventuale attacco rivolto ad altro rapace; insomma, una sicurezza ed un’allerta a stare con gli occhi ben vigili.

L’ambiente circostante è molto bello, dolci colline a perdita d’occhio, le culture sono idonee alle lepri: campi di barbabietole da zucchero, campi di piselli, campi di ravizzone, vigneti, granturcheti intervallati da campi appena arati e ben livellati oltre a le siepi di alberi non molto alti, che delimitavano i vari campi.

Quello che mi ha colpito è stata la natura del terreno, ovvero una sorta di terra molto scura, quasi nera, molto fine ed abbastanza sciolta.

Iniziamo la caccia incamminandoci all’interno di questi campi cercando di scoprire qualche lepre al covo nascoste tra le bietole o nei campi arati.

Iniziamo bene, vediamo delle lepri fuggire in lontananza e subito dopo una brigata di starne che si invola a circa 50 metri da noi.

Non faccio in tempo a fare un altro passo che tra me e Wolfgang fugge una lepre. Lesto l’austriaco scappuccia la sua giovane Aquila del Bonelli e la lancia all’inseguimento…100 metri e con una volee artiglia a terra il malcapitato roditore che inizia a strillare…la Bonelli è micidiale sulle lepri, in natura è la sua preda preferita oltre alle starne e pernici (in Spagna la chiamano Aguila Perdicera, ovvero, da pernici!!) Wolfgang corre a perdifiato fino alla sua beniamina e conclude l’azione.

Ripartiamo nella nostra camminata…vediamo caprioli a non finire…man mano che ci addentriamo nei campi di piselli o di ravizzone famiglie di caprioli si mettono alla fuga allontanandosi senza eccessiva fretta.

Proprio mentre mi incamminavo negli alti ravizzoni mi sento colpire alle gambe da dietro…mi volto e scorgo un capriolo che quasi avevo pestato e che nell’attimo della fuga mi aveva urtato.

È tutto un susseguirsi di grida “hase, hase, hase” da tante lepri che riusciamo a scorgere e vedere correre. Vicino una vigna mi fugge quasi dai piedi un’enorme lepre..lancio la mia astore la quale dopo una decina di metri è sopra la lepre..una artigliata sul dorso, il pelo che vola in aria e la lepre che fugge indenne! Non è facile catturare la lepre, specialmente per i nostri astori i quali non sono abituati a tali selvatici; qui in Italia non abbiamo moltissime lepri e qualora volessimo insidiarle in qualche Azienda faunistica venatoria, i prezzi sarebbero proibitivi.

La mia astore nella sua fin qui brillante carriera ha catturato qualche coniglio selvatico e qualche mini-lepre (cottontail) ma mai una lepre, non l’ha mai viste!!…è specializzata nei lunghi inseguimenti in cui eccelle, sui fagiani, starne, cornacchie ecc, selvatici molto più abbondanti nei nostri territori e molto più a buon mercato.

Durante tutto il giorno riusciamo a trovare moltissime lepri, le quali vengono per lo più catturate dalle aquile reali dei nostri colleghi tedeschi, austriaci, cechi e dal danese.

A fine giornata la delegazione italiana, pur avendo fatto numerosi lanci, non ha fatto una sola cattura!!! Non siamo delusi, era tutto preventivato, il primo giorno era di ambientamento e di conoscenza del selvatico.

Rientriamo all’albergo per cena e per andare subito a letto..siamo stanchissimi..tutto il giorno a camminare per i campi con gli stivali che sembravano delle zavorre dato che la notte aveva piovuto in abbondanza, e a dir la verità, almeno io, non ci sono molto abituato a simili camminate.

Prima di commiatarci con gli amici falconieri, parliamo un po’ in inglese ed a gesti con alcuni simpatici falconieri tedeschi dietro qualche boccale di buona birra.

Il mattino seguente, stesse operazioni di rito e ritrovo sul campo di caccia a nord del villaggio. Pioviggina insistentemente e spira un gelido vento da nord. Dopo il discorso del capocaccia a tutti i partecipanti iniziamo a perlustrare i vari appezzamenti di terreno coltivati a barbabietole e piselli.

Uno spettacolo mai visto…lepri a non finire che scappavano in tutte le direzioni al nostro passaggio. Il mio amico accompagnatore oltre a filmare i vari voli si prese lo sfizio di contarle per semplice curiosità statistica: in un campo di circa 5-6 ettari scovammo con i piedi oltre 70 lepri !!!! impensabili simili numeri in Italia…forse 70 lepri sono soltanto in una intera provincia!!! Un vero spettacolo indimenticabile.

Dopo numerosi attacchi falliti, vuoi per la svogliatezza di mattina degli astori, vuoi per gli scarti repentini che le varie lepri facevano per sottrarsi alla cattura, ecco che il primissimo pomeriggio il vizla al seguito di Wolfgang si irrigidisce in una ferma statuaria…c’è una lepre al covo nascosta tra le bietole.

Sono gentilmente invitato a far nuovamente volare la mia astore…dentro di me incoraggio sia me stesso che l’astore, quasi pregandola di tirar fuori tutto il suo valore venatorio dimostrato in Italia..almeno per soddisfazione, per il “gol” della bandiera.

Schizza la lepre ed io prontamente lancio il rapace dal pugno..in pochi metri la grossa lepre viene raggiunta ed artigliata sul posteriore…una capriola e il roditore riesce a liberarsi dalla morsa degli artigli e fugge nuovamente..l’astore però non desiste e con un fulmineo e breve nuovo inseguimento riesce a far buona presa trattenendo la lepre per il dorso e per il collo (trattenuta da manuale).

Euforico come non mai corro in aiuto dell’accipiter prendendo le zampe posteriori della lepre affinché non provochi dei danni al rapace e concludendo l’azione.

Gli occhi dell’astore in quel preciso istante avevano una luce diversa, lo sguardo era fiero, le pupille dilatate che denotavano la sua soddisfazione, il becco leggermente aperto ed ansimante, le ali allargate a protezione del suo prezioso bottino…l’astore è una vera e propria “macchina da guerra”, come dice De la Fuente, sembra che abbia il grilletto interno sempre innescato. Cortesia meritata del cuore e del fegato della lepre.

A fine giornata le catture complessive sono state numerose, merito specialmente delle potenti aquile reali che ci hanno deliziato di stupendi voli e memorabili inseguimenti e che difficilmente mancavano la preda, ma anche noi astorieri non abbiamo fatto brutta figura.

Questi amici cacciatori-falconieri d’oltralpe hanno un altro rispetto verso la selvaggina e gli agricoltori in confronto a noi italiani.

Tutte le lepri catturate venivano posizionate sull’erba in una lunga fila ed il capocaccia iniziava così il suo rituale discorso terminando con il ringraziamento ai vari proprietari dei terreni che venivano con noi al seguito per farci constatare che avevano lavorato bene e che nei loro appezzamenti vi albergavano numerose lepri e facendoci ringraziare ed onorare i selvatici catturati invitandoci a toglierci tutti contemporaneamente il cappello al loro cospetto prima di ritornare per la cena ed il meritato riposo.

Il prossimo ottobre ritorneremo sicuramente…oltre per stare a contatto con grandi falconieri stranieri dove gli scambi di idee e tecniche di addestramento e volo arricchiscono noi tutti, per ritornare in questo Eden dove la gestione del territorio è perfetta, dove il rispetto verso gli agricoltori ed i selvatici è messo al primo posto, dove potrò rivedere una innumerevole presenza di lepri impensabile nei nostri territori anche i più ameni.

Fonte: la caccia.net