Gli astori sono uccelli rapaci di medie dimensioni, la loro lunghezza corporea è di circa 46–63 cm, la loro apertura alare va dagli 89 ai 122 cm. Il peso è tra i 0,52 kg nei maschi più piccoli e i 2,2 kg nelle femmine più grandi. L’apertura ampia è da ricondursi al notevole aumento di dimensioni e di peso da sud-ovest a nord-est e al notevole dimorfismo sessuale in rapporto alla dimensione del corpo (regola di Bergmann).
La femmina è più o meno grande come una poiana, il maschio è evidentemente più piccolo. E così nell’est della Germania i maschi adulti pesano nella media 724 g, le femmine adulte 1133 g, la lunghezza dell’ala dei maschi adulti è in media di 314 mm, delle femmine di 353 mm.
Le ali sono relativamente corte, ampie e arrotondate nelle punte, la coda è relativamente lunga. Queste caratteristiche sono tipiche per i rappresentanti prevalentemente silvestri del genere Accipiter, non permettono loro una grande velocità in volo, ma una buona mobilità in uno spazio ristretto. Gli adulti degli astori sono marroni-grigiastri (o bruno-lavagna) nelle parti superiori, le guance sono scure, il sopracciglio è bianco, mentre le parti inferiori sono bianche con una bordatura laterale marrone scura.
I piccoli sono marroncini sulla parte superiore fino alla muta, nella parte inferiore gialli chiari, gialli, beige, arancioni o color salmone con un motivo a righe o a gocce. Il piumaggio maggiore mostra in tutti i vestiti un’evidente bordatura su uno sfondo dal bianco al marrone beige, negli uccelli giovani invece su uno sfondo giallastro. Le gambe sono gialle, come anche la pelle del becco. L’iride degli occhi negli uccelli giovani è gialla chiara, diventa sempre più rossa con l’età e negli uccelli anziani va dall’arancione fino al rosso ciliegia.
Il motivo del piumaggio è molto simile in entrambi i sessi, i maschi adulti sono leggermente più bluastri nella parte superiore e mostrano una coloritura del capo un po’ più ricca di contrasto delle femmine.E’ un rapace di bosco, caccia in agguato balzando da un posatoio sulla preda ignara che passa alla sua portata. Ha una agilità straordinaria ed è in grado di inseguire le prede nel fitto della vegetazione grazie alle ali corte e alla coda lunga che lo agevola nelle virate. si nutre sia di uccelli che di mammiferi. Ha un alto grado di specializzazione nella cattura delle sue prede. In falconeria viene volato sia allevato dai genitori che imprintato sull’uomo. Ha un carattere schivo e nervoso. Deve essere abituato a tutto per poter essere volato con tranquillità: uomini, cani, macchine e mezzi agricoli. Si lancia direttamente dal pugno del falconiere all’inseguimento di fagiani, starne, gallinelle, cornacchie, gazze, lepri, conigli, minilepre. Si può anche lanciare in pianta per far si che sia lui stesso a gestire l’attacco.Se ben addestrato, ha una altissima probabilità di cattura. Falco non per tutti. Sottospecie
Il numero di sottospecie di astori nel territorio paleoartico è vario e cambia anche a seconda dell’autore di riferimento. I passaggi da una sottospecie all’altra sono molto labili e discutibili.
Generalmente vengono riconosciute dieci specie di astori, tre delle quali vivono in Nordamerica: A. g. gentilis: Europa centrale e settentrionale, a sud fino ai Pirenei, le Alpi meridionali e i Carpazi, ad est fino alla Russia centrale A. g. marginatus: a sud fino alla Spagna e al Marocco, fino al Caucaso e all’Elburz; un po’ più piccolo e scuro del gentilis. A. g. arrigonii: Corsica e Sardegna; ancora più scuro e piccolo dell’A. g. marginatus A. g. buteoides: dalla Svezia settentrionale, secondo alcuni anche dalla penisola di Kola fino alla Siberia centro-occidentale circa fino al Lena, a sud fino ai margini della zona della taiga, più grande e più chiaro del gentilis particolarmente nel vestito giovanile. A. g. albidus: Siberia centro-occidentale fino alla Kamčatka; ancora più grande del A. g. buteoides, con un piumaggio più grande e ancora più bianco. A. g. schvedowi: a sud dell’ A. g. buteoides e dell’ A. g. albidus nella zona della steppa e nelle foreste cedue temperate dell’Asia orientale fino allo Hokkaidō; colorazione e dimensione sono circa come l’A. g. marginatus. A. g. fujiyamae: sull’isola principale di Honshū, molto scuro, la sottospecie in assoluto più piccola A. g. atricapillus: maggior parte del Nordamerica; parte superiore grigio-blu, modello del capo molto contrastivo A. g. laingi: Vancouver e Isole Regina Carlotta di fronte alla costa della provincia canadese del British Columbia, più scuro dell’A. g. atricapillus A. g. apache: ambienti montani nei territori di confine del Messico/USA; più chiaro dell’A. g. atricapillus
Lunghezza:
cm 49-61.
Apertura alare:
cm 100-120.
Peso maschio:
gr 571- 750
Peso Femmina:
gr 820-1250
Giorni di incubazione:
36-38
ASTORE:
dal latino austòrius poi astur (dedicato alla città spagnola Asturica Astorga).
ACCIPITER GENTILIS:
dal latino, Accipiter = uccello rapace; gentilis = di nobile famiglia, cioè usato dai nobili per la Falconeria.
Altre Lingue:
Inglese: Goshawk; Francese: Autour des palombes; Tedesco: Habicht; Spagnolo: Azor.
Articolo a cura di: Prof. Dr. Med. Vet. Thomas Richter (Vice Presidente IAF Europa) e Prof. Dr. phil. Peter Kunzmann
Oggi ogni tipo d’interazione tra esseri umani e animali viene testata e verificata approfonditamente a livello sociale. Questo è vero per la caccia e particolarmente per la falconeria. Quest’articolo discute e affronta vari aspetti della falconeria e della caccia con il falco ed il fatto se essi siano moralmente e biologicamente accettabili dal punto di vista del benessere animale.
La morale, a mio parere, ci indica come comportarci correttamente. La morale fornisce la risposta alla domanda “Come dovremmo comportarci?”. Nel medioevo, al tempo di papi e imperatori, le decisioni venivano prese molto facilmente, erano prese dalle autorità. Nel presente invece, non esiste più una morale universale. Tutti pensano fondamentalmente per loro stessi, indipendentemente dal fatto che il loro comportamento sia giusto o sbagliato.
Oggi è possibile decidere in autonomia su molti aspetti della vita. Per esempio, se non mi piacciono gli spinaci, non sono obbligato a mangiarli. Ma se il mio obiettivo è legiferare sulla vita di altre persone, allora ho il dovere di giustificare il mio modo di pensare. Le motivazioni devono essere ragionevoli e non essere contraddittori. Ancora meglio sarebbe se anche le altre persone potessero essere d’accordo con me; ma, nel caso degli spinaci, questo non è detto che succeda.
In filosofia un principio fondamentale è l’eguaglianza. Cose uguali dovrebbero essere trattate allo stesso modo, cose diverse dovrebbero essere trattate in modo differente. Una persona agisce in modo ragionevole, quando prende decisioni su argomenti simili tra loro, in modi equivalenti (Wimmer, 1980, by Mueller, 1995, P. 87). Questo significa che se per una certa azione è possibile una decisione di carattere etico, allora quando esiste una seconda possibile azione, simile alla prima, la decisione dovrà essere la stessa anche per la seconda azione. Per questo motivo, confronterò la detenzione in cattività dei rapaci, con la detenzione di altri animali e la caccia con il falco con altri metodi di caccia.
L’etica è quella parte della filosofia che si occupa di analizzare in modo scientifico la morale. La relazione tra morale ed etica è confrontabile al rapporto che vi è tra una malattia e la medicina. L’etica è super-‐ individualistica. Vietare gli spinaci, per il solo motivo che non mi piacciono, non è ammissibile da un punto di visto etico.
Al fine di decidere se la falconeria e la caccia con il falco rientrano tra i principi del benessere animale,
dobbiamo suddividere la trattazione in quattro fasi:
1. Un’analisi scientifica ed etica delle prede.
2. Un’analisi scientifica ed etica dei rapaci, utilizzando il concetto di “soddisfare la domanda ed evitare i danni”, uno schema etologico accettato da molti scienziati che studiano il benessere animale nelle nazioni di lingua tedesca.
3. Un’analisi dei benefici e dei danni portati da un’azione umana (ad esempio la caccia con il falco),
partendo dalla considerazione che non vi è nessuna azione compiuta dall’uomo che abbia solo
conseguenze negative o solo conseguenze positive.
4. Una sinopsi e una conclusione.
I. ANALISI DELLE PREDE
Prima di chiederci se la falconeria e la caccia con il falco siano moralmente accettabili, dobbiamo
rispondere alle seguenti domande:
a. La caccia è accettabile?
b. È accettabile il fatto che un animale uccida un altro animale per beneficio dell’uomo?
c. La caccia con il falco è meno accettabile di altri metodi di caccia?
In risposta alla prima domanda:
Quali obiezioni possono essere sollevate contro la caccia? Cacciare significa uccidere degli animali. Naturalmente la prima questione è se uccidere degli animali sia accettabile. L’uccisione di animali, secondo noi, è possibile, purché ci sia un’opportuna giustificazione.
Il contesto culturale e le opinioni personali di ogni individuo determinano quali ragioni possano essere
considerate come un’opportuna giustificazione. Le motivazioni possono essere varie: per auto difesa, per la difesa di proprietà, per la difesa della natura (controllo di animali nocivi e uso di prede per caccia sportiva), per l’alimentazione (specialmente quella umana) fino a non avere alcuna motivazione particolare.
Per quanto non vi sia un metodo certo per verificare quale di queste opinioni sia quella valida, è possibile osservare le conseguenze di ciascuna di queste teorie.
• Se non vi è alcun motivo in grado di giustificare l’uccisione di animali, allora, ad esempio, non dovremmo prendere medicine nel caso fossimo infettati dal verme solitario.
• Se l’unica ragione accettabile è per auto-‐difesa, allora potremmo uccidere sia il verme solitario che anche una volpe, nel caso si dimostrasse che essa è infetta da un ecchinococco multioculare o da rabbia.
• Se uccidere un animale è accettabile per la difesa di beni e proprietà umane, si potrebbero allora uccidere differenti specie animali che causano problemi, come per esempio ratti e topi, cinghiali e conigli selvatici, che causano grossi problemi ai contadini, alle ferrovie e così via.
• Se come giustificazione è ammissibile un motivo naturalistico, si potrebbero controllare i predatori di specie in via di estinzione (come il controllo delle volpi in Germania per proteggere le popolazioni residue di grouse) così come sarebbe possibile salvare i rinoceronti bianchi dalla
caccia in Sud Africa.
• Se l’utilizzo di prodotti animali (come la carne, la pelle o la pelliccia) è accettabile come motivazione, allora lo stesso principio deve valere anche per gli animali selvatici. A questo proposito, allevare animali selvatici normalmente comporta meno sofferenza per gli animali che per quelli allevati in fattorie, dove sono detenuti in pessime condizioni.
Ora è possibile decidere con quali conseguenze siano accettabili ed è possibile sondare l’opinione pubblica a proposito. Il predatore più comune che uccide altri animali per beneficio dell’uomo è il gatto, che stermina i topi. È nostro compito analizzare se la cattura di un topo da parte di un gatto – a beneficio per esempio di un agricoltore – sia moralmente più accettabile della cattura di un coniglio da parte dell’astore di un falconiere. In verità ci sono due sostanziali differenze tra questi due esempi – ma in entrambi i casi, l’astore ha un vantaggio rispetto al gatto. Per prima cosa il gatto non rispetta le stagioni venatorie e cattura anche femmine che stanno nutrendo i piccoli, con la conseguenza che anche i piccoli muoiono. Il secondo problema è che un gatto che caccia non rispetta le specie protette e cattura, ad esempio anche i passeri. Se si concorda sul fatto che la cattura di un topo da parte di un gatto sia accettabile, non si capiscono i motivi per cui catturare dei conigli da parte di un astore (o delle pernici da parte di un falco peregrino) non dovrebbe esserlo.
Per dare una risposta alla terza domanda, in altre parole se la caccia con il falco sia moralmente meno accettabile di altri metodi di caccia, la confronteremo con la caccia con il fucile. Questo confronto è molto favorevole alla caccia con il falco. Il falco è parte della natura e la preda lo conosce molto bene. Sia il falco sia la sua preda condividono un lungo periodo di evoluzione. La caccia con il falco è silenziosa, disturba solo la potenziale preda e non altri animali selvatici e coinvolge l’uomo molto meno che nella caccia con il fucile. Inoltre vale la pena di menzionare che l’assenza di proiettili di piombo produce un inquinamento ambientale assai minore e disponibile. Da un punto di vista ecologico, la caccia con il falco è il metodo di caccia meno invasivo.
Uccisioni e ferimenti: nella caccia con il fucile, alcune prede possono fuggire, anche se ferite. Normalmente queste muoiono dopo un certo periodo di tempo e con molte sofferenze. Questo succede molto raramente nella caccia con il falco. Il falco cattura la preda o essa riesce a scappare incolume. I falchi uccidono le loro prede in tempi molto rapidamente, mentre le prede catturate dagli accipitridi vengono raggiunte ed uccise dal falconiere in pochi secondi.
Non vi è alcun rischio per l’uomo di essere ferito nella caccia con il falco. Ugualmente non vi è alcun rischio di danneggiamento per le proprietà e i possedimenti. Per questo motivo i falconieri sono molto popolari, spesso contribuiscono a ridurre la popolazione di conigli nei cimiteri, nelle zone industriali o nei campeggi.
Le attività di birds-‐control permettono di scacciare corvi, piccioni, gabbiani ed aironi dagli aereoporti, allevamenti ittici e così via. A volte è sufficiente lasciar volare il falco per indurre gli uccelli ad abbandonare l’area.
II. ANALISI DEGLI UCCELLI UTILIZZATI PER LA CACCIA
Al fine di decidere se vi sono problemi particolari nel detenere e addestrare i falchi da caccia, occorre
ragionare sui seguenti punti:
1. È accettabile detenere animali, in particolare animali selvatici da parte dell’uomo?
2. In particolare, sono accettabile i sistemi detenzione ed addestramento dei rapaci utilizzati
dai falconieri?
Animali “selvatici” e “addomesticati”
La maggior parte delle persone ritiene accettabile il possesso di animali. Questo fatto è confermato dall’enorme numero di animali domestici posseduti, nella sola Germania siamo nell’ordine dei 100 milioni.
L’uomo ha una spiccata necessità di vivere assieme agli animali. Il concetto che “chi ama gli animali, non possiede animali” è condiviso solo da una ristretta minoranza.
Questo ci porta alla successiva domanda, in altre parole se il detenere animali che normalmente vivono in libertà (animali selvatici) sia lecito o se ciò sia valido solo per gli animali domestici. La detenzione di animali non domestici è normalmente accettata dalla maggior parte delle persone, si pensi all’enorme quantità di pesci presenti negli acquari, ai pappagalli, ai rettili ed agli anfibi, virtualmente tutti animali selvatici. Occore inoltre chiarire se per un animale, il fatto di essere un membro di una sottospecie, costituisca un caso particolare1. Seguendo il principio di eguaglianza – ovvero usando i principi morali – si dovrebbe rifiutare questa idea. Ogni animale nelle mani dell’uomo deve essere trattato con cura, senza differenza tra “animali selvatici” e “animali domestici”. Una morale specifica per gli “animali selvatici” deve essere rifiutata in egual modo, da un punto di vista biologico. Non vi è nessuna evidenza che l’addomesticamento generi un nuovo schema di comportamento, solo un aumento o una diminuzione di comportamenti già esistenti. Il criterio di valutazione del benessere di un animale non puo’ essere temporale, in base al tempo da cui l’animale o i suoi antenati vivono con l’uomo, ma se è possibile o meno soddisfare i bisogni dell’animale mentre sono in cattività. In altre parole, se le condizioni di cattività si possano adattare alle capacità di adattamento dell’animale. Per fare un esempio: solitamente non vediamo alcun problema nella detenzione di un animale di una (sotto)specie che normalmente vive in natura, se non vi sono evidenze di sofferenza, danni o dolori. Tuttavia, detenere un cavallo domestico che mostra sintomi tipici di problemi comportamentali o che presenta ferite agli zoccoli, perché viene tenuto in un ambiente non adatto è, secondo me, un grosso problema di benessere animale.
Il concetto di soddisfare i bisogni ed evitare i danni
Per determinare se la falconeria abbia o no una rilevanza significativa per quanto riguarda il benessere
animale è possibile utilizzare il concetto di “soddisfare i bisogni ed evitare danni”.
Questo concetto è stato elaborato da un gruppo di etnologi svizzeri e tedeschi (etnologi tedeschi della German Veterinarian Society, Tschanz et. al., 1987) e pubblicato nel 1987. Al momento è il metodo più utilizzato per decidere se un certo fenomeno è rilevante o meno per il benessere dell’animale.
Il concetto di “soddisfare i bisogni ed evitare danni” si basa sull’assunzione che ogni organismo sia capace di riprodursi da solo e mantenersi autonomamente. Quando un animale è in grado di riprodursi da solo e sopravvivere autonomamente, allora è possibile valutare se un animale è capace di soddisfare i suoi bisogni ed evitare i danni. Gli animali utilizzano le capacità fisiologiche, morfologiche ed etologiche sviluppate dall’evoluzione e dall’ontogenesi individuale per rispondere alle proprie necessità. Con queste capacità, gli animali si servono o evitano i fattori presenti nel loro ambiente (se un animale è in cattività, tali fattori sono controllati dall’uomo). Se si superano i limiti di adattabilità di un animale, posso manifestarsi danni fisiologici, morfologici e/o etologici. Il danno fisico può essere riconosciuto facilmente, perfino senza una conoscenza delle specie animali, e non vi è alcun dubbio a riguardo all’importanza dei danni fisici nel benessere dell’animale. Il danno etologico può essere riconosciuto come un comportamento anormale e non è spesso così facile da identificare, quindi ci sono molti più dubbi sul fatto che un disturbo del comportamento possa indicare o no una mancanza di benessere dell’animale. Il concetto di “soddisfare i bisogni ed evitare danni” pressuppone che se vi è un numero significativo di animali feriti o danneggiati accomunati da un certo sistema di detenzione o di mantenimento, tale sistema verrà riconosciuto come non compatibile con il benessere di quella specie. Per esprimere questo giudizio, la serietà del danno stesso deve essere tenuta in considerazione.
Per rispondere alla seconda domanda, dovremmo analizzare i metodi di detenzione normalmente utilizzati dai falconieri.
Per prima cosa occorre dire che durante il periodo della muta, gli uccelli sono prevalentemente tenuti in voliere. Durante il periodo di caccia, specialmente prima dell’azione di caccia, i rapaci vengono normalmente tenuto assicurati al blocco o al pugno tramite i geti (strisce in cuoio o altro materiale di apposite dimensioni) posti ad entrambe le zampe. Questo metodo utilizzato in falconeria è giustificato solo per animali usati per la caccia che frequentemente volano anche liberi durante la stagione venatoria. (Occorre comunque far notare che per altre specie di animali, essere tenuti legati è una pratica molto comune e moralmente accettata. In concreto tutti i cani e molti gatti sono tenuti con collari e guinzagli, i cavalli sono guidati con morso e redini che applicano molta più forza sulla sensibile mandibola, di quanto non facciano i geti sulle zampe del falco).
L’uso dei geti e della lunga per assicurarli al blocco o al guando causa dunque sofferenza ai rapaci? A riguardo del volo, la maggior parte delle persone ha un’idea sbagliata. Tale idea può derivare dal sogno umano di libertà e dal comportamento degli uccelli veleggiatori, che volano sfruttando le termiche. Questa tipologia di volo richiede molta meno energia del volo di un peregrino o di un astore. E persino i rapaci veleggiatori non volano solo per divertimento. Devono farlo per cercare una preda o per segnare il territorio. Risultati scientifici mostrano che i rapaci sono molto attenti nel conservare le energie, riposandosi ed evitando di volare, quando non necessario. Peregrini selvatici, stanziali sulle coste dell’Olanda, sono stati osservati durante l’inverno, quando la disponibilità di prede (anatre, gabbiani, etc) è molto elevata. Essi volano in media un minuto e mezzo al giorno, giusto quello che serve per catturare un’anatra (Bednarek, 2002), poi si riposano fino a che non torna la fame il giorno successivo, e cacciano nuovamente per un minuto e mezzo. I falconieri sono molto attenti al benessere fisico dei loro rapaci, perchè un uccello non in forma non catturerà molte prede, o forse nessuna. Si adoperano affinchè i loro uccelli abbiano molte opportunità di volo e di fare esperienza.
L’addestramento di un falco si basa principalmente sull’ammansimento. Anche se questo viene fatto in maniera differente, a seconda delle diverse specie di rapaci utilizzate in falconeria, può essere ottenuto solo con grande pazienza. Punizioni come quelle spesso usate nell’addestramento di cani e cavalli per esempio, sono estremamente sbagliate nel processo di apprendimento dei rapaci. Tutti gli uccelli hanno in comune il fatto di essere molto più limitati nell’apprendimento dei mammiferi. In pratica essi non sono in grado di comprendere il significato delle punizioni. Come risultato una punizione otterrà solo l’effetto di spaventarli. Se dunque acconsentiamo all’addestramento di cani e cavalli per utilità dell’uomo, dobbiamo ammettere ancor di più l’addestramento dei rapaci.
I rapaci, sia che vivano liberi o in cattività, non cacciano a meno che non siano affamati (o in fase di accoppiamento o per nutrire la prole). I rapaci, come tutti i predatori, sono capaci di mangiare molto più di quello che hanno bisogno giornalmente, se hanno la fortuna di cacciare e catturare. Il falconiere deve controllare la razione di cibo molto attentamente per mantenere il rapace motivato al volo, ma sufficientemente in forza per cacciare con successo. Quando la gestione del cibo viene fatta con attenzione, i rapaci in cattività si ritrovano nelle stesse condizioni dei loro pari specie selvatici. Se ci chiediamo se nutrire un uccello con meno cibo di quando potrebbe mangiare, fino ad essere completamente sazio, sia moralmente accettabile, dovremmo confrontare questo tema con la nutrizione di altri animali e persino di noi stessi. A molti animali facciamo seguire una dieta controllata per portarli al massimo delle loro potenzialità fisiche. Non riesco a vedere molte differenze nel gestire la dieta di un rapace, un cane, un cavallo o un essere umano per impedirgli di diventare troppo grasso.
Usando il principio di “soddisfare i bisogni ed evitare danni” possiamo affermare: gli uccelli dei falconieri che cacciano con successo, generalmente non mostrano danni fisici. L’unica patologia che può essere causa di una severa malattia è il cosiddetto “bumble-‐foot”. Questo capita principalmente nei falchi di cattura nei paesi dove ne è permesso l’utilizzo. La ragione si suppone sia collegata a un cambiamento troppo rapido di metabolismo (Heidenreich, 1996). Si è inoltre discusso su motivi legati a pertiche di cattiva qualità (Trommer, 1992). Il bumble-‐food può essere evitato con una buona gestione dello spazio e del cibo sia per gli uccelli nati in cattività sia per quelli selvatici.
Comportamenti disturbati o stereotipati, tipici di molte altre specie, come ad esempio lo strapparsi le piume tipico dei pappagalli, non sono mai stati osservati nei falchi utilizzati in falconeria. Non vi è evidenza del fatto che i bisogni etologici dei falchi non siano soddisfatti dalla detenzione e dalle forme di addestramento solitamente utilizzate in falconeria.
Anche osservando la falconeria da un punto di vista estetico, non si troveranno contraddizioni. Da quello che sappiamo, gli animali non provano un desiderio di libertà, simile a quello umano. La falconeria è il miglior esempio di una cooperazione volontaria tra un animali (i cui pari specie vivono in libertà) e un essere umano. Io sono personalmente affascinato dalla falconeria, perchè un falco deve essere nella miglior condizione fisica e mentale per cacciare con successo. E questo cacciatore accetta di cooperare con me attraverso una fase di apprendimento. L’uccello collabora anche se vola completamente libero, potrebbe facilmente volare via e – come buon cacciatore – potrebbe facilmente sopravvivere in libertà.
La detenzione di animali richiede di aver accesso a risorse materiali e di conoscenza. I falconeri che hanno successo provano che essi hanno accesso a queste risorse, altrimenti non avrebbero successo.
III. VANTAGGI
Come abbiamo visto, la falconeria non determina particolari problemi per il benessere degli animali. Inoltre possiamo vedere altri significativi vantaggi dal fatto che:
1. Benefici per l’uomo
a. La falconeria è un grande piacere per molte persone – in Germania essa è una delle libertà garantite dalla Costituzione.
b. Il falco addestrato, senza disturbi di comportamento, offre alla scienza una grande possibilità di ricerca. Gran parte della conoscenza che abbiamo a riguardo del comportamento dei falchi, in particolare durante la riproduzione, deriva proprio dai falchi addestrati.
2. Benefici per la conservazione della natura
a. È proprio grazie all’intima conoscenza che i falconieri hanno dei loro uccelli, soprattutto della loro etologia, che è stato possibile riprodurre con successo i rapaci in cattività. La riproduzione in cattività è stata importante anche per molti programmi di ripopolamento. Si pensi solo alle campagne di ripopolamento del falco peregrino in Germania e negli Stati Uniti.
3. Benefici per il benessere dell’animale
a. Rapaci selvatici feriti o bisognosi di aiuto richiedono un opportuno trattamento medico dopo il quale non possono essere immediatamente rilasciati in natura, senza un opportuno addestramento basato sui metodi e sull’esperienza dei falconieri.
IV. CONCLUSIONI E VALUTAZIONI
C’è una lunga lista di benefici a favore della falconeria. Per il falconiere essa è fonte di soddisfazione, di sfida e di crescita personale.
La falconeria, da un punto di vista ecologico, è il sistema di caccia migliore. Lo stress per la preda, confrontato ad altri sistemi di caccia, è molto basso.
I rapaci dei falconieri sono indispensabili per la scienza, specialmente per la ricerca etologica e riproduttiva. Poter osservare il comportamento naturale di un rapace e la falconeria non è niente altro ha un valore inestimabile.
Le conoscenze ed il coivolgimento diretto dei falconieri hanno reso possibile la reintroduzione di molte specie di rapaci vicine all’estinzione.
La conoscenza e le tecniche dei falconieri sono fondamentali per la riabilitazione di rapaci selvatici feriti.
Quali sono gli ostacoli alla falconeria?
Non possibile identificare un aspetto morale negativo nella caccia con il falco.
Da un punto di vista biologico, non vi sono problemi di benessere animale per i falchi gestiti in modo corretto. Confrontato con un esemplare selvatico, un falco nato in cattività ed ammansito vive una vita molto più confortevole e sicura.
Referenze:
• Mueller, A., 1995: Ethische Aspekte der Erzeugung und Haltung transgener Nutztiere, Enke Verlag, Stuttgart.
• Fachgruppe Verhaltensforschung (Beat Tschanz und Coautoren), 1987: Bedarfsdeckung und Schadensvermeidung; Deutsche Veterinaermedizinische Gesellschaft; Giessen
• Sambraus, H.H., 1991: Sind Verhaltensstoerungen Indikatoren fuer eine nicht tiergerechte Haltung? Tierzucht, 45. Jahrg., Heft 6, S. 260-‐264
• Heidenreich, M., 1996; Greifvoegel, Blackwell-‐Wissenschafts Verlag, Berlin, Wien
• Trommer, G., 1992: Greifvoegel und Falknerei 1991; Neumann-‐Neudamm, Melsungen
• BVerfG 55, 159 = NJW 1981, 673
• Richter, Th. und Susanne Hartmann, 1993: Die Versorgung und Rehabilitation von voruebergehend in Menschenhand geratenen Greifvoegeln -‐ ein Tierschutzproblem; Tieraerztliche Umschau, 48. Jahrg., Heft 4, S. 239-‐250, Terra-‐Verlag, Konstanz
Autori:
Prof. Dr. med. vet. Thomas Richter, Nuertingen, Germany Prof. Dr. phil. Peter Kunzmann, Munich, Germany
Nota 1:
Da un punto di vista biologico, la domesticazione non crea nuove specie, gli animali continuano ad appartenere alla loro specie originaria (i cani continuano a far parte della specie Canis lupus, i maiali della specie Sus scrofa), in ogni caso generalmente si parla di animali selvatici o di sottospecie domesticate.
Che ci crediate o no, nei primissimi del ‘900 G.E. Chiorino, rivolgendosi alla Falconeria italiana, scriveva:
“In Italia poco si è fatto sin ora per la risurrezione di questo nobile sport. Ma i tentativi di parecchi appassionati furono coronati dal più ampio successo, e questi parecchi hanno fede e convinzione nel non lontano risorgere della Falconeria in Italia.”
Mi chiedo quanto durerà ancora il suo “non lontano risorgere”.
Mi chiamo Matteo D’Errico, molti di voi mi conoscono, con gli altri spero di avere il piacere di presentarmi, come si conviene, nell’ esposizione di questa iniziativa.
Da quasi un anno, sto viaggiando per le regioni d’Italia condividendo, con i miei vecchi e nuovi amici, un sogno; ho già coperto oltre 5000 km, dalla Puglia in Lombardia, dalla Sicilia in Veneto, e poi ancora Calabria, Lazio, Emilia, ho assaporato le favolose cucine italiane, sedendo a cena con decine di falconieri, della vecchia scuola e della nuova generazione. Chi non ho potuto incontrare direttamente, ho avuto modo di contattarlo telefonicamente.
Così senza addolcire troppo la pillola, ho apertamente sottoposto a tutti il tema scottante: “trovare un’ideale comune che unisca tutti i falconieri italiani”.
Conoscendo da decenni i limiti della Falconeria italiana, all’inizio di quest’avventura ero convinto di fare un salto nel buio, un’inutile perdita di energie che mi avrebbe condannato a praticare la mia passione in solitudine, cosa questa a cui molti dei “grandi vecchi” si sono rassegnati da anni.
Fino ad oggi la costante che mi ha accompagnato ad ogni incontro è stata il profondo senso di disillusione, uno sconforto tale da spingere grandi falconieri a sparire dalle scene, a nascondersi da quella “Falconeria moderna”, che oggi guardano con sdegno e rimprovero. Una vera emorragia di cultura falconeristica italiana, celata per sempre in una conoscenza che rischia di non diventare mai più storia.
So di non poter fare miracoli ed appunto all’inizio di questo racconto ho definito questo viaggio, “un sogno”; ma cosa ho da perdere? Credo che in cuor vostro, ognuno di voi sappia di cosa parlo e sapete che ho ragione.
Allora è tempo di muoversi, di provarci. Il primo passo da fare è capire chi siamo, cosa sappiamo e cosa realmente vogliamo. Su queste, apparentemente semplici riflessioni, negli ultimi due mesi ho speso le mie serate a creare un censimento che possa offrire delle risposte: CENSIMENTO NAZIONALE DEI FALCONIERI ITALIANI 2013.RILEVAZIONE DEI FALCONIERI ITALIANI POSSESSORI DI REGOLARE LICENZA VENATORIA E/O ESPRESSAMENTE SOSTENITORI DELLA CACCIA COL FALCO
Ho contattato decine di falconieri, che gentilmente mi hanno offerto il loro aiuto ed ancor più il loro entusiasmo. I dati del censimento resteranno anonimi e verranno presentati in termini di percentuali.
Qualcuno mi ha chiesto perché ho deciso di non farmi rappresentare da un’associazione. L’ obiettivo è quello di ottenere degli spunti di lavoro da poter offrire a tutti, associazioni, allevatori, veterinari, professionisti e soprattutto falconieri. Farsi sponsorizzare da un’associazione avrebbe significato ghettizzare questo lavoro, incanalarlo secondo statuti e politiche ben precisi; io voglio renderlo libero e presentare i dati a tutti senza veto alcuno e senza limarne gli esiti sconvenienti.
Presenterò i risultati di questo censimento dapprima in un congresso nazionale della Falconeria (probabilmente a luglio) e subito dopo in rete. Forse su un sito creato per l’occasione, dal quale attingere a queste informazioni per avere risposte reali sulla volontà dei falconieri italiani.
Ho quindi scelto un delegato regionale che presentasse questa iniziativa
Vi chiedo quindi un minimo sforzo nel richiedere, compilare e spedire il Censimento in oggetto. Potrete richiederlo ai vostri delegati regionali o direttamente a me.
Di seguito troverete i nomi dei primi delegati e i miei indirizzi dove contattarmi per richiedere il censimento e qualunque eventuale informazione.
Felix Rodriguez de la Fuente fu un broadcaster e naturalista spagnolo.
Nacque nella provincia di Burgos, in un villaggio chiamato Poza de la Sal, il 14 marzo 1928.
Trascorse la sua infanzia a contatto con la natura e nelle praterie della valle del Bureba.
Suo padre, Samuel Rodriguez, un notaio nella vicina città di Ona, lo fece andare a scuola dopo gli otto anni, poiché riteneva che una scolarizzazione precoce fosse controproducente.
Felix Rodriguez de la Fuente iniziò, quindi, la scuola, non appena scoppiò la Guerra civile spagnola e fu perciò costretto a rimandare la propria formazione fino al 1938, quando entrò nel collegio e ricevette una scolarizzazione di base per recuperare il tempo perduto.
All’età di diciotto anni, Felix Rodriguez de la Fuente si trasferì a Valladolid, dove iniziò a studiare medicina, continuando ad interessarsi alla natura e acquisendo una certa passione per la falconeria.
Laureatosi in medicina, nel 1957, continuò gli studi fino a quando non ottenne la specialità in odontoiatria.
Successivamente, dopo la morte del padre, Felix si rivolse alla biologia e alla falconeria.
Nel 1960 si recò in Arabia Saudita, come falconiere, e scrisse diversi articoli sulla rivista Bianco e Nero, nonché partecipò a diversi programmi tv, soprattutto per bambini.
In seguito, grazie ad un’aiuto finanziario da parte del re Saud, dell’Arabia Saudita, Felix Rodriguez de la Fuente creò il suo primo documentario, che ebbe un grande successo e gli permise di continuare i suoi studi sui falchi e anche sul comportamento dei lupi. Felix Rodriguez de la Fuente fece molti viaggi in Africa: si recò in Uganda, Somalia, Congo, Tanzania e Kenya, dove realizzò anche diversi documentari per la televisione spagnola nella fortunata serie “El hombre y la tierra”, diventando il simbolo del naturalismo.
In seguito, Felix Rodriguez de la Fuente fu co-fondatore dell’Associazione per la Difesa della Natura, ADENA, e del WWF e fu membro del Consiglio Nazionale della Ricerca.
Felix Rodriguez de la Fuente morì il 15 marzo 1980, insieme a due colleghi, in Alaska, a causa di un incidente aereo.
Fu un grande falconiere e studioso. Grazie a lui e ai suoi documentari sulla falconeria fece innamorare migliaia di persone, me compreso!
Dimostrò l’utilità della falconeria in ambito sociale attraverso il bird control con i falchi addestrati, dimostrò come catturare le volpi vive addestrando aquile reali con speciali copri artigli. Documentò l’utilità dei rapaci in natura, la loro funzione nella catena alimentare e divulgò l’arte della falconeria attraverso i suoi documentari tradotti in tutto il mondo.
Abbiamo scelto per voi i migliori documentari di Felix che potete trovare nella sezione video.
La falconeria moderna è molto cambiata nelle tecniche e nelle strumentazioni usate rispetto alla falconeria di un tempo. Oggi si usano solo rapaci riprodotti in cattività, si usano aquiloni e palloni aerostatici ad elio per addestrarli, se si perdono si ricorre ad apparecchiature da radiotracking e le specie stesse di rapaci utilizzate sono diverse. Ai classici Pellegrini, Sacri, Lanari, Astori e Sparvieri oggi si aggiungono specie quali la Poiana di Harris (Parabuteo unicinctus) o la Poiana codarossa (Buteo jamaicensis) che provengono dal continente americano ma si tratta ancora di specie “naturali” per così dire. Il fatto è che oggi si usano in falconeria anche specie, diciamo “artificiali”, cioè gli ibridi che, in Italia vanno e in qualche altro Paese stanno andando molto di moda.
I primi ibridi che si produssero nei lontani anni ’70 in USA servivano più per scopi di ricerca biologica che altro (Baptiste, S. and D. Jamieson. 1978, Cade, T.J. and J.D. Weaver. 1976, Boyd, L. and N. Boyd. 1975), ma poi anche i falconieri e gli allevatori privati si appropriarono delle necessarie tecniche di inseminazione artificiale e di ibridologia ed iniziarono così una produzione in proprio di tali esemplari per l’uso pratico in falconeria.
Gli ibridi nascono da genitori di Specie diversa. In nessun caso, sia dall’incrocio fra ibridi, che da qualunque loro reincrocio, si ottiene una loro genealogia, cioè una nuova Specie ma, al massimo, si può ottenere una “Razza”. Per capire i fondamenti dell’ibridologia dei rapaci bisogna considerare alcuni concetti fondamentali, che sarebbe meglio illustrare con degli esempi basati su specie più note. Iniziamo con il Canarino. Fin dai primi anni della sua introduzione in Europa, il Canarino è stato incrociato con Specie affini europee ed extraeuropee, con risultati in molti casi positivi. Però nessun prodotto di questi incroci, cioè nessuno di questi ibridi si è perpetuato, a conferma che la Natura tende a mantenere le Specie in purezza e concede solo il perpetuarsi degli incroci fra individui della stessa Specie (meticci), anche se appartenenti a Razze esteriormente assai differenti fra loro; si pensi che nell’ambito della Specie Canina, qualunque incrocio è fecondo, anche quello fra un gigantesco Alano ed un minuscolo Yorkshire!
LA CLASSIFICAZIONE DEGLI IBRIDI
Dunque un ibrido è l’incrocio tra due specie diverse, ma bisogna chiarire che si possono avere tre tipi di ibridi: a) incroci, cioè accoppiamenti tra esemplari della stessa sottospecie ma di ceppo diverso o comunque con caratteristiche diverse (sotto certi punti di vista in questo caso non si potrebbe parlare di veri e propri ibridi, ma appunto di incroci tra individui con caratteristiche diverse o appartenenti a ceppi diversi; nei rapaci un esempio potrebbe essere l’incrocio tra diverse fasi di colore, visto che ancora la selezione artificiale non ha portato alla creazione di veri e propri ceppi); b) ibridi intraspecifici (cioè tra due sottospecie o razze della stessa specie per es. Falco peregrinus brookei x Falco peregrinus peregrinus); ibridi interspecifici o intragenerici (cioè tra due specie appartenenti allo stesso genere per es. Falco peregrinus x Falco rusticolus); c) ibridi intergenerici (cioè fra generi diversi per es. tra Poiana codarossa, Buteo jamaicensis e Poiana di Harris, Parabuteo unicinctus oppure tra Sparviere di Cooper Accipiter cooperii e Poiana di Harris).
Si possono ottenere anche degli ibridi di seconda generazione (F2) cioè quelli ottenuti dall’ incrocio di un ibrido (per es. Girfalco x Lanario) con una specie pura (per es. Sacro) per ottenere così un ibrido finale Girfalco/Lanario x Sacro nel caso degli ibridi eterologhi (cioè reibridazione con una specie esterna), mentre se otteniamo in F2 ibridi del tipo Girfalco/Sacro x Sacro si parlerà di omologhi, cioè derivati dall’incrocio di un genitore ibrido (nel nostro esempio il Girfalco x Sacro) con un genitore appartenente ad una delle due specie parentali (pure) da cui era stato ottenuto l’ibrido F1 (nel nostro esempio il Sacro); nel caso dell’ottenimento di ibridi F2 omologhi l’incrocio usato è detto back-crossing (cioè retroincrocio, appunto perché abbiamo riaccoppiato l’ibrido con una delle due specie parentali da cui esso proviene e si indica con R, quindi la prima generazione di reincrocio si indica con R1, la seconda con R2 e così via); i suddetti ibridi omologhi ed eterologhi sono più comunemente chiamati triibridi. Ma in F2 si possono avere anche i così detti ibridi bi-eterologhi (in realtà la nomenclatura dovrebbe essere più complessa…) cioè derivati dall’incrocio tra due genitori entrambi ibridi (per esempio Girfalco/Sacro x Girfalco/Lanario); tali ibridi vengono più comunemente chiamati quadriibridi.
La nomenclatura appena citata, di tri-ibridi e quadri-ibridi in realtà non è del tutto corretta. Come si può notare da quanto detto sopra gli ibridi possono essere classificati anche quantitativamente cioè semplicemente in base solo alle specie che ci sono dentro: si parlerà allora di bi-ibridi quando si ottiene un ibrido da due specie pure diverse oppure quando viene reincrociato un ibrido F1 con una delle due specie pure che lo compongono (GyrxLan è un bi-ibrido, ma anche Gyr/Lan x Lan lo è perché anch’esso è composto da due specie anche se combinate in percentuali diverse con un reincrocio); si parla di tri-ibridi quando le specie coinvolte sono tre, di solito nel caso degli ibridi F2 eterologhi come ad esempio il Gyr/Lan x Sacro; ed infine si parla di quadri-ibridi quando le specie coinvolte sono quattro; i quadri-ibridi sono rarissimi perché possono essere ottenuti solo da incroci di due genitori a loro volta ibridi, ma per quanto diremo dopo, le femmine ibride F1 sono di solito sterili o poco fertili per cui le difficoltà di produzione di un Gyr/Sacro x Lan/Lugger per esempio sono notevolissime.
Prima di continuare è bene chiarire il sistema di nomenclatura degli ibridi: si mette prima la specie del genitore di sesso maschile (il padre) e poi la specie del genitore femminile (la madre); allora nel caso di un ibrido Girfalco x Lanario capiremo subito che questo individuo è figlio di padre Girfalco e di madre Lanario. Nel caso di bi-ibridi (cioè di ibridi di prima generazione derivati dal semplice incrocio tra maschio e femmina di specie diverse) si usa un segno “x” per collegarli (per esempio Girfalco x Lanario o, abbreviato GirxLan); nel caso invece di ibridi di seconda generazione, siano essi omologhi od eterologhi, per descrivere l’esatta composizione della F2 ottenuta si userà il segno “/” per legare le due specie da cui proviene uno dei genitori o entrambi (nel caso degli ibridi bi-eterologhi) ed il segno “x” per rappresentare l’ulteriore incrocio tra essi (per esempio: un ibrido eterologo può essere Girfalco/Pellegrino x Sacro mentre un bi-eterologo può essere Girfalco/Sacro x Girfalco/Lanario).
Un ulteriore fattore di classificazione degli ibridi è la direzione dell’ibrido. Vediamo prima un esempio. Un esempio di ibrido fra i più noti è il Mulo che nasce da Cavallo x Asina, o viceversa se si incrocia Asino x Cavallo si ottiene il Bardotto che è abbastanza diverso dal mulo per costituzione fisica e per comportamento. Applicando ai rapaci possiamo dire che un GirxPell sarà abbastanza diverso da un PellxGir, anche se questo non è facilmente dimostrabile nella pratica, ma ci sono delle spiegazioni: un allevatore che produce ibridi di rapace userà quasi esclusivamente l’inseminazione artificiale (gametizzazione artificiale) e su questo non c’è alcun dubbio, ora l’allevatore, dovendo produrre degli ibridi tra la specie Girfalco e la specie Pellegrino (molto rinomati in falconeria, e costosi), preferisce usare un maschio di Girfalco da cui prelevare il seme ed una femmina di Pellegrino da inseminare col seme del Girfalco, semplicemente per una questione economica, infatti acquistare un maschietto di Girfalco costerà sicuramente meno che acquistare una femmina, mentre tra femmina e maschio di Pellegrino la differenza di prezzo è irrisoria; ecco perchè gli ibridi tra la specie Pellegrino e la specie Girfalco che troviamo in giro sono quasi tutti di direzione GirxPell e non viceversa PellxGir. Questo è uno dei motivi, ma ce ne sono anche altri, troppo complessi, che non mi dilungo a spiegare, anche perchè io stesso non ne ho perfetta conoscenza.
Quello che segue è, solo a livello di esempio, un breve elenco solo di alcuni tipi di ibridi che possono essere ottenuti da sole 3 specie, in funzione dei concetti sopra esposti. Si consideri che questi ibridi sono tutti diversi tra loro (etologicamente, biologicamente e morfologicamente) al di là della variabilità individuale:
Specie considerate: Falco sacro, Falco lanario e Girfalco
1) GyrxLan
2) GyrxSacro
3) LanxGir
4) LanxSacro
5) SacroxLan
6) SacroxGir
7) Gyr/Lan x Sacro
8) Gyr/Lan x Lanario
9) Gyr/Lan x Girfalco
10) Gyr/Sacro x Sacro
11) Gyr/Sacro x Lanario
12) Gyr/Sacro x Sacro
13) Lan/Gyr x Girfalco
14) Lan/Gyr x Lanario LE PROPORZIONI DEGLI IBRIDI E LA QUESTIONE DEL REINCROCIO
Come è facile capire, in un ibrido F1, poniamo un GirxLan, troveremo teoricamente (si veda dopo per la spiegazione del “teoricamente”) il 50% di geni del Lanario ed il 50% di geni del Pellegrino. Quindi tutti gli ibridi F1 avranno un rapporto genetico teorico del 50:50 %. In un ibrido F2 se questo è omologo, cioè per es. se il GyrxLan viene reincrociato con un Lan o con un Gyr, la progenie ottenuta avrà rispettivamente il 75% di geni dal lanario ed il 25% dal Girfalco nel primo caso (i Gyr/Lan x Lan sono i così detti ¾ Lanario) o il 75% di geni dal Girfalco ed il 25% dal Lanario nel secondo caso (i Gyr/Lan x Gyr sono i così detti ¾ Gyr cioè tre quarti Girfalco; ma teniamo conto che un ¾ Gyr può essere anche il Gyr/Sacro x Gyr). Se invece l’ibrido è eterologo le proporzioni saranno diverse; per esempio se incrociamo il GyrxLan con un Sacro i tri-ibridi (eterologhi) che otteniamo nella F2 avranno il 25% di geni dal Lanario, un altro 25% di geni dal Girfalco ed il 50% di geni dal Sacro.
Ma le proporzioni sopra illustrate sono solo teoriche, perché sebbene un ibrido abbia una percentuale di geni da un genitore e il resto dall’altro non è detto che manifesti questi geni nel suo fenotipo allo stesso modo. Un ibrido GyrxLan che avrà quindi il 50% teorico di geni dal Girfalco ed il rimanente 50% teorico dal Lanario, può apparire nella realtà (nel suo fenotipo) molto più simile al Girfalco che non al Lanario. Ciò avviene per vari motivi: intanto perché i geni si rimescolano nell’individuo (attraverso il meccanismo del crossing-over) e poi perché i geni interagiscono fortemente tra loro, per cui un gene che nella specie pura si manifesta, nell’ibrido potrebbe essere inibito (epìstasi) da uno o più geni dell’altra specie e quindi non si manifesta o si manifesta in maniera diversa. Volendo approfondire in termini più tecnici questo ultimo concetto bisogna introdurre il concetto di coadattamento genetico. I geni interagiscono non solo con l’ambiente ma anche con gli altri geni presenti nell’organismo. Per ogni locus genico la selezione naturale favorisce gli alleli che interagiscono bene con gli alleli negli altri loci. Il termine coadattamento genetico si riferisce all’interazione di tipo adattativo tra i geni che costituiscono un pool genico. E la non vitalità o la sterilità degli ibridi interspecifici rappresenta infatti una notevole prova del coadattamento genetico (per es. i genotipi del cavallo e dell’asino non sono reciprocamente adattati e la conseguenza è infatti che i loro ibridi non sono fertili). Ma il coadattamento genetico influenza anche le proporzioni fenotipiche che si manifestano negli ibridi, perché se due genotipi non sono coadattati (come lo sono quelli delle due diverse specie pure da cui si ottiene l’ibrido), i loro geni interagiranno in maniera anomala e di solito imprevedibile per cui quello che otterremo fenotipicamente nell’ibrido sarà il risultato di interazioni “forzate” tra geni anche non compatibili e che dunque potranno anche non esprimersi, o farlo solo parzialmente o in modo anomalo.
In tutti questi rapporti genetici però esiste una piccola questione che potrebbe portare a confusione per cui ve la mostro nella speranza di riuscire a spiegare adeguatamente il concetto, che in realtà è abbastanza complesso. Infatti, a proposito degli ibridi tra Cavallo e Asino, in alcuni testi si legge che il Mulo (che è un ibrido di Cavallo x Asina) è sempre fertile se di sesso femminile e se viene reincrociato (back-crossing) con un Cavallo darà Cavalli e Muli, mentre se viene reincrociato con un Asino darà come progenie Asini e Muli. Si deduce questo dal seguente schema (dove indicando con CC il cavallo e con AA l’asino si ha che CA è il Mulo mentre AC è il Bardotto):
Come si vede dal grafico sopra, in questo tipo di incroci le proporzioni genetiche non si sommano ma si mantengono distinte e si ritorna nuovamente alle specie parentali con la progenie ottenuta dal reincrocio (infatti praticamente si riottengono il 50% di cavalli puri ed il 50% di Muli). Allora, seguendo questo ragionamento dal reincrocio di GyrxLan con una femmina Gyr si dovrebbero ottenere come figli il 50% di Girfalchi puri ed il 50% di ibridi GyrxLan (per esempio 2 Girfalchi e 2 GyrxLan) piuttosto che ottenere il così detto ¾ Gyr! Come tutti sappiamo la realtà sembra non essere così e infatti non è così. A questo proposito si fa una distinzione tra Ibridi mendeliani (che sono quelli dell’esempio con il Mulo) perché seguono gli stessi principi usati da Gregor Mendel per la dimostrazione delle sue leggi sull’ereditarietà dei caratteri, nei quali le proporzioni genetiche si mantengono separate, ed ibridi non mendeliani o quantitativi (che sono quelli degli esempi sulle frazioni riportati di sopra), nei quali le proporzioni genetiche sono additive cioè si sommano di volta in volta andando contro le teorie di Mendel, tanto è vero che si sa che ci sono alcuni caratteri (i caratteri quantitativi) che non rispettano le leggi mendeliane proprio perché sono additivi. Questo almeno in teoria, perché verificando nella pratica si vede che è impossibile che i geni di due specie diverse che si trovano in un ibrido possono rimanere completamente separati senza interagire tra loro (crossing-over) per cui è impossibile che si possa poi ritornare con il reincrocio alla specie pura, resterà sempre un residuo di geni, che calerà tanto di più quanto più volte viene reincrociato l’ibrido iniziale con la specie pura, riducendo così la frazione di geni dell’altra specie (per es. R1 50:50, R2 25:75, R3 12,5:87,5 ecc.) fino ad arrivare ad una riduzione infinitesimale della percentuale del genoma della specie estranea. Possiamo quindi concludere che praticamente gli ibridi mendeliani non esistono! Questo perché Mendel lavorava con dei singoli alleli (l’allele è una delle due copie che ogni gene ha negli organismi superiori che sono appunto diploidi) mentre negli ibridi si lavora con dei genomi interi. Mentre il singolo gene agisce in maniera semplice invece un genoma intero (cioè l’ insieme dei geni di una specie) opera in maniera estremamente complessa (coadattamento gentico per es.), ecco perché il grafico precedentemente visto non è valido; in esso quelli che si incrociano sono degli interi genomi (quelli del cavallo e del mulo, che a sua volta ha un genoma ibrido tra cavallo e asino) che dunque ben difficilmente potranno tornare al loro stato puro, mentre per un singolo allele è più facile spostarsi, nelle generazioni dalla forma eterozigote a quella omozigote. Detto questo possiamo affermare quindi che il concetto secondo cui il reincrocio (R1) tra mulo e cavallo dia 50% di muli e 50% di cavalli non corrisponde a verità. Quelli ottenuti saranno invece dei ¾ Cavallo (e ¼ Asino), in cui magari alcuni individui somigliano di più a Cavalli puri (ma non lo sono!) e altri somigliano di più ai muli.
FERTILITA’ DEGLI IBRIDI
Si osserva a questo proposito un altro fenomeno molto interessante: il Mulo maschio è sempre sterile (arresto della spermatogenesi alla fase di spermatocita primario), mentre la Mula è spesso fertile, sia con l’Asino che con il Cavallo; ciò esclude la possibilità che si formi una genealogia di soli Muli, cioè una nuova Specie. Tale differenza rispetto al Mulo e ad altri ibridi di Mammiferi (in questi sono i maschi sempre sterili) ha fatto capire facilmente che il sesso sterile è quello eterogametico (regola di Haldane). Nei Mammiferi la coppia di cromosomi sessuali XY (sesso eterogametico) spetta ai maschi, negli Uccelli alla femmina. Applicando ai rapaci infatti è risaputo che gli ibridi fertili sono i maschi e più difficilmente le femmine (ecco perchè è difficile produrre gli ibridi bi-eterologhi) e allora nella produzione di ibridi F2 si preferisce scegliere la direzione Gir/Lan x Sacro (cioè il padre ibrido e la madre pura) e non Sacro x Gir/Lan cioè il padre puro e la madre ibrido, appunto perchè le femmine ibride hanno sempre un elevato grado di sterilità, anche se non assoluta.
Altro importantissimo fattore che condiziona la fertilità degli ibridi è la loro sistematica: in base ai rapporti filogenetici tra essi intercorrenti si può già capire se è possibile o meno ottenere un determinato ibrido. Tali concetti sono illustrati nel paragrafo seguente.
SISTEMATICA DEGLI IBRIDI
Oggi la maggior parte degli ibridi prodotti artificialmente appartengono al genere Falco. Alcune di queste specie hanno corredi cromosomici completamente differenti ed i loro ibridi sono probabilmente infertili. Il genere Falco oggi è stato suddiviso in generi e sottogeneri come per esempio il gruppo dei Pellegrini (Rhincodon) e quello dei grossi falconi o falchi del deserto (Hierofalco); gli ibridi fra questi sottogeneri sono di solito molto “incrociati” e sono meno fertili degli ibridi ottenuti all’interno di ciascun sotto genere, proprio perchè il grado di diversità è notevole. Così un ibrido tra Falco sacro e Falco pellegrino è più “incrociato” rispetto ad un ibrido tra Falco sacro e Girfalco o tra “Shaheen” e Pellegrino. Le ricerche sugli ibridi stanno ancora continuando soprattutto per chiarire la relazione tra il Girfalco ed il Falco sacro, infatti, è facile che queste due specie siano una singola specie. Essi sono completamente fertili anche dopo varie generazioni per cui si inizia a dubitare del fatto si possa parlare di ibridi. Da quanto detto finora si capisce allora perché gli ibridi con il Pellegrino si fermino spesso alla prima generazione (F1). Un ibrido PellxLan infatti è spesso infertile e non potrà dare progenie se reincrociato con un Lanario, forse potrebbe in alcuni rari casi dare una prole F2 se reincrociato di nuovo con un Pellegrino. Se ci riflettete bene la maggior parte dei di tri-ibridi F2 conosciuti sono sempre tra Lanario, Sacro e Girfalco (Gir/LanxSacro oppure Gyr/SacroxLan o anche Gyr/SacroxSacro ecc.), che, appunto appartengono allo stesso sottogenere (Hierofalco, Falchi del deserto). Che certi incroci fra Cane e Lupo, o fra Muflone e Pecora, o fra Germano reale e Anatra domestica, diano prole regolarmente feconda in entrambi i sessi, non costituisce eccezione, perché i casi di questo genere non sono altro che incroci fra il progenitore selvatico e il suo derivato domestico: perciò si tratta di specie ad elevata affinità genetica. In effetti è tutta questione di affinità, ma non di affinità delle forme esteriori, bensì dei corredi cromosomici dei due “partners”, e si capisce subito perché l’interpretazione di questi fenomeni sia molto complessa e difficile: perché studiare e capire questi cromosomi degli ibridi, già dal punto di vista della manualità sperimentale è estremamente arduo. La pratica dell’ibridismo riveste allora un ruolo fondamentale nella Sistematica, perché è ancora uno dei criteri più validi per stabilire se due individui appartenenti a popolazioni differenti debbano essere ascritti a Specie differenti, o alla stessa Specie (ricordiamo che per la classificazione degli Uccelli sono state utilizzate tecniche molecolari di ibridazione diretta dei DNA di due specie, quelle usate da Sibley per es. per studiare la sistematica degli Uccelli). Di regola, se due individui, anche apparentemente diversissimi fra loro, danno prole feconda, si stabilisce che appartengono alla stessa Specie (in tal caso la differenza è di Razza o Sottospecie); se la prole nasce, ma è infeconda, si tratta di due Specie differenti appartenenti allo stesso Genere (differenza di Specie). Se non si conoscono casi di nascita di prole, si stabilisce che il Genere è differente, anche se altri caratteri autorizzano a far appartenere i due individui alla stessa Famiglia (ma per questo ultimo caso ci sono molte eccezioni). Per quando riguarda i rapaci però questa regola apparentemente fa acqua da tutte le parti. Da quanto si è visto dai risultati delle ibridazioni, infatti, gli ibridi interspecifici ottenuti sono di solito fertili, e si possono ottenere anche gli F2, ma questo può essere spiegato con la classificazione precedente del genere Falco in Sottogeneri ad alta affinità interna. Inoltre nei rapaci si conoscono anche ibridi intergenerici ad esempio quello tra Poiana di Harris, Parabuteo unicinctus e Astore Accipiter gentilis, o tra Poiana di Harris, Parabuteo unicinctus e Poiana codarossa , Buteo jamaicensis, in questo caso la spiegazione è filogenetica, infatti il genere Parabuteo comprende al suo interno una sola specie (P. unicinctus) che per una serie di caratteristiche possedute è stata classificata a parte (non è Buteo né Accipiter) ma il fatto che dia ibridi si a con il genere Buteo che con il genere Accipiter deve far riflettere sulla sua corretta posizione sistematica.
SOTTOGENERE SPECIE
Rhyncodon
peregrinus
pelegrinoides
kreyenborgi
Hierofalco
rusticolus
cherrug
biramicus
jugger
mexicanus,
subniger (?)
hypoleucos (?)
Nesierax
deiroleucus
rufigularis
femoralis
novaesaelandiae
Aesalon
columbarius
chiquera (?)
Hypotriorchis
fasciinuncha (?)
subbuteo
cuvieri
severus
longipennis
eleonorae
concolor
vespertinus
amurensis,
Tinnunculus
tinnunculus
moluccensis
cenchroides
sparverius
newtoni
punctatus
araea
naumanni
alopex
rupiculoides
Gheppi aberranti
ardosiaceus,
dickinsoni,
zoniventris,
Hieracidae
berigora
Filogenesi del Genere Falco (mod. da N. Fox, tesi di laurea, Canterbury University, 1977).
Le specie sono naturalmente adattate a mantenersi uniformi, cioè a non produrre ibridi. Per capire meglio dobbiamo rifarci al concetto di specie: sono state date tantissime definizioni della “specie”, alcune più valide di altre (Mayr, Lisley, Usinger, 1953, Simpson, 1968, Wiley, 1978, Paterson, 1985). Definire la specie comunque rimane difficile: cercando di sintetizzare tutte le varie definizioni date si potrebbe dire che la specie può essere vista come un complesso di popolazioni naturali la cui unità deriva dalla sua origine monofiletica; tale unità si mantiene nei limiti spazio-temporali nel cui ambito le sottounità discrete che in ogni momento lo formano ne mantengono la coesione riproduttivo-genetica interna e l’indipendenza del pool genico; in conseguenza di ciò la specie interagisce in modo unitario con l’ambiente. In altre parole la specie è una popolazione costituita da individui geneticamente simili (unità della popolazione) perché si sono originati da uno stesso progenitore comune (origine monofiletica); questa popolazione riesce a mantenersi uniforme e unita nel tempo e nello spazio perché tutti i vari individui che la compongono (le sottounità discrete) sono geneticamente isolate cioè non in grado di accoppiarsi con altri individui di altre “specie” e dando ibridi fertili.
In base alla definizione data possiamo dire che un ibrido è la mescolanza di geni “alieni” con il pool genetico di una popolazione mendeliana (Sybley,1957, Rising, 1983). L’ibrido è dunque la progenie di un incrocio tra due individui o popolazioni geneticamente diverse (con un certo grado di diversità).
Dunque è questa coesione riproduttivo-genetica degli individui di una specie che ostacola la formazione di ibridi. Però se teniamo conto che due specie possono essere molto simili perché a loro volta hanno avuto una origine evolutiva da un progenitore comune, allora possiamo avere qualche speranza di riuscire a produrre degli ibridi. Ecco perché, per esempio, grazie alla produzione di ibridi, ma anche grazie ad altre osservazioni, si è compreso che il Lanario, il Girfalco, il Sacro, il Lugger, sono strettamente imparentati tra loro, anche se non a tal punto da essere considerati tutti un’unica specie.
In ogni momento sul Pianeta nascono nuove specie e se ne estinguono altre, in maniera naturale e a prescindere dall’influenza dell’uomo. I zoologi sistematici hanno sviluppato varie teorie per spiegare la speciazione (cioè la nascita naturale di una nuova specie) ed una delle teorie oggi abbastanza confermata è quella della speciazione per ibridazione. Si conoscono infatti attualmente diverse specie ormai isolate (e con tutte le caratteristiche tipiche di una “specie” secondo le definizioni date prima) che sono nate da ibridazione continua e ripetuta tra due specie diverse (un esempio è quello di Rana esculenta = Rana lessonae x Rana ridibunda) . Anche nei rapaci si ha un caso del genere: infatti si è ipotizzata la teoria della speciazione per ibridazione allo scopo di spiegare l’origine e la filogenesi del Falco degli Altai (Falco altaicus), un rapace la cui popolazione vive esclusivamente nelle montagne dell’Asia centrale e che ha delle caratteristiche particolari che lo distinguono dalle altre popolazioni di Falco Sacro e allo stesso tempo simile ad alcune popolazioni di Girfalco ma sostanzialmente diverso anche da questo. Su questa specie sussiste un dibattito ancora aperto (cfr. per es. Ellis, 1995): esiste il Falco altaicus? O sarebbe meglio considerarlo una ssp. del Falco sacro, e quindi Falco cherrug altaicus? Alcuni, hanno allora proposto la teoria della speciazione per ibridazione, affermando che il “Falco altaicus” può essere considerato come una specie a se stante e derivata da ibridazione tra Falco sacro e Girfalco (che appunto, da quanto si è visto in cattività, sono in grado di produrre ibridi fertili anche per diverse generazioni).
OTTENIMENTO DEGLI IBRIDI
Come abbiamo visto, la prima difficoltà che si incontra nella produzione di ibridi è la sterilità, che è dovuta sia alla loro posizione sistematica sia al loro sesso (Legge di Haldane). Quando, inoltre, nel campo dell’ibridismo, si parla delle difficoltà riproduttive, occorre distinguere fra le difficoltà che si incontrano nell’ottenere gli ibridi e le difficoltà che si incontrano nell’ottenere prole dal reincrocio dell’ibrido con la specie di uno dei due genitori nell’intento di ottenere gli R1, R2, ecc. Questo perché nel primo caso (ottenere gli ibridi da due specie pure) ci sono delle difficoltà intrinseche più legate alla tecnica di produzione che alla loro sterilità (posto che stiamo lavorando con specie “compatibili” cioè abbastanza affini, perché parlare di ibridi tra Aquila reale e Falco pellegrino vi renderete conto che è fantascientifico, oltre che inutile). Nel secondo caso (ottenere ibridi F2 da due ibridi o da un ibrido ed una specie pura) alle difficoltà tecniche di produzione si aggiunge anche il problema della sterilità degli ibridi.
Alla nascita di ibridi si oppongono vari fenomeni biologici dovuti all’adattamento, poiché gli ibridi nelle popolazioni selvatiche, solitamente hanno una fitness più bassa. Oltre alle così dette barriere riproduttive fisiologiche (incompatibilità del corredo cromosomico, degli spermatozoi con le uova ecc.) esistono anche degli adattamenti comportamentali che inibiscono l’accoppiamento di due individui di specie diverse (barriere etologiche): l’imprinting sui genitori (parent imprinting) è il principale.
Per la produzione di ibridi artificiali allora la tecnica principale è l’inseminazione artificiale (gametizzazione artificiale) che permette di superare gli ostacoli comportamentali ma non le barriere fisiologiche prima citate. La prima cosa da fare è allora quella di scegliere individui di specie compatibili, cioè abbastanza simili filogeneticamente da non opporre resistenza all’incrocio (gli spermatozoi di Girfalco allora, incontreranno poca resistenza a penetrare in una cellula uovo di Lanario per fecondarla, mentre ne incontreranno di più per fecondare una cellula uovo di Pellegrino e saranno probabilmente incapaci di fecondare una cellula uovo di Astore). Come avevo accennato precedentemente oggi gli ibridi sono prodotti soprattutto a scopo di falconeria, la scienza non ha più bisogno di ibridare gli individui per studiarne i rapporti filogenetici, perché può ricorrere alle tecniche molecolari di ibridazione diretta del DNA di specie diverse o addirittura di confronto, nucleotide per nucleotide, attraverso il sequenziamento di piccoli pezzi di DNA di due specie. Gli allevatori privati che producono ibridi per la falconeria, lo fanno a scopo economico soprattutto e dunque preferiranno ad es. usare un maschio di Girfalco piuttosto che una femmina (più costosa) per produrre ibridi GirxPell. Allo stesso modo è sempre l’aspetto economico che ci può dare una spiegazione a tutti i vari tri- e quadri-ibridi (omologhi o eterologhi) prodotti finora.
Alcuni allevatori però non vogliono cimentarsi con l’inseminazione artificiale e sfruttano una tecnica più semplice ma meno produttiva: l’imprinting parentale incrociato (cross-imprintig). Come abbiamo detto prima l’imprinting sui genitori influenza i comportamenti inter- ed intra-specifici dell’individuo e le sue scelte sessuali (mate selection o sexual selection). Se un dato animale viene allevato dai suoi genitori naturali, o da genitori comunque della sua stessa specie, esso imparerà nelle sue prime settimane di vita a riconoscere i suoi con specifici e da adulto, quando sarà sessualmente maturo, cercherà un partner per la riproduzione della stessa specie dei suoi genitori e cioè della sua stessa specie. Se, viceversa viene allevato da genitori di specie diversa, per es. quando un Lanario viene allevato da genitori Girfalco, esso da adulto riconoscerà nei Girfalchi i suoi conspecifici e tenterà di accoppiarsi con un partner Girfalco. In quest’ultimo caso se anche il partner Girfalco sarà stato allevato da genitori Lanario, entrambi si riconosceranno a vicenda come della stessa specie e, compatibilmente con i loro patterns etologici istintivi (parate nuziali, che nei Falchi sono molto simili) si corteggeranno e si accoppieranno deponendo uova fertili ed allevando una nidiata di ibridi GirxLan. Il cross imprintig ( o imprinting incrociato ) è questo e garantisce in teoria al 100% la possibilità di ottenere ibridi, ma, si sa, con i rapaci è già complesso ottenere una riproduzione naturale, per cui per una ibridazione naturale le probabilità calano. Comunque è un metodo efficace anche se l’inseminazione artificiale garantisce risultati migliori.
Nel caso dell’ottenimento di ibridi F2 il cross-imprinting verrà applicato allo stesso modo, cioè se vogliamo ottenere ibridi F2 da padre GyrxLan e madre Lanario (per ottenere dunque degli ibridi Gyr/Lan x Lanario) dovremo fare allevare i nidiacei GyrxLan da genitori Lanari, in modo tale che essi da adulti riconoscano come conspecifici i Lanari e li possano scegliere come loro partner per la riproduzione. Se ovviamente gli ibridi sono stati allevati a mano (come spesso avviene negli allevamenti privati, sempre per un motivo economico) essi saranno imprintati con l’uomo e difficilmente accetteranno di accoppiarsi spontaneamente con altre specie di falchi (anche se i casi di re-imprinting cioè di ridirezione dell’imprinting sessuale verso un’altra specie sono abbastanza frequenti); per essi sarà meglio usare la gametizzazione artificiale cooperativa.
Il fenomeno del cross imprinting spiega anche perché un eventuale ibrido sfuggito alla cattività, ben difficilmente tenterà di accoppiarsi con un rapace selvatico a meno che l’ibrido (poniamo un GirxLan) non sia stato esso stesso allevato da genitori diversi, poniamo Lanari; in tal caso l’ibrido sfuggito alla cattività potrebbe tentare di accoppiarsi con un Lanario selvatico, ma poiché sicuramente il Lanario selvatico è stato allevato dai suoi genitori Lanari, esso nella maggioranza dei casi non accetterà di accoppiarsi con l’ibrido, che non riconoscerà come un suo conspecifico.
FERTILITA’ DEGLI IBRIDI E LORO APPLICAZIONI PER LA FALCONERIA MODERNA
Fortunatamente oggi nella maggioranza dei Paesi è vietata la cattura dei rapaci selvatici a scopo di falconeria. Ma la falconeria non è morta perché alcuni falconieri si sono impegnati, per primi, nella riproduzione in cattività dei rapaci, principalmente di quelle specie più comunemente usate. Però i ceppi in cattività non erano molto grandi per cui era facile incrociare anche sottospecie diverse di falchi pur di ottenere una progenie. Questi rapaci che si riescono a produrre in cattività, incrociati o puri, comunque riescono a soddisfare le esigenze dei falconieri. Ma già a partire dagli anni ’70 molti falconieri e ricercatori si cimentarono nell’applicazione delle tecniche di inseminazione artificiale dei rapaci. Tale tecnica aprì molte prospettive per la ricerca e la conservazione (perché permette di riprodurre anche individui restii a riprodursi naturalmente per es. rapaci irrecuperabili e non più rilasciabili in natura) ma anche per i falconieri che la utilizzarono e la utilizzano tuttora per produrre degli ibridi, un nuovo modo di guardare all’arte della falconeria.
Ma perché si vogliono produrre gli ibridi e quali sono i loro vantaggi?
Gli ibridi esistono anche in molte altre specie animali molto note quali cani, cavalli, gatti, ecc…Negli animali e nelle piante domestiche molte razze sono state selezionate proprio con i metodi dell’ibridazione ed in essi la così detta eterosi dell’ibrido ha portato ad un incremento nelle dimensioni, nella rusticità e quindi anche nella resistenza alle malattie. Tutti questi animali assieme anche agli uccelli da gabbia sono stati ibridati allo scopo di far risaltare determinati caratteri quali la bellezza, la robustezza, il canto ecc..; comunque alla fine qualsiasi sia la motivazione, l’animale finale ibrido, poiché sarà composto da vari elementi, produrrà molti dei fattori che si desiderava ottenere. Nell’ ibridazione dei falconi i caratteri che si desidera ottenere sono il colore, la dimensione, la potenza, l’altezza di volo e l’ attitudine ad inseguire e catturare una preda. E molti ibridi, infatti, presentano queste caratteristiche. Quindi il motivo principale dell’ibridazione dei rapaci a scopo di falconeria è la produzione di esemplari che possiedono delle nuove caratteristiche in grado di soddisfare tutte le esigenze della falconeria moderna.
Bisogna però dire che non tutte le ciambelle escono col buco, così nella produzione di ibridi se da un lato si ottengono esemplari che veramente assommano positivamente le caratteristiche di due specie diverse, dall’altro si possono ottenere anche esemplari che assommano le caratteristiche negative delle due specie. La filosofia degli ibridi deve essere quindi abbracciata con tutte le cautele del caso. Il Girfalco bianco è il sogno di molti falconieri, ma solo in pochi possono acquistarne uno (possibilmente una femmina che è notevolmente più grossa del maschio); la tecnica dell’ibridazione permette di produrre con poca spesa (cioè avendo solo un maschio di Girfalco) degli ibridi GirxSacro, tanto per fare un esempio, che avranno un colore bianco quasi come il Girfalco puro, un peso sicuramente superiore a quello del Sacro (ma inferiore a quello del Girfalco puro appunto perché le caratteristiche dell’ibrido sono una via di mezzo tra i due genitori) ma allo stesso tempo un prezzo ben più abbordabile rispetto ad un Girfalco puro; e questo senza considerare le eventuali implicazioni etologiche, perché il GirxSacro è un ottimo ibrido da caccia che offre delle performance migliori del Sacro puro in alcune particolari circostanze. Dall’esempio appena riportato si capisce facilmente il perché della produzione di ibridi di falchi.
C’è un ultimo punto da affrontare e cioè il fatto che un ibrido potrebbe essere ritenuto in qualche modo innaturale o non sportivo. Certamente non si può dire che un ibrido sia poco naturale quando poi vengono fatti volare per la falconeria delle specie pure come i Pellegrini per es. usando la telemetria o trasportando i rapaci in macchina con il cappuccio o tenendoli in città o su selvaggina di rilascio o su un pallone aerostatico, anche questi modi di fare falconeria allora sono tutti “innaturali”. Per quanto riguarda la non sportività bisogna dire che esiste sempre un equilibrio tra predatore e preda e tale bilancio viene mantenuto dal falconiere anche usando un ibrido. Per chiarire meglio il concetto di sportività ricorriamo ad un esempio: in Inghilterra ci sono delle aree molto ricche di prede e molto adatte alla caccia con il Pellegrino ma in esse è vietata qualsiasi forma di caccia così i falconieri sono costretti ad usare i falchi pellegrini in zone non adatte a tale rapace a causa dell’ eccessiva presenza di vegetazione. In tali aree dunque un Falco pellegrino non potrà esprimersi al meglio, non potrà cioè cacciare in picchiata e non potrà inseguire la preda fino all’ultimo se essa si nasconde tra la vegetazione. In una tale circostanza dunque sarà effettivamente più redditizio l’uso di un ibrido per esempio tra Falco sacro e Falco pellegrino, esso infatti possedendo i geni di entrambe queste due specie potrà sia cacciare in picchiata sia catturare le prede anche tra la vegetazione. L’ibridologia permette alla falconeria moderna di adattarsi alla società moderna.
GLI IBRIDI SELVATICI
Anche in natura gli ibridi non sono rarissimi, sia nei Mammiferi quanto negli Uccelli (quelli di Fringuello x Peppola sono noti da tempo ma si sono osservati anche ibridi tra Rondine x Balestruccio e i “cacciatori di valle” sanno bene che è abbastanza frequente la cattura di anatre che risultano nate allo stato libero da individui di Specie differenti per es. Moriglione x Germano, Morette, Fischione, ecc.). In generale l’ibridazione naturale avviene per le specie che non hanno evoluto dei comportamenti corteggiativi complessi come per es. i Tetraonidi, e i Trochilidae, oppure è frequente in popolazioni molto numerose (infatti Mayr e Short, 1970 non riuscirono a trovare ibridi in nessuna specie rara nordamericana). Anche per quanto riguarda i rapaci si conoscono degli ibridi naturali. Bisogna considerare che tali ibridi di solito possono nascere perché le specie coinvolte sono fenotipicamente molto simili e se a questo si aggiunge che vi possono essere delle interferenze nel normale imprinting sessuale oltre che delle eccezioni e delle anomalie (la biologia non è matematica) ecco che si possono spiegare alcune di queste ibridazioni, a maggior ragione se poi le specie coinvolte sono simili anche dal punto di vista filogenetico per cui non si presenteranno delle grosse “barriere riproduttive”. Si conoscono ibridi tra Nibbio bruno (Milvus migrans) e Poiana comune (Buteo buteo) (Corso & Forsman, 1997), tra Avvoltoio nero e Grifone (McIlhenny, 1937), tra Pellegrino e Falco della prateria (Falco mexicanus) (Oliphant, 1991) ecc. (si veda la tabella sotto per un elenco, anche se parziale, degli ibridi naturali tra rapaci). Oliphant (1991) ha descritto una ibridazione naturale tra Falco pellegrino e Falco della prateria, che mi sembra utile citare perché è possibile, in parte, spiegarla. Infatti si è visto che il maschio di Pellegrino che è riuscito ad accoppiarsi con la femmina di Falco della prateria (e ciò grazie al fatto che le due specie hanno comportamenti corteggiativi molto simili) aveva un anellino del Peregrine Fund che indicava che era uno degli individui rilasciati nei programmi di reintroduzione portati avanti in quegli anni. Probabilmente, allora, questa ibridazione naturale può essere spiegata col fatto che molti Pellegrini nati in cattività e poi rilasciati dal Peregrine Fund sono stati fatti allevare da genitori adottivi (cross-fostering) Falchi della prateria (allo scopo di lasciare le femmine di Pellegrino libere di deporre altre uova); questi Pellegrini allora avevano acquisito un imprinting sessuale sulla specie Falco della prateria, e ciò giustifica la loro ibridazione naturale. Mi sembra giusto però ricordare che ciò è avvenuto in anni in cui non si sapeva ancora niente degli effetti dell’imprinting sulla scelta sessuale.
ETICA DEGLI IBRIDI
Per quanto riguarda la produzione di ibridi artificiali da usare nella falconeria potrebbe sorgere una questione: visto che a volte capita che il falconiere (per un suo errore o per circostanze dovute al caso) può perdere il controllo del suo Falco, quali probabilità ci possono essere che se questo Falco è un ibrido, esso possa reincrociarsi con un Falco selvatico? E se ciò avvenisse, che rischi ci sono che gli ibridi ottenuti da questa riproduzione possano alterare il pool genico della popolazione selvatica? A questa domanda non c’è una risposta completa. Ci sono due aspetti da tenere in considerazione: un ibrido ed un rapace selvatico possono riprodursi (in altre parole essi sono sufficientemente geneticamente compatibili)? E, si può formare una coppia tra loro (cioè possono riconoscersi l’un l’altro come potenziali partner)? Per esempio il solo grosso falcone che abbiamo in Italia è il Pellegrino. Un ibrido tra “Shaheen”e Pellegrino accoppiandosi con un Pellegrino, è biologicamente capace di dar vita ad una progenie probabilmente anch’essa fertile (ricordiamo che si tratta di incroci tra sottospecie, che quindi hanno un alto grado di fertilità), ma un ibrido tra Pellegrino e Falco del deserto (per es. GyrxPell) difficilmente riuscirà a dare progenie se si accoppia con un Pellegrino, perché il Pellegrino appartiene ad un sottogenere (Rhincodon) diverso dal sottogenere cui appartengono i Falchi del deserto (Hierofalco). In Inghilterra non ci sono Lanari ma quelli che vengono usati per la falconeria sono stati a volte persi però non si è verificato mai un caso di incrocio tra Lanari e Pellegrini. Si sa comunque che l’ imprinting sui genitori influenza in maniera critica la futura selezione del compagno. Così per esempio un Falco sacro allevato da un Pellegrino più facilmente accoppiarsi con un Pellegrino selvatico, ma in tal caso sarà probabilmente il Pellegrino selvatico a rifiutare l’accoppiamento, riconoscendo il Sacro come una specie estranea (non conspecifica) perché ha un imprinting sessuale naturale essendo stato allevato dai suoi genitori Pellegrini.
Molti Paesi hanno preso coscienza del pericolo (sebbene remoto) che gli ibridi potrebbero arrecare alle popolazioni selvatiche. Molte associazioni di falconeria si sono date delle regole finalizzate a ridurre questi rischi, per esempio anche bandendo completamente l’uso degli ibridi tra i loro membri. In Medioriente dove gli ibridi di GyrxSacro sono usati molto comunemente nella falconeria, si sta cercando di evitare qualsiasi possibilità di inquinamento genetico della popolazione selvatica di Falco sacro ricorrendo alla sterilizzazione di tali ibridi. Esistono varie metodologie che praticamente annullerebbero qualsiasi rischio di inquinamento dei pool genici delle popolazioni selvatiche: l’imprinting sull’uomo o su specie che non si trovano allo stato selvatico in quella regione, l’eventuale sterilizzazione degli ibridi (a parte che gli ibridi spesso sono già poco fertili o completamente sterili per loro fisiologia), l’obbligo dell’uso delle apparecchiature da radiotracking, sono solo alcune, se poi a queste aggiungiamo che è molto difficile che un ibrido sfuggito alla cattività possa riuscire ad accoppiarsi, soprattutto se non è ancora addestrato per la falconeria, in tal caso morirebbe prima di potere riprodursi, e che gli eventuali ibridi nati da questi incroci con gli individui selvatici saranno probabilmente sterili, ogni pericolo sarà eliminato. La tecnica per gestire correttamente i rapaci ibridi è di imprintarli sull’uomo o su una specie che non si trova allo stato selvatico nella regione in cui viene allevata questa specie o viene usata per la falconeria. Il solo esempio, in Inghilterra, in cui c’è un serio rischio di incrocio è l’accoppiamento tra la Poiana codarossa e la Poiana comune. Anche su questo fenomeno ci sono pochissimi dati e non si conoscono finora dei casi che dimostrino che ciò sia avvenuto. Ma nell’eventualità che ciò accada su scala sufficiente da creare preoccupazioni è meglio sterilizzare o effettuare un “malimprinting” delle codarossa, ma non c’è bisogno di fermare l’uso di specie esotiche nella falconeria come per esempio le Poiane di Harris e le codarossa stesse. Alcuni recenti studi hanno mostrato che le varie specie di falconi hanno in comune una gran parte dei loro geni così come l’uomo ha in comune circa il 95% del suo materiale genetico con altri primati. Il nostro intero concetto di specie sta cambiando e l’edificio tassonomico sta crollando. Così sarebbe una follia tentare di giungere a delle conclusioni con i dati di cui siamo in possesso fino ad oggi.
La base del problema dunque, da quanto visto, non è tanto la presenza di ibridi ma più che altro l’inquinamento del pool genico delle specie selvatiche. Questo è un problema mondiale e già esistono numerosi casi di inquinamento genetico per esempio gli incroci tra gatti domestici e gatti selvatici o tra cani inselvatichiti e lupi. Quindi è giusto che i geni selvatici rimangano tali e non vengano inquinati ma questo implica anche che l’ habitat delle popolazioni rimanga naturale e non si inquini! Ciò però non è facile.
L’inquinamento genetico non è comunque una fattore così grave. Infatti a volte l’introduzione di geni esterni attraverso l’out-breeding può aiutare le popolazioni selvatiche ad adattarsi meglio a nuove (e purtroppo attuali) variazioni ambientali e climatiche. In nord America, per esempio, il Peregrine Fund ha rilasciato al posto del Falco pellegrino della ssp. anatum, che si era quasi estinta, varie ssp. di Pellegrini nella speranza che si selezionasse naturalmente e rimanesse solo quella più adatta alle circostanze odierne. E questo potrebbe essere un es. di inquinamento dei geni selvatici, solo all’apparenza però; si è, infatti, scelto di operare appositamente così perché il pool genico della popolazione selvatica da restaurare con le reintroduzioni si era drammaticamente ridotto a causa della riduzione notevole del numero di individui (e del conseguente inbreeding, della deriva genetica ed eventuali effetti a “collo di bottiglia”) che la compongono. Introdurre geni estranei è servito ad allargare la variabilità genetica della popolazione, e come si sa la variabilità è la base dell’evoluzione e delle capacità adattative di una popolazione.
L’inquinamento del pool genico di una popolazione può avvenire anche in cattività, e questa, di solito, è una cosa da condannare aspramente. Spesso gli allevatori privati sfruttano per la riproduzione tutti gli individui di cui possono disporre, visto che i rapaci in cattività sono costosi, allora se l’allevatore dispone di una femmina di Falco peregrinus brookei e di un maschio Falco peregrinus peregrinus, molto spesso non esiterà ad accoppiarli, pur trattandosi di esemplari di ssp. diversa, e produrrà quindi degli ibridi intraspecifici. Questi ibridi non servono a niente, di solito (una eccezione è per esempio quella del Peregrine Fund illustrata sopra). Anzi, danneggiano il pool genico delle popolazioni in cattività. Questi incroci ottenuti in F1 (nel caso dell’es. sopra F.p.bookei x F.p.peregrinus) verranno reincrociati ulteriormente nelle successive generazioni e si perderà la traccia di tutti gli incroci e reincroci fatti. Alla fine si otterranno sì Falchi pellegrini ma che non si sa di che ssp. siano e raramente potranno avere un utilizzo al di fuori della riproduzione in cattività e della falconeria. E’ dunque da condannare questo modus operandi, bisognerebbe rendere obbligatori i pedigree ed i test genetici per tutti i rapaci prodotti in cattività (questo aiuterebbe anche ad evitare problemi di inbreeding e a gestire meglio la legalità degli esemplari).
Adesso viene spontanea una domanda: un ibrido se viene perso può sopravvivere allo stato selvatico? Certamente un ibrido ucciderà molte prede quando viene usato per la falconeria con risultati addirittura migliori di quelli ottenuti dalla specie pura. Allora si può pensare che un tal ibrido potrebbe continuare a vivere allo stato selvatico. E così esso può sopravvivere come un singolo individuo per tutta la sua vita ma non avrà la possibilità di diffondere il suo genoma perché gli risulterà difficile accoppiarsi. I rapaci da falconeria in generale (ibridi e non) non ancora addestrati avranno invece una bassissima possibilità di poter sopravvivere allo stato selvatico, e allora è essenziale che il falconiere prenda tutte le possibili precauzioni per prevenire la perdita di un rapace soprattutto se non adeguatamente addestrato (obbligo di uso del radiotracking ecc.).
Ultimo argomento da affrontare, visto che stiamo parlando di morale è se sia moralmente giusto produrli: a questo proposito ci si deve chiedere se sia giusta, allora, la produzione di tante razze nuove di cani o gatti domestici. A parte questo bisogna dire che un ibrido non si rende conto di essere tale, non ha coscienza, la coscienza è una prerogativa esclusiva dell’Homo sapiens. L’importante è che venga tenuto nel massimo benessere fisico e psichico ed evitandogli qualsiasi sofferenza, ma a questo punto il problema si estende a tutti gli animali in cattività… ALCUNI TIPI DI IBRIDI E LORO CARATTERISTICHE
Allo scopo di illustrare in pratica le particolari caratteristiche degli ibridi, ho raccolto alcuni dati bibliografici su alcuni tipi di ibridi oggi molto usati in falconeria.
A) IBRIDO PELLEGRINO X PRATERIA
PESO DI VOLO: Maschio 500-600 g Femmina 750-870 g
Il primo di questi ibridi è nato negli USA nei primi anni ’80. Questo ibrido è più pesante di un Falco della prateria ma più leggero, nel peso di volo, di una femmina di Pellegrino. E’ un ibrido molto aggressivo, vivace e coraggioso. Le femmine sono molto adatte alla caccia al fagiano, alla pernice, alla starna ed alle anatre e si adattano bene alle prede di basso volo. Con il loro più leggero carico alare e con la loro coda più lunga rispetto al Pellegrino questi ibridi sono molto agili e possono picchiare in modo molto leggero e rapido. L’ influenza genetica dei due tipi di genitori permette a questo ibrido di poter catturare le prede attaccandole da alte posizioni aeree, in picchiata, tecnica in cui questo tipo di ibrido eccelle. Sono tipiche le picchiate rapide e potenti, fatte con un coraggio che manca nel Falco della prateria. Questo Falco è molto manovrabile e può avere delle performance straordinarie uccidendo prede di basso volo (come le pernici) dopo una picchiata da una posizione altissima e con la tipica astuzia del Falco della prateria che trattiene la preda prima che essa tocchi il suolo. Dal punto di vista del temperamento questo ibrido è più fiero del Pellegrino ma lo è meno di un Falco della prateria. E’ molto adattabile alle condizioni atmosferiche ventose, ma a causa del loro basso carico alare il vento eccessivamente forte può impedirgli di effettuare delle picchiate veloci. In condizioni di forte vento quindi un ibrido di Pellegrino x Girfalco o un semplice Pellegrino otterranno dei risultati migliori. I maschio dell’ ibrido Prateria x Pellegrino hanno anch’ essi molto talento e sono adatti a tutte le specie di uccelli terricoli comprese le starne. Possono catturare anche varie specie di Corvidi, grazie al fatto che questo ibrido è molto paziente e persistente nella caccia. I maschi hanno molta agilità, un carattere derivante dall’ influenza del Falco della prateria e sono capaci di lanciarsi dentro la fitta vegetazione allo scopo di catturare le loro prede.
B) IBRIDO GIRFALCO X PELLEGRINO
PESO DI VOLO:maschio 650-750 g femmina 1100-1170 g
Il peso di volo sopraindicato è tipico dell’ ibrido del Girfalco con il F. peregrinus peregrinus e non con altre sottospecie più piccole di Pellegrino. L’ibrido Girfalco x Pellegrino è di grosse dimensioni e molto potente. Le femmine sono capaci di catturare tutti i tipi di uccelli terricoli e non solo. Questo tipo di ibrido ha mostrato di avere molti tratti in comune con il Girfalco soprattutto nell’ atteggiamento. Come i Girfalchi esso ha una capacità di accelerazione molto potente e caccia spesso con la tecnica dell’ inseguimento (“cul levè”) e del volo di attesa (“waiting on flight”). Infatti il vantaggio di questo ibrido rispetto al Girfalco puro è che esso è più ubbidiente e coopera di più nel volo di attesa col falconiere. Come i Girfalchi esso richiede un grande sforzo per rimanere allenato (soprattutto le femmine) a causa del loro grosso peso corporeo comparato con quello dei Pellegrini puri. Comunque le femmine di GyrxPell sono molto adatte a volare in presenza di venti molto forti grazie alla loro potenza di volo, a differenza dei Pellegrini che invece volano male. Questo ibrido è molto simile al Girfalco anche per quanto riguarda la capacità di manovrare in volo, esso infatti possiede una potente capacità di accelerazione ed una notevole velocità durante la caccia grazie alla sua notevole massa muscolare. Questo tipo di ibrido ha bisogno di lavorare in campi moto aperti. Grazie alla capacità di manovra tipica del Girfalco esso può esplorare larghe aree di suolo così che fagiani, anatre e starne sono per lui delle facili prede. Questo tipo di ibrido infine può essere utilizzato anche per la caccia ai Corvidi. C) IBRIDO GIRFALCO X SACRO
PESO DI VOLO: Maschio 850-950 g Femmina1200-1250 g
Di tutti gli ibridi con il Girfalco questo è il più simile al Girfalco. Il Girfalco ed il Falco sacro sono molto simili sia fisicamente sia mentalmente, e la loro combinazione produce un tipo di Girfalco più leggero e più vivace. Le femmine di questo tipo di ibrido sono capaci di catturare grosse prede e la loro velocità è notevole. Esse possono anche catturare le lepri grazie alla loro potenza. Come il Girfalco, questo tipo di ibrido ha bisogno di giornate ventose per poter cacciare al meglio, inoltre esso possiede una grande apertura alare (comparata a quella del Falco sacro) la quale gli permette di essere usato anche in giornate tempestose. Sia il maschio sia la femmina di questo tipo di ibrido possono essere utilizzate con successo nella caccia alle prede terricole. La maggiore area alare ed il conseguente minor carico alare consentono al GyrxSacro di raggiungere altezze elevatissime. All’origine, l’ibrido GyrxSacro è stato prodotto per consentire ai falconieri arabi di utilizzare falconi di enorme dimensione in ambiente desertico, a cui il Girfalco puro non è adattato. La selezione odierna dei GyrxSacro punta verso l’ottenimento di individui di mole sempre maggiore e colore sempre più puro (bianco o nero) mantenendo un buon adattamento a temperature elevate e clima secco (situazione tipicamente desertica).
CHECK-LIST DEGLI IBRIDI
La tabella seguente illustra alcuni degli ibridi naturali ed artificiali di cui sono venuto a conoscenza tramite la bibliografia. Se ne conoscete altri, per favore segnalatemeli. Come si vede negli Strigiformes i casi di ibridazione naturale ed artificiale sono rarissimi. In particolare non esistono ibridi artificiali proprio perché non avrebbero alcuna utilità; anche se sicuramente si può affermare l’esistenza in cattività di ibridi (o meglio incroci) tra varie sottospecie, per es. sono a conoscenza di ibridi tra Bubo bubo bubo e Bubo bubo sybiricus (Gufo reale europeo e Gufo reale siberiano).
Dalla tabella ho omesso tutti i tri- e quadri- ibridi così come tutti gli F2 e gli R2 di rapaci in cattività di cui sono a conoscenza, la lista risulterebbe troppo lunga
IBRIDI NATURALI
IBRIDI ARTIFICIALI
FALCONIFORMES
Chatartes aura x coragyps auratus
Aegypius monachus x Gyps fulvus
Gyps ruppellii x Gyps africanus
Milvus milvus x Milvus migrans
Accipiter genitlis x Buteo buteo
Buteo buteo x Buteo jamaicensis
Milvus migrans x Buteo buteo
Falco peregrinus x Falco mexicanus
Falco cherrug x Falco peregrinus
Falco cherrug x Falco biarmicus
Falco rusticolus x Falco cherrug
Falco tinnunculus x Falco naumanni
Accipiter fasciatus x Accipiter novaehollandiae
Falco peregrinus x Falco biarmicus
Falco peregrinus x Falco cherrug
Falco peregrinus x Falco columbarius
Falco peregrinus x Falco rusticolus
Falco peregrinus x Falco mexicanus
Falco peregrinus x Falco sparverius
Falco peregrinus x Falco deiroleucus
Falco peregrinus x Falco rufigularis
Falco cherrug x Falco rusticolus
Falco cherrug x Falco biarmicus
Falco rusticolus x Falco sparverius
Falco rusticolus x Falco columbarius
Falco rusticolus x Falco mexicanus
Parabuteo unicinctus x Buteo jamaicensis
Accipiter cooperii x Parabuteo unicinctus
Aquila chrisaetos x Aquila rapax
STRIGIFORMES
Otus asio x Otus kennicotti
BIBLIOGRAFIA
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“L’arte della falconeria nel 2010 è stata riconosciuta dall’Unesco un patrimonio culturale dell’intera umanità, da tutelare e da consegnare alle future generazioni.
E’ una delle più antiche relazioni tra uomo e falco, risalenti a più di 4000 anni fa. La falconeria è una attività tradizionale con gli uccelli rapaci addestrati a prendere prede nel loro habitat. Si tratta di una attività naturale, perché il falco e la preda si sono evoluti insieme nel corso di milioni di anni, la loro interazione è un dramma antico. Il falco è adattato a cacciare la preda e la preda si è evoluta in molti modi per sfuggire al falco. Questo porta ad una visione affascinante, nel modo in cui funziona la natura e pone una sfida intellettuale per il falconiere nella sua comprensione del comportamento. Il suo compito è quello di portare gli attori insieme sul palco della natura. Per fare questo il falconiere deve sviluppare una forte relazione e sinergia con il suo rapace.”
Al giorno d’oggi preservare falconeria consiste nel mantenere non solo la cultura tradizionale che costruisce abilità pratiche di empatia con gli animali, ma anche la conservazione dei rapaci e le loro prede attraverso la conservazione degli habitat naturali.
Bisogna pertanto incoraggiare la falconeria nel contesto di un uso sostenibile della fauna selvatica. La falconeria è una stupenda arte millenaria che attualmente sta rivivendo una fase importante della storia contemporanea in quanto in essa è racchiuso qualcosa che va aldilà della semplice percezione umana del più antico atto predatorio messo in atto per la sopravvivenza.
Nell’ addestrare un falco, oltre alle tecniche di base, ormai descritte in molti trattati e volumi, e alle tecniche moderne, coadiuvate dalla tecnologia che facilita il compito di un falconiere, ci sono innumerevoli sfaccettature e accorgimenti che possono variare di molto le performance di un rapace.
Non bisogna dimenticare che i rapaci non sono macchine e che bisogna essere bravi anche nel comprendere il comportamento dell’animale senza stressarlo e rafforzando sempre positivamente con adeguata ricompensa ogni corretto svolgimento dell’addestramento. I falchi sono animali fieri e nobili e non saranno mai completamente sottomessi all’uomo, ma lo accetteranno nella loro esistenza come coadiuvante nella ricerca di prede. La conquista della fiducia del proprio rapace è un percorso graduale che ha bisogno di tempo e pazienza e che si rafforza sempre di più grazie alla costanza e al lavoro fatto insieme. E’ è un percorso di crescita sia per il falconiere, nel tentativo di mettere il proprio rapace nelle migliori condizioni psico-fisiche al fine di insidiare il selvatico, e sia per il falco che giorno dopo giorno vede aumentare sempre più le proprie possibilità di predazione proprio grazie al lavoro fatto col suo falconiere. La Falconeria è un “arte” nel vero senso della parola, dove nel praticarla ogni giorno ti accorgi sempre di più che non sei tu ad appropriartene ma è “Lei” che ti possiede e ti appassiona sempre più.
No sarai mai ricompensato da grandi carnieri, ma quelle poche e intense emozioni che proverai quando il tuo falco finalizzerà al meglio un’ azione di caccia lasceranno un segno indelebile nel tuo animo.
Quando questo accade sembra quasi che il tempo intorno a te si fermi, non ti accorgi di nulla di quello che ti accade intorno, nessun pensiero, nessuna preoccupazione niente del mondo moderno sembra sfiorarti.
Solo poco dopo ti rendi conto che hai assistito e partecipato ad un evento unico e straordinario, che solo la natura nella sua drammatica perfezione ti può regalare. Oggigiorno, a differenza di altri tempi, reperire un falco è molto più semplice in quanto ormai sono numerosi gli allevatori esteri (ancora pochi italiani però in crescita) che riproducono rapaci, ovviamente si parla di allevamenti certificati che rilasciano documento CITES e di cessione. E’ assolutamente vietato detenere e catturare rapaci selvatici e il falconiere moderno è ben conscio che la legge va rispettata e che procurarsi falchi illegalmente comporta gravi conseguenze, non solo per lui penalmente ma per tutta la categoria che in questi ultimi anni ha visto crescere in Italia e in Europa il proprio numero di appassionati e che vuole definitivamente far capire all’ opinione pubblica che la Falconeria è soprattutto rispetto della natura e della legge.
I falchi da falconeria si suddividono sostanzialmente in due categorie: alto-volo e basso-volo. Per l’alto-volo si utilizzano i falconidi tra cui i migliori risultano essere senza dubbio il Falco pellegrino, ll Girifalco, il falco Sacro e lo Smeriglio. Sono chiamati d’ alto-volo proprio per la loro tecnica di caccia dove utilizzano quote elevate di volo per poi sferrare la picchiata sulla preda sottostante e catturarla in volo. E’ compito del falconiere coadiuvato dall’ausilio del cane da ferma che deve trovare e far involare il selvatico al di sotto del falco, che da altezza molto elevata e centrato sul falconiere sferra l’ attacco conclusivo.
Per il basso volo la tecnica è differente in quanto si cercano di sfruttare le migliori doti di accelerazione orizzontale e manovrabilità dei rapaci dalel “ali corte” quali sono l’astore e lo sparviere.
I falchi di basso volo, una volta individuata la preda, vengono lanciati direttamente dal pugno all’inseguimento da una media-lunga distanza, dipende dalle capacità e dalla forza, in modo da assistere ad inseguimenti mozzafiato dove spesso si provano emozioni indescrivibili con veloci scartate e accelerazioni che esaltano le doti del falco e anche le capacità dei selvatici che lottano per la vita.
Alla base di un buon addestramento ci sono molte componenti che devono essere seguite e comprese per far si che il falco non subisca stress e si ottenga un ammansimento adeguato, il falconiere deve conquistare la fiducia del proprio animale e deve conoscere bene i fondamentali della falconeria perché alcuni errori nella gestione del rapace si pagano a caro prezzo.
Un falconiere deve essere prima di tutto un etologo, capire i comportamenti, le reazioni alle varie fasi dell’addestramento, deve saper riconoscere i primi sintomi di una lieve patologia prima che diventi grave già dalla semplice osservazione del piumaggio, delle feci del suo comportamento, ovviamente non si deve sostituire ad un buon veterinario (specializzato in rapaci) che deve eseguire i controlli di routine sul falco.
Un falconiere attento sa quando il suo falco ha qualcosa che non va perché è a stretto contatto con lui tutti i giorni e col tempo e l’esperienza, positiva e negativa, impara a gestire al meglio il suo rapace, per far si che questo accada deve avere pazienza, meticolosità, passione, amare non solo i rapaci ma tutta la natura , bisogna avere un enorme rispetto anche per i selvatici che si cercano di insidiare e cercare di salvaguardare sempre l’equilibrio sottile che madre natura impone sugli esseri viventi per la lotta per la vita, in un azione di caccia col falco noi non siamo altro che semplici spettatori.
Il falco è l’attore principale di questa stupenda “commedia” e il falconiere ha il compito di mantenerlo in ottime condizioni psico-fisiche con la giusta alimentazione e il corretto addestramento.
Non è semplice spiegare tutto quello che la Falconeria può rappresentare, è un arte con più di 4000 anni di storia e tradizione che si sono tramandati di padre in figlio, da maestro ad allievo, dove anche attraverso gli scambi di esperienze interculturali questa somma arte ha potuto giovare di miglioramenti continui nelle sue tecniche di addestramento e di salvaguardia dei rapaci.
Tutte le leggi più antiche di protezione dei rapaci sono state influenzate e volute proprio dai falconieri che da sempre conoscono l’importanza della protezione dei rapaci senza dei quali la loro arte cesserebbe di esistere.
Renz Waller,falconiere tedesco, nel 1940 ha riprodotto in cattività il primo falco pellegrino., l’uso indiscriminato del DDT ha causato negli anni ’50 e ’60 un declino a livello mondiale della popolazione dei falchi pellegrini, arrivando quasi alla loro completa estinzione in Inghilterra e negli Stati Uniti mentre oggi si possono vedere diverse coppie nidificare in diverse città italiane e nel mondo.
E sono stati proprio i falconieri, molti di loro anche veterinari ed ornitologi, con i loro progetti sperimentali di riproduzione in cattività e di rilascio in natura ad evitarne l’estinzione. L’ornitologo Tom Cade, grande appassionato di falconeria, nel 1970 ha dato inizio presso la Cornell University ad un programma di riproduzione del falco pellegrino in cattività e, due anni più tardi, assieme ad altri 4 falconieri, ha fondato il Peregrine Fund. Oggi il Peregrin Fund è una delle più grandi organizzazioni mondiali che si occupa della protezione di oltre 20 specie di rapaci in pericolo nel mondo, molti dei quali nemmeno utilizzati in falconeria. Le tecniche utilizzate in falconeria per l’addestramento dei falchi si sono anche dimostrate le migliori e le più efficaci per la riabilitazione e la reintroduzione dei rapaci selvatici che hanno subito incidenti in natura.
Un consiglio che voglio dare a chi vuole seriamente avvicinarsi a questa stupenda arte è quello di cercare un falconiere con esperienza disposto a prendervi sotto la sua “ala” in modo da capire sin da subito cosa comporta questa passione, non solo in termini di tempo e denaro, ma anche di costanza, pazienza e sacrificio perché in falconeria è facile andare incontro a delusioni ed è difficile raggiungere ottimi risultati senza l’applicazione delle componenti sopra descritte. Un falconiere al vostro fianco oggigiorno non è più cosa rara, certo è che non tutti sono disposti ad avere qualcuno che gli ronza intorno con continue domande, magari per voi importanti, forse banali, quindi è anche molto importante farsi prima una base leggendo qualche buon testo, e dopo essere presente al fianco del falconiere e imparare osservando con i vostri occhi i piccoli dettagli.
Spesso sono proprio i piccoli dettagli che fanno la differenza tra un “Falconiere” e uno che tiene semplicemente un falco sul pugno.
Francesco De Simone.
Lo stile “Coppaloni” o “all’italiana” oltre ad essere uno stile vero e proprio di addestramento o di volo era ed è uno stile “filosofico”, inteso come il vedere ed interpretare le magie della falconeria.
Dal momento che tale Dr Coppaloni, medico farmacista, scultore eclettico e di fama, cinofilo e giudice di cani da gara, allevatore di pointers, non ha mai lasciato uno scritto sul suo operato, viene spesso ricordato ed emulato dai suoi amici ed allievi, non ultimo da Giampiero Del Mastro Calvetti, deceduto pochissimi mesi orsono, che racconta e spiega la persona e l’attività del famoso falconiere.
Coppaloni fu allievo del grande mestro E. Nasturzio, uomo appassionato di cani, cavalli e falchi, il quale gli dette molte indicazioni sull’alto volo, il quale e sua volta, era supportato da certo inglese Mr Frost, assunto come falconiere professionista dal Nasturzio (per la biografia di Frost documentarsi sul libro “Bird in the hand” di Roger Upton).
Le regole o norme base erano:
1) Dopo aver lanciato il falco, mani in tasca finchè il rapace non abbia raggiunto l’altezza di
caccia (in breve: falco in volo mani in tasca)
2) Logoro visto, logoro dato
3) Amare i propri falchi
in pratica queste tre massime semplici ma importanti erano il succo dell’essenza del volo, mentre il resto erano solo delle tecniche che potevano essere adottate alle circostanze
Coppaloni usava solo falchi di cattura rifiutandosi di maneggiare i nidiacei.
Come dice Del Mastro Calvetti, il Coppaloni era sempre alla ricerca di uno stato estatico attraverso lo spettacolo naturale, vista la sua vena e sensibilità artistica.
Anche nella sua attività cinofila come in falconeria, era sempre alla ricerca del soggetto trascinato da una incontenibile passione, dotato di grandi mezzi naturali, ma non coercito da un addestramento eccessivo all’ubbidienza.
Egli sosteneva, come nei cani (supportato dai giudici Colombo e Radice), la supremazia del “puro, folle”, ovvero un soggetto, sia esso cane sia esso falco, che spaziasse mettendo in mostra così le sue doti portate alla massima possibilità accettando il rischio, talvolta, di sfuggire al controllo piuttosto che essere mortificato nel suo slancio da un addestramento repressivo.
In pratica questo modo di vedere e sentire di Coppaloni lo riviveva nel falco esaltandolo ancora di più perchè il filo che collega il falco al falconiere è ancora più tenue di quello che lega il cane e più forte è l’ansia di vedere l’istinto della vita selvaggia riprendere il sopravvento.
Pertanto, falchi di passo, mani in tasca, sudore freddo lasciando che il soggetto salga e combatta col vento, esplorando tutta la volta del cielo a suo piacimento, appena riconoscibile da un falco selvatico, fiduciosi che verrà a piazzarsi in buona posizione per l’attacco ma pronti, qualora un imprevisto dovesse allontanarlo, ad avere nel logoro un mezzo potentissimo di richiamo.
Questo strumento era l’unico artifizio che usava, ma usato come l’estremo mezzo per ristabilire il contatto tra falco e falconiere mentre tutta la comunicazione precedente era solo affidata a gesti impercettibili.
Altra raccomandazione del Coppaloni era di ricercare innanzitutto la purezza dello stile di volo che doveva essere sempre perseguito anche a costo di limitare il numero delle prede qualora fosse necessario.
Coppaloni aveva orrore (o pietà) per il falchi ammaestrati come gli animali del circo. Immaginare una splendida tigre che si aggira nella jungla e poi vederla nella gabbia del suo domatore mentre assume a comando posizioni ridicole e senza più alcuna dignità può spiegare il modo di vedere di Ernesto Coppaloni.
Egli viveva l’amore per il falco come identificazione, cioè il trasferire il proprio “io” in quell’essere lanciato lassù tra le nubi; il falco era il mezzo con cui lo spirito del falconiere si libera di tutti i vincoli materiali e raggiunge l’apice della emozione.
Negli anni ’60 Coppaloni dimostrò il suo stile di caccia durante una riunione di caccia in Spagna, organizzata da Felix Rodriguez de la Fuente, il quale cacciava le pernici a cul levè, ricevendo entusiasmo.
L’allievo Fulco Tosti di Valminuta per ben due anni applicò e mostrò ai falconieri spagnoli il metodo Coppaloni tanto che il grande Felix, alcuni anni dopo, gli mandò a dire per bocca di Del Mastro Calvetti che gli spagnoli avevano imparato il suo metodo.
In altre occasioni di raduni e cacciate sia Coppaloni che i suoi allievi dimostrarono la validità del loro metodo con mirabili voli tanto che il grandissimo falconiere tedesco e pioniere della riproduzione in cattività Renz Waller dichiarò con schiettezza: “i pifferi di montagna vennero per suonare e furono suonati”! riferendosi alla bellezza esaltante di quei voli ed ai falconieri tedeschi che credevano di aver tutto da insegnare.
Duranti i vari raduni nei paesi europei queste dimostrazioni erano frequentissime tanto che fu definito da tutti lo “stile italiano” .
In pratica, lo stile italiano o alla Coppaloni è anche uno stile di vita, filosofico se vogliamo, tanto che moltissimi buoni falconieri di tutto il mondo cacciano con questo spirito.
Per conto mio, ho sempre criticato questo gruppo di falconieri, non per la loro non bravura, anzi, ma per il loro circolo chiuso, dove niente trapelava e dove nessuno poteva entrare a farne parte. Forse l’errore più grosso di Coppaloni e amici è stato proprio quello di non diffondere al di fuori del loro circolo questa allora nuova e valida filosofia.
Falconeria- l’arte antica di addestrare e cacciare con i falchi seconda edizione
BookID:
00
Autori:
Giovanni Camerini
ISBN-10(13):
00
Data pubblicazione:
09-06-2012
Number of pages:
281
Lingua:
Italiano
Prezzo:
50 + spes
Immagine:
Descrizione:
Dopo il successo della Prima edizione, non poteva mancare la ristampa de:”Falconeria- l’arte antica di addestrare e cacciare con i falchi”; libro riveduto, corretto ed ampliato con numerose foto a colori e disegni esplicativi e con l’aggiunta di capitoli sulle tecniche di caccia con i falconi, astori e sparvieri e sull’allevamento dei rapaci in cattività al naturale e con inseminazione artificiale; prenotabile fin da adesso.Manda l’ordine a: Giovanni Camerini
Questo è il secondo libro pubblicato agli inizi del 1900 più precisamente nel 1908 da un entusiasta falconiere. Si innamorò della falconeria quando gli capitò per le mani un testo inglese intitolato “Hints on the management of hawks”. Cita come suoi amici, due falconieri torinesi: dr.Enrico Imoda e G.E Chiorino autore del”Manuale del Moderno Falconiere”. A.U Filastori coniò una frase a me cara: “A tutti è dato poter avere un falco ma a pochi diventar falconieri” poichè non tutti hanno quella dose di tatto , di perseveranza e di pazienza che si richiedono in ques’arte. Buon manuale, ricco di disegni utili al novizio falconiere. L’autore auspica una ripresa della falconeria in Italia per il fatto che è uno sport bello e sicuro; un binomio del genere non si trova tanto facilmente..Federico Lavanche
L’aquila poiana petto nero (Geranoaetus melanoleucus) è un uccello rapace della famiglia degli Accipitridae. Essa vive in Sud America. Questa specie è nota anche come aquila poiana nera, aquila poiana grigia o per analogia con “aquila” o “aquila-poiana” in sostituzione di “poiana, l’aquila”, o come la cilena aquila blu. Con una lunghezza totale di circa 62-80 cm e di peso di circa 2 kg, l’aquila poiana petto nero è un enorme aquila di tipo “poiana” ( “falco” nella terminologia americana). E’ piuttosto lunga e ha una apertura alare di circa 175-200 cm, leggermente affusolata con la coda breve rispetto al corpo, colorato di nero, con punte di grigio in un fresco piumaggio. L’adulto ha un fondo bianco, a volte con sottili strisce nerastre; le sue parti superiori sono di colore grigio scuro con tonalità di nero, marrone o bluastro. Le piume del collo e le più basse scuro piume del petto sono un po’ allungate. Gli adulti hanno un colore grigio cenere e bianco nella zona delle ali, il bianco argenteo si vede chiaramente da lontano. La femmina si distingue per un colore rossastro cannella ed è notevolmente più grande del maschio. Non è molto vocale, vocalizza di solito quando è in volo e quando è vicino al nido. Alcuni suoni assomigliano ad un selvaggio ridere umano, altri sono un chiurlo simile a un fischio. Ci sono due sottospecie dell”aquila poiana petto nero, il Geranoaetus melanoleucus melanoleucos (vieillot, 1819) che vive nel sud est del sud
America, dal sud est del Brasile (Alagoas, Rio de Janeiro, e gli Stati di São Paulo), all Paraguay, l’Uruguay, e il nord est dell’Argentina. Il Geranoaetus melanoleucus australis (Swann, 1922) vive nelle Ande dal nord ovesf del Venezuela (Mérida) alla Colombia (Cordigliera Centrale, a volte nella Cordillera Occidental, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile, Argentina e ovest della Terra del Fuoco. Pur se non aggressivo, in circostanze normali, l’aquila poiana petto nero attacca ferocemente gli uomini se considera la sua prole minacciata. Costruisce il suo nido negli alti alberi o sulle pareti rocciose, o se questi non sono disponibili su piante ad alto fusto o addirittura sui cactus. Se non sono disponibili questi, può fare il nido nei cespugli o anche sul terreno. In Ecuador, la nidificazione può essere osservata durante tutto l’anno, mentre negli altri paesi potrebbe essere limitata a stagioni ma le informazioni sono scarse e un po’ contraddittorie. Il nido è una enorme massa di rami di circa 85 cm di diametro. Il maschio e la femmina si impegnano nel corteggiamento in volo, e copulano per un lungo periodo di alcune settimane. Poco si sa sulla reale nidificazione; il nido contiene di solito, da 1 a 3 uova che sono incubate per circa un mese. Grazie alla sua vasta gamma è considerata una delle specie con meno preoccupazione da parte della IUCN. Ormai è rara e in declino in alcuni luoghi, come ad esempio nel Rio Grande do Sul e Santa Catarina, stati del Brasile, o in parti dell’Argentina. Il declino in Argentina viene attribuito ad avvelenamento da stricnina, le esche impiegate dagli allevatori di ovini nel cercare di debellare i parassiti.
Viene utilizzato in falconeria soprattutto per la caccia di conigli, lepri e volpi. E’ un animale molto simile al falco di harris, ha un carattere placido e sociale. Può essere volata insieme ad altre aquile della sua specie. Si stanno avendo i primi successi riproduttivi in cattività con soggetti provenienti dal sud America. Sta avendo grande sviluppo in Spagna e speriamo di vederne presto qualcuna in Italia!
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