Con l’approvazione (28 novembre 2012) del Regolamento attuativo della L.R. n. 6/2010 (“Norme per la detenzione, l’allevamento, il commercio di animali esotici e istituzione del Garante per i diritti degli animali”), si completa il percorso dell’Assemblea Regionale Piemonte.
Si possono trarre alcune conclusioni, ma i testi ed il comportamento dell’Assemblea meritano approfondimenti e adeguate reazioni, che ci riserviamo nell’immediato futuro.
Possiamo senza alcun dubbio attribuire alla Regione Piemonte due Premi Oscar:
-al Top della confusione giuridica;
-al Top dell’arroganza.
Possiamo anche attribuire alla medesima il Premio Spending Review:
– al comportamento che meglio interpreta l’urgenza di mettere sotto controllo le spese ed il rigore nella scelta degli indirizzi di spesa prioritaria, in questi tempi in cui la popolazione umana del Paese Italia che sfiora il livello di povertà ha raggiunto il 30%.
Possiamo infine attribuire- in questo Natale ricco di incertezze e povero di valori- il Premio Notte di Natale o della Bontà, con la seguente motivazione:
-“la Regione Piemonte si preoccupa da almeno 26 anni del benessere degli animali “esotici”, con grande passione,risorse ed impegno, tanto da non avere trovato il tempo per occuparsi anche del benessere dell’altra metà del cielo, e cioè degli animali che “esotici” non sono. Nonostante la delega ricevuta dallo Stato nel febbraio 2003….”
1- Confusione giuridica.
Chi sono gli “animali esotici”? Denominazione che non ha seri riscontri scientifici né giuridici, al di fuori della Regione Piemonte.
Il primo tentativo di definizione (se non si definisce l’oggetto, una legge diventa una fonte inesauribile di guai….) è contenuto nella L.R. Piemonte n. 43/1986 : “Ai fini della presente legge si intendono per animali esotici le specie di mammiferi,uccelli e rettili facenti parte della fauna selvatica esotica, viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nei territori dei Paesi d’origine e dei quali non esistono popolazioni sul territorio nazionale”. Forse possiamo interpretare questa tautologia in questo modo: si tratta di animali di specie alloctone ( cioè non originarie del territorio italiano), originarie di Paesi lontani ( e…misteriosi, cioè esotici: riemerge Emilio Salgari…) e selvatiche.
Il nuovo tentativo di definizione (L.R. n. 6/2010) porta ad analogo risultato. Il termine “selvatico” complica ulteriormente l’interpretazione: si potrebbe pensare che “esotici” siano solo gli esemplari anche selvatici: ma sappiamo che non si possono detenere esemplari selvatici (legge nazionale).
Con questa definizione, le persone che detengono animali non capiscono chi sia l’esotico. Basta un esempio per tutti: il canarino proviene da un Paese lontano ed appartiene ad una specie che “vive stabilmente in stato di naturale libertà nei territori dei Paesi d’origine ma non in Italia”. Dunque, in base a queste definizioni rientra pienamente nelle disposizioni di queste leggi. Ma…i canarini attuali sono in cattività, nel nostro Paese, da 500-600 generazioni !
E c’è pure- sorpresa !- il Regolamento appena promulgato, che cambia le carte in tavola. Ecco la nuova elaborazione:
“Ai fini del presente regolamento si intende per:
a)-animali esotici: le specie esotiche appartenenti alle seguenti classi:
1) mammiferi: tutte le specie
2) uccelli: specie comprese nell’All. A del Reg. CE 338/97; tutte le specie appartenenti al genere ARA spp; tutte le specie appartenenti ai rapaci.
3) rettili: tutte le specie comprese nell’All. A del Reg. n. 338/97
………..”
Primo appunto: è bizzarro che un Regolamento redatto e promulgato da una Giunta modifichi in modo sostanziale la definizione dell’oggetto della legge , approvata dall’Assemblea degli eletti. Bizzarro sul piano democratico istituzionale, ma sul piano giuridico forse ci possono essere conseguenze.
Altri appunti, ricordando che per la semplice detenzione, e per l’allevamento ed il commercio degli “indefiniti” animali esotici legge e regolamento prevedono patentino, autorizzazioni, registri ecc., cioè obblighi, vincoli, sanzioni e costi:
-evidentemente deve essere particolarmente difficoltoso per il legislatore piemontese trovare un termine omologo di “esotico”: ripete la tautologia. In questo modo non spiega nulla…
– tutte le specie di mammiferi: ricordiamo che la classe dei Mammiferi conta circa 5.400 specie attualmente viventi, variabili in forma e dimensioni dai pochi centimetri e due grammi di peso del mustiolo agli oltre 30 metri e centocinquanta tonnellate di peso della balenottera azzurra, uno dei più grandi animali finora apparsi sulla Terra. Conigli, topi, scoiattoli ma anche cani e gatti ed altri mammiferi di specie domestiche sono allevate da secoli in normali condizioni di benessere, senza necessità di patenti e registri. Si parla di “specie esotiche”: questo significa che esemplari nati ed allevati in cattività da secoli sono ancora da considerarsi “esotici” oppure no?. Di questa classe fa parte l’uomo (Homo sapiens:” originario di un paese lontano-l’Africa- dove viveva in stato di naturale libertà”, dunque “esotico”): quando il regolamento dice tutte le specie di mammiferi intende proprio tutte…….? Forse è meglio scriverla meglio questa definizione…
– uccelli, oltre10.000 specie viventi, (e rettili): l’obiettivo esplicitato della LR n. 6/2010 è tutelare il “benessere degli animali esotici presenti a vario titolo sul territorio..”. La Convenzione di Washington e le normative CITES, fra cui il Reg. CE 338/97, tutelano dalla scomparsa le specie a rischio e redigono elenchi di specie in pericolo e non si occupano del loro benessere in cattività. Quindi i loro criteri di inserimento negli allegati sono specifici e differenti. E negli elenchi (come il citato All. A) ci stanno pure specie animali autoctone, dunque non alloctone (esotiche), come, ad es., la tortora selvatica, la marzaiola ecc., che sono viventi stabilmente ed il libertà nel territorio del nostro Paese. Dunque, cosa prevale: l’essere nell’All. A ( e quindi dover rispettare la legge regionale)o il non essere esotici (e quindi esentate)?
Inoltre, ricordiamo che l’allevamento in cattività dei rapaci ( una parte dei quali viventi stabilmente in Italia e- dunque- non esotici) risale a molti secoli fa: scene di falconeria sono rappresentate negli affreschi egizi più antichi. La caccia con il falco era conosciuta in Cina già 2000 anni prima di Cristo, i romani la praticarono in tutte le province dell’impero, mentre se ne ha notizia in Giappone, in India ed Persia nel VII secolo della nostra Era; in Europa fu introdotta con successo a partire dalla seconda metà del IX secolo. Ricordiamo il famoso trattato “De arte venandicum avibus” attribuito a Federico II. Immaginiamo che le tecniche d’allevamento si siano molto raffinate rispetto ad allora e che problemi di benessere nella loro detenzione siano più teorici che reali.
Con la limitazione agli “esotici” e la definizione assunta, la gestione della legge è davvero problematica, fonte di imbarazzi, incertezze e contenziosi. A che vantaggio non si sa, ammesso e non concesso che tale legge sia utile e meritevole di essere applicata.
Dunque, l’impianto giuridico della legge e del relativo regolamento lascia molte perplessità, che minano- a nostro giudizio- la credibilità stessa della norma.
2-Arroganza del legislatore
Chi doveva applicare (allevatori e operatori commerciali) la prima norma (L.R. n. 43/1986) ha avuto notizia casualmente dai media nazionali che presentavano la nuova legge, appunto la 6/2010: cioè 26 anni dopo che era stata promulgata ! Evidentemente c’è qualche (notevole) problema di comunicazione ed informazione fra Regione e i cittadini, o almeno le loro organizzazioni.
Avuta notizia dai media, le organizzazioni FOI, AIPA,AISAD hanno chiesto incontri (già nei primi mesi 2010), segnalato incongruenze,avanzato proposte , suggerito modifiche, offerto collaborazione. Risultato: nonostante le gravi carenze evidenziate, le (poche) consultazioni effettuate non hanno prodotto nulla. Il Regolamento è stato completamente redatto senza che le organizzazioni di allevatori e commercianti sapessero nulla: forse si sarebbero potute evitare impostazioni e articolati con i quali le istituzioni, alla cui immagine noi teniamo tantissimo, rischiano di coprirsi di ridicolo.
Dubitiamo che la stessa organizzazione nazionale dei veterinari (ANMVI) sia stata consultata: ci aspettiamo una doverosa e vigorosa presa di posizione.
Un’ultima battuta sul termine “esotico”: alla luce di questa nuova performance piemontese, ora si capisce meglio la dichiarazione del deputato (veterinario piemontese !) a proposito degli “animali esotici “ in condominio……e le nostre preoccupazioni. Evidentemente in questa regione esiste una scuola con molti adepti…
La nostra disponibilità di allevatori e operatori commerciali resta immutata, è solo precipitata la fiducia nelle istituzioni.
3-Spending Review
Termine molto in voga, in base al quale occorre ridurre i costi dello Stato: obiettivo condivisibile, ma….
Se per ridurre i costi per lo Stato si tagliano servizi essenziali e pensioni anziché tagliare i costi non essenziali e spesso inutili, allora l’obiettivo resta condivisibile, il metodo no. E nel caso della Regione Piemonte ci troviamo di fronte ad una scelta ancora più grave: non il taglio ma l’aumento dei costi di strutture pubbliche per attività non utili (inefficaci rispetto gli obiettivi), o comunque non prioritarie, o anche per ripetere organizzazioni già esistenti su scala nazionale (inefficienza). Qualcuno potrebbe pensare ad un modo per creare “poltrone”: ma sicuramente è malizioso…. Eppure, vengono istituite:
–Commissione Regionale Animali Esotici: “si riunisce almeno ogni tre mesi per fornire direttive ed indicazioni per l’applicazione della presente legge”, oltreché per rilasciare patentino e autorizzazioni ecc. Composta di quattro persone ( e relativa struttura di segreteria) con compenso (più rimborso costi di funzionamento). Più consulente, se necessario (altro costo). Ognuno commenti da sé, con il proprio buonsenso. La Regione Emilia Romagna, per gestire l’applicazione dell’Accordo Stato Regioni sul benessere degli animali ( di tutti, non dei soli “esotici”) non ha creato alcuna commissione. E funziona
–Centro di Referenza Regionale per il Benessere Animale :naturalmente è una catena di S. Antonio. Si prevede una struttura organizzata, ma per farla funzionare occorrono altre strutture, che forniscono servizi, che generano altri costi, che richiedono consulenze ed altri coordinamenti ecc.. . Cioè un costo tira l’altro. Annotiamo che esiste già una validissima struttura nazionale, denominata Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale ed è collocata presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, ha valenza nazionale, è interfaccia della comunità europea e si occupa del benessere di tutti gli animali italiani, da reddito e da compagnia. Inoltre esiste ed è in funzione da anni, la Commissione Scientifica CITES che- guarda caso – si occupa delle specie animali in CITES. Perché farne un altra? Che poi potrebbero diventare altri 19, uno per Regione. Nel regolamento si prevedono svariati compiti per questo Centro, fra cui lo sviluppo di una serie di metodiche (verifica discendenza,determinazione del sesso, prelievi non invasivi ecc): tutte metodiche, ci pare, già ampiamente applicate da laboratori pubblici e privati. Ovviamente ci sono costi di funzionamento e di investimento da spesare, mentre per il personale si indica che verrà utilizzato quello attualmente in forza all’Istituto Zooprofilattico (c’è ancora personale sottoccupato o in esubero, dopo i forti tagli dell’ultimo periodo?)
–Garante: istituito “al fine di realizzare un piano organico di interventi, su tutto il territorio regionale, riferiti alla salvaguardia dei diritti degli animali…”. E’ un’altra delle figure su cui un certo mondo fortemente ideologizzato punta con grande determinazione e scarsa capacità di argomentare l’essenzialità di tale operazione (da quali studi sul reale partono?, quali casistiche producono una tale necessità?quali vantaggi da questa soluzione?). La carica è gratuita, ma- come sempre- ci sono i costi organizzativi e di funzionamento: uffici, segreteria, viaggi e relativi rimborsi delle spese vive non si negano a nessuno.
–Vigilanza: naturalmente è un altro grande sovraccarico per le USL (di impegno di personale ed economico), per il quale è previsto un potenziamento e il ricorso, ove necessario, a consulenti. Naturalmente tutta questa organizzazione comporta nuovi costi.
–Copertura dei costi prodotti dalla legge:la L.R. n. 6/2010 stanzia 100.000 euro anno ( per avere un’idea: circa 6 volte la retribuzione annua media di un operaio), che serve soprattutto (secondo il Regolamento) per finanziare il Centro di Referenza Regionale. Ma rimangono da finanziare gli altri costi indicati precedentemente (Commissione Regionale, Zooprofilattico, Garante, USL…..). Pensare ad un costo di almeno 400.000 euro/anno è probabilmente prudente. Come finanziare questa importante cifra? Con nuovi tributi ( v. nota all’art. 25 della legge). E questa è solo una parte dei costi, quelli formalmente a carico delle istituzioni. Ma la L.R. n. 6/2010 ed il relativo nuovo regolamento hanno altri effetti, questa volta sui cittadini:burocrazia (corsi formazione, patentino, richieste di autorizzazione, controlli, registri di carico/scarico…: neanche possedessero testate nucleari) e costi relativi.
Al termine di questa analisi macro, ma volendo è pronta anche quella tecnica di dettaglio, si pongono due domande:
-ai funzionari che hanno promosso, progettato e trasformato in strumento giuridico l’obiettivo del benessere animale chiediamo: pensate davvero, senza arrossire, che questa imponente e costosa montagna burocratica tuteli il benessere degli animali? Cosa c’entra il benessere con i corsi di formazione, i registri, il moltiplicarsi di posti di sottogoverno?
-ai politici che hanno approvato la LR 6/2010: pensate davvero che questo sia il modo più assennato e prioritario di spendere i soldi dei contribuenti? E pensate davvero che si possano costruire questi castelli, senza alcun dialogo con le categorie economiche e sociali del territorio quali le nostre organizzazioni?
4-Premio per la Bontà
Questo premio è particolarmente meritato.
Allevatori sportivi e operatori commerciali “ufficiali” (quelli con cui si acquistano animali guardandosi negli occhi e che sono sempre rintracciabili e rispondono in ogni momento del loro operato) sono per la tutela del benessere di tuttele specie animali, nessuna esclusa. E senza alcuna deroga.
La Regione Piemonte, no.
Siamo sorpresi ed amareggiati, per una posizione unica al mondo, assunta con tanta protervia e senza motivazioni espresse, nonostante gli avvertimenti ricevuti e le offerte di dialogo da parte delle nostre organizzazioni e- sicuramente- di altre altrettanto autorevoli.
Per la cronaca: la LR 6/2010 è stata approvata all’ unanimità dei presenti nell’ Assemblea Regionale precedente (maggioranza centro-sinistra), salvo un consigliere che non ha votato. Il regolamento di attuazione è stato approvato dalla Giunta attuale, che è di centro destra. Ciò che preoccupa è anche che è cambiato il cuoco, ma la zuppa è la medesima: immangiabile.
Sempre per la cronaca: il Movimento degli allevatori sportivi amatoriali ha adottato (2008)il Disciplinare volontario per il benessere degli animali allevati, approvato dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale e dal Ministero Salute. E’ l’unico al mondo, è rivolto a tutti gli animali, non solo agli “esotici” (non siamo razzisti….) ed è appunto volontario: anche agli allevatori interessa il benessere degli animali e non hanno bisogno di patenti. Inoltre, a proposito di registri e tracciabilità degli animali, lo stesso Movimento ha introdotto nel 1938 il marcaggio individale e nel 1954 ha realizzato il Registro Nazionale Allevatori (R.N.A). Forse la nostra opinione può essere utile.
Ed è spontanea, professionale, gratuita.