Preghiera del falconiere

Preghiera del falconiereFiero amico amato e caro,
io ti offro il mio riparo,
del buon cibo, le mie cure se vuoi altro chiedi pure.
Poche cose vorrei in cambio : vola bene, vola alto!
Non scappare, non tradire, quando arrivo non coprire.
Sali in fretta, non sorare, tieni d’occhio bene il cane.
Se ti perdo, se mi abbaglio, fai sentire il tuo sonaglio,
altra cosa assai importante, non posarti sulle piante!
Sulla preda scendi lesto, ma al richiamo torna presto,
come un lampo scendi a goccia, col sereno, con la pioggia.
Sia un fagiano o una pernice tu sai rendermi felice.
E’ per questo che ti dico : chiedi pure, raro amico!
Io ti seguo e penso che il mio cuore è su, con te..

 

by Lara

Scritture Antiche toscane di Falconeria

Scritture_Antiche_Toscane_DI_Falconeria_Ed_Alcuni_CapitoliAvete mai pensato di leggere un libro sulla falconeria così antico da diventare introvabile in tutte le librerie?

Come venivano addestrati i rapaci nel passato? Che rimedi usavano per curarli? Quali erano i più apprezzati?

Grazie a Google Libri ora si può dare una occhiata ai libri del passato leggendoli direttamente sullo schermo del computer. Comodo no? 

Falconeria.org ha scelto per voi ” Scritture antiche toscane di Falconeria” , in italiano arcaico ma di sicuro interesse. Buona lettura!

 

Titolo: Scritture antiche toscane di falconeria

Autore: Alessandro de Mortara (conte, ed), ‎Brunetto Latini, ‎Bono Giamboni – 1851 – 

 

 

 

 

Il cane non tiene la ferma

cane breton“Ho un cane breton femmina di un anno, la quale nel cercare e nel riportare tordi è già un fenomeno; ma mi piacerebbe insegnargli anche a fermarsi sulle quaglie. Ho cercato di farle capire il metodo ma non ci sono riuscito. Il difetto che ha è che ferma per 4-5 secondi e parte per il frullo. Che cosa mi consiglia di fare? Che metodo devo adottare? La ringrazio per la collaborazione” (D.P. Gerardo).

Di seguito la risposta dell’esperto cinofilo Mario Biagioni:

Il più piccolo dei fermatori era, in origine, un cane da cerca, impiegato con soddisfazione in Bretagna, prevalentemente per la beccaccia. In seguito fu però evidente l’enorme superiorità di un cane da ferma per questo tipo di caccia e gli allevatori del piccolo epagneul, con una selezione accorta e severa, lo trasformarono fino a farlo diventare uno specialista.

Questo semplicemente per dirle che in questa razza la ferma è dote naturale, e che non esiste un “metodo” per insegnarla. Nel suo caso si tratterrebbe semmai di una correzione per un soggetto che tende a investire o forzare. Operazione certamente non facile su un cane impiegato quasi esclusivamente (mi sembra di aver capito) nel riportare tordi.

Occorre anzitutto convincerlo ad abbandonare cerca e individuazione a vista per utilizzare il naso. Quindi, per un non professionista l’unico sistema da consigliare credo sia l’uso della corda.

Porti il cane dove abbia la possibilità di incontrare qualche quaglia precedentemente deposta, con una corda di adeguata lunghezza attaccata al collare. Se al momento che avverte l’emanazione tenterà di frullare, si interviene con un leggero strattone, impedendogli di avvicinarsi. Se insiste, occorre aiutarsi con la voce e con il fischio, ripetutamente e in modo molto deciso.

Non si scoraggi. Da sempre ci sono cani che appena sentono l’emanazione della selvaggina investono di slancio, oppure fermano per un momento e subito dopo fanno frullare. In genere poi, se debitamente corretti, diventano degli eccellenti ausiliari.

Altri suggerimenti:

…portalo all’incontro con il selvatico ( immesso ) con il guinzaglio lungo…
…quando ferma…bloccalo e coccole…fallo accostare…fermare di nuovo…coccole…
…il selvatico parte…
…trattenuta brusca con il guinzaglio lungo dopo breve rincorsa…
Oppure ( qualcuno inorridirà ) scollarata elettrica nel momento della rincorsa e non prima…!!
La scelta del momento e’ fondamentale :
– deve capire che fermare va bene = coccole…
– deve capire che rincorrere e’ male = trattenuta o scossettina…
I due momenti vanno scissi nettamente per non far capire il contrario al cane…
Secondo me è facilmente rimediabile con un po’ di applicazione e tempo…

A Caccia con il Cane da ferma: alleniamolo con le quaglie

QuagliaIo non direi che la caccia alla quaglia sia caccia facile. Osserverei piuttosto che essa mostra un volto che non scoraggia, che offre sufficienti occasioni di farsi le ossa, e uno paga ugualmente il suo tributo di delusioni magari senza accorgersene. Ed è forse proprio questo il punto di maggior merito della quaglia. Perciò, quando è il tempo che precede l’apertura, sciolgo con fiducia il cucciolone nella stoppia. Se è avido, esuberante, incapperà quasi certamente in uno, due, tre sfrulli… seguiti da carico a fondo. Lascio inseguire. Quanto più ce la mette dar sotto, tanto più è probabile, ha temperamento, coraggio. Intanto, dietro alle invitanti quagliette di pianoro, non solo s’è caricato, ma ha tratto anche qualche insegnamento: s’è accorto alla fine che ha un naso da far funzionare per raccogliere bave di vento. E s’è risvegliato l’antico istinto dell’agguato: la ferma.

La storia va avanti così per un pezzo: mettiamo le prime 4-5 uscite. D’ora innanzi, al momento della ferma, lo vincolo a me con la corda di ritenuta.

Non uso altri mezzi, più sbrigativi ma rischiosi (collare elettrico, fucilata). Non ho tanti cani da fare. Oggi, poi, «lavoro» solo questo e la corda mi basta, manovrata con tatto, come redine: non devo impedire l’eventuale guidata. Al frullo non mollo e ordino il «terra» prima insegnato quasi per gioco. Ma non mi occorre brutalmente catapultare l’allievo. Basta che stia fermo. Se la quaglia, dopo volo breve, che in qualche caso può essere un salto o poco più, si rimette davanti, più forte sarà nel «puledro» il desiderio di agguantarla. La circostanza non consente cedimenti. Il caso, nella pratica della caccia, si ripeterà. Con la quaglia stessa, con la beccaccia, con il beccaccino in certe giornate, con il frullino. Il croccolone, ahimè, non conteggiamolo più, non è cacciabile.
Un cane che, preso dalla foga del «faccio tutto me», carichi il selvatico pronto a rimettersi sciuperà una moltitudine di buone occasioni.

Autorizzazione per addestramento ed allenamento falchi in periodo di caccia chiusa provincia di Ferrara

Logo_Provincia_FerraraTitolo del servizio

Autorizzazione per addestramento ed allenamento falchi in periodo di caccia chiusa (202/0)

Area

Territorio, ambiente e infrastrutture

Funzione

Parchi e riserve naturali, protezione flora e fauna

Ufficio

PROTEZIONE FLORA E FAUNA E PRODUZIONI AGRICOLE

A cosa serve

L’addestramento e l’allenamento dei falchi in periodo di caccia chiusa possono avvenire previo rilascio di permesso da parte della Provincia e non possono in alcun caso provocare la predazione di fauna selvatica.

A chi è rivolto il servizio

Essere in possesso della licenza di porto di fucile per uso di caccia

Cosa bisogna presentare

Domanda per addestrare ed allenare falchi
Certificato della provenienza dei falconiformi da allevamenti autorizzati

Modelli di documenti da presentare

DOMANDA_ALLENAMENDO_ADDESTRAMENTO FALCHI.pdf (file .pdf – dimensione 74 KB)

Costi e modalita’ di pagamento

n 2 marche da bollo da 16,00 euro : una da apporre sulla domanda e una sull’autorizzazione in sede di rilascio.

Costi – Allegati

Contatti

Responsabile del procedimento : Ing Paola Magri – n tel 0532-299541 e.mail: paola.magri@provincia.fe.it

Come avere informazioni sul procedimento

Servizio Protezione Flora, Fauna e Produzioni agricole-UOC Caccia e Pesca – viale Cavour, 143 – 44121 Ferrara – III piano
giorni e orari di apertura al pubblico : dal lunedi al venerdi dalle 9.00 alle 13.00 e martedi e3 giovedi dalle 14.30 alle 16.30.
Indirizzo di posta: Provincia di Ferrara Servizio Protezione Flora, Fauna e Produzioni agricole-UOC Caccia e Pesca – viale Cavour, 143 – 44121 Ferrara
PEC: provincia.ferrara@cert.provincia.fe.it n fax 0532-299729
n tel 0532-299745 rosetta.petralia@provincia.fe.it 
n tel 0532-299725 fiorella.folegani@provincia.fe.it
n tel 0532-299770 rita.vallieri@provincia.fe.it 
PEC: provincia.ferrara@cert.provincia.fe.it

Modalità di accesso al servizio

Presentazione delle domande presso Provincia di Ferrara Servizio Protezione Flora Fauna e Produzioni Agricole

Modalità di accesso – Allegati

Tempi

30 Giorni

Responsabile del procedimento

MAGRI PAOLA

Responsabile del provvedimento finale

MAGRI PAOLA

Atto Conclusivo

Autorizzazione

Normativa di riferimento

L.R. n 8/94 e s.m.i – art 48, comma3

Regolamenti provinciali

DGP nn 208/54832

Buon Natale e Felice Anno Nuovo!

Babbo Natale falconiere

nuovo-annoFalconeria.org, Il Portale Italiano di Falconeria e tutto lo staff,

Vuole augurare a tutti i Falconieri Italiani e stranieri,

un Felice e Sereno Natale e che il 2015 sia un anno ricco di Salute, Soddisfazioni, Catture ma soprattutto un anno di Condivisione, Collaborazione e di Tutela del nostro Amato sport. 

Buone Feste..e.. Viva la Falconeria!

Federico Lavanche 

Proposte per una Falconeria Moderna

ivano avoni

Premesso che la falconeria è essenzialmente l’arte antica di addestrare e cacciare con il falco prede nel loro habitat naturale, è una vera e propria attività venatoria risalente a più di 4000 anni fa con passaggi di conoscenze tramandate da generazione in generazione,con approcci tra uomo e animale tra i più completi e complessi che rapportati alla nostra era moderna potremmo definirli senza ombra di dubbio azioni di profonda etologia legate allo studio del comportamento animale e delle sue basi biologiche,non solo per ciò che riguarda il nostro ausiliare (falco),ma anche per la selvaggina da predare.

La falconeria è senza dubbio la forma di caccia più completa, più difficile mai concepita,e richiede da parte del falconiere oltre ad una buona preparazione un altro grado di attenzione,sensibilità e devozione difficilmente riscontrabili in molte altre attività legate al rapporto uomo-animale. In considerazione a tutto questo l’UNESCO,ha recentemente riconosciuto la falconeria “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”con il conseguente scopo di fermare il declino di questa nobile arte,dovuto allo stile della vita moderna e alla sua inarrestabile evoluzione tecnologica e alla rapida urbanizzazione selvaggia. E’ considerata l’attività venatoria con il più basso impatto ambientale e faunistico,sia per l’esiguo numero di praticanti che per l’effettivo insignificante prelievo di fauna selvatica,in considerazione del fatto che sono innumerevoli le variabili che portano ad una cattura che quasi sempre avviene come in natura a carico delle prede più deboli a vantaggio dell’ecosistema,con un particolare rispetto per l’ambiente,senza rumori e rilascio di sostanze inquinanti. Oggi la falconeria così detta alternativa,ha anche un’importante funzione di sicurezza per i cittadini,dal momento che molti aeroporti in tutto il mondo sono protetti dai falconieri che con i propri falchi tengono lontani stormi di uccelli che spesso sono causa di gravi incidenti aerei,per non parlare poi del controllo di alcune specie di volatili invadenti a carico dei centri urbani e aziende alimentari che possono arrecare gravi danni al patrimonio storico e creare problemi sanitari. Purtroppo oggi praticare vera falconeria è molto difficile perché esiste nel nostro paese una forte arretratezza legislativa in materia e la differenza si nota maggiormente quando veniamo a contatto con falconieri di altri paesi europei e non ,dove abbiamo la possibilità di toccare con mano profonde differenze legate alla maggiore sensibilità che i loro governanti hanno nei confronti di questa nobile arte.
In buona sostanza potremmo fare un elenco prioritario di tutte quelle lacunose normative a carico della falconeria italiana in funzione di un miglioramento dell’odierna situazione,con proposte che vadano colmare questo vuoto legislativo:

  1. Strutture adeguate per l’allenamento e l’addestramento dei falchi almeno due per ogni regione,e con permessi di volo rilasciati dalle provincie competenti con minori vincoli sia nei modi che nei tempi.
  2. Rivedere le norme di sicurezza sulla caccia dovute all’uso del fucile in rapporto alla totale mancanza di incolumità pubblica legata alla pratica della falconeria
  3. Inserire la licenza di caccia con il falco scorporandola dal porto di fucile, per tutti coloro che vogliono cacciare solo con il falco.
  4. Prevedere anche l’uso del falco nei piani di controllo alle specie dannose all’agricoltura e all’ambiente(corvidi,storni,piccioni ecc.ecc.)
  5. Creare un albo falconieri provinciale e/o regionale per garantire agli organi amministrativi maggiore collaborazione con i falconieri residenti muniti di licenza di caccia.
  6. Rivedere certe normative capestro sul benessere animale nei confronti della falconeria con relativo riconoscimento di regole non impattanti sul falco che questa attività porta con sé da millenni
  7. Le associazioni venatorie devono valutare e prevedere polizze assicurative rapportate a questa forma di caccia e con un capitolo assicurativo falco tipo quella del cane.
  8. Correggere alcune normative di alcune regioni che non prevedono l’uso dei falchi non autoctoni in falconeria
  9. Specificare la parola “falco” sulla legge Nazionale n°157 inserendo al suo posto la dicitura “rapaci diurni”così si comprendono tutti i rapaci usati in falconeria anche nel recente passato.

Dobbiamo doverosamente ricordare l’indispensabile contributo alla stesura di queste richieste di modifiche alle normative attuali da parte del’ uncf Toscana nella persona di Giovanni Camerini decano della Falconeria Italiana.
Vorremmo precisare che la capacità di ascolto delle associazioni venatorie su questi temi deve migliorare e fare un salto di qualità e in primis la Federcaccia che tra l’altro dispone di una settoriale falconieri con diversi iscritti e con strutture territoriali organizzate ed efficienti,poi come UNCF dovremmo chiamare a raccolta tutti o buona parte dei falconieri italiani tralasciando vecchie e nuove beghe personali,siamo purtroppo divisi in miriadi di associazioni poco rappresentative e troppo personalizzate,con questa mentalità tipica italiana(basti vedere l’alto numero di associazioni venatorie),non si va da nessuna parte,non dobbiamo dimenticare il vecchi detto che “l’unione fa la forza”oggi più che mai indispensabile non solo per il mondo venatorio,ma anche per tutto il comparto associazionistico di qualsiasi natura e provenienza.

CONSIGLIO UNCF Emilia Romagna
( Ivano Avoni)

Matteo e i suoi falchi: un pezzo di natura sul pugno

14929-1-matteo-derrico“Venite, vi faccio vedere i falchi”. E lo sguardo non può che andare verso l’alto. Ma, i falchi di Matteo D’Errico, 38 anni, aradeino, mente, anima e ‘pugno’, della scuola di falconeria Falcon Farm, sono in giardino, diligentemente in attesa, sul retro della sua casa di campagna, alle soglie di Cutrofiano. La zampa legata a piccole pietre, distanti un paio di metri l’una dall’altra, aspettano che il falconiere li riporti al coperto, sui trespoli. Immobili, sguardo fisso, come sull’attenti. Imperturbabili, nonostante il bracco che gioca a stuzzicarli, le gocce di pioggia che segnano la terra, e la presenza di sconosciuti.

Matteo infila il guanto di pelle, striato da tracce di artigli e becchi, e invita sul pugno una splendida femmina di falco pellegrino. “Le femmine sono più robuste e grandi dei maschi”, spiega, “erano il simbolo dell’imperatore Federico II”. Animali da piuma, che cacciano a volo alto e disdegnano gli animali da pelo, da inseguire nei campi. Falchi che Matteo non utilizza nel suo lavoro.

I falconieri moderni hanno trovato il modo di impiegare le virtù del falco a beneficio della collettività, attraverso un metodo efficace e non cruento per allontanare l’avifauna molesta da aeroporti, stoccaggi alimentari, porti turistici, centrali elettriche, itticolture e capannoni industriali. I falchi prevengono il fenomeno noto come “bird strike”, l’impatto tra volatili e veicoli in volo o in transito. Ma non è questa la routine del falco pellegrino.

“I falchi da lavoro non sono gli stessi che porto a caccia”, spiega Matteo. Il suo lavoro è un necessario effetto collaterale della passione per i falchi, nata più di quindici anni fa, quando sedeva ai banchi dell’Istituto d’Arte di Galatina. Fu il suo insegnante, Nicola De Marco, a metterlo per la prima volta di fronte a un falco. “Non c’erano corsi all’epoca”, continua, “io ho imparato a vivere tra i rapaci dopo vent’anni di sbagli e attese”.

Sembra tornato ai suoi 17 anni, quando racconta dei primi falchi, “stupidi greppi”,delle veglie a luci basse ad aspettare con un guantone di pelle che il falco lo degnasse di mangiare dalla sua mano, dei rapaci persi per inesperienza, e del primo falco pellegrino arrivato in voliera. Per chi lavorava con banali greppi, un pellegrino che si poggia sul pugno è un’emozione da lacrime agli occhi. Insieme ai falchi, sono poi arrivati gli splendidi gufi, pacifici vicini di voliera, le poiane e, infine, le aquile reali.

“Quando ho iniziato a praticare la falconeria, i falchi li catturavamo da soli, ora si catturano con un clic su Internet”, continua, e parla con un certo imbarazzo della falconeria in Italia. Dove arrivano i falchi peggiori, quel che resta da nidiate e fiere. Lui i suoi rapaci li sceglie in anticipo, in giro per il mondo, dagli allevamenti migliori. E nonostante non ci sia la trepidazione della cattura, “mi sento onorato, oggi, di dare un po’ di carta e avere in cambio un falco”.

Parlare con Matteo è scoprire un’altra falconeria, con l’occhio concreto dei primi falconieri. Piombare in una dimensione medievale dove l’animale era trattato con rispetto, senza stupide idealizzazioni e inesistenti poesie.
La falconeria non è fatta per i sentimentali, pare voler dire quando, alla domanda “come si insegna ad uccidere ad un falco?”, fa finta di non sentire e passa oltre. Come se non si potesse svelare, in due parole, l’insegnamento di anni. “Nella falconeria, mai pietà. Solo giustizia e rispetto”, conclude schietto.

Addestrare un falco non è come addomesticare un cane, a suon di punizioni. “Fai del male a un falco e non sarà più il tuo animale da caccia”, spiega, “io faccio fare al falco quello che farebbe in natura, con i suoi tempi”.

Sì, perché, il falco è libero di scappare, una volta in volo. Ma i falchi di Matteo atterrano sempre sul suo braccio.

Tuttavia, nel capanno degli attrezzi del falconiere, ci sono le sue riceventi, con trasmittente, per tenere d’occhio il falco in volo, e una serie di sonagli, le riceventi del Medio Evo, una campanella che, appesa al collo del rapace, ne segnalava ogni movimento. “Un buon falconiere intuisce, al solo suono del sonaglio, senza alzare lo sguardo, se il falco sta volando, è in picchiata o sta planando”. Accanto ai sonagli, i cappucci in pelle, piccoli capolavori di artigianato, di diversi colori e dimensioni, perché non sfiorino becco e occhi.

Il metodo di Matteo si basa su quello che, in gergo tecnico, si chiama ‘yarak’, il peso ottimale, per non agire solo per fame e non sacrificare la massa muscolare, unica difesa contro le malattie. Matteo tiene d’occhio il metabolismo di ogni rapace, “per non farlo volare stretto”. Un approccio che adotta anche con i cavalli, non ferrati e allevati quasi allo stato brado, suoi compagni di caccia. “Ho riposto il fucile da tempo”, spiega. Niente è paragonabile all’emozione della caccia con falco, cane e cavallo, natura contro natura, intelligenza contro forza, ad armi pari. Una lotta leale, anche se la legge la equipara alla caccia con fuoco e arco.

Ma quella del falconiere è una battuta di caccia che necessita una perfetta regia,che in un istante mette a fuoco: l’uccello da cacciare, il possibile nascondiglio della preda, la direzione della sua fuga, con il vento di fronte o a favore, e la coreografia dell’attacco.

Qui i segreti di un’antica arte ritornano nel lampo di un falco che piomba in picchiata. La storia si nasconde in pochi gesti, impercettibili movimenti del polso, un veloce battito d’occhi che si accorda con uno strabiliante battito d’ali. Astuzie che non si possono improvvisare, né essere apprese in un corso.

“I miei corsi servono per scoraggiare chi pensa che possedere un falco sia  metà dell’opera”, spiega. “Il tempo alla fine seleziona tutti”, ama ripetere Matteo e, come un novello Lorenz, gioca con i falchi e li prende in giro. “Un falco ha tre neuroni: uno dice mangia, l’altro dice mangia, e l’altro dice riproduciti, se vuoi”, aggiunge dissacrante. E rincara la dose: “Il falco non è intelligente, è puro istinto, una scheggia di energia”, e schernisce chi guarda un falco e finge improbabili empatie. Il rapporto con il falconiere non è individuale e si lega a chiunque ne riproduca i movimenti esatti.

Dopo un pomeriggio in compagnia di Matteo, è come se il falco ci avesse sussurrato all’orecchio un po’ del suo segreto. “Sono gli uomini che gli hanno appiccicato il concetto di libertà”, spiega, “nessun falco vola inutilmente”.  L’energia risparmiata oggi servirà quando la caccia sarà più difficile.

Gli ambientalisti non sono d’accordo. Legare un falco, coprirlo con un cappuccio, contraddice l’immagine del rapace libero cui siamo affezionati. “Un falco in mano ad un ambientalista è come una pistola in mano ad un obiettore”, taglia corto Matteo. È l’eterna lotta tra pratica e teoria, tra la dottrina di chi parla e l’empirismo di chi fa e, in questo caso, si pronuncia dopo aver guardato negli occhi un falco, per almeno vent’anni. Per questo la didattica è molto importante per la Falcon Farm. “Organizziamo corsi, ricostruzioni storiche, dimostrazioni, soprattutto per i bambini”, spiega. Per fare del falco un animale familiare e dissipare dubbi e luoghi comuni.  Ad esempio, quelli di alcuni veterinari con i quali conduce dispute interminabili contro l’accanimento terapeutico sui rapaci. “Uccidere un falco è un atto di coraggio, tenerlo in vita è una vigliaccheria”, dichiara, “avere un falco è un privilegio, ma occorre  lasciarlo morire se una malattia lo rende incapace di volare.”

Approccio da etologo per Matteo, che si fa beffa di chi ha fatto della falconeria un sentimento e l’ha sporcata di inutile mistero. In fondo, è curioso che sia un uomo innamorato dei falchi a svelarne tutta l’inevitabile prosaicità e a raccontare di una falconeria che, pur scoperta e quasi restituita a se stessa, conserva intatta la sua poesia. “Io amo i falchi ma è un’amicizia a senso unico”, afferma, “non pretendo che sia come un essere umano”. E di certo, neanche lo vorrebbe. “A me basta poter avere sul pugno un pezzo di natura”.

Valeria Nicoletti

www.quisalento.it

Falconiere muore annegato cercando di salvare il suo falco caduto in un pozzo

kPeXIHU7_cetrero-muere-1Il falconiere di Castroverde de Campos , Fernández Pascual Burón , 59 anni , postino, è morto ieri annegato in un vecchio pozzo irriguo situato nella campagna nell’esercizio del suo hobby preferito , la caccia col falco. E ‘morto mentre cercava di recuperare il falco caduto in un pozzo durante l’inseguimento di un coniglio. Cacciatore, falco e preda, hanno trovato la morte nello stesso luogo.L’incidente è avvenuto verso le tre del pomeriggio di ieri e l’esito infelice ha sconvolto l’intera popolazione che è venuta a conoscenza del tragico esito. Pascual Burón , appassionato di falconeria, era partito alla mattina per andare a caccia con il suo harris . Durante la cacciata, il falco di harris ha inseguito un coniglio. Questo ha cercato rifugio e salvezza in quello che si rivelò essere un vecchio pozzo irriguo e, sia il coniglio che il rapace sono caduti nel pozzo . Burón Fernández , avvicinandosi sul posto e vedendo la situazione, ha chiamato un amico per chiedergli aiuto per recuperare il falco dal pozzo. L’amico del falconiere, arrivato sul posto,  ha visto nel pozzo solo il falco, il coniglio e un cappello. Rapidamente ha contattato il servizio di emergenza di Castilla y León 112 , indicando il luogo della scomparsa , tra la strada e Valdez Campos Castroverde . La sala operatoria del 112 ha riferito l’accaduto alla Guardia Civil ( COS ) Zamora , vigili del fuoco Benavente e Salute Emergenze – Sacyl , inviano una ambulanza e un mezzo dei vigili del fuoco.

I partecipanti al recupero del corpo che questo è un vecchio pozzo “era verjado ” e aveva circa due metri e mezzo d’acqua . Arrivando sulla scena , in superficie galleggiavano il corpo del falco , il coniglio e un berretto . ” Ben presto si è constatato che il corpo era immerso in acqua calando nel pozzo un lungo bastone con un gancio. ” Truppe della Protezione Civile e Vigili del Fuoco Benavente si sono calati nel pozzo per recuperare lo sfortunato cacciatore.

fonte: laopiniondezamora.es

Aquila Reale uccisa da un cacciatore, si cerca il colpevole

aquila reale morta

SPOLETO – È una specie rara e protetta a livello comunitario e in tutto l’Appennino umbro-marchigiano se ne contano non più di 15 coppie nidificanti, di cui almeno 4 all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Eppure è stata proprio un’aquila reale di due o tre anni ad essere stata uccisa dai pallini di un cacciatore nel giorno di preapertura della stagione venatoria. La sua carcassa è stata trovata a settembre scorso sull’alto versante meridionale di Monte Maggiore, nel territorio comunale di Campello. La conferma che si trattasse della “regina dei cieli appenninici” è arrivata dopo la necroscopia congiunta eseguita all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale e presso la Sezione di Chirurgia e Radiodiagnostica della Facoltà di Veterinaria di Perugia. Secondo gli esami compiuti, l’animale al momento della morte era “in perfette condizione fisiche, nel pieno delle proprie capacità locomotorie e sensoriali”. La causa del decesso dunque sarebbe da attribuirsi ai tre pallini da caccia rinvenuti nel corpo dell’esemplare dagli esperti: “Due in posizione centrale nella cavità basso-addominale, uno nella cavità toracica a tre millimetri del segmento toracico della colonna vertebrale, tutti in posizioni e condizioni letali”. Il colpo di fucile sarebbe stato sparato a non più di venti metri di distanza da un’arma lunga, probabilmente un fucile. E secondo la ricostruzione, avrebbe colpito l’animale in volo “strappandogli il possente becco”.

Un precedente a lieto fine

Nel 2001, un’aquila reale era stata trovata nei pressi di Bolognola, dal Corpo forestale dello Stato, su segnalazione di alcuni cercatori di funghi. Le sue condizioni apparivano disperate, a causa delle ferite d’arma da fuoco su un’ala procuratele da un cacciatore. Subito affidata al Centro di recupero animali selvatici dell’Oasi Wwf Bosco Frasassi di Fabriano, l’aquila si era salvata, ma l’ala non aveva recuperato la sua funzionalità. Poi, a 10 anni di distanza dal suo ritrovamento, è tornata tra le sue montagne, nel Centro Faunistico di Castelsantangelo sul Nera, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. anche se costretta a vivere in cattività.

di Antonella Manni

fonte: il messaggero.it

Invia la Tua Ricetta!

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Queste ricette sono dedicate a tutti quei Falconieri che con grande fatica e determinazione, catturano il selvatico. Una parte della preda andrà a ricompensare il nostro falco, l’altra parte la cucineremo e la condivideremo con chi ci vuol bene!

Se hai delle ricette sulla selvaggina che vuoi condividere con noi, scrivici una mail con le foto e le istruzioni dettagliate a: info (chiocciola)falconeria(punto)org , Grazie!

Alcuni suggerimenti:

  • Indica tutti gli ingredienti necessari alla preparazione della tua ricetta
  • Spiega con chiarezza i vari procedimenti e cerca di essere accurato nella descrizione
  • Specifica dati come: tempo di cottura, temperatura del forno, ecc.ecc.
  • Ricordati di Firmare la tua ricetta con il tuo nome! GRAZIE