Falco in Aria, Mani in Tasca

11099_784372094969411_2187972408667768838_nLa Presentazione del libro sarà il 21 Dicembre 2014 ore 15,00

via Trieste, 40, Brinzio (Va)

Non Mancate!

A cura di Fabrizio Piazza, lo stile italiano di Falconeria, dallo Sforzino, Filastori, Chiorino al Coppaloni, dalle attrezzature all’addestramento, al metodo di volo dei Grandi del Passato, con riferimenti e metodi di De La Fuente….

Il libro “Falco in aria mani in tasca” si presenta: formato 170 x 240 mm, 300 pagine con più di 300 immagini in bianco e nero (115 disegni e 187 fotografie). Le pagine sono rilegate con cucitura a filo refe e la
copertina rigida è stampata a colori. L’opera è limitata COME PRIMA EDIZIONE ad una tiratura
di 500 copie.

Presto, cureremo la recensione del libro e inseriremo i dettagli per ordinarlo.

 

Understanding Birds of Prey in Italiano

comprendere-uccelli-da-preda-nick-foxNick Fox
Artiglio Editore
Pagg.400
Foto a colori e disegni in B/N

Traduzione italiana di Understanding Birds of Prey, progetto nato in collaborazione con UNCF e vari falconieri italiani, questo interessante e corposo volume e’ stato presentato nella bella cornice del centro congressi di Monte del Re, sulle colline di Dozza dall’autore il Dr. Nick Fox, 63 anni, proveniente dal Galles (UK). Falconiere, biologo, ornitologo, allevatore di rapaci per gli Emirati Arabi, imprenditore, artista e scrittore Nick Fox è l’autore del libro di riferimento, a livello mondiale, per gli appassionati dell’arte della falconeria. Dopo un lunghissimo lavoro di ricerca nel 1995 ha pubblicato “Understanding Birds of Prey”, diventato in breve tempo un libro di successo per tutti coloro che si occupano di rapaci. Diversi anni dopo il volume è stato tradotto in spagnolo e ora ha visto la luce la versione italiana. Durante la presentazione del volume Nick Fox ha raccontato il percorso che lo ha portato a diventare uno dei massimi esperti al mondo, fornendo consigli ai falconieri italiani ed invitandoli ad una maggiore aggregazione spiegando cosa rappresenti ai suoi occhi l’arte della falconeria.

La versione italiana del libro di Nick Fox, magistralmente curata da Patrizia Cimberio, comprende molte fotografie e disegni e si presta ad essere il testo di riferimento sia per falconieri già esperti sia per i neofiti che vogliano porre solide basi. Suddiviso in otto capitoli sono trattati la struttura e la funzione del Falco, la sua gestione partendo dall’addomesticamento alla riproduzione. In un terzo capitolo vengono analizzate ed elencate tutte le attrezzature e le strutture per svolgere nel migliore dei modi l’arte della falconeria. Sviluppo e comportamento sono elementi importanti nella vita del falco ed il falconiere sa benissimo quanta determinazione e conoscenza debbano essere presenti nel rapporto che lo lega al suo animale, tematica quest’ultima, descritta nell’apposito capitolo. Come per l’addestramento ed il condizionamento. Dopiche’ , in un apposito capitolo, sono elencate tutte le strategie di caccia dei rapaci selvatici e successivamente viene trattata la caccia sul campo. Nell’ultimo capitolo infine si parla del rapporto che lega l’ uomo al rapace partendo dal tema del contributo dei falconieri per la conservazione ed il benessere dei rapaci.

Per i lettori e gli utenti di www.falconeria.org, il prezzo scontato è di euro 35,00 + spese di spedizione 😉

Chi fosse interessato al volume puo’ ordinarlo direttamente alla UNCF a questo indirizzo e-mail: segreteria@uncfitalia.it

Buona Lettura!

Catania – Maxi sequestro al falconiere

Intervento dei Nuclei di PG della Forestale dello Stato e del Servizio Cites Regionale

Comando Regionale Calabria

 

comunicato 28.08.2013Catania, 14 novembre 2014 – A seguito di perquisizione disposta dalla Procura di Catania ed effettuata da personale della sezione di Polizia Giudiziaria del Corpo forestale dello Stato e da personale dei Servizi specialistici della CITES (Convention on International Trade in Endangered Species) del Corpo forestale dello Stato e del Corpo forestale Regionale Sicilia, sono stati rinvenuti due esemplari vivi di falco pellegrino senza la relativa certificazione. In particolare, uno degli esemplari era privo di documentazione attestante la provenienza, mentre l’altro esemplare, più giovane, era accompagnato da un certificato contraffatto che gli attribuiva almeno 7 anni in più. L’uomo, noto falconiere della provincia etnea, non si sarebbe limitato ad alterare l’età del prezioso falco; infatti, nel corso della perquisizione, sono stati rivenuti due esemplari di falco pellegrino e un barbagianni morti,  privi di marcaggio, dalla provenienza ignota (violazione dell’art. 1 della L. 150/92). Presso il suddetto allevamento, erano detenute, anche, sei Testudo Hermanni (Tartaruga comune) e tre Calandre (la specie più grande appartenente alla famiglia delle allodole). Tutti gli specimens sono stati sequestrati e quelli vivi sono stati affidati in custodia al Centro di Recupero della Fauna Selvatica per la Provincia di Catania.
Sono state, inoltre, sequestrate reti per uccellagione (violazione della L. 157/92), attrezzature per arrampicata, munizionamento a pallettoni ed un fucile rinvenuto tra la vegetazione su cui sono in corso accertamenti tecnici.

fonte: http://www.corpoforestale.it/

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (capitolo 1)

Vangeli… l’assoluta opinabile certezza!

LA BILANCIA

Senza titolo-1 copiaÈ forse questo uno degli argomenti più ostici da trattare. Preconcetti e scarsa informazione hanno portato in diversi casi alla “santificazione” di un mezzo che è in grado di decidere le sorti della giornata; in altre parole se la bilancia decide che oggi non si vola, allora non si vola.

Una delle tradizioni dura a morire è la regola di Mavrogordato, che prevedeva di diminuire un falco del 10% del suo peso corporeo, onde ottenere uno stato di fame nel falco che, in qualche modo, lo legasse imprescindibilmente alla sua fonte di cibo/falconiere.
Mantenere queste percentuali di riduzione dell’animale non trovano più applicazione nel moderno mondo della Falconeria; i nostri rapaci non subiscono più l’istintiva attrazione di tornare in natura (perché non sono più animali catturati), ma abbiamo vinto quel passaggio col corretto uso dell’imprinting.
Ora, sull’imprinting si aprirebbe un altro lungo capitolo, in certi casi anche più arduo di quello sulla bilancia, quindi non mi soffermerò più di tanto, ma non vi preoccupate, avrò modo di riprendere l’argomento in un altro articolo.

La fame è senza dubbio una componente importante nel condizionamento dei rapaci, ma in percentuale ricopre non più del 20% dei fondamentali relativi al suo indottrinamento. È sicuramente un ottimo inibitore per quei falchi che hanno le zampe “dolci” (cioè che colpiscono gli animali poco incisivamente tanto che a volte risulta essere più una spinta che una stoccata), ha certamente un ruolo importante nel gioco di rinforzi e punizioni e senza dubbio è lo stimolo madre del riflesso condizionato;

Ma la fame è un elemento che va strutturato, non imposto in funzione di una macchina che non fa altro che documentare il peso di massa corporea e esprimerlo in freddi numeri privi di ogni informazione sul suo naturale riflesso vitale.
Pesare un falco determina solo il suo eventuale stato di deperimento. Dal mio punto di vista un falco da alte prestazioni deve poter volare al massimo della sua fisicità.
Costruire una struttura muscolare asciutta e vibrante vuol dire fare in modo che un falco possa esprimere al meglio le sue possibilità; ma se per stimolare ulteriormente la fame portiamo via parte dei suoi muscoli, non faremo altro che ottenere una diminuzione delle sue potenzialità, creando uno stato di stress in un animale che invece sarebbe naturalmente portato a vedere la sua massima espressione proprio in ciò di cui abbiamo bisogno.

Sembra, da ciò che leggo sia sui social network in internet e dai tanti discorsi fatti intorno all’addestramento dei rapaci, che la Falconeria sia legata ai grammi che determinano il peso di un falco.

A mio avviso la bilancia come la radio diminuiscono sostanzialmente la sensibilità di un falconiere; a volte pochi grammi sembrano poter fare la differenza tra il volare e il restare a casa.
A scanso di equivoci, per come la vedo io: un falco deve volare sempre e, solo l’esito del volo determinerà i suoi rinforzi o le sue eventuali punizioni.
Mi sembra incredibile relegare ad una bilancia la decisione di un volo, o se un falco deve o non deve mangiare.
Anche un brutto volo è un modo di insegnare qualcosa ad un falco. Dare un giorno di digiuno ad un falco che tende ad accomodarsi (magari proprio quando è molto alto di peso), serve a non far abbassare mai la guardia al rapace, portandolo ad uno stato di forma tale da concentrare il suo sforzo sia per la naturale soddisfazione della fame, che come prevenzione ad un eventuale giorno di digiuno.

L’utilità della bilancia è indiscutibile, ma deve essere usata come supporto, con parsimonia e/o come quadro della situazione fisica del falco; va letta sui medi periodi e non sui momenti. Nelle diverse stagioni un falco deve avere un peso ideale, determinato dalla sua attività e dalle temperature, la bilancia serve a osservare che tutto vada bene. Un forte calo di peso potrebbe significare che il falco sta avendo dei problemi, quindi la bilancia assume un ruolo di monitoraggio del falco. Se il falco non ha appetito e perde peso, potrebbe esserci un problema di metabolismo, abbiamo quindi delle ipotesi su cui affrontare un indagine.
Questo è un esempio corretto di lettura della bilancia.

Prima di ogni altro aspetto tecnologico, bisogna creare in un falco un assetto psico-fisico equilibrato. Credo che gli aspetti primari siano la strutturazione di un buon metabolismo, la costruzione di un assetto muscolare ben marcato, un lavoro di condizionamento ben strutturato, basato più sulla ritualizzazione del lavoro che sull’ adescamento dell’animale col cibo.
Se si è lavorato bene un falco avrà sempre fame e se avremo perfettamente relazionato struttura muscolare, metabolismo e ritualizzato correttamente i suoi rinforzi, un falco non ha assolutamente bisogno dell’uso incondizionato della bilancia.
Raggiunti questi valori potremo volare il nostro rapace tutti i giorni, nutrirlo a pieno gozzo con la carne migliore che quel periodo esige, ottenendo così un falco da alte prestazioni.
Matteo D’Errico

LA DIFFICILE QUESTIONE DELL’ADDESTRAMENTO ALL’ITALIANA

falcosangueI social network ormai fagocitano innumerevoli sfumature di addestramenti più o meno discutibili.

Gli ultimi libri sulla Falconeria fanno sfoggio di tecniche addestrative soft. Si inneggia al (validissimo) condizionamento operante, ma guai a parlare di punizione (contemplata benissimo in questa pratica). Si ostentano addestramenti in cui parlare di fame è blasfemia e il digiuno diventa una diabolica pratica medievale, alla stregua della “cigliatura”. Dal metodo Coppaloni ad oggi si sono fatti passi da gigante, ma molti si sono fatti nel verso opposto.

In diversi confronti con giovani falconieri italiani, la sensazione trapelata è che sia l’addestramento in sè la gratificazione stessa dei propri sforzi.
Come se una volta riusciti ad addestrare il falco, il lavoro sia finito e si possa ricominciare ad addestrarne un altro. L’addestramento va considerato come l’inizio del percorso che porterà all’obiettivo finale: la caccia perfetta.

La sensazione che in maggior misura trapela dai vari post di FB è per lo più quella dell’emotiva collaborazione tra falco e falconiere; emozioni introspettive, più legate ad una filosofia di mera interazione con l’animale che di avvincente collaborazione venatoria.
Purtroppo queste considerazioni, sovente, nascono dall’uso dei rapaci negli spettacoli o nel bird controll, dando l’impressione che il lavoro fatto ed il risultato raggiunto siano ottimale in quanto apprezzabili in tali manifestazioni.
La Falconeria è qualcosa che ha a che fare col sangue e per quanto si possa narrare tutta la fantastica poesia che volete, il finale non è il falco che torna al pugno o al logoro. Se non siete pronti per questo, forse la Falconeria non è la pratica che cercavate.
Sacro giovane, addestramento.
È difficile parlare di falchi superiori e falchi inferiori perché non è “umanamente” accettabile come discorso; eppure tutta la storia dell’evoluzione si basa su queste differenze. In natura una nidiata non è una produzione di stampi identici, ma di un gruppo di neonati destinati a morire quasi tutti, tranne qualcuno che in natura diventa il primo della classe… una classe superiore insomma. È facile per chi ha speso molto tempo della propria vita a cacciare coi falconi, accorgersi di queste differenze; ed è normale sperare di ottenere ad ogni acquisto, il miglior falco della nidiata. Credo che prima di criticare questi aspetti bisognerebbe chiedersi quanti dei falchi che avete addestrato, avete portato realmente a caccia.

Quello che mi sento di trasmettere a chi si avvicina alla Falconeria è di non umanizzare questi animali e di non applicare le leggi degli uomini ad animali così differenti da noi. Questo servirà anche a spingere gli allevatori a riprodurre solo i veri campioni cercando di ottenere pulli che mantengano gli aspetti positivi dei genitori.

In ultimo, la mia speranza è che un giorno, anche in uno Stato controverso come l’Italia, venga consentita la cattura dei falconi ad uso riproduttivo, in modo da mantenere nelle specie riprodotte in futuro, un grado genetico superiore.

Matteo D’Errico

Games of Thrones

aquila-1In quel tempo, si narra, che i grandi vecchi avessero avuto in dote, quasi dallo “stupor mundi” in persona, il segreto della Falconeria.

Si narra che in di segrete stanze si forgiassero, quasi fosse metallo temprato, cavalleresche condotte e imprescindibili codici, della di cui integrità morale non si avesse, mai, in alcuna maniera, la possibilità di percepir disubbidienza.

Tale era l’imponenza di questo segreto, che tutti si votarono al silenzio; niente sarebbe trapelato da quelle mura, il volgo (come sempre) doveva restare digiuno dal sapere e mai sarebbe stata loro concessa la minima ambasciata. La Falconeria era salva!

Passarono gli anni ed il segreto sembrava resistere; ma nonostante il grande concordato, l’acume e la favella son virtù dell’uomo, e cercare di precluderne l’impiego ne stimola l’ingegno. Così successe un giorno, che un giovane architetto, amante della caccia e della conoscenza, scoprì, tra le righe di antichi libri, l’esistenza di una nobile arte che ostentava la possibilità di cacciar selvaggi utilizzando magnifici falconi.
Quale animo, dotato d‘un minimo di nobiltà, avrebbe potuto resistere ad un così appetitoso invito a saggiare quella passionale fiamma di cui tanto ostentavano quelle parole.
Bramoso di conoscere, non concesse attesa a questo nuovo ardore e caparbio nella volontà e umile nella richiesta, si convinse a chieder consiglio ai sapienti decani.
Ma il patto era solenne e non concedeva clemenza, cosi alla domanda di conoscenza del giovane architetto, semplicemente non gli fu concessa udienza.

Al vecchio falconiere sembrò chiusa la faccenda, liquidata come ad un cane gli si usa la cortesia di passarlo per la verga quando mostra disobbedienza.
Ma la Falconeria e la Conoscenza, della libertà hanno la stessa “debolezza”, più si cerca di braccarle più sfuggiranno con certezza.

Così, il giovane architetto, vide in quella mancanza di cortesia la forza necessaria a raggiunger l’agognato intento e si ingegnò; pochi e troppo vecchi erano gli scritti trovati in patria, molti non erano nemmeno realizzati da veri falconieri; così decise di muoversi in altre terre. Questo lo aiutò, trovò e carpii i sommi scritti d’un dotto iberico, poi in gran segreto li tradusse e nel bene o nel male li rivelò, consegnandoli al destino. Il segreto era infranto!

Intanto i grandi vecchi solennemente dispensavano l’eredità ai pochi eletti: “…a divulgar si muore”, “i falchi vanno tenuti celati agli occhi del volgo”…
Ma era troppo tardi, quel libro aveva aperto la porta all’umana curiosità, e quando giunse il tempo del “silicio”, bastò colpire dei bottoni per colmar ogni dubbio con certezza.
E tutto ciò che prima era agognato ormai era palese.

Eresia! Sacrilegio! Ora il sapere non poteva più essere fermato! Così, non potendo contrastarne il rapido diffondersi, i vecchi falconieri presero una decisione: se rassegnarsi significava perderne il dominio, allora non potendo tenerla segreta ne sarebbero diventati i maestri incontrastati e d’un tratto si rivolsero agli ignoranti esclamando: “v’insegneremo”….

E tronfi della propria presunta maestria, giù a decantar di leggendari falconi in mitologiche cacciate, di falconieri che insegnavano ai loro falconi con la sola imposizione dello sguardo e che nelle dita conservavano il segreto della “fame”; perché il villano questo capisce: leggende che non potrà mai vivere; perché il villano, guardando in alto, veda sempre le terga di chi gli ha sottratto un sogno.

Ma la storia non finisce qua. Tutto il tempo passato a nascondere quest’arte, aveva in qualche modo scavato un solco incolmabile, come se la Falconeria fosse stata si partorita, ma non conoscesse maternità alcuna.
Questo creò un incontenibile disordine; chi poté seguire i vecchi si barricò in piccoli clan, auto eleggendosi gli unici detentori di verità; quelli che non vollero assoggettarsi ai nuovi regnanti, raminghi cercarono risposte nelle più disparate terre e conoscenze; e in fine, generato dal grande caos, nacquero i giullari falcheggianti, una stirpe folle a tal punto da comunicar coi loro rapaci usando la parola.

Non mi è dato sapere a quale conclusione giungerà questa ardita storia, ma di certo son convinto che il nostro è il popolo che nelle varie ere ha reso perfetta la materia grezza, un popolo che si è sempre imposto come limite l’infinito.

 

“Così come un germoglio cresciuto senza guida si piega e si contorce ma alla fine comunque si rinforza, così la nostra falconeria è ormai un solido tronco ma che conserva nei suoi vizi i peccati d’un tempo”.

Matteo D’Errico

Frammenti di storia della Falconeria Italiana terza parte

normativa

Nicola De Marco, foto: Antonio Centamore
Nicola De Marco, foto: Antonio Centamore

“E così ci siamo riusciti.

La falconeria fa parte del futuro della caccia in Italia.
Pochi hanno contribuito realmente a questo risultato, molti se ne glorieranno senza aver fatto niente.
Ma in Italia questo accade spesso e noi tutti sappiamo benissimo riconoscere, e quindi ringraziare, le persone che effettivamente hanno consentito l’inserimento della falconeria nella Legge varata lo scorso 30 gennaio 1992.
Per primo perciò voglio rivolgermi al Presidente della Commissione Ambiente del Senato Sen. Maurizio Pagani che si era impegnato a darci una mano, allorché, dopo una sua visita al castello di Melfi, conobbe il nostro problema e, in una successiva nostra visita presso il Senato, poté documentarsi sui testi e le riviste “il falconerie nuovo” che avemmo il piacere di donargli in quell’occasione: grazie di cuore Presidente!!
Poi voglio ringraziare il mio più caro amico, perfetto compagno di caccia, ottimo scrittore e poeta, il Sen. Giovanni Pellegrino che avevo incaricato di coordinare tutti gli interventi al Senato e attraverso lui voglio ringraziare anche il suo partito, PDS e il suo rappresentante in seno alla Comm. Ambiente che è stato la goccia determinante a far traboccare il vaso a nostro vantaggio.
Tutto il resto, come peraltro accaduto alla Camera, non sarebbe bastato.
Chiuso questo argomento voglio parlare di questa rivista nata, come altre mie iniziative, per risolvere il problema dell’inserimento del falco come mezzo di caccia nella normativa venatoria.
Oggi che tutto è risolto non ha più senso che io continui con un impegno che mi è sempre più difficile rispettare: il lavoro, esploso quantitativamente d’improvviso, prende talmente tanto il mio tempo che quest’anno non ho potuto neanche volare un falco (a parte il breve episodio di Orte).
Avevo pensato di chiudere qui l’esperienza della Rivista, ma è più forte di me…, non ci riesco!
E allora ho deciso che, da ora in poi, la rivista uscirà una volta all’anno, probabilmente a fine anno (ma senza impegno), e sarà un mio omaggio a tutti i falconieri italiani.
Nessuna quota, quindi da pagare (d’altronde i falconieri italiani, tranne rari esempi, si sono spesso dimostrati più che tirchi!).
Finiranno così, mi auguro, le voci di chi, non sapendo cosa trovare da ridire, ha addirittura sostenuto che io mi sarei arricchito (o avrei comunque guadagnato) attraverso le iniziative che ho promosso (la Federazione, Melfi).
Ho tanta vergogna per la pochezza morale ed intellettuale di siffatti individui che non hanno neanche il coraggio civile di confrontarsi direttamente con me su queste calunnie.
Spero che presto qualcuno possa sostituirmi nel ruolo di Segretario della FIF, mi libererò così delle carte e delle troppe responsabilità, potrò dire ciò che penso, ed uscire fuori da tutto, tornando ad essere solo un uomo, con un falco sul pugno e un cane al guinzaglio”.

Nicola De Marco

E’ il 1992, l’alba di una nuova era per la Falconeria italiana. Un ciclo che si chiude, la luce in fondo al tunnel. Nelle parole di Nicola trapela tutto l’entusiasmo di chi ha ottenuto un ambito successo; l’agognata legge che tutelerà la Falconeria in futuro ora era realtà.
Faccia riflettere questa lettera tutti coloro che imprecano sulla 157, perché sappiano quali sforzi sono stati fatti per raggiungerla, e quanti pochi se ne stiano facendo per migliorarla. Credo che se la metà degli sforzi che si fanno per sputare sentenze o trovare patetiche scuse che legittimino la propria incapacità, fossero usati per cercare soluzioni, oggi avremmo una legge sulla Falconeria degna di essere annoverata nei manuali di diritto.
Un ultima sferzata nella parte finale a chi lo aveva accusato di lucrare con le sue iniziative. I suoi riferimenti sono chiari e chi allora ha vissuto quel periodo sa chi sono gli interessati, ma questa è un’altra storia!
Matteo D’Errico

Frammenti di storia della Falconeria Italiana seconda parte

nicola de marco
Nicola De Marco

Correva l’anno del Signore 1987,

Nicola De Marco si lancia in una difficile impresa, contattare l’élite della Falconeria Italiana con l’intento di riceverne un aiuto in termini di conoscenze politiche che potessero sostenere la Falconeria Nazionale. L’epoca è quella della carta da lettera, non esiste ancora internet, questo rende il tutto più lento e difficile. L’obiettivo è spingere affinchè la Falconeria Italiana venga finalmente riconosciuta e tutelata da una legge Nazionale prima che finisca per essere messa al bando.
Tra le varie risposte alle lettere di Nicola, ve ne ripropongo tre, una di Livio Rognoni, la seconda di Damiano Ghia, ed in fine l’ultima di Silvano Toso membro del Circolo Falconieri d’Italia e la rispettiva risposta di Nicola.
A Voi l’ardua sentenza!

“Non v’è nulla di peggio, in guerra, del fuoco amico!”
Matteo D’Errico

 

Caro Nicola,

ho ricevuto con piacere la tua lettera, un po’ meno la notizia in essa contenuta, cioè una eventuale abolizione della caccia col falco. Io penso, che un po’ di colpa sia anche dei precedenti falconieri… la gente deve sapere che esistono anche i falconieri in Italia, o no? Forse oggi non saremmo in queste condizioni! Da un lato però mi fa molto piacere la notizia di essere iscritto alla Federazione Italiana Falconieri e Astorieri e per questo ti ringrazio.

(Livio ROGNONI, Sesto Calende 26 Gennaio 1987)

Caro De Marco,

a conferma di quanto di ho già detto telefonicamente approvo l’azione da te intrapresa in difesa della falconeria in Italia come già avevi preannunciato in occasione della riunione di Udine.
Purtroppo io non dispongo di conoscenze adeguate, né ho voce in capitolo per darti man forte, comunque, tramite una comune amicizia ho contattato l’Assessore alla caccia della prov. di Genova – Sig. Grillo – che mi è parso persona seria e ben disposta, al quale ho lasciato un appunto di cui ti allego copia.
L’amico Giorgio Serio, del quale ti ho fornito l’indirizzo, ti ringrazia di averlo incluso nel tuo elenco e condivide la mia opinione.
Mi risulta che anche gli altri ti sono favorevoli.

(Damiano GHIA, Genova 12 febbraio 1987)

Gentile Architetto De Marco,

al mio rientro da un viaggio di lavoro ho trovato la Sua lettera circolare del 14 gennaio u.s. e solo ora ho modo di rispondere.
Indipendentemente da ogni considerazione sui contenuti della lettera sopra citata e del materiale ad essa allegato desidero manifestarle la mia sorpresa e contrarietà per essere stato cooptato senza il mio preventivo assenso alla “Federazione Italiana di Falconieri e Astorieri”.
Con la presente intendo quindi comunicarle che non desidero fare parte di tale Federazione e ciò sia a titolo personale sia quale membro del Circolo dei Falconieri d’Italia.

Con i migliori saluti.

(Silvano TOSO, Ozzano Emilia 18 febbraio 1987)

 

Gentilissimo dr. Toso,

la ringrazio della sua raccomandata del 18 febbraio u.s.
Ho preso immediatamente nota di quanto desidera e, scusandomi, La rassicuro che da ora in poi non le saranno mai più inviate le comunicazioni e pubblicazioni della F.I.F.A. Vorrei chiarire che quella lettera è stata inviata a tutti i falconieri italiani a noi noti per sollecitarne l’impegno in difesa della falconeria italiana.
Sono certo che vorrà comunque fare tutto quanto in suo potere perché questa nobile arte possa essere Legalmente praticata nel nostro paese.

Cordialmente.

(Nicola DE MARCO, Lecce 4 marzo 1987)

Frammenti di storia della Falconeria Italiana prima parte

Alla Federazione Italiana della Caccia
Direzione Nazionale
Roma

Con l’intento di dare organicità ed ordine alla Falconeria, attività venatoria che in questi anni è stata quanto meno trascurata, oltre che spesso travisata, in data 29 gennaio ’88 si è ufficialmente costituita la Federazione Italiana di Falconieri ed Astorieri (FIFA) a cui aderiscono i singoli e non i vari gruppi, potenziali o esistenti, i quali potranno così continuare ad operare in modo completamente autonomo.
La FIFA accoglie nel proprio Statuto le migliori normative internazionali e adotta un articolato codice di comportamento.
Attività culturalmente importante che può dare lustro alle attività venatorie in genere, ben accetta anche a gran parte del protezionismo, può presentare risvolti interessanti che vanno dal recupero e reintroduzione di rapaci feriti, all’eliminazione dei volatili dagli aeroporti; è allo studio altresì un’attività agonistica, in forma di prove di lavoro con l’utilizzazione, ovviamente, del cane da ferma.
Per queste ragioni il Consiglio prospetta l’opportunità di aderire, come attività settoriale, ad un Associazione Venatoria Nazionale; siamo quindi a chiedere se la Vs. Associazione è disponibile a considerare ad esaminare tale proposta.

In fede

per il Presidente Nino Ghia
il segretario Nicola De Marco

per i consiglieri Guido Buresti
Mario Biagioni
Giorgio Serio

Senza titolo-1
Copia della lettera originale pubblicata sul periodico della FIFA: “Il Falconiere Nuovo”

Siamo alla fine degli anni ottanta quando la neo nata FIFA si presentava alla Federcaccia come possibile settoriale; è bellissimo leggere il passaggio: “Attività culturalmente importante che può dare lustro alle attività venatorie in genere”. E’, a mio avviso, questo un concetto importantissimo che mostra, in tutta la sua “semplicità”, una meravigliosa volontà di emergere, concedendo, a coloro che l’avrebbero accolta, lustro e prestigio. Un ottica orgogliosa, che concede alla Falconeria il rispetto che merita.

Non vengono trascurati nemmeno gli aspetti etici, didattici nonchè i risvolti professionali.

Continuando a leggere Nicola, sentite quanto pesa quell’ “ovviamente” mentre parla dell’utilizzo dell’ausiliare nelle prove di lavoro. Un modo di vedere la Falconeria nella sua completezza e purezza degne dei rappresentanti del Consiglio di quell’epoca.

Matteo D’Errico

Le sottospecie di Falco pellegrino

I FALCHI DI PASSO DI DONANA
LE SOTTOSPECIE DI FALCO PELLEGRINO
Testo di M.Diego Pareja Obregòn

 “Il presente articolo è un breve riassunto di uno dei capitoli del libro “Cinquant’anni di falconeria”, che verrà pubblicato a breve. Si tratta di un intenso ed interessante lavoro che include numerose biografie dei nostri più importanti falconieri, una memoria dettagliata di 22 anni di Sky Trials in Spagna, numerosi aneddoti e storie di falconeria, fotografie di sottospecie di Pellegrino già estinte, carte inedite di Fèlix Rodriguez de la Fuente, e centinaia di immagini, in un’opera con più di 400 pagine”

Il Falco pellegrino è un essere affascinante, e personalmente credo che non esista rapace con una tale estensione geografica.
Eccezion fatta per l’Antartide e la Nuova Zelanda, il Pellegrino è presente in tutto il mondo.
Attualmente si contano tra le 21 e le 23 sottospecie, alcune delle quali di una straordinaria rarità.
Il suo areale riproduttivo è estesissimo, stimato approssimativamente in 54.000.000 di km2, più del doppio dell’areale del Falco pescatore (Pandion haliaetus) altro grande rapace cosmopolita.
A mio avviso si tratta del falco più bello del pianeta. E’nobile, intelligente, coraggioso, agile e invincibile quando si culla nel vento. Svelto e gracile quando è posato sulla roccia, è capace di catturare il cuore dell’uomo e stabilire forti legami di caccia.
Ha saputo conquistare il mare, il cielo e ogni angolo della terra, proprio come gli esseri umani.
Ha tutto il mio rispetto e da quando sono cresciuto, ho verso di esso una profonda ed inesplicabile ammirazione.
falco pellegrino 0022I più grossi esemplari della specie sono,dal più grande al più piccolo, il Pellegrino canadese (Falco peregrinus paealei), con una distribuzione che va dalla costa della Kamcatka, le Isole Aleutine, l’Alaska, la costa ovest americana e le Isole della Regina Carlotta, fino alla Colombia Britannica. Eccezionalmente sono stati registrati pesi di alcune femmine di pealei di 1500gr. Davanti alla Colombia Britannica si estende un enorme arcipelago, dove si trovano due grandi isole, Graham e Moresby ed un agglomerato di 150 isolotti.
In una di queste, per la precisione nell’Isola di Langara, furono censiti nel 1950, in una baia di 10 km di estensione, un totale di 10 nidi attivi. Raccontano che, in alcuni momenti dell’anno, i pealei si addentrano nel mare e cacciano a distanze che superano i 50 km dalla costa. Le Isole Aleutine formano un enorme arco di più di trecento isole di origine vulcanica, distribuite dall’Alaska alla penisola della Kamcatka, in Russia. I falchi delle Isole Aleutine sono i più grandi e belli, con piumaggio molto aderente, quasi neri quando sono pulli. I pealei dell’arcipelago della Regina Carlotta hanno il petto più diradato e, quando mutano, abbastanza meno marcato. La prima volta che ho ammirato un pealei è stato in California, nella casa di campagna di Jim Adamson. Era una giovane femmina che volava sui 1100gr. La vidi cacciare anatre e rimasi colpito dalla potenza delle sue ali. In seguito ne vidi molti, in mano ai falconieri, durante i miei viaggi lungo la costa ovest americana. Tra i più belli, perlati e grandi, c’erano gli esemplari che riproduceva Bill Murphy, allora Presidente del Califonia Hawking Club.
falco pellegrino 0033L’altro gigante è comunemente conosciuto dai falconieri come Pellegrino scozzese (Falco peregrinus peregrinus). Con esemplari che superano il kg di peso di volo (secondo la mia esperienza i pesi delle femmine variano tra i 1050 e 1280gr), con una distribuzione che comprende buona parte dell’Europa continentale, Regno Unito, dell’Asia e del Sud della Tundra. All’inizio degli anni 70 fu catturata una femmina di pellegrino nella campagna di Siviglia che registrò un peso di 1320gr. Era inanellata e, dopo aver comunicato il numero di anello ai responsabili della stazione biologica di Doñana, si seppe che si trattava di un Falco peregrinus peregrinus nato e inanellato in Finlandia. Il mio amico John Orta volò, per quasi dieci anni, una bellissima femmina di scottish di 1080gr di peso di volo. E durante la muta raggiunse i 1270gr. Il peso di volo dei terzuoli si aggira tra i 650 e i 740 grammi.
Poi ci sono i grandi migratori come i neblies europei (Falco peregrinus calidus) che con i loro viaggi attraversano cordigliere e deserti per arrivare alle zone di svernamento situate in Africa tropicale e meridionale. Hanno sviluppato un’ampia superficie alare e, in termini di peso, esistono esemplari che non hanno niente da invidiare ai falchi peregrinus peregrinus. Ho avuto personalmente i pesi di alcuni esemplari di calidus, riscontrando terzuoli che arrivavano agli 800gr e femmine appena catturate che si aggiravano intorno ai 1290gr di peso.
Il Falco peregrinus calidus ebbe grande valore nel Medioevo. Seppure i falconieri medievali definissero “neblies” tutti i pellegrini di cattura che non erano brookei, i neblies per eccellenza venivano definiti donzelle per il petto bianco come la neve; si trattava di esemplari che appartenevano a questa sottospecie.
falco pellegrino 00333I “tundra“ americani, dai mustacchi sottili e petto molto chiaro (Falco peregrinus tundrius), sono in grado di percorrere grandi distanze durante le loro migrazioni invernali, raggiungendo Perù, Cile e Patagonia. Attraverso il recupero di individui inanellati sono stati dimostrati spostamenti di più di 14.000 km.
Nel 1988 fu trovato un corpo, deceduto per elettrocuzione, ai piedi di un traliccio, nelle paludi del Guadalquivir, di un Falco pellegrino; si trattava di un immaturo del quale non fu possibile determinare le origini. Con me c’erano Miguel Lopez, Luis Carlos Alonso e il falconiere californiano Jim Adamson. Jim lo esaminò con attenzione e curiosità affermando con certezza che si trattava di un “tundra”!
La maggior parte dei tundra nelle loro migrazioni, si spostano verso il sud del continente americano con l’eccezione di alcuni esemplari che passano in Siberia e, disorientati, non trovano miglior soluzione che volare verso l’Africa. Questa fu la spiegazione che ci dette Jim Adamson.
Nello stato del Texas, sulle spiagge del Corpus Christi e soprattutto in luoghi come Padre Island, in autunno si concentrano grandi quantità di falconi che arrivano dal nord del continente, dove si catturano e inanellano tutti gli anni centinaia di Falchi pellegrini tundrius. Di fatto, dopo più di 36 anni di inanellamento e tracking telemetrico, il progetto viene considerato il più grande della storia della ricerca di una specie precisa. Il pellegrino negli USA si trova fuori dalla lista delle specie in via di estinzione. Gli attuali studi mirano a conoscere meglio le rotte migratorie, ma a causa della sensibilità che i falconi dimostrano verso l’uso dei prodotti contaminanti, vengono utilizzati come indicatori affidabili della salute dell’ambiente.
falco pellegrino 0044I Pellegrini del deserto, come il barberia, popolarmente conosciuto in Spagna come “tagarote” (Falco peregrinus peregrinoides) e il “shaheen” o Falco dalla nuca rossa (Falco peregrinus babilonicus) sono molto apprezzati per la loro abilità in volo. Alcuni scienziati vorrebbero considerarle specie distinte dal Pellegrino, separandoli in un gruppo tassonomico che chiamano pelegrinoides, nel quale verrebbe incluso il peregrinator.
Gli shaheen possiedono una livrea molto bella e i loro colori contrastano con le caratteristiche del deserto nel quale cacciano: tonalità morbide, vellutate, capaci di catturare il cuore di qualsiasi falconiere. Fran Bolinches è arrivato a catturare con questi alcune starne, prova che certifica le straordinarie capacità venatorie di questi falconi. I pesi di volo degli shaheen di Fran si aggirano tra i 680gr e i 720gr per le femmine e i 480gr e i 520gr per i terzuoli. Come avviene per le altre sottospecie di Pellegrino, le popolazioni del Nord sono più grandi di quelle del Sud, considerando come più grossi gli esemplari che vengono dall’Himalaya, fino ad arrivare al polo opposto a quelli del Pakistan.
Il mio caro amico Augustin Rufino ha volato per diversi anni una femmina di questa sottospecie, il cui peso di caccia si aggirava tra i 650gr e i 660gr. E Jesualdo Guerrero, aveva un piccolo terzuolo che cacciava a 350gr.
Ho maneggiato un paio di barberia marocchini, di taglia inferiore a quelli originari della penisola arabica e sono, per i loro pregi e difetti, molto simili ai brookei.
falco pellegrino 0055Mia moglie Carmen, in un viaggio fatto nel Regno Unito per presenziare ad un convegno di medicina, mi portò la foto di alcuni falchi mummificati di era Romanica, intorno al 30 a.C., che si trovavano nell Museo Britannico di Londra. Il Museo possiede una fra le maggiori collezioni di uccelli selvatici del mondo, contando un totale di 560 pelli di Falco pellegrino. Seppure l’immagine del falco che rappresenta il Dio Horus mi sia sempre sembrata quella di un Lanario (di fatti, attualmente, ci sono coppie di questa specie che si riproducono sulle piramidi stesse), i falchi pellegrini sono molto abbondanti in Egitto (soprattutto sulla costa e nelle paludi del Nilo), dove abbondano le pareti di arenaria e pietra calcarea, così come numerosi anfratti nei quali si rifugiano e nascondono comodamente le loro nidiate.
In Spagna, in una esposizione presentata nel Museo Archeologico Nazionale, si poté ammirare la mummia di un falco proveniente dall’Egitto, attribuita dagli esperti ad un Pellegrino. Qualcuna di queste mummie potrebbe essere realmente un Pellegrino? Sarebbe davvero molto interessante poter identificare le specie che furono imbalsamate dall’uomo più di duemila anni fa. E’un progetto che ho in mente e che mi piacerebbe approfondire.
Il barberia delle Isole Canarie è un falco molto bello. Secondo Juan Sagardìa, uno dei pochi esperti che hanno studiato questa sottospecie, quelli più puri sono quelli dell’Isola di Lanzarote. I pesi delle femmine oscillano tra i 730gr e i 750gr, ad eccezione di un esemplare che fu catturato e marcarono nel nido, che pesava 924gr. Tutti i terzuoli superarono i 550gr, tranne uno splendido esemplare, dalle spalle color platino, che segnò sulla bilancia 497gr.
falco pellegrino 0066I Pellegrini australiani (Falco peregrinus macropus e Falco peregrinus submelanogenys) peculiari per le loro livree ed abitudini di caccia, sono in grado di cacciare anche Lori e Cacatua. Il macropus è un falco molto robusto e dalla mano massiccia. In mancanza di pareti rocciose e spelonche adeguate, nidifica nelle cavità degli eucalipti centenari e nei nidi abbandonati dagli altri uccelli.
In alcune conversazioni che ho tenuto con i falconieri australiani, ho verificato che le differenze tra le due sottospecie sono impercettibili. I submelanogenys sono più piccoli. Se un macropus vola a 850gr, un submelanogenys arriva a 720gr. Il Pellegrino di Tasmania, considerato un macropus, è geneticamente differente, secondo studi effettuati recentemente sul DNA; questa valutazione me la comunicò non molto tempo fa il falconiere belga John Marcken, buon conoscitore della specie. Le femmine di macropus, originarie dei litorali sud ed ovest del continente, volano tra gli 800gr e gli 850gr di peso. Secondo Andrea Calvin, falconiere che risiede a Perth, e che ha visto molti Pellegrini nella campagna occidentale australiana, i submelanogenys sono, per il colore della livrea, uguali ai macropus.
I Pellegrini del Giappone (Falco peregrinus japonensis) dalla livrea molto appariscente, sono falchi sconosciuti praticamente da tutti i falconieri europei.
Il Pellegrino giapponese è il più grande migratore della metà orientale dell’Olartico, arrivando nel suo spostamento dalle Filippine fino alle Isole del Borneo.
Sono falchi molto chiari, dal baffo fine e striature ben marcate. Le fotografie che illustrano questo articolo sono state cedute dal fotografo giapponese Keiya Nakajima, amico di Josè Manuel Rodriguez Villa. Tra le sottospecie più conosciute spiccano i Pellegrini indiani (Falco peregrinus peregrinator), conosciuti meglio come shaheen neri, con una popolazione che, pare, si aggira intorno alle 200 coppie riproduttrici.
Ebbi l’opportunità di vedere uno di questi Pellegrini nella falconiera di Jacques Renaud: era un falco dalla bellezza straordinaria che, al colmo della perfezione, cacciava molto bene; si uccise alla terza muta lanciandosi in picchiata su una pernice rossa. Un morbido strato di color rosso ocra copre uniformemente mustacchi, sottogola, petto e basso ventre, dando l’impressione che il falco indossi un capo di abbigliamento. Nelle sottospecie del sud il baffo chiaro risalta sul fondo rosso. La testa, le spalle, così come la coda, sono di un azzurro scuro che, da lontano, sembra nero: da qui deriva il soprannome.
falco pellegrino 0077Vanno distinti da questo gruppo i Pellegrini di Capo Verde (Falco peregrinus madeus). L’arcipelago di Capo Verde, situato a 500km dal Senegal e 1300km dalle Isole Canarie, è composto in tutto da 10 isole.
La più piccola è Santa Lucia, con un’estensione di 35km2 e la più grande è l’Isola di Santiago, con una superficie totale di 991 km2. In quest’ultima, nel 2004, si seppe dell’esistenza di una coppia di Pellegrini che nidificava sulla “Riviera di Praia Formosa”. Il Pellegrino di Capo Verde è una delle 3 specie di uccelli che salvaguardano quell’isola. E’un falco delicato, dai tratti e lineamenti sinuosi, che ricorda la naturalezza dei luoghi in cui si muove.
A prima vista denota una grande agilità e vitalità. Somiglia molto ad un barberia, sia per il colore della nuca che del sottogola e del bassoventre, presentando, talvolta, sui fianchi una vellutata patina di colore rosa.
Ma per rarità spicca, tra i Pellegrini del mondo il probabilmente estinto Falco pellegrino delle Isole Iwo-Jima, nell’estremo sud dell’arcipelago di Ogasawara, a 1000km dal Giappone. Si tratta del Falco peregrinus furuitii. Sembra che, se ancora esiste, si trovi solo qui. La flora e la fauna di questo arcipelago hanno sviluppato un processo di evoluzione unico, che ha conferito loro il soprannome di “Galapagos d’Oriente”.
Il Falco peregrinus furuitii è morfologicamente simile al pealei, ma presenta una livrea sulle spalle più scura, che si intensifica soprattutto sulla coda. Sembra che la distruzione della sottospecie sia avvenuta nel 1945, come conseguenza dei bombardamenti che queste isole subirono durante la seconda guerra mondiale. L’ultima registrazione affidabile di questo falco risale al 1937. Il Pellegrino sparì da Iwo-Jima, l’isola dello zolfo, ed era dato estinto finché nel 1994 furono individuati falchi a Kita-Iwo-Jima. Attualmente la distribuzione della specie è sconosciuta. Negli anni ’90 furono avvistati falchi nell’isola di Tori-Jima, ma non fu possibile confermare che si trattasse di furuitii. Nell’istituito di ornitologia di Yamashina, l’unica istituzione in cui è possibile conseguire informazioni sul furuitii, si conservano 31 pelli di questi falchi.
Sono animali molto chiari, con petto di un bianco immacolato, che non somiglia affatto al petto perlato dei pealei ma molto di più, secondo me, ai tundrius.
I differenti esemplari furono raccolti negli anni dal 1920 al 1937 e tutti, senza alcuna eccezione, provenivano, secondo i dati che sono conservati in istituto, dalla zona nord dell’isola Iwo-Jima. Nel 1929, furono uccisi in tutto 9 falchi (tutti pulli, 7 terzuoli e 2 femmine) numero che ci indica che sull’isola esistevano almeno 3 coppie nidificanti.
Le mire collezioniste dei naturalisti dei tempi possono essere tra le cause reali di estinzione di questa sottospecie di Falco pellegrino.
Spero, ed è mio profondo desiderio, che esistano ancora esemplari di questo falco in qualche isola sperduta del Pacifico in cui l’uomo non sia capace di annientarli.
falco pellegrino 0088Altro spettacolo della natura è il bellissimo e sconosciuto Pellegrino del Madagascar (Falco peregrinus radama) e il Falco pellegrino delle Filippine (Falco peregrinus ernestii) che nel suo areale di distribuzione occupa le zone dell’Indonesia, Nuova Guinea, e l’arcipelago di Bismarck.
Del primo, per mediazione del falconiere statunitense John R.Swift, responsabile dell’archivio sulla falconeria del “Centro Mondiale per la Conservazione dei Rapaci”, ricevetti una serie di fotografie, fatte dai fotografi Russel Thorsrom, Lily Arison e Rene de Roland; nelle foto che illustrano questo articolo si possono apprezzare le eleganti e delicate forme di questo falco. L’ernesti morfologicamente somiglia molto al black shaneen. Il mio amico Fernando Feas, che collabora ad un progetto di protezione dei rapaci nelle Filippine, mi disse che il peso riscontrato sulla bilancia di un terzuolo di ernesti appena catturato fu di 500gr.
Il Pellegrino delle Fiji (Falco peregrinus nesiotes) è una sottospecie con la quale si arrivò a capo di un ambizioso progetto di riproduzione in cattività e reintroduzione nel suo habitat; questo progetto, diretto da falconieri statunitensi, ha anche reso gli abitanti di queste isole consapevoli dell’importanza di questo falco e della necessità di proteggerlo.
L’arcipelago di Fiji è composto da 333 isole situate nel sud dell’Oceano Pacifico. Il naturalista e professore di zoologia animale, lo statunitense Clayton M.White, risalta la somiglianza morfologica esistente tra la popolazione di Falchi pellegrini delle Isole Fiji e quella delle Isole Aleutine, nella quale i giovani pealei dalla testa scura e dal petto molto gocciolato, così come i nesiotes, presentano un piumaggio tanto simile che è difficile distinguere gli uni dagli altri.
falco pellegrino 0099Ed infine, voglio enfatizzare il misterioso Falco pellegrino della Patagonia Argentina (Falco peregrinus kreyemborgi) le cui enigmatiche origini sono state scoperte recentemente. Il primo esemplare di kreyemborgi fu catturato in un nido situato nel sud-est del Cile nel 1925. La localizzazione esatta fu tenuta segreta. Si crede che fosse Punta Arena, ma le circostanze intorno a questo fatto tanto straordinario non sono affatto chiare. Si sa che questo primo pullo di kreyemborgi fu acquistato dal Signor Carlos Strauss, un cittadino tedesco che viveva a Punta Arenas e che si dedicava a comprare e vendere animali per gli zoo europei: quell’esemplare fu spedito in Germania. Nel 1937 un certo Signor Kleinschmidt si interessò dell’origine di quel falco.
Sembra che gli avessero raccontato che il nido si trovava in un luogo inaccessibile a causa della neve e che la sua ubicazione era su una rupe.
Il Signor Kleinschmidt chiese aiuto ad un famoso falconiere del tempo, il Dottor Kreyemborg, il quale, vedendo il falco, determinò che si trattava di una nuova specie. Kleinschmidt decise di chiamarlo Falco kreyemborgi in onore dell’insigne falconiere.
Sulla vita di questo falco nel giardino zoologico di Münster, in Germania, non si hanno molti dati. Si sa che arrivò molto giovane (qualcuno vide che aveva ancora il piumino) e che morì nell’ottobre del 1932.
Fu considerato dai ricercatori dell’epoca come prototipo del kreyemborgi.
Tra il 1940 e il 1963 alcuni esemplari furono prelevati sporadicamente dai nidi, ma senza specificarne esattamente l’origine.
Nel 1975, il falconiere argentino Guillermo Vasina pubblicò un articolo su questo falco, includendo una fotografia. Da quel momento fu considerata una nuova specie di falco, della quale non si conosceva la biologia. Nel Novembre 1980, tra statunitensi (David H. Ellis di Oracle in Arizona, C.M.Anderson di Kirkland vicino a Washington e Terry Roundy della città del Lago Salato, nello Utah) organizzarono una spedizione nella Patagonia argentina con l’idea di identificare e svelare le origini dell’enigmatico falcone. Riuscirono a localizzare un totale di nove coppie di Pellegrino, due delle quali contenevano un kreyemborgi.
Dopo ventidue giorni di ricerche giunsero alla conclusione che il kreyemborgi e il cassini fossero lo stesso falco. Secondo la loro tesi, la mutazione ebbe origine come conseguenza dell’isolamento in Patagonia durante l’era glaciale, di un gruppo residuo della specie nominale, e della necessità quindi di adattarsi al freddo dominante. Per le loro tonalità estremamente chiare (alcuni esemplari sono di un bianco quasi puro, attirando totalmente l’attenzione di coloro che lo vedono per la prima volta) sono veramente falchi molto belli.
Pablo Adreani, Presidente dell’Associazione per la Conservazione dei Rapaci in Argentina in un articolo pubblicato recentemente sulla rivista della International Association for Falconry (IAF 2009), oltre a fare allusioni alle diverse taglie e tonalità di bianco della fase pallida, ci sorprese con la notizia dell’esistenza di un cassini fase scura, che chiamò”kreyemborgi nero”. Negli Emirati Arabi, in occasione della celebrazione del Festival Internazionale di Falconeria che ebbe luogo nella città di Al-Ain, conobbi diversi falconieri argentini. Sergio Daniel Fazio, Direttore del Centro di Riproduzione di falchi per falconeria “El niego”, mi mise in contatto con Marcelo Fernandez Sanchez de Bustamante “Chelo”, e con Pablo Cersosino, entrambi esperti di biologia del Falco peregrinus cassini, che in quel periodo stavano realizzando uno studio su una coppia della sottospecie, nidificante nella penisola di Valdès.
Il terzuolo presentava il piumaggio tipico della specie e la femmina era un kreyemborgi. Gli argentini sicuramente lo chiamavano “cassini in fase pallida”. E’la seconda registrazione della sottospecie in riproduzione nella famosa penisola negli ultimi trenta anni.
Le immagini che illustrano questo articolo parlano da sole. I cassini argentini hanno un’ampia gamma di peso. Mi raccontava Sergio Daniel Fazio che i suoi terzuoli si aggirano intorno ai 450gr di peso e le femmine raggiungono gli 880gr di peso di volo; sono pertanto abbastanza simili alla taglia dei nostri brookei spagnoli. Amano stanziare in zone semidesertiche, ma non disdegnano le pareti rocciose su fiumi circondati da campi coltivati oppure le scogliere sul mare. Il falconiere argentino Guillermo Vasina descrive l’habitat del cassini come principalmente arbustivo e spinoso, con alberi diradati. Ho avuto la fortuna di poter contare sull’aiuto inestimabile di Alex Ospina, uno dei maggiori esperti della sottospecie nel continente americano. Leggete infatti il magnifico apporto letterario che ci da il falconiere colombiano su questo falco:
falco pellegrino 0100“Il Falco pellegrino australe (Falco peregrinus cassini) è un falco di taglia media, che ha come principale caratteristica fisica, nel piumaggio adulto, la sua maschera molto chiusa, che rende poco distinguibili i mustacchi come invece avviene nei Pellegrini del tundra (Falco peregrinus tundrius). Questo Pellegrino ha ottime condizioni fisiche e aerodinamiche per il volo nella cordigliera delle Ande, seppure oggigiorno, sia diventato in un falco molto più urbano, essendo piuttosto facile osservare nidi in città come Lima.
La sottospecie ha colonizzato alcune regioni come il nord dell’Ecuador e probabilmente il sud della Colombia. Seppure personalmente non abbia confermato alcun nido di cassini in Colombia, esistono scritti e annotazioni di nidi nella regione di Ipiales, nel dipartimento di Nariño. Il Pellegrino cassini, ha una fase chiara o pallida conosciuta come “kreyemborgi”; è un falco di raro aspetto esteriore ma dotato di un magnifico volo in falconeria, come ha dimostrato il maestro falconiere Enrique Rezende, in Argentina.”

Il cassini si trova distribuito nei paesi Sudamericani. Ne è stata confermata la presenza in Argentina, Cile, Perù, Bolivia ed Ecuador. E’un Pellegrino neotropicale; in Colombia è un migratore australe, seppure non sia facile vederlo all’interno del paese, i maggiori avvistamenti si sono avuti nel sud della Colombia. Il peso dei maschi oscilla tra i 450gr e i 500gr, e il range di peso delle femmine che ho maneggiato era intorno ai 600/680gr. Il periodo riproduttivo inizia dalla fine di Maggio fino a fine Agosto. Si sono ottenuti artificialmente alcuni ibridi di “cassini” per Aplomado. L’esemplare che vola il falconiere peruviano Josè Luis Gagliardi a Pisco (Perù) è un ottimo falco da caccia.
Un mio amico, il Dottor Josè Cabot Nieves, scienziato titolare della stazione biologica di Doñana (nella città di Siviglia) e responsabile della collezione di tassidermia della citata istituzione, in una spedizione realizzata nel 1984 in Bolivia, localizzò e identificò un nido, presumibilmente attivo, di Falco peregrinus cassini, registrando il primo dato di una coppia di questa sottospecie in quel paese. Dice il Dottor Cabot:
“L’8 Dicembre 1985, localizzai una coppia di Falchi pellegrini in una falesia a 55Km ad ovest di Cochabamba, in prossimità di Llavini. La parete aveva un dislivello di 60 metri e nel tratto centrale a 12 metri dal bordo superiore c’era una cavità, dove con buona probabilità c’era un nido, a giudicare dai resti di prede e dalla quantità di escrementi. In un altro punto della parete, scoprii altrettanti segni di deiezioni di dimensioni variabili, che testimoniavano la presenza costante dei falchi in quel luogo.
Il 14 Dicembre 1985 il maschio fu ucciso dai contadini, e fu identificato come Falco peregrinus cassini. Il falco aveva un peso di 540gr e le gonadi non erano ancora sviluppate.
Il 26 Dicembre visitai nuovamente il posto e trovai una nuova coppia formata e posizionata nelle vicinanze del presunto nido. Notai una femmina adulta posata ad un’estremità della cavità, a circa 300 metri da dove mi trovavo io, che fu allontanata senza tanti discorsi dalla coppia nidificante.
In Ecuador localizzai il secondo nido della specie conosciuto nel paese. Si trovava alla stessa altezza sul livello del mare di quello scoperto in Bolivia e gli habitat erano simili. La coppia aveva occupato un nido di Aquila petto nero (Geranoaetus melanoleucos).”

Il Falco peregrinus cassini è l’unica sottospecie di Pellegrino nidificante in Sudamerica, il cui areale di riproduzione si estende dal Cile (da Coquimbo fino allo stretto di Magellano e a Capo Horn) e l’Argentina (da Santa Cruz fino alla Terra del Fuoco, Isole Malvine e limitrofe). E’stato inoltre citato come possibile riproduttore nelle montagne di Tucuman. Con i dati ottenuti in Bolivia ed Ecuador, si amplia il range di distribuzione della sottospecie fino a 1600km a nord.
falco pellegrino 0122La sottospecie più piccola di Pellegrino (Falco peregrinus minor) si trova in Africa, con una distribuzione parziale nel sud del Marocco, Sahara e Africa sub-sahariana. Alla fine degli anni ’80 vidi negli Stati Uniti d’America (precisamente nell’allevamento di Dave Jamieson, situato nella città di Reno, nello stato del Nevada) un falchetto di 500gr di peso. Dave lo aveva importato dal Marocco e teoricamente si trattava di un terzuolo di barberia. Ma la sua sorpresa fu enorme quando scoprì, in primavera, che il suddetto terzuolo aveva deposto le uova.
Questo lo fece arrivare alla conclusione che si trattava di una femmina di Falco peregrinus minor. Il presidente della International Association for Falconry (IAF), il mio amico Dr.Adrian Lombard, ha molta esperienza nel maneggiare ed addestrare Pellegrini sud africani e mi raccontava che il range di peso oscilla tra i 450 e i 550gr per i terzuoli e i 570-650gr per le femmine, seppure ci fosse stato il caso eccezionale di una femmina che era arrivata ai 700gr.
Nello stato della California, si possono osservare moltissimi Pellegrini “delle anatre” (Falco peregrinus anatum). Gli anatum sono falchi molto simili ai nostri brookei (detti anche bahari) e così come questi, sono caratterizzati da un’ampia diversità e variabilità di piumaggio e peso.
Con una distribuzione che si estende dal sud del Canada fino al Messico. Questa sottospecie fu molto pregiudicata dall’uso indiscriminato dei DDT nelle coltivazioni cerealicole statunitensi; di fatto arrivò al filo dell’estinzione. Ad est del fiume Mississippi sparirono tutte le coppie riproduttrici. Falconieri della caratura di Tom Cade, William Burnham, Richard Fife, Heinz Meng, Clayton White, Mike Yates, John Cambell, e molti altri lanciarono e crearono la Fondazione Pellegrino (Peregrine Fund), organizzazione che, dopo anni di duro lavoro, è arrivata a ristabilire la popolazione naturale.
Nel 1989, grazie alla gentilezza del mio amico falconiere Jim Adamson, visitai le voliere in allevamento della Fondazione Pellegrino dell’Università di Santa Cruz, nella costa ovest americana. Oltre ai Pellegrini, riproducevano Aplomado e Falchi dei pipistrelli (Falco rufigularis).
falco pellegrino 0133Attualmente la Fondazione Pellegrino sviluppa programmi di protezione in tutto il mondo, ottenendo risultati straordinari, come ad esempio il salvataggio dell’estinzione del Gheppio delle Mauritius o del Condor della California.
In quanto al bahari (Falco peregrinus brookei) io direi che non esiste falco migliore per cacciare Pernici rosse in Spagna; il suo perfetto adattamento al clima mediterraneo gli attribuisce un grado superiore agli altri Pellegrini del nord ed agli ibridi di Girfalco per Pellegrino, che hanno bisogno di freddo per sviluppare tutto il proprio potenziale.
Il bahari è un falco coraggioso, altano e dal grande cuore. La sua nobiltà non ha paragoni e le femmine, con pesi di volo che oscillano tra i 670 e gli 850gr, sono capaci di catturare qualsiasi specie di quelle definite cacciabili dalla legge.
Di fatto le indiavolate Gazze, le intelligenti Cornacchie, fino alle rapide Pernici e i poderosi Germani reali, sono tutte prede fattibili in falconeria per un bahari se incontra un buon maestro.
Praticamente ad ogni angolo della Spagna corrisponde un brookei dal piumaggio caratteristico. Ci sono brookei atipici, come gli esemplari macchiati di tonalità color mattone scuro, passando per distinte fasi caramellate, fino ai casi eccezionali di qualche esemplare molto chiaro che raggiunge, con l’età, un bianco quasi puro. Allo stesso modo, esistono esemplari dalla nuca quasi nera, e al contrario altri (pochi) con nuca rossa quasi come un barberia, seppure molti brookei spagnoli sono portatori della vellutata macchia color salmone sulla testa. Tornando indietro nel tempo, ricordo che alla fine degli anni ’80 sulla costa ovest americana, c’era una considerevole quantità di bahari in un allevamento. Io volevo vedere degli anatum, ma curiosamente tutti i falchi che mi mostrarono erano bahari spagnoli. Nella riunione organizzata nel 2011 per la dichiarazione della falconeria come Patrimonio Culturale Intangibile dell’Umanità, al Parlamento Europeo, dove fui invitato dalla FACE, ebbi una conversazione molto interessante col maestro statunitense Frank Bond, allora Presidente della IAF. Frank Bond mi raccontò che la popolazione di anatum della costa est era formata da Pellegrini di una taglia eccezionale, con individui che raggiungevano i 1500gr di peso, e cosa veramente importante, che gli esemplari che popolavano le Montagne Apalaches avessero qualche differenza rispetto agli anatum originari della Montagne Rocciose, del peso di solo 1kg.
Sfortunatamente, in conseguenza dell’uso indiscriminato dei DDT, si sono estinti.
Esistono pochissime registrazioni di esemplari delle popolazioni estinte di queste sottospecie: una delle poche pelli esistenti è quella di un esemplare abbattuto nello stato del New Jersey nell’inverno del 1903. Servivano i Pellegrini per ripopolare i siti abbandonati, ma né i “tundra” né i “pealei” andavano bene, perché geneticamente si trattava di falchi migratori. Pensarono ai brookei una delle poche sottospecie che negli anni cinquanta erano abbondanti, territoriali e sedentari. A tal fine, fu richiesto l’aiuto di Rodriguez de la Fuente, che collaborò nell’impresa cedendo un numero indeterminato di esemplari con l’unico fine di essere reintrodotti in natura. Secondo Bernardo Gomez Cilleruelo, fu proprio Tom Cade che si trasferì in Spagna per supervisionare i nidi. Adesso, dopo tanto tempo, capisco come mai i Falchi pellegrini anatum che vidi negli Stati Uniti somigliavano tanto ai nostri bahari.

Il Pellegrino ha saputo conquistare il mondo, essendo in grado di avere allo stesso tempo coppie nidificanti sulle scogliere rocciose e coppie che si trovavano a più di 1500mt sopra il livello del mare.
Ci sono casi di falchi immaturi a 2400mt sull’Himalaya, a 2700mt sulla Cordigliera delle Ande, a 3300 metri sulle Montagne del Caucaso.
La Spagna ha una popolazione sana ed abbondante di Pellegrini.
L’ultimo censimento effettuato dall’organizzazione ambientale competente (con la collaborazione delle società protezioniste e nelle quali sono intervenute più di 400 persone, tra volontari ed esperti) ha raggiunto la non indifferente cifra di 2700 coppie riproduttrici; su questo numero prevaricano alcune province, come ad esempio quella della Murcia, nella Spagna dell’est, con 160 coppie riproduttrici stabili. Non c’è alcun dubbio che un numero del genere avvalori la rispettabilità e dignità dell’intero gruppo dei falconieri spagnoli.

M.Diego Pareja Obregòn

Si ringrazia per la traduzione: Iacopo Stefanini

Riproduzione Riservata – Articolo pubblicato sulla rivista di falconeria “La Alcandara” edita dalla AECCA e pubblicato su www.falconeria.org, con il permesso della AECCA Copyright 2014