Dal 1700 ai primi ‘900 assistiamo ad un progressivo declino della falconeria in Italia.
Ci sono diversi fattori che contribuiscono, nel nostro Paese, al declino e alla totale scomparsa di quest’antica arte. Da una parte vi è la diffusione delle armi da fuoco, che assicurano un modo più rapido e sicuro l’approvvigionamento delle risorse alimentari e la crescita del numero di campi coltivati che determina una notevole diminuzione della selvaggina. Dall’altra, la conoscenza riguardante la falconeria era spesso detenuta da un gruppo elitario di nobili e principi e, con il disintegrarsi dell’aristocrazia, non venne trasmessa e andò persa.
Nella prima metà del ventesimo secolo, quando la falconeria ormai non era più praticata in Italia, si assiste alla rinascita di un nuovo interesse grazie al dottor Nastuzio, che era venuto in contatto Mr. Frost, un falconiere inglese. In questo periodo si assiste anche alla pubblicazione di due libri sulla falconeria che permettono ad un numero maggiore di persone di accedere alle informazioni su questa antica arte di cacciare con i falchi. Filastori (Ungherini) nel 1895 pubblica il libro “Falconeria Moderna” dove loda la caccia con il falco e dimostra come sia facile addestrare i rapaci per catturare prede di piccole dimensioni. Nel libro è riportata la famosa frase: “Tutti possono avere un falco, ma pochi diventare un Falconieri” perché non tutti hanno quella sensibilità, quella dose di pazienza e perseveranza che è richiesta in questa arte”. Altri importanti libri sono: “Falconeria” di Trocchi Dino, che contiene anche molti riferimenti ai testi classici su quest’argomento; “Falconeria moderna” di Pestellini Francesco, lui stesso falconiere. Altra persona di primaria importanza per la rinascita della Falconeria in Italia è stato il dottor Ernesto Coppaloni – farmacista, medico, scultore eclettico, amante dei cani e giudice di gara, allevatore di pointers – non ha lasciato nulla di scritto sulle sue tecniche e teorie.
Coppaloni era solito ricordare queste importanti linee guida:
– Dopo aver lanciato il falco, mani in tasca finchè il rapace non abbia raggiunto l’altezza di caccia;
– Mostrare il logoro, significa dare il logoro; ( logoro visto..logoro dato)
– Amare i propri falchi
Queste tre semplici regole erano per Coppaloni l’essenza stessa del volo, mentre tutto il resto era solo “tecnica” che poteva essere adottata in base alle diverse circostanze. Va notato che Coppaloni volava solo falchi di cattura (consentito a quei tempi), rifiutandosi di maneggiare i nidiacei. Un’altra raccomandazione di Ernesto Coppaloni era di ricercare prima di tutto la purezza dello stile di volo che doveva essere sempre perseguito
anche a costo di limitare il numero delle prede qualora fosse necessario. Fu un allievo del grande Maestro Nasturzio, un uomo appassionato di cani, cavalli e falchi, che gli aveva dato molte indicazioni sull’alto volo che, a sua volta, aveva appreso da Mr. Frost, un falconiere inglese. Provava orrore (o meglio compassione) per il falchi ammaestrati come gli animali del circo.
Egli viveva l’amore per il falco come identificazione, cioè il trasferire il proprio “io” in quell’essere lanciato lassù tra le nubi.
Il falco era il mezzo con cui lo spirito del falconiere si libera di tutti i vincoli materiali e raggiunge l’apice dell’emozione; identificazione che però non può però avvenire con un animale dominato e privo della propria dignità.
Negli anni ‘60, Coppaloni dimostrò il suo stile di caccia durante un incontro di caccia in Spagna, organizzata da Felix Rodriguez de la Fuente,
il quale cacciava le pernici a “cul levè”; la sua dimostrazione di volo fu accolta con grande entusiasmo.
Fulco Tosti di Valminuta, primo allievo di Coppaloni, trascorse in seguitoquasi due anni a Torrejon vicino a Madrid, mostrando ai falconieri spagnoli il metodo Coppaloni.
Nel 1967 Coppaloni organizzò un incontro a Settevene, vicino a Roma.
Tra i molti falconieri che parteciparono all’incontro, vi erano anche il grande Renz Waller, Presidente dei Falconieri Tedeschi, Jack Mavrogordato, Mrs. Woodford, Charles De Ganay.
Alla fine dell’incontro, dopo moltissimi voli e catture, vi fu l’indimenticabile volo della pellegrina di Frikki Pratesi, chiamata Fulvia, la quale salì
in verticale sopra al suo falconiere, fino a non essere più visibile, per poi scendere, in modo assolutamente sorprendente, in picchiata sopra a
una starna.
In quell’occasione Renz Waller, dichiarò con schiettezza: “i pifferi di montagna vennero per suonare e furono suonati!” riferendosi alla bellezza
esaltante di quei voli ed ai falconieri tedeschi che credevano di aver tutto da insegnare.
Duranti i vari raduni nei paesi europei queste incredibili dimostrazioni di volo di Coppaloni e dei suoi discepoli Fulco Tosti, Frikki Pratesi,
Gian Piero del Mastro – Calvetti e Umberto Caproni, erano tanto frequenti che presto furono chiamate da tutti lo “Stile Italiano”.
In conclusione, lo stile italiano o alla Coppaloni è anche uno stile di vita e di grande rispetto per la dignità dei nostri rapaci.
Oggi, molti validi falconieri di tutto il mondo volano i loro falchi con questo spirito. Questo il motivo per cui i falconieri italiani devono ricordare
con orgoglio gli insegnamenti di Coppaloni.
Realizzato da Patrizia Cimberio
nel 2011 in occasione del
Secondo Festival Internazionale della Falconeria
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Solo una cosa mi sento di contraddire: il fatto che Pestellini fosse un falconiere. Ho avuto la fortuna di conoscere di persona Del Mastro Calvetti durante un raduno in Piemonte parecchi anni fa. Mi raccontava che il maestro indiscusso era Ceppaloni. Pestellini era un entusiasta, uno scrittore ma che si limitata a volare la sua mitica Liu’ (gia’ addestrati da Ernesto) in filagna.