LifeLanner per il ripopolamento del falco lanario in Italia

Ogni giorno, camminando verso il liceo, mi fermavo ad ammirare i falchi sul blocco fuori da un negozio di souvenir. Non ne sapevo nulla, eppure qualcosa di loro mi attraeva. Tra i libri di scuola e le uscite con gli amici, comprai incoscientemente il mio primo falco. Una femmina di falco lanario. E così, dal tenerla sul mio primo guanto, senza idea di cosa dover fare, come e quando, 8 anni dopo, è diventata il punto fermo di un traguardo che mai avrei pensato di poter raggiungere. È la mamma del primo falco lanario che tra pochi giorni inizierà a volare libero, il primo dei molti altri che verranno liberati nei prossimi 5 anni grazie al progetto LifeLanner per il ripopolamento del falco lanario in Italia. A seguirlo sarà la R.N.R. Lago di Vico, che si impegna da anni per la stesura e l’attuazione del progetto.
La reintroduzione si avvale delle seguenti fasi:
Il falco destinato ad essere rilasciato nasce sotto la coppia di riproduttori in cattività e rimane con loro fino ai 30/35 giorni di età circa, in modo che il processo di imprinting avvenga sulle giuste figure parentali. A questo punto, raggiunta circa la metà dello sviluppo del suo piumaggio, è pronto per essere spostato nella cassetta nido utilizzata per la reintroduzione, comunemente chiamata hacking box. Si tratta di un nido artificiale, solitamente posto in alto, schermato su tre lati e chiuso sul lato frontale da una rete che non consente al giovane falco di uscire ma da cui può osservare il territorio. Da qui il giovane lanario potrà ambientarsi fintanto che il suo sviluppo non sarà completo. In questa fase verrà alimentato dagli operatori addetti al controllo della cassetta nido che provvederanno a far sì che abbia sempre cibo a disposizione, ma senza interferire con le sue giornate. Raggiunto il completo sviluppo, il lato frontale del l’hacking box verrà aperto e il giovane falco sarà pronto a spiccare il suo primo volo. Trascorrerà i giorni successivi svolazzando intorno alla cassetta nido e ritornando ogni volta per mangiare. Piano piano le sue abilità di volo miglioreranno, imparerà le tecniche di caccia e quando non avrà più bisogno dell’alimentazione fornita nel nido avverrà il suo completo distacco ed inizierà la sua vita in natura. Durante tutte le fasi verrà monitorato, dapprima mediante webcam poste all’interno dell’hacking box, successivamente tramite un sistema di GPS che consentirà di conoscerne spostamenti ed abitudini.
Consapevole della lunga strada da percorrere e dei numerosi ostacoli da oltrepassare, spero che con questo piccolo, primo grande traguardo, anche gli scettici possano guardare alla falconeria, che non dimentichiamoci è patrimonio UNESCO, come un importante mezzo per la conservazione della nostra preziosa biodiversità.

Leonardo Sciarra

In foto, Lea all’interno dell’hacking box e i suoi genitori sul nido in cui è nata.

La regina del bosco

Mi avvicinai all’età di 11 anni al mondo della caccia, passione tramandata da mio padre, mio zio e ancora prima da mio nonno, che, con il tempo mi portò a diventare un cacciatore come loro.
Una passione che mi ha permesso di conoscere in modo approfondito tutti gli animali da preda e non, con le relative normative che regolamentano la loro tutela.
Grazie poi a due amici cacciatori già falconieri ho avuto modo di avvicinarmi al mondo della falconeria, ovvero la “caccia con il falco”; un nuovo modo di praticare la caccia, portandomi così a conoscere i rapaci, in modo particolare il falco Pellegrino (Peregrinus).
La sua eleganza, ma soprattutto le sue doti di volo come fosse un maestro dei cieli hanno fatto si che mi avvicinassi a lui utilizzandolo per la caccia.
Una delle sfide più difficili da attuare con il falco Pellegrino è stata per me la caccia alla Beccaccia, ovvero la Regina del bosco.
Premetto che la Beccaccia si può trovare da per tutto, ma predilige spine e alberature miste ad acquitrini, mentre i terreni di caccia del pellegrino sono distese o comunque zone di pianura, dove può esprimersi con le sue picchiate e raggiungere velocità molto elevate; questo per rappresentarne la difficoltà.
Importante però è conoscere gli animali e le loro abitudini, che cambiano con le stagioni dell’anno; facendo riferimento sempre alla Beccaccia, si deve tenere conto che è un migratore, arriva dalla Russia ai Balcani fino a noi i primi di Ottobre per finire il passo verso la fine di Gennaio, di conseguenza il ripasso da Marzo in poi di rientro dal sud e ritorno verso i paesi di nidificazione.
Fondamentale per la caccia alla Beccaccia l’utilizzo del cane che deve essere corretto. Compito del falconiere è raggiungere un equilibrio in base alla profonda conoscenza di tutti gli attori, per condurne la regia.
Ricordo con piacere una particolare una giornata di caccia nel mio paese, era una domenica pomeriggio di Novembre, con il mio cane “Afra” , sono andato in una zona dove in precedenza avevo avuto degli incontri, essendo anche un periodo di buon passo e dove potevo avere qualche chance con la mia Femmina di Pellegrino “Ziva 820gr”.
Ho liberato il cane, ho scappucciato il mio falco involandolo, e dopo qualche minuto che il cane lavorava tra i cespugli il falco si è posizionato centratissimo a una buona altezza, la cosa che mi ha dato più’ soddisfazione era vedere che più’ passava il tempo e più il falco non seguiva me, ma bensì il suo vero compagno di caccia “Afra”. Dopo circa 15 minuti di volo il cane si mise in ferma tra i rovi, il falco non vedendolo si alzo di quota quasi sapesse cosa stesse succedendo sotto di lei.
Ho raggiunto Afra di corsa, guardando sempre la posizione del falcone, e una volta arrivato vicino, come di consueto gli ho accarezzato tre volte la testa. Dopo poco si involò una beccaccia, trovandomi in mezzo agli alberi non potendo quindi vedere il falco, sono rimasto fermo per sentire l’eventuale rumore dell’aria della picchiata “che sentii”! Mi affrettai ad andare nella direzione del volo udendo poi lo “schiocco” della Pellegrina, quasi come richiamarmi verso l’avvenuta cattura; e così era, Ziva mi stava aspettando!
Contemporaneamente Afra a controllare che l’azione fosse conclusa.
Spero di essere riuscito con poche righe a farvi vivere uno dei tanti momenti di caccia che ho passato assieme ai miei Pellegrini senza però dimenticare i cani, non si dia per scontato su cose che apparentemente possono sembrare semplici, in realtà non lo sono. Piccoli miglioramenti sono frutto di grande lavoro, ma a risultato raggiunto, ne vale sicuramente la pena.
Mauro Baletti

La mia esperienza nella Falconeria

Avevo 10 anni quando ho fatto sega a scuola (marinato), per passare il tempo andavo nei campi, quando un giorno vidi una gabbia nel giardino di un contadino con all’interno 2 falchi (ora so che erano 2 poiane), rimasi ore ad ammirarle.
Un giorno un amico mi disse che aveva trovato un rapace ed io mi sono fiondato per andarlo a vedere e a forza di insistere me lo feci regalare, lo feci crescere in una voliera per galline. Nel giro di poco tempo mi resi conto che non potevo tenerla in quel modo, così la regalai ad un amico che aveva una voliera sulle alture di MonteCarlo, ho pensato che stesse meglio da lui che in una gabbia per galline.
Da quel giorno ho sempre avuto i falchi nella testa, fino al giorno in cui ne acquistai uno.
Con l’aiuto di internet mi documentai e scoprii la caccia con il falco, cosa che ignoravo fino a 13 anni fa..
Con il mio primo rapace purtroppo non compresi ancora la potenzialità di alcune specie fu così che caddi nel tranello del mio mentore, che mi face comprare una poiana di harris.
Con entusiasmo la portai a caccia ma aimé non prendeva niente di niente, sicuramente perchè pretendevo prede che per la poiana di harris erano imprendibili.
L’ho venduta subito, ed comprai una femmina di pellegrino che mi diede una carica impressionante, ma purtroppo l’inesperienza non mi fece ottenere dei risultati memorabili, così presi una femmina d’astore e fu tutta un’altra cosa. Le catture furono molte, le anatre le bruciava, le cornacchie le fulminava, ma l’alto volo mi rimase nel cuore così decisi di riprovare con un altra femmina e presi un Falcone per eccellenza.
Ebbi molte soddisfazioni, le prime prede per eccellenza furono le pernici rosse in Spagna, luogo in cui imparai tantissimo sui pellegrini.
Ancora oggi dopo circa 180 anatre ogni volo mi entusiasma come se fosse la prima volta
Il volo dei Pellegrini mi è entrato nel sangue, ho affinato tecnica e metodo negli anni per portali a livelli di volo altissimi per avere la più alta percentuale di successo nella caccia.

Eugenio