Ingredienti per buoni lanci al beccaccino

 

Grant Hagger & Martin Brereton con i suoi Pointer Inglesi. Foto: Eoghan Ryan
Grant Hagger & Martin Brereton con i suoi Pointer Inglesi. Foto: Eoghan Ryan

Un buon terreno di caccia con molti beccaccini1. Le torbiere sono ideali. Per far si che il falco impari a seguire il cane, questo deve essere in grado di fermare beccaccini con relativa facilità e sufficiente frequenza. All’inizio della stagione, prima che arrivino i beccaccini, la cosa migliore è che il terzuolo picchi su prede più piccole ed agili, come allodole, merli, etc. Perciò può essere necessario, per esempio, battere le siepi ai bordi della torbiera (nello stesso modo in cui si battono per lo sparviero) ed alzargli merli in campo aperto.Se la femmina o il pellegrino si abituano a catture di dimensioni maggiori come fagiani o germani, potranno cacciare con successo il veloce beccaccino. 

Un buon pellegrino Dimenticati gli ibridi! I perlin (pellegrino x smeriglio) si usarono in passato ma, secondo Grant Hagger, che li volò con successo al beccaccino, in generale non raggiungono in picchiata le punte di velocità necessaria a catturarlo. Il terzuolo di pellegrino è il falco migliore. 

Il cane è imprescindibile Molti falconieri si concentrano innanzitutto sul falco e mettono il cane in secondo luogo. Per questo tipo di falconeria serve un cane ben addestrato, che fermi bene e tenga finché il falco non è centrato. Potrebbe essere necessario comprare ed addestrare il cane per un anno prima di metterlo col falco. 

Una pratica perfetta porta la perfezione. E’un vecchio detto di un compagno di squadra con cui giocavo a basket all’università, ed è la verità. Alla fine, il miglior addestramento per un giovane pellegrino è volare continuamente al beccaccino. E’incredibile con quale minuzia un falco possa aggiustare altezza, posizione, inclinazione e tecnica per correggere gli errori. In fondo, nessuna preda può abituarlo a cacciare beccaccini meglio del beccaccino stesso…

E’importante che se resta basso oppure non si centra, gli si alzi comunque la preda, in modo che impari a posizionarsi meglio la volta successiva.

Per quanto ho osservato, il frullino è più facile da catturare per il falco, dato che si alza in linea retta (seppure cerchi la rimessa prima del beccaccino) mentre il beccaccino si alza a zig zag fino ad una certa altezza ma cerca la rimessa ad una distanza maggiore. 

Tempo = Buona forma ed esperienza. Si è soliti dire che la falconeria “è lo sport dei ricchi e dei disoccupati”. Martin caccia tutti i giorni della stagione venatoria eccezion fatta per il giorno di Natale. E’uno dei pochi fortunati. Evidentemente, in queste circostanze, i suoi falchi raggiungono la giusta fitness, la mantengono, ripartono dagli insegnamenti del giorno precedente e imparano a conoscere il territorio. Martin mi racconta che se lanci i suoi falchi senza l’ausilio del cane, questi salgono all’infinito. Ma quando caccia con i cani, i falchi hanno imparato perfettamente che altezza raggiungere, a seconda del terreno, e come posizionarsi a seconda della direzione e dell’intensità del vento.

Per esempio, se vola in zone con arbusti o vicino alla fitta vegetazione, il falco non salirà troppo, perché sa che la preda troverà la rimessa facilmente; nelle torbiere aperte salirà molto in alto. Alla stessa stregua, in un giorno con vento assente o molto calmo, il falco si collocherà proprio sopra il cane, mentre in un giorno di vento sostenuto si posizionerà sopra vento rispetto al cane, così da guadagnare un leggero vantaggio dato che il beccaccino parte sempre in volo becco al vento. 

1 In Irlanda sono presenti il beccaccino (Gallinago gallinago) e il frullino (Lymnocryptes minimus). Si calcola che ci siano 10.000 coppie riproduttive di beccaccino in Irlanda e, probabilmente, 20.000 frullini svernanti, originari della Scandinavia e della zona del Baltico. Dati forniti da Glynn Anderson, Bird of Ireland – Fact, Fo,lklore History, 2008)

Eoghan Ryan, Presidente del’Irish Hawking Club.

Si ringrazia per la traduzione: Iacopo Stefanini

Riproduzione Riservata – Articolo pubblicato sulla rivista di falconeria “La Alcandara” edita dalla AECCA e pubblicato su www.falconeria.org, con il permesso della AECCA

Gli obiettori di coscienza ora vogliono il fucile

fucile

Complice una legge unica al mondo, voluta dal governo Prodi, chi in passato ha scampato la naja con la scusa del rifiuto di coscienza alla violenza oggi può pretendere il porto d’armi. E 7mila hanno già rinnegato se stessi.
Milano – Un esercito in marcia. Migliaia e migliaia di obiettori che ora fanno il cammino inverso: dalla pace alle armi. Dalla colomba al fucile. Complice una legge surreale voluta dal governo Prodi nel 2007.
Una norma probabilmente unica al mondo che permette di revocare una scelta, un ideale e uno stile di vita come fossero uno scontrino sbagliato. Da ribattere. Ma sì, oggi in Italia è possibile dissociarsi da se stessi e dunque si può tranquillamente chiedere di mettere fra parentesi, quasi cancellare, quel pezzo della propria vita. Lo consente la legge numero 130 del 6 settembre 2007. Un escamotage, ma anche uno scivolo sfruttatissimo: nel silenzio generale sono già oltre settemila le persone che hanno scritto a Roma e ottenuto il cambiamento di status. Una modifica che non è solo verbale ma permette tutta una serie di attività che all’obiettore erano e sono vietate. Per esempio, impugnare un fucile da caccia. Oppure entrare nei corpi dei vigili, nella polizia o nei carabinieri.

È evidente, anche se mancano statistiche precise, che la gran parte degli ex punta a lasciare l’esercito degli obiettori per ingrossare quello dei cacciatori. I numeri mostrano una progressione sorprendente: 1.258 «istanze di rinuncia allo status di obiettori di coscienza», come si dice in gergo, trattate nel periodo compreso fra il 6 settembre e il 31 dicembre 2007; altre 3.189 nel 2008; 2.957 nei primi otto mesi del 2009. In totale, finora, sono 7.404 gli obiettori che hanno fatto il grande salto e sono diventati ex rinnegando il proprio passato.

Quando l’obiezione era una scelta di frontiera, un atto di coraggio anticonformista e controcorrente nell’Italia del servizio militare obbligatorio. C’è stato un periodo eroico, poi, dal 1972, l’obiezione diventò di fatto un’alternativa alla leva e col tempo si trasformò in un fenomeno di massa. Molti prendevano quella strada per noia o semplicemente per evitare i dodici mesi canonici di naia in qualche caserma. Un mondo che ci siamo lasciati alle spalle nel 2005 quando il reclutamento obbligatorio è finito. Ora ci sono due possibilità complementari e soprattutto su base volontaria: il servizio militare o il servizio civile. Due facce della stessa medaglia, la difesa della patria, non più contrapposte.

Quel che era difficile immaginare era però quella coda, all’italiana, di una stagione di grandi sogni e grandi ideali. Il governo Prodi mette in cantiere una norma che permette di sconfessare con una banalissima domanda, come fosse un modulo, il proprio passato. Il testo passa, l’articolo chiave, il 7 ter, è un’autostrada: «L’obiettore ammesso al servizio civile, decorsi almeno cinque anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, può rinunziare allo status di obiettore di coscienza presentando apposita dichiarazione irrevocabile presso l’Ufficio nazionale per il servizio civile».

Curioso: la scelta fatta da giovani può essere cambiata a posteriori, ma la revoca è, ci si scusi il bisticcio, irrevocabile. In altre parole, si può tornare indietro dal proprio utilizzando quella che a tutti gli effetti appare una sorta di sanatoria sull’orizzonte di grandi ideali. Che, evidentemente, col progredire dell’età si rimpiccioliscono. Ma la maggioranza di centrosinistra è compatta a favore della norma e in aula solo Carlo Giovanardi va all’attacco. Sottolinea l’assurdo di una revoca che diventa definitiva, contraddicendo la libertà di coscienza. Poi va al sodo: «Chi faceva questa dichiarazione sapeva benissimo che avrebbe avuto una limitazione molto piccola: sulla base delle sue convinzioni non avrebbe potuto in seguito andare a caccia o fare il carabiniere. In pratica, avere il porto d’armi. Non so se riuscite a cogliere la contraddizione da Paese di Pulcinella – conclude Giovanardi – la beffa di chi ha fatto l’obiezione di coscienza, non ha prestato il servizio militare e poi, magari, si fa fotografare con sette lepri uccise».

No, i colleghi non riescono a cogliere la contraddizione. E centinaia di obiettori scoprono di aver cambiato il modo di pensare, non condividono più gli orientamenti della giovinezza, vogliono mandare in soffitta quelle ragioni morali, filosofiche, religiose che in passato li avevano spinti su quella via impervia. Si iscrivono all’esercito degli ex e chiedono che lo Stato li consideri tali.

È esattamente quel che sta succedendo un po’ in tutta Italia. C’è stata una stagione in cui c’era la corsa all’obiezione. Con una punta, negli ultimi tempi di centomila domande l’anno. E un totale, fra il 1972 e il 2005, di seicentomila obiettori. Ora c’è la corsa contraria, alla revoca. E tocca proprio a Giovanardi, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al servizio civile, monitorare il fenomeno. «Il mio ufficio – spiega al Giornale – è sommerso dalle istanze di revoca. Domande che vengono accolte in automatico». Una contromigrazione che non ha precedenti.

di Stefano Zurlo
fonte: il giornale.it

La storia di Fulvia il Falco pellegrino

falco pellegrinoTanti anni fa, mi pare all’inizio del 1967 il dott.Coppaloni mi telefonò dicendomi che aveva un falco pellegrino da darmi.
Senza perdere un secondo,saltai sulla mia 500 e mi precipitai a via Tuscolana 741,dove abitava il dott. Coppaloni.
Si trattava di una femmina di passo catturata due anni prima in dicembre.
Per due anni uno pseudo falconiere,nel tentativo di addestrarla, senza per altro capirci molto l’aveva tenuta magrissima e l’aveva ridotta malissimo di penne.
Poiché non era riuscito ad ottenere nessun risultato l’aveva data al dott. Coppaloni.
Il dott. Coppaloni,visto come era ridotta me la aveva regalata dicendomi:’veda se riesce a farci qualcosa se no la possiamo portare allo zoo.
Si trattava di una femmina molto corta e larga con zampe cortissime,quasi più simile ad un’anatra che ad un falco.
Era stata chiamata Fulvia.
Dalla pesantezza del suo aspetto capii che non sarebbe stato facile rimetterla in forma.
Il carattere,forse a causa dei maltrattamenti subiti,era pessimo,sempre terrorizzata ed aggressiva.
Ogni qual volta che era a portata di zampa cercava di ferirmi sino a che un giorno,mentre mangiava in pugno mi graffiò la faccia molto vicino ad un occhio.
La mia reazione istintiva fu di darle una sberla(lo so che non si fa’! ) e Fulvia cadde dal guanto.
Potrà sembrare incredibile ma da quel giorno cambiò completamente.
Forse fu dovuto al mio senso di colpa in quanto,cominciai a pensare a quante sofferenze aveva patito quel falco e di conseguenza raddoppiai le attenzioni ed il tempo che passavo con lei.
In poco tempo Fulvia divenne così mansueta che non solo si faceva carezzare ma quando le infilavo le dita sotto le piume del petto si gonfiava di piacere completamente rilassata.
La sua domesticità era però solo con me;chiunque si avvicinasse la metteva in agitazione e tentava di fuggire gettandosi dal pugno o dal blocco.
Quando iniziai ad addestrarla capii le enormi difficoltà che avrei incontrato per rimetterla in forma.
Le prime volte che la chiamavo al logoro dalla distanza di circa 50 metri,veniva a tappe,a metà percorso si poggiava ansimando,poi ripartiva e finalmente arrivava sul logoro.
Proprio in quel periodo sentivo spesso Jack Mavrogordato (con cui in passato ero stato a caccia di corvi nelle piane di Salsbury in Inghilterra) il quale mi consigliò per poter rinforzare Fulvia di farle fare dello “stooping”(passate al logoro),addestramento che lui usava per tenere in forma i suoi fantastici falchi da corvi.
Detto fatto imparai la tecnica(ben descritta nel libro di Mavrogordato)e giorno dopo giorno aumentavo a Fulvia i passaggi al logoro.
Dopo circa sei mesi di addestramento giornaliero eravamo arrivati a circa 80 passaggi al logoro eseguiti con grande veemenza.
Avevo in quei mesi affinato una tecnica per farla salire sempre più in alto:Ogni qual volta arrivava da un altezza un po’ superiore alla sua media,le facevo prendere il logoro.
Eravamo arrivati al punto che dopo un buon numero di passate nascondevo il logoro dandole così il tempo di salire sempre più alta.
Con il passare del tempo e con questi accorgimenti,Fulvia saliva altissima ed aspettava a lungo sino a che roteavo nuovamente il logoro ed allora scendeva a goccia ad una tale velocità che non potendo più controllare la situazione e per evitare che cercando di ghermire il logoro a quella velocità potesse strapparsi un unghia(cosa che era già accaduta) gettavo con forza il logoro a terra prima che lei arrivasse.
Perfezionai questa tecnica sino al punto che Fulvia solo con l’uso del logoro aveva imparato a salire altissima e ad aspettare anche molto a lungo.
Quando il dott.Coppaloni vide il risultato di tanti mesi di lavoro,mi mise a disposizione la riserva di Nepi ( a quel tempo bellissima e piena di starne selvatiche) permettendomi di andare a volare li con Fulvia.
starnaTutto sembrava ormai perfetto,avevo un falco che volava altissimo e la possibilità di cacciare in una riserva piena di starne,ma purtroppo si presentò un altro problema apparentemente insormontabile: Fulvia si rifiutava di attaccare qualsiasi tipo di preda;rifiutava i piccioni,non guardava né starne né fagiani,era una vera pacifista!
Aspettava ed attaccava solamente il logoro con una veemenza come se si trattasse della più ambita delle prede.
A quel punto visto che avevo accesso alla riserva di Nepi, andavo li con mio cugino Fulco ,Fulvia ed il mio cane di nome Fido che era una femmina di setter di taglia piccola.
Ogni volta liberavo Fulvia, le facevo fare una ventina di passate al logoro,poi lo nascondevo.
Fulvia saliva altissima ed a quel punto
Fulco ed io iniziavamo a correre per la piana frullando brigate di starne che il falco puntualmente ignorava con nostra grande frustrazione.
Finalmente un giorno il miracolo:una brigata di 5 o 6 starne volò parallelamente ad un bosco, Fulvia che si trovava molto alta sopra al bosco,forse non vista dalle starne improvvisamente si decise ad attaccare.
Discese quasi in verticale,spuntò improvvisamente da sopra gli alberi e con grande naturalezza andò ad impattare una starna lasciandola morta sul colpo.
Potete immaginare i salti di gioia di chi come me aveva ormai quasi perso ogni speranza di riuscita.
Finalmente dopo circa un anno di addestramento ininterrotto,avevo raggiunto lo scopo.
Da quel giorno,Fulvia con il suo corpo tozzo e le zampe corte divenne una star.
Non afferrava mai la preda credo a causa delle sue corte zampe,ma riusciva egregiamente ad abbatterla con l’urto che era sempre piuttosto violento.
Nel Dicembre del 68 il dott.Coppaloni organizzò un raduno di falconeria internazionale che si svolse nelle bellissime riserve di Nepi,Sutri e Settevene.
Le tre riserve una vicina all’altra erano ancora ben fornite di selvaggina,ma le starne sopravvissute alle doppiette ed ai falchi erano in quel mese praticamente incacciabili;partivano da tali distanze che non si riuscivano quasi mai a vedere.
I fagiani ormai si erano fatti furbi e si guardavano bene dal farsi trovare fuori dai boschi per cui cacciare con i falchi era quasi impossibile.
Jack Mavrogordato, Renz Waller e Ernesto CoppaloniTutti i falconieri italiani e stranieri (erano presenti tra gli altri Renz Walzer,Jack Mavrogordato,Woodford ,etc.)avevano quasi rinunciato a cacciare,e quindi l’unica che riuscì a dare spettacolo(anche perché giocava in casa ) fu Fulvia che con tempi inclementi,forti venti e starne quasi imprendibili riuscì regolarmente a predare ma con grande difficoltà.
Riporto da un articolo del dott. Coppaloni sulla rivista “la riserva di caccia”: Fulvia ha veramente fatto accademia,tenendo a 500 metri di quota il suo potentissimo volo,sempre controvento e della durata persino di un’ora seguendo attentissima il lavoro di veloci pointers e setters.
Ha stoccato magistralmente le starne,tagliando tutto l’arco del cielo con picchiate fantastiche!
Jack Mavrogordato,insistette affinché spiegassi a tutti che ero riuscito ad ottenere quel risultato grazie allo “stooping” da lui raccomandato,cosa che feci con piacere in quanto era l’assoluta verità.
In, quell’epoca,la fama dei voli di Fulvia,di Rosario e di Alice i tre mitici falchi di altovolo si sparse nel mondo della falconeria internazionale e la fama dei falconieri italiani salì di livello.
I falconieri di tutta Europa videro che si potevano ottenere risultati diversi da quelli a cui erano sino ad allora abituati ed iniziarono a porsi nuovi traguardi.
Felix Rodriguez de la Fuente ,venne appositamente a Roma per ingaggiare o me o Fulco Tosti per iniziare l’operazione di falconeria negli aeroporti militari in Spagna; Aveva bisogno di falconieri capaci di addestrare dei falchi a cacciare le galline prataiole che infestavano gli aeroporti con grave rischio per gli aerei in decollo o in atterraggio.
Partì Fulco Tosti che come tutti sanno riuscì perfettamente nell’operazione che è in essere ancora oggi e si è enormemente sviluppata.
Torniamo a Fulvia.
Fulvia doveva volare tutti i giorni in quanto se faceva una pausa di un mese aveva bisogno di almeno due mesi di allenamento ininterrotto per poter tornare in forma.
Aveva una formula alare tale che le era impossibile planare,infatti come smetteva di battere le ali,perdeva immediatamente quota,immaginate quindi che forma fisica doveva avere per restare in volo ad alta quota per più di un ora con ogni genere di tempo.
Un anno,nel mese di Luglio,forse perché era troppo grassa(pensate che volandola tutti i giorni non usavo la bilancia e la lasciavo sempre mangiare a sazietà) mentre era alta,vide qualcosa in lontananza,l’attaccò e la persi.
Dopo tre giorni di inutili ricerche disperato partii per le vacanze a Pantelleria.
Dopo circa 15 giorni mi arrivò un telegramma da Fulco :Ritrovata Fulvia Stop.
Presi il primo traghetto e tornai a Roma dove Fulco mi raccontò l’accaduto .
Un cacciatore che a caccia chiusa girava con il suo cane ,lo aveva visto in punta vicino ad un cespuglio,nel cespuglio c’era Fulvia a gozzo pieno.
Il cacciatore si era tolto la giacca con la quale non so come era riuscito a catturare Fulvia.
La targhetta con il mio numero telefonico attaccata alla zampa del falco aveva fatto il resto.
Il cacciatore aveva chiamato casa mia ed i miei genitori avevano chiamato Fulco che aveva recuperato il falco in perfette condizioni.
Ernesto CoppaloniAd Ottobre di quello stesso anno contro il parere del dott. Coppaloni decisi di andare a caccia con Fulvia in Inghilterra dove una mia amica aveva un’azienda agricola nel Dorset letteralmente piena di starne.
Il mio tentativo fu un errore madornale!Al primo volo di Fulvia,come partì dal mio pugno,si alzarono migliaia di pavoncelle,di corvi e di storni .
Fulvia perse la testa e cominciò ad inseguire pavoncelle in tutte le direzioni.
Finalmente dopo circa un quarto d’ora tornò sopra di me ed io invece di richiamarla subito volli provare a cacciare.
Fu un errore perché come mi avviai verso un campo dove sapevo che avrei incontrato delle starne,passò all’altezza di Fulvia un branco di oche che l’attirarono verso nord.
La vidi picchiare e probabilmente prendere qualcosa molto lontano,ma purtroppo quando mi avviai in quella direzione mi trovai la strada sbarrata da un grande fiume.
Presi la macchina,percorsi a tutta velocità la distanza che mi separava dal ponte più vicino,ma quando arrivai al di la del fiume ,di Fulvia nessuna traccia.
Persa per sempre,tornata in libertà.
Mi domandai in seguito se se la fossa cavata,la risposta mi arrivò da Mavrogordato che abitava vicino alla zona in cui l’avevo persa,infatti dopo circa due mesi mi chiamò per dirmi che aveva visto un falco con tanto di campanelli alle zampe che faceva un bell’altovolo sopra degli alberi in cui aveva fatto rifugiare dei corvi;era convinto che fosse lei ed anche io l’ho sempre sperato.

Ferrante Pratesi

fonte: cacciando.com