Non dimenticate chi siamo e perchè lo facciamo

noble_art_of_falconry3Forse sta succedendo, forse i tempi sono maturi perché i falconieri italiani facciano breccia nell’ostico passato e ritornino a condividere la propria passione. Forse è arrivato il tempo in cui anche gli italiani esordiscano nella dimostrazione di ciò che questo grande popolo sa fare.

…Ma c’è un tarlo che mi logora; una vocina che continua a sussurrarmi qualcosa e come un continuo ronzio che mi mette in guardia. Ho come l’impressione che se in superficie tutto dia l’impressione di fiorire, sotto di noi un vulcano ribolle nell’attesa di esplodere.
Leggo e rileggo tanto di ciò che si è scritto negli ultimi tempi, poi mi accorgo che parole come ambientalismo, animalismo, perbenismo, prendere le distanze dalla caccia, hanno fatto ingresso nel nostro mondo, in punta di piedi, quasi non ce ne fossimo nemmeno accorti.
Perché anche se dovrei essere contento di tanto fermento, continuo a sentirmi sul collo il fiato del nemico?

falconryIo sono un cacciatore, io uccido; non per gioco, non per piacere, ma perché è la mia natura. Sono consapevole della mia azione, nutro grande stima per quella preda che a me si dona; riconosco il privilegio che m’è stato dato e lo rispetto.

Allora dico: attenti, non lasciamo mai che parole come associazionismo, politica, ministri, compromesso, poltrone, … diventino la colonna portante di ciò che siamo; ma restino solo i mezzi per raggiungere il nostro scopo.
Sono invece quegli antichi sapori arricchiti da nobili termini come a monte, frullo, in piuma, yarak, a goccia, in ferma, a vento.. a nutrire la nostra anima rendendo eterna la Falconeria.
Mio padre mi ha insegnato che qualunque cosa succeda sii sempre un D’Errico, non sia MAI doverci travestire da pecore per paura di essere lupi.

Non perdete la via maestra, non vendiamo la nostra identità, non chiniamo il capo a chi crede che alleandoci col nemico ne elemosineremo l’indulgenza.
E a tutti coloro in cui alberga ancora quello spirito nobile del falconiere dico: mai, mai pronunziare il termine Falconeria se non con orgoglio e dignità, perché un falconiere, non meriterebbe questo titolo, se anche per un solo istante esitasse d’esser fiero di esserlo.

gos-on-pheasantQuante volte vi é successo di chiedervi cosa ve lo faccia fare?
Un Vecchio Falconiere spagnolo definì la Falconeria: ..”una forma di schiavitù volontaria”.. Un altro la definì: “l’arte più difficile”.

Ebbene cos’é che rende la Falconeria così eccezionale da non poter più essere considerata solo una passione, diventando di diritto uno stile di vita.
Non solo per il carniere, o da tempo avremmo posato il falco per il più vile piombo;
Non per l’esibizione, dovremmo altrimenti chiederci cosa ci facciamo ogni giorno da soli in queste lande desolate;
E nemmeno per l’amore verso i nostri falchi, sentimento che loro, i falchi, non avranno mai la cortesia di condividere con noi;
Ancora oggi, liberando un falco, mi chiedo chi tra noi sia il capo e chi il servo.
Forse è per quel momento… quel fugace attimo, in cui tutto, da immobile contrazione muscolare, mentre il tuo corpo sembra non voler restituir respiro, esplode in scatto, urla, frulli, vento, sangue, terra.. E il sangue torna caldo a rifluire e ciò che é accaduto resterà un segreto tra la natura e ciò che siamo: Falconieri, fieri di esserlo.

Matteo D’Errico

Ingredienti per buoni lanci al beccaccino

 

Grant Hagger & Martin Brereton con i suoi Pointer Inglesi. Foto: Eoghan Ryan
Grant Hagger & Martin Brereton con i suoi Pointer Inglesi. Foto: Eoghan Ryan

Un buon terreno di caccia con molti beccaccini1. Le torbiere sono ideali. Per far si che il falco impari a seguire il cane, questo deve essere in grado di fermare beccaccini con relativa facilità e sufficiente frequenza. All’inizio della stagione, prima che arrivino i beccaccini, la cosa migliore è che il terzuolo picchi su prede più piccole ed agili, come allodole, merli, etc. Perciò può essere necessario, per esempio, battere le siepi ai bordi della torbiera (nello stesso modo in cui si battono per lo sparviero) ed alzargli merli in campo aperto.Se la femmina o il pellegrino si abituano a catture di dimensioni maggiori come fagiani o germani, potranno cacciare con successo il veloce beccaccino. 

Un buon pellegrino Dimenticati gli ibridi! I perlin (pellegrino x smeriglio) si usarono in passato ma, secondo Grant Hagger, che li volò con successo al beccaccino, in generale non raggiungono in picchiata le punte di velocità necessaria a catturarlo. Il terzuolo di pellegrino è il falco migliore. 

Il cane è imprescindibile Molti falconieri si concentrano innanzitutto sul falco e mettono il cane in secondo luogo. Per questo tipo di falconeria serve un cane ben addestrato, che fermi bene e tenga finché il falco non è centrato. Potrebbe essere necessario comprare ed addestrare il cane per un anno prima di metterlo col falco. 

Una pratica perfetta porta la perfezione. E’un vecchio detto di un compagno di squadra con cui giocavo a basket all’università, ed è la verità. Alla fine, il miglior addestramento per un giovane pellegrino è volare continuamente al beccaccino. E’incredibile con quale minuzia un falco possa aggiustare altezza, posizione, inclinazione e tecnica per correggere gli errori. In fondo, nessuna preda può abituarlo a cacciare beccaccini meglio del beccaccino stesso…

E’importante che se resta basso oppure non si centra, gli si alzi comunque la preda, in modo che impari a posizionarsi meglio la volta successiva.

Per quanto ho osservato, il frullino è più facile da catturare per il falco, dato che si alza in linea retta (seppure cerchi la rimessa prima del beccaccino) mentre il beccaccino si alza a zig zag fino ad una certa altezza ma cerca la rimessa ad una distanza maggiore. 

Tempo = Buona forma ed esperienza. Si è soliti dire che la falconeria “è lo sport dei ricchi e dei disoccupati”. Martin caccia tutti i giorni della stagione venatoria eccezion fatta per il giorno di Natale. E’uno dei pochi fortunati. Evidentemente, in queste circostanze, i suoi falchi raggiungono la giusta fitness, la mantengono, ripartono dagli insegnamenti del giorno precedente e imparano a conoscere il territorio. Martin mi racconta che se lanci i suoi falchi senza l’ausilio del cane, questi salgono all’infinito. Ma quando caccia con i cani, i falchi hanno imparato perfettamente che altezza raggiungere, a seconda del terreno, e come posizionarsi a seconda della direzione e dell’intensità del vento.

Per esempio, se vola in zone con arbusti o vicino alla fitta vegetazione, il falco non salirà troppo, perché sa che la preda troverà la rimessa facilmente; nelle torbiere aperte salirà molto in alto. Alla stessa stregua, in un giorno con vento assente o molto calmo, il falco si collocherà proprio sopra il cane, mentre in un giorno di vento sostenuto si posizionerà sopra vento rispetto al cane, così da guadagnare un leggero vantaggio dato che il beccaccino parte sempre in volo becco al vento. 

1 In Irlanda sono presenti il beccaccino (Gallinago gallinago) e il frullino (Lymnocryptes minimus). Si calcola che ci siano 10.000 coppie riproduttive di beccaccino in Irlanda e, probabilmente, 20.000 frullini svernanti, originari della Scandinavia e della zona del Baltico. Dati forniti da Glynn Anderson, Bird of Ireland – Fact, Fo,lklore History, 2008)

Eoghan Ryan, Presidente del’Irish Hawking Club.

Si ringrazia per la traduzione: Iacopo Stefanini

Riproduzione Riservata – Articolo pubblicato sulla rivista di falconeria “La Alcandara” edita dalla AECCA e pubblicato su www.falconeria.org, con il permesso della AECCA

Gli obiettori di coscienza ora vogliono il fucile

fucile

Complice una legge unica al mondo, voluta dal governo Prodi, chi in passato ha scampato la naja con la scusa del rifiuto di coscienza alla violenza oggi può pretendere il porto d’armi. E 7mila hanno già rinnegato se stessi.
Milano – Un esercito in marcia. Migliaia e migliaia di obiettori che ora fanno il cammino inverso: dalla pace alle armi. Dalla colomba al fucile. Complice una legge surreale voluta dal governo Prodi nel 2007.
Una norma probabilmente unica al mondo che permette di revocare una scelta, un ideale e uno stile di vita come fossero uno scontrino sbagliato. Da ribattere. Ma sì, oggi in Italia è possibile dissociarsi da se stessi e dunque si può tranquillamente chiedere di mettere fra parentesi, quasi cancellare, quel pezzo della propria vita. Lo consente la legge numero 130 del 6 settembre 2007. Un escamotage, ma anche uno scivolo sfruttatissimo: nel silenzio generale sono già oltre settemila le persone che hanno scritto a Roma e ottenuto il cambiamento di status. Una modifica che non è solo verbale ma permette tutta una serie di attività che all’obiettore erano e sono vietate. Per esempio, impugnare un fucile da caccia. Oppure entrare nei corpi dei vigili, nella polizia o nei carabinieri.

È evidente, anche se mancano statistiche precise, che la gran parte degli ex punta a lasciare l’esercito degli obiettori per ingrossare quello dei cacciatori. I numeri mostrano una progressione sorprendente: 1.258 «istanze di rinuncia allo status di obiettori di coscienza», come si dice in gergo, trattate nel periodo compreso fra il 6 settembre e il 31 dicembre 2007; altre 3.189 nel 2008; 2.957 nei primi otto mesi del 2009. In totale, finora, sono 7.404 gli obiettori che hanno fatto il grande salto e sono diventati ex rinnegando il proprio passato.

Quando l’obiezione era una scelta di frontiera, un atto di coraggio anticonformista e controcorrente nell’Italia del servizio militare obbligatorio. C’è stato un periodo eroico, poi, dal 1972, l’obiezione diventò di fatto un’alternativa alla leva e col tempo si trasformò in un fenomeno di massa. Molti prendevano quella strada per noia o semplicemente per evitare i dodici mesi canonici di naia in qualche caserma. Un mondo che ci siamo lasciati alle spalle nel 2005 quando il reclutamento obbligatorio è finito. Ora ci sono due possibilità complementari e soprattutto su base volontaria: il servizio militare o il servizio civile. Due facce della stessa medaglia, la difesa della patria, non più contrapposte.

Quel che era difficile immaginare era però quella coda, all’italiana, di una stagione di grandi sogni e grandi ideali. Il governo Prodi mette in cantiere una norma che permette di sconfessare con una banalissima domanda, come fosse un modulo, il proprio passato. Il testo passa, l’articolo chiave, il 7 ter, è un’autostrada: «L’obiettore ammesso al servizio civile, decorsi almeno cinque anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, può rinunziare allo status di obiettore di coscienza presentando apposita dichiarazione irrevocabile presso l’Ufficio nazionale per il servizio civile».

Curioso: la scelta fatta da giovani può essere cambiata a posteriori, ma la revoca è, ci si scusi il bisticcio, irrevocabile. In altre parole, si può tornare indietro dal proprio utilizzando quella che a tutti gli effetti appare una sorta di sanatoria sull’orizzonte di grandi ideali. Che, evidentemente, col progredire dell’età si rimpiccioliscono. Ma la maggioranza di centrosinistra è compatta a favore della norma e in aula solo Carlo Giovanardi va all’attacco. Sottolinea l’assurdo di una revoca che diventa definitiva, contraddicendo la libertà di coscienza. Poi va al sodo: «Chi faceva questa dichiarazione sapeva benissimo che avrebbe avuto una limitazione molto piccola: sulla base delle sue convinzioni non avrebbe potuto in seguito andare a caccia o fare il carabiniere. In pratica, avere il porto d’armi. Non so se riuscite a cogliere la contraddizione da Paese di Pulcinella – conclude Giovanardi – la beffa di chi ha fatto l’obiezione di coscienza, non ha prestato il servizio militare e poi, magari, si fa fotografare con sette lepri uccise».

No, i colleghi non riescono a cogliere la contraddizione. E centinaia di obiettori scoprono di aver cambiato il modo di pensare, non condividono più gli orientamenti della giovinezza, vogliono mandare in soffitta quelle ragioni morali, filosofiche, religiose che in passato li avevano spinti su quella via impervia. Si iscrivono all’esercito degli ex e chiedono che lo Stato li consideri tali.

È esattamente quel che sta succedendo un po’ in tutta Italia. C’è stata una stagione in cui c’era la corsa all’obiezione. Con una punta, negli ultimi tempi di centomila domande l’anno. E un totale, fra il 1972 e il 2005, di seicentomila obiettori. Ora c’è la corsa contraria, alla revoca. E tocca proprio a Giovanardi, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al servizio civile, monitorare il fenomeno. «Il mio ufficio – spiega al Giornale – è sommerso dalle istanze di revoca. Domande che vengono accolte in automatico». Una contromigrazione che non ha precedenti.

di Stefano Zurlo
fonte: il giornale.it