La caccia con smerigli migratori negli U.s.a.

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Stai pensando di prendere uno smeriglio o forse ne hai uno catturato recentemente e non sai cosa ti aspetta?  (N.d.r., Negli U.s.a. è permessa la cattura di alcuni tipi di rapaci con un permesso rilasciato a falconieri esperti da parte delle autorità competenti)

Gli smerigli sono rapaci molto diversi e con una personalita’ spiccata. Di solito si ammansiscono molto rapidamente, solo se sono impauriti l’addestramento sara’ piu’ lento. Possono stare tranquillamente in pertica, mentre il cane e’ in cerca, appena dopo tre giorni dalla loro cattura e poco dopo gia’ inseguono qualche uccellino nei campi. Ma possono essere anche molto volubili ed ignorare tutto quello che si vorrebbe cacciare con loro.

articolo smeriglio 0005Prima o immediatamente dopo la cattura di un nuovo smeriglio rileggo tutti i libri che ho al riguardo. E ogni anno apprendo di piu’ su questi piccoli “torpedo”, anche se ogni anno mi dimentico la meta’ di quello che avevo imparato.
Dopo aver letto una gran quantita’ di libri e articoli sulla Falconeria con gli smerigli, mi accorgo che ogni autore ha un suo metodo di addestramento, maneggiamento, controllo di peso e caccia e ognuno di loro differisce leggermente dal mio.

Cio’ che segue sono alcuni miei pensieri ed esperienze con gli smerigli e spero che queste pagine siano un aiuto da parte mia per apprendere di piu’ su questo piccolo atleta.

Sino alla stagione 2011 ho volato venti smerigli di cattura, la maggior parte di loro femmine della sottospecie columbarius ed ho volato un solo maschio. Ho provato a farli accoppiare e mi rimasero due di questi uccelli.
Ho cacciato con i miei smerigli in uno stile che potrebbe essere descritto come “libero’, fondamentalmente caccia ai passeri. Il mio primo smeriglio, un possibile ibrido di columbarius per richardsoni, fu catturato con un peso di 260 gr e catturo’ solamente 10 prede. Con gli altri ne catturai 50 o piu’ con ciascun smeriglio in una stagione.
Inoltre ho avuto il privilegio di cacciare con alcuni dei migliori falconieri del paese che maneggiano smerigli, cacciando prede differenti e con differenti metodi.

Molti falconieri neofiti pensano che gli smerigli abbiano un’abilita’ soprannaturale nel cacciare qualsiasi cosa in volo. Puo’ anche essere, ma non sperate di andare sul campo con la vostra sedia, rilasciare lo smeriglio e vederlo catturare.
Le catture con lo smeriglio non sono semplici, in realta’ credo che cacciare con piccoli rapaci sia la forma piu’ complessa nella Falconeria. Molti bravi falconieri sanno che sembra facile, ma non lo e’.

I metodi di caccia con lo smeriglio possono essere molto difficili da comprendere attraverso un libro o internet. Se vuoi avere successo con il tuo rapace ti raccomando caldamente di andare con qualcuno in grado di catturare con gli smerigli. Un giorno sul campo ti puo’ evitare settimane di frustrazione. Per arrivare al successo finale si devono fare molti tentativi ed errori.

ALIMENTAZIONE E CONTROLLO DEL PESO

articolo smeriglio 0007In natura gli smerigli si cibano di insetti e piccoli uccelli. E’ necessario fare uno sforzo per cercare di procurare al tuo smeriglio la stessa qualita’ di alimentazione catturando o cacciando passeri o storni, se del caso. Comincio con i miei smerigli procurando loro una dieta a base di passeri che alterno con quaglie congelate. Una volta messi in volo solitamente catturano quasi sempre almeno un passero al giorno, al quale aggiungo le quaglie.

Imparare a catturare i passeri e’ un’abilita’ essenziale per poter volare smerigli. Costituiscono un eccellente cibo sia come esca per catturare gli smerigli in caso di fuga, sia come introduzione alla caccia e come cibo. Ho usato quasi tutti i metodi di cattura che esistono, pero’ mi soffermo sulla trappola con due camere descritta nel libro di Harry McElroy Desert Hawking with a little help from my friends. Ho adoperato 6 metri di rete e picchetti.
Solitamente alimento i richiami con scagliola e pane e lascio sempre dentro uno o due passeri. Per mantenerli in buone condizioni si deve mettere a disposizione acqua da bere e riparlarli dal sole. Per facilitare l’uscita dei passeri dalla trappola installo una porta tipo ghigliottina che metto nel retro ed adopero una cassetta delle stesse dimensioni della porta. Tutto quello che devo fare e’ di collocarla in un punto, aprire entrambe le porte e spaventare i passeri verso la cassetta.
Se si ha bisogno di mantenere vivi i passeri che si catturano si deve costruire una gabbia in modo da tenerceli temporaneamente. I passeri si stressano facilmente per cui devono essere collocati in un posto dove abbiano riparo, una piccola casetta o un tubo. La gabbia viene tenuta completamente coperta con un telo. Recentemente ho saputo che ricercatori alimentano i passeri con mangime per pulli di pernice. Ho usato scagliola e pane con buoni risultati, pero’ penso di adoperare la biada nella mia prossima cattura di passeri.

ADDESTRAMENTO E AMMANSIMENTO

articolo smeriglio 00009Uno dei passi piu’ importanti che devi compiere quando addestri un nuovo falco o cerchi di ottenere un determinato comportamento, e’ quello di marcarsi un obiettivo. Fissatelo, lavora per raggiungerlo e valuta i tuoi progressi durante tutto il percorso. Il mio obiettivo nella prima settimana di ammansimento di uno smeriglio e’ quello di mantenerlo calmo il piu’ possibile.

Porto a casa il nuovo smeriglio e lo armo. Gli metto i bracciali degli alymeri, infilo i geti negli occhielli, la girella e la lunga. Poi metto una protezione per la coda, io uso nastro da imballaggio, ma e’ importante usarlo correttamente. Tutto quello che dobbiamo fare e’ trovare un nastro che bisogna inumidire per attivare l’adesione. Non usare nastro adesivo. Quello che uso io quando e’ secco non appiccica. Taglio un pezzo che, piegandolo, sia leggermente piu’ lungo della coda dell’uccello, poi taglio una linguetta a meta’, la inumidisco, metto la coda in una meta’ e la copro con l’altra meta’ e chiudo le due meta’ sopra i bordi. Il bello di questo nastro e’ che non cade e quando la si vuol togliere basta soltanto inumidirla, la colla rimane all’esterno.

Quando il falco e’ armato mi siedo in un posto tranquillo senza incappucciarlo, lo tengo al pugno e cerco di dargli un poco di carne trita, molti (i migliori smerigli) accettano entro un’ora.

Dopo un’oretta al pugno metto lo smeriglio in casa su un posatoio a muro. Quando e’ in casa lo tengo sempre senza cappuccio. Se non si va’ verso il falco e non lo si guarda direttamente, dovrebbe rimanere tranquillo sul posatoio. E’ molto importante durante tutta la fase di addestramento, tener d’occhio le zampe degli smerigli, che sono molto delicate. Se si dibattono molto potrebbero procurarsi delle ferite e squamarsi, cosa che si deve assolutamente evitare. Quando esco di casa o vado a riposare metto lo smeriglio in pertica e lo incappuccio.
Dal primo giorno sino al momento di volare libero, l’addestramento deve procedere rapidamente. Solitamente e’ il timore del falconiere che rallenta i progressi. Al massimo al terzo giorno lo smeriglio dovrebbe salire sul guanto a mangiare ed ancora piu’ rapidamente saltare al pugno dalla punta della lunga.
Una volta che e’saltato da circa tre metri possiamo passare all’addestramento all’aria aperta. Verso la fine della prima settimana si dovrebbe sperare che voli in filagna da circa 7 metri.

Una volta che si abbia sufficiente confidenza da lasciare il falco tranquillo sulla pertica anche quando rimane solo, si puo’ lasciarlo senza cappuccio.
Ho installato una web camera in casa in modo da vederlo al pc mentre lavoro, grazie al software gratuito della Microsoft Netmeeting. Lo si puo’ scaricare qui: www.microsoft.com/netmeeting.

INCAPPUCCIAMENTO

articolo smeriglio 0009Mi piace lasciare il rapace senza cappuccio, tutto le volte che posso. Penso che acceleri l’ammansimento. Una volta che mangia bene al pugno, normalmente al 3° o 4° giorno, comincio a dare pezzettini di carne trita poco per volta dentro al cappuccio. Fatti i voli di addestramento preparo la razione quotidiana in piccoli pezzi che metto all’interno di un vecchio cappuccio e lascio che lo smeriglio la prenda come se fosse in una piccola ciotola di cuoio. Il rapace comincera’ a vedere il cappuccio come qualcosa di positivo e muovera’ la testa in quella direzione, come gli abbiamo insegnato. Quindi comincio a far scivolare il cappuccio sopra la testa mentre sta mangiando, glielo lascio un attimo e poi lo tolgo.

Gli smerigli non sopportano bene di essere incappucciati, soprattutto sul campo, quindi non preoccupatevi se il vostro smeriglio non sara’ perfetto nell’incappucciamento. Ho visto che incappucciarli mentre mangiano al pugno e’ il metodo meno difficile. Ho avuto un solo smeriglio che non si fece incappucciare correttamente per tutta la stagione.

RIDUZIONE DEL PESO

L’abbassamento del peso deve avvenire molto lentamente, non piu’ di pochi grammi al giorno. Mai lasciare intenzionalmente a digiuno uno smeriglio. Ne ho avuti pochi che non hanno mangiato il primo giorno. Ne ebbi uno che non fui capace di far mangiare per tre giorni, lo liberai e ne catturai un altro, credo sia piu’ facile gestire il peso di uno smeriglio calcolando la percentuale sul peso che non catturarne uno al giorno! Cio’ aiuta molto coloro che non hanno mai maneggiato piccoli rapaci. Bisogna capire la loro mentalita’ , dove ogni grammo conta. Un calo di 4 grammi non sembra molto, pero’ e’ un calo del 2% del peso corporeo, per uno smeriglio 4 grammi e questo 2% del peso corporeo sono la stessa cosa.

Consiglio un calo di peso di uno o due grammi al giorno se necessario, mai piu’ del 2% al giorno.

COSTRUIRE UN LOGORO

articolo smeriglio 0011Adopero un piccolo logoro di cuoio con una cordicella di quelle impiegate nel paracadutismo, lego un laccio a meta’ della linea e riempio l’altra meta’ con BB. Questo permette di avere un logoro leggero e morbido, pero’ contemporaneamente pesante quanto basta per evitare il carreggiamento.

Gli smerigli adorano il logoro. La maggior parte rientra al logoro da qualunque distanza.
Presentateglielo quando sta volando al pugno fuori all’aperto, da circa 6 metri di distanza. Fate un po’ di voli al pugno, mettete il logoro ben guarnito per terra. Mettere tanto cibo come per una buona ricompensa, pero’ poi fatelo saltare al pugno per finir di mangiare. Una zampa di pernice puo’ bastare. Se ti sembra che non salti puoi accucciarti a terra e se necessario fallo saltare a terra e camminare sino al logoro. Assicurati di tenere con il piede la corda del logoro ed evita qualsiasi cosa che possa farlo trascinar via. Lascia che si tranquillizzi e che mangi. Una volta che ha terminato mostragli il pugno con il cibo e fallo salire. Presto si lancera’ dalla pertica non appena tiri fuori il logoro dal giubbotto.

Non addestro i miei rapaci a prendere il logoro in aria, non che sia male farlo, solo che a me non piace. Non credo che sia necessario a meno che non stiate pensando di far fare delle passate. Quello che faccio e’ di trainare il logoro a terra e lasciare che lo smeriglio ci si posi sopra. Poco tempo dopo che vola libero e caccia, smetto di guarnire il logoro, ma mai ho notato diminuire l’interesse per il logoro. Mentre lo smeriglio mangia sul logoro ho l’abitudine di dargli dei pezzetti di carne. In tal modo sara’ facile togliergli la preda catturata quando andra’ a caccia. Quello che cerchiamo di ottenere e’ che accetti la nostra vicinanza.

RILASCI

articolo smeriglio 0012Poco prima di iniziare l’addestramenti in filagna comincio con i rilasci di passeri. Non lo faccio per insegnare allo smeriglio come uccidere o per fargli capire che i passeri sono appetibili. E’ invece l’inizio dell’addestramento per evitare il carreggio. Desidero sapere la sua reazione con un passero tra i suoi artigli prima che succeda sul campo. L’obiettivo di questa parte di addestramento e’ di abituare il rapace ad attendere il tuo arrivo senza carreggiare.

Per il primo rilascio preferisco fare un paio di voli al pugno in filagna. Poi mi siedo a terra e lancio un passero ad un paio di metri. Conoscendolo, lo catturera’ subito. Non faccio nulla. Lascio che lo uccida e poi tentero’ di prenderlo, lasciandolo pero’ legato a qualcosa che non permetta al rapace di portarselo via. Rimango seduto immobile senza fissare lo smeriglio. Presto si calmera’ e comincera’ a mangiare. Solo dopo che ha consumato piu’ della meta si puo’ iniziare a stabilire un contatto visivo diretto. Se vi sembra che sia tranquillo potreste provare a dargli un pezzetto, prima che abbia dei segni di nervosismo lascialo terminare e poi offrigli del cibo al pugno.

I giorni seguenti ripeti la procedura, terminando con un rilascio di passero. In pochi giorni dovresti poter camminare vicino al rapace mentre mangia. Avvicinati alla cattura e dai al falco una cortesia, allontanati sei o sette metri, avvicinati di nuovo e dagli ancora un pezzetto. Devi farlo un po’ di volte mentre mangia.

Una volta che ti sembra tranquillo quando ti avvicini e ti pare che abbia capito che gli offri sempre del cibo, puoi cominciare a togliergli la preda. Aspetta che abbia spiumato e cominci a mangiare il passero, poi tenta di togliergli la preda. Se ti sembra nervoso non lo guardare e offri una cortesia e poi qualcosa sul guanto in modo che ci salga. Normalmente in pochi giorni lascera’ il passero per salire al pugno.

INTRODUZIONE ALLA CACCIA (SU PREDE GIA’ LOCALIZZATE)

Entriamo nel difficile. Addestrare uno smeriglio a tornare al pugno non e’ un gran lavoro, sono solitamente molto mansueti e arrivano al pugno in poco tempo. Cacciare e’ un’altra cosa.
Gli smerigli di passo hanno un metodo di caccia gia’ radicato che da’ ottimi risultati
sul campo. Sono molto variabili al riguardo ed alcuni molto inflessibili. La tua prima considerazione per scegliere un metodo di caccia e’ se preferisci adattarti al metodo di caccia che pare che lo smeriglio preferisca o se preferisci che si adatti al tuo metodo.

Il mio primo smeriglio era molto testardo, ma sicuramente dovuto anche alla mia inesperienza e succedeva che ignorava qualsiasi rilascio che facevo, pero’ partiva con slancio per inseguire qualsiasi uccellino volando per piu’ di 70 metri. Evidentemente era come se stesse cacciando in natura.

La mia coppia Lilly e Rose erano totalmente differenti da quel primo smeriglio ed anche ben distinte l’una dall’altra. Lilly fu molto rapida nell’addestramento e seguiva qualsiasi rilascio di qualsiasi forma. Catturo’ passeri, tortore, prispoloni, pettirossi ed anche un beccaccino.
In cambio Rose era un inferno. Era chiaro che era una cacciatrice di insetti e catturo’ varie libellule e grilli ai suoi primi voli, ignorando completamente i passeri. Dopo due settimane frustranti decisi di farle rilasci di passeri tutti i giorni per una settimana. Dopo che catturo’ il primo divento’ terribilmente efficace. Pero’ non insegui’ nessun’altra cosa, aveva occhio solo per i passeri.

TIPO DI VOLO E CATTURE

falco smeriglioCi sono molte forme di cacciare con gli smerigli: voli di inseguimento, altani, dal pugno, da una pertica a T, dagli alberi, picchiate e sono sicuro che ce ne sono alcune che non ho visto. Ho molte prede a disposizione, passeri, stornelli, merli, tortore, quaglie e beccaccini.

Il metodo nel quale qualificherei il mio stile di caccia con lo smeriglio e’ “libero” su prede precedentemente localizzate. Una volta sul campo scappuccio lo smeriglio, gli metto la trasmittente, tolgo i geti e lo lancio. Poi mi metto a camminare in cerca di prede. Lo smeriglio vola vicino al campo per qualche secondo scaldandosi i muscoli prima di appoggiarsi in qualche albero vicino. Ci sono comportamenti differenti tra gli smerigli che ho maneggiate, alcuni passano la maggior parte posati nella speranza che si alzi qualcosa, altri volano nei miei paraggi posandosi ogni volta che sono stanchi. Quando si alza un passero guardo attentamente dove si posa e me lo tengo in mente.

Una volta lasciato il posto mi metto in posizione ed uso il logoro per richiamare lo smeriglio quando si alza il passero. Ci sono diversi modi per far involare il passero, allontanandosi dallo smeriglio verso la sua traiettoriadi volo o da un lato. Conseguentemente ci saranno differenti voli a seconda del modo di farlo involare, ci si deve imprimere bene quale sara’ la piu’ efficace per il tuo smeriglio. La maggior parte delle volte cerco di far involare i passeri mentre lo smeriglio arriva da un lato della sua traiettoria. Se il sole e’ basso all’orizzonte e’ di molto aiuto far involare il passero con il sole proprio dietro allo smeriglio, cio’ gli dara’ un leggero vantaggio.

LA CATTURA

falco smeriglio2In questo contesto probabilmente mi differenzio da molti falconieri che volano smerigli. Durante la mia prima uscita di caccia quando i miei rapaci catturano un passero non faccio NULLA. Questo e’ un concetto molto difficile da comprendere per molti falconieri. La maggior parte di noi ha letto molti libri e ascoltato diversi falconieri descrivere una vasta gamma di tecniche per avvicinarsi ad una preda. Dall’inizio ci hanno insegnato che quando il nostro falco cattura qualcosa noi, a nostra volta, dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo andare li’ e assicurare il falco e la sua preda. Nulla di cio’ e’ certo se si va’ a passeri con una femmina di smeriglio di passo. Sospetto che non sia necessario nemmeno con un maschio. Una femmina di smeriglio puo’ portarsi un passero su un albero, mangiarselo e con tutto cio’ arrivare al pugno in ogni occasione. Ho cacciato centinaia di passeri che gli smerigli si sono portati sugli alberi per mangiarseli e tutti sono scesi perfettamente al pugno.

Non mi preoccupo assolutamente di insegnare a non carreggiare o a nascondere la preda. Come si e’ detto precedentemente, il mio obiettivo e’ di ottenere che i miei falchi caccino il piu’ presto possibile. Nascondere la preda verra’ con il tempo ed il carreggio non e’ un problema. Di fatto penso che il carreggio puo’ salvare la vita al tuo falco. Un rapace uccise uno dei miei smerigli che aveva appena catturato un passero e stava a terra. Di contro ho avuto smerigli inseguiti dozzine di volte da rapaci mentre carreggiavano e sono sempre riusciti a sfuggire ai loro inseguitori. Penso che uno smeriglio in ottima forma fisica si possa difendere da qualsiasi rapace che solca il cielo.

Se trascorri settimane o addirittura mesi ad insegnare ad un falco a non carreggiare, credo che questo tempo si utilizzi meglio cacciando ed instaurando un buon rapporto con il falco.
Uno smeriglio non smette di carreggiare sino a che non ha stabilito una certa confidenza con il falconiere sia sul campo o in fase di addestramento.

In conclusione non mi importa se il mio falco carreggia. Se va a nascondere deve carreggiare e se non va a nascondere la preda preferisco che il mio falco se la mangi su un albero che non al suolo.

NASCONDERE LA PREDA

Mi dispiace, ma qui non troverai un metodo per addestrare il tuo falco a non nascondere la preda. Ho constatato che la propensione a nascondere cessa quando il peso e la forza del falco aumentano. La maggior parte dei miei falchi ha iniziato a nascondere verso la fine della loro prima stagione e quelli mutati hanno iniziato invece molto prima della loro seconda stagione. Entrambi i comportamenti hanno coinciso con l’aumento del peso.

Ho notato che i miei falchi sono piu’ propensi a nascondere se catturano presto nella giornata di caccia, quando hanno ancora molta energia. Se invece catturano verso la fine della giornata, quando sono gia’ stanchi, cercano di portare la preda su un albero per mangiarla li’. Nascondere la preda succede solitamente quando il falco e sicuro che tu gli procurerai piu’ prede, sia mediante molta caccia o con elaborate sessioni di addestramento.

Con gli anni sono stati pubblicati numerosi modi per insegnare agli smerigli a non nascondere la preda. Cerchero’ di ripubblicarne alcuni in questo articolo, a beneficio dei lettori.

L’unico inconveniente del nascondere la preda e’ che se non riesci a recuperarla il tuo rapace si perde un pranzo nutriente.

VOLARE IN COPPIA

Falco_columbarius_pair_Auburn_NY_2Gli smerigli che si volano in Falconeria non raggiungeranno mai il livello dei loro simili selvatici in merito a velocita’, agilita’ e resistenza. Tuttavia due volte ci sono andato abbastanza vicino.

La prima volta fu con una femmina mutata che liberai alla fine della seconda stagione. La liberai nel campo di caccia dove cacciavamo tutti i giorni. Per due settimane tornai al campo tutte le mattine e la chiamavo agitando il logoro, si cominciava poi a cacciare. Al termine le lasciavo mangiare la cattura o se non avevamo avuto successo, le davo del cibo e la lasciavo sul campo. Dopo 3 giorni la sua forza e resistenza erano notevolmente aumentati. Dopo la prima settimana era incredibile, era capace di volare dietro gli uccelli con poco sforzo. La seconda settimana appari’ per la caccia solo a giorni alterni ed alla fine della terza settimana spari’.

La seconda volta fu’ quando volai la coppia di femmine della sottospecie columbarius, Lilly e Rose.

PERCHE’ UNA COPPIA?

Due rapaci sono meglio di uno? Non so se dire che e’ meglio o che con una coppia si cattureranno piu’ prede che non con un solo rapace. Pero’ non ho dubbi su come fu emozionante, azioni senza tregua.

Per la stagione di Falconeria 2002 mi ero fissato come obiettivo la caccia ai beccaccini. Comprai un terzuolo di Barbary, avevo terreni perfetti per la caccia al beccaccino, mi presi un nuovo cane. Era tutto pronto. Pero’ poi il falco fu ucciso da un gufo reale americano. La migrazione era appena cominciata e non avevo tempo di catturare uno smeriglio. Volevo cacciare beccaccini e non li avevo mai catturati con uno smeriglio. Pertanto decidetti di volare una coppia.

La coppia non fu la soluzione per cacciare beccaccini. Pero’ il motivo principale per volare una coppia, era di vedere il livello di caccia, paragonabile solo a quello degli smerigli selvatici. La competitivita’ che c’era tra i rapaci faceva si’ che volavano piu’ rapidi, piu’ resistenti e piu’ a lungo di tutti gli smerigli che avevo addestrato.
Quando li volavo in coppia inseguivano qualsiasi preda che si involava sino a che la preda inseguita o si nascondeva o veniva catturata. Non interrompettero mai un inseguimento.
Non ricordo una stagione durante la quale mi divertii cosi’ tanto e vidi i voli piu’ belli.

LE PREOCCUPAZIONI INIZIALI

Il primo problema era entrare ed uscire dal terreno di caccia. Dovevo parcheggiare al lato della strada, saltare una staccionata e raggiungere un posto ad una distanza sicura, prima di liberare i rapaci. Li portavo incappucciati su una piccola pertica di plastica, poi li lanciavo in volo, ripiegavo la pertica e la mettevo nel giubbotto. A meta’ della stagione ebbi la possibilita’ di arrivare in auto sino al posto di caccia e liberavo i rapaci dalla macchina. Tuttavia utilizzavo spesso la pertica per il rientro dei falchi in macchina.

Pensavo che sarebbe stato meglio cacciare prede piu’ grosse come tortore o beccaccini, perche’ temevo che i passeri, essendo molto piccoli, potessero indurre i falchi ad inseguirsi per sottrarsi la preda.

Al contrario, finirono per litigare sulla preda grossa, ignorandosi invece quando uno prendeva un passero. Penso sia molto importante far catturare prede grosse, prima di far cacciare insieme i falchi. Durante la prima settimana di voli in coppia, Lilly faceva molti inseguimenti e catture e Rose comincio’ ad insegmerlinuire Lilly ogni volta che catturava. Cio’ era dovuto al fatto che Rose non aveva mai catturato prede grosse prima di volare in coppia, ma solo passeri.
Risolsi il problema separando la coppia per una settimana, durante la quale Rose fu in grado di catturare prede per conto suo.

All’inizio, quando uno dei falchi catturava, chiamavo l’altro con il logoro, lo incappucciavo e lo mettevo in pertica, poi andavo a recuperare l’altro con la preda. Feci cosi’ un paio di volte, poi non lo ritenni piu’ necessario. Ignoravo il falco che aveva catturato e continuavo la caccia con l’altro.

ADDESTRAMENTO

Addestrai i rapaci separatamente, sino a che catturavano per conto proprio. L’unica differenza era che li tenevo entrambi su una pertica e potevano stare a una trentina di cm di distanza. Questo per far si’ che una volta messi insieme in volo si riconoscessero, sperando che non si considerassero una minaccia.

Feci cappucci per entrambi, li addestrai a volare al pugno, li richiamavo con lo stesso logoro, li volai liberi e li introdussi alla caccia, separatamente. Poi iniziai a volarli insieme.

LA CACCIA

falco smeriglio 3Ho volato sette smerigli, cacciando principalmente passeri, pero’ hanno catturato una gran varieta’ di prede. Il modo migliore per descrivere il mio metodo di caccia con gli smerigli, e’ “libero” con prede localizzate precedentemente. In sintesi, involo lo smeriglio, cerco la preda e tengo in mente il posto dove si posa, poi lo richiamo prima di farla involare.
La maggior parte degli smerigli che ho volato, per lo piu’ stavano in pianta sperando in una possibile cattura. Volai la coppia allo stesso modo. Tuttavia questa passava la maggior parte della giornata di caccia, in genere due ore, in ala. Credo che questo fosse dovuto alla competitivita’ tra i due, entrambi preferivano esser pronti per una possibile cattura.

Il novanta percento della stagione di caccia la passai in un pascolo di mucche di 4.000 acri (1.600 ettari), per lo piu’ senza alberi e con erba di 3 centimetri, arbusti di palme e cespugli di erba compatta di mezzo metro di diametro. Non potevo immaginare posto migliore per volare gli smerigli in Florida.

Inizialmente commisi l’errore di tenere in posizione entrambi i rapaci ogni volta che si alzava una preda. Il problema era che uno di loro si metteva in posizione per primo e lo lasciavo sino a quando si posizionava anche il secondo. Tuttavia il primo stava poi fuori posizione e mi resi conto molto presto che frustravo entrambi. Quindi iniziai a far involare la preda per il rapace gia’ posizionato. La cosa funziono’ bene, anche perche’ se il primo mancava la preda, il secondo continuava l’inseguimento.

La grande differenza che riscontrai negli inseguimenti. paragonando alla caccia con un solo smeriglio, era che volando in coppia non lasciavano mai a meta’ un inseguimento. Non ricordo che sia mai successo.

Inseguivano ogni preda sino a che la catturavano o veniva ferita, la distanza non era importante. L’inseguimento piu’ lungo e con cattura, fu di quasi un quarto di miglia. Tuttavia la maggior parte delle prede furono catturate appena si involavano.
I falchi volavano due ore al giorno ed erano in un’incredibile forma fisica. Diverse giornate di caccia duravano anche quattro ore con i falchi che volavano resistenti tutto il tempo. I primi che si stancavano erano il falconiere e sua moglie.

Cosa facevo quando uno di loro catturava un passero? Nulla. So’ che cio’ puo’ essere difficile da comprendere per la maggior parte dei falconieri: ci insegnano dal principio che si deve agire quando il falco cattura. Esistono numerose tecniche per recuperare la preda e far venire al pugno il falco, rare volte si vede qualcuno che acconsenta che se la mangi su un albero.
La fortuna di catturare passeri con una femmina di smeriglio e’ che si puo’ mangiare tutto il passero e con tutto cio’ tornare al pugno. Ho cacciato centinaia di passeri, che per lo piu’ poi si mangiavano su un albero, e mai ho lasciato uno smeriglio sul campo.
Non sono contrario a togliere la preda allo smeriglio, a volte lo faccio, pero’ non mi preoccupo se vola su un albero e non esagero con l’addestramento per evitare il carreggio.

Quando uno dei due catturava un passero e si posava a terra o se lo portava su un albero, l’altro smeriglio lo ignorava. Io continuavo la caccia con l’altro nella direzione opposta.

Quando un falco catturava, mi mettevo una sveglia di quindici minuti all’orologio. Se trascorso questo tempo il falco non nascondeva o non mangiava la preda, tornavo e lo recuperavo.

In genere il falco che aveva catturato volava sugli alberi e nascondeva il passero per poi unirsi di nuovo alla caccia. Sono certo che la competitivita’ favoriva il nascondere la preda perche’ desideravano tornare a cacciare.
Pero’ spesso succedeva che volavano via e si mangiavano il passero. Lilly quasi sempre tornava dopo aver mangiato, posandosi ai miei piedi. Invece Rose dovevo andare a recuperarla, ma scendeva sempre.

La caccia con due smerigli e’ quasi sempre come un numero da giocoliere che richiede un alto livello di confidenza con il tuo falco. Devi solo essere meno rigido. Se corri dietro al falco ogni volta che vola fuori dalla tua visuale, con o senza preda, non avrai molto successo a caccia.

Mi dava sicurezza avere la radio. Se un falco spariva per un paio di minuti, potevo localizzarlo e sapere se stava sul terreno di caccia. Utilizzavo la radio Tracker Maxima, che mi sembro’ molto utile e conveniente.

Non consiglierei a nessuno di volare una coppia alla prima esperienza con gli smerigli. Senza dubbio raccomanderei caldamente di sperimentare il volo in coppia con qualche falconiere che ha volato con successo alcuni smerigli.

Gli smerigli sono falchi molto adattabili e si possono volare in disparati modi e su una vasta gamma di prede. In questo capitolo abbiamo illustrato solo le sue capacita’. E’ impossibile descrivere tutti i modi per volare uno smeriglio in un solo articolo.
Se pensi di essere pronto alla sfida con uno smeriglio, ti consiglio di uscire con qualcuno che ci va a caccia, per imparare tutto il possibile su questo piccolo bolide.
Molte volte imparerai di piu’ con un giorno sul campo che non con pagine e pagine di testi.
La caccia con gli smerigli e’ nei limiti delle capacita’ della maggior parte dei falconieri.
Invito chiunque a provarla e a divertirsi.

Eric Edwards

Si ringrazia per la traduzione: Margherita Sporeni alias “Volovia”

Riproduzione Riservata – Articolo pubblicato sulla rivista di falconeria “La Alcandara” edita dalla AECCA e pubblicato su www.falconeria.org, con il permesso della AECCA

Addestramento di falchi d’ alto volo attraverso l’adattamento progressivo naturale

addestramento falconi altani 0001

Chiunque abbia avuto la fortuna di vedere di veder volare qualcuno dei suoi falchi più memorabili (Borbun, Brujula, Ketchup, Bloody Mary) sarà stato sicuramente segnato per sempre dall’impronta del suo stile personale, difficilmente comparabile con la maggior parte dei voli tradizionali d’altaneria che si siano mai visti fino ad ora.

addestramento falconi altani 0002Il processo di addestramento inizia con una scrupolosa osservazione dello sviluppo dei pulli durante il periodo dell’allevamento. E’indifferente che questo avvenga con incubazione naturale o artificiale e anche che i pulli siano cresciuti dai genitori, da una balia o per mano dell’uomo, fino al settimo giorno di età.
Da quel momento, i falchi (mai meno di due per favorire il necessario processo di socializzazione intraspecifica) dovranno essere alimentati dai genitori in un lasso di tempo che varia dai 25 ai 30 giorni.
Un periodo inferiore ai 25 giorni può significare un deficit di imprinting parentale, che può causare una permeabilità verso l’essere umano che lo gestirà in futuro. Oltre i 30 giorni invece si può verificare un rifiuto verso il falconiere e la comparsa indesiderata del fattore paura.
addestramento falconi altani 0002bRaggiunta questa età, i pulli vengono presi dalla voliera di riproduzione; sarebbe ideale formare coppie di individui dello stesso sesso, che ne agevola la gestione, riducendo al minimo le differenze di comportamento e di progressiva maturazione, che in questo modo raggiungono la massima sincronia. Mettere assieme sessi differenti può significare un risultato diverso dello sviluppo fisico e mentale dei soggetti. E’molto più facile e lineare maneggiare una coppia di falchi dello stesso sesso e di pari età.
I due rapaci vengono posti in un nido artificiale, protetto da uno schermo in plastica trasparente (tipo metacrilato) che consenta loro di guadarsi attorno, senza ricevere aggressioni esterne (da animali domestici, bambini o sconosciuti) e senza lanciare le proprie deiezioni fuori dal cilindro, che deve essere perfettamente progettato e rivestito in modo tale da essere pulito con frequenza e facilità.
addestramento falconi altani 0003I pulli vanno collocati in questa nuova sistemazione, spostandoli nei luoghi più trafficati della casa, in modo che progressivamente si abituino al via vai quotidiano di umani, di cani etc.
Conviene far loro quanta più compagnia possibile e portarli in ambienti diversi, sia in auto che a piedi. Più sono le situazioni che conoscono in questa fase e considerano all’ordine del giorno, meno saranno i problemi che incontreranno successivamente sul campo durante la gestione quotidiana da parte dei futuri falconieri. E’ opportuno iniziare ad utilizzare il cappuccio in modo costante fin dal 35° giorno . Il processo più delicato riguarda il modo in cui vengono alimentati i falchi, che non devono mai associare l’uomo alla fonte di sostentamento quotidiano . E’ altrettanto importante non ripetere il modo in cui si fa arrivare loro il pasto , dato che in brevissimo tempo sono in

L'autore Fran Bolinches
L’autore Fran Bolinches

grado di sviluppare un condizionamento, associando rapidamente ciò che accade prima del “miracolo“ dell’apparizione con l’apparizione stessa. Il primo giorno si alimentano apertamente con le mani , dando imbeccate durante tutto l’arco della giornata , ,in modo che vadano perdendo la paura .Dal giorno successivo ,senza che vedano chi li alimenta, si da loro da mangiare 4 o 5 volte al giorno posizionando un piattino con la carne tagliata , in modo che possano mangiare da soli e “non abbiano fame“ e quindi non pigolino .
Durante il resto del giorno staranno col falconiere o chi per lui: famiglia, auto , cani , lavoro,etc…adattandosi al tutto in modo completamente naturale.

Vanno mantenuti così, completamente sazi,come farebbe la madre al nido , dando loro pezzi di cibo via via più grandi , sempre con frammenti di osso per il corretto apporto di calcio .Dopo pochi giorni si inizia a mettere il pasto sul logoro , in modo tale che inizino ad associare le due cose . Sarà necessario un piatto per il pasto o un logoro per addestramento falconi altani 0005ogni falco, onde evitare che diventino possessivi e prendano cattive abitudini come quella di coprire . Contemporaneamente si introduce il cappuccio e, sempre se possibile, si prendono al pugno e si portano in giro, o si gioca con loro per terra ; maggiore è il contatto con tutta la famiglia e meglio è.
In men che non si dica, dal 35° giorno di vita , iniziano a giocare tra loro ,a scorrazzare , a battere le ali . E’ importante tirarli fuori dal nido artificiale e posarli in giardino, se possibile, o per terra , in modo tale che abbiano lo spazio sufficiente a fare i loro esercizi; così facendo in breve tempo interagiscono con tutto ciò che li circonda , ottenendo un rapido sviluppo sia fisico che mentale .
In questi giorni si posizionano sulla mensola a parete , in terrazza, in modo che si possano già ambientare e si armano con i braccialetti di sicurezza e riconoscimento in ottone realizzati da Fran Bolinches ; questo tipo di bracciali fa si che non possano mai scappare per averli beccati e ,in caso si smarrissero e qualcuno li ritrovasse, possa immediatamente rintracciare il proprietario . Contemporaneamente si montano i geti super resistenti in kevlar , in grado di girare perfettamente negli occhielli del braccialetto grazie al bottone in ottone, studiato appositamente perché non si aggroviglino. Infine si aggiunge la girella e si legano per la prima volta alla mensola, con la lunga di sicurezza in acciaio ed il moschettone di aggancio rapido, anch’essi disegnati da Fran per questo scopo. Con tutta questa attrezzatura così allestita non occorre tornare indietro a verificare di aver fatto bene il nodo, se il falco è scappato perché ha beccato uno dei lacci di cuoio con cui lo hai armato o se si è annodato i geti con la lunga.
addestramento falconi altani 0006Tutti questi possibili problemi hanno causato diversi incubi ai falconieri. In questo momento si montano anche l’attacco a zainetto e la trasmittente. E’molto importante non lasciare niente al caso in nessuna delle fasi dell’addestramento. E’prioritario fare in modo di prevenire qualsiasi possibile anomalia o incidente provando a socializzare con i nostri rapaci e le loro necessità e mettersi i condizione di affrontare qualsiasi situazione inadeguata fin da subito, cosa che richiede una buona dose di intuizione.
A partire dal 40°giorno si inizia a giardinarli, visto e considerato che vanno di pari passo nella crescita fisica e mentale. In questa fase dobbiamo avere pulli sani che si nutrono autonomamente, crescono, non pigolano, non hanno paura, giocano ed interagiscono, sia coi fratelli che con gli esseri umani e gli altri animali che sono parte integrante dei loro spazi e tempi.
A questa età conviene prenderli al pugno e portarli alla loro futura zona di volo, iniziando l’allevamento controllato all’aperto. Per realizzare l’allevamento si allestisce un nido artificiale sul tetto dell’auto nel quale si fa loro trascorrere un’ora al giorno, in modo che si abituino progressivamente, giochino, si esercitino e familiarizzino con ciò che li circonda e vi si adattino in modo naturale.
In questa fase i falchi maturano, si intrattengono con i voli dei rondoni, dei piccioni e degli storni, addestramento falconi altani 0006bsentono il richiamo del vento, e le loro ali iniziano ad identificare la zona come il loro territorio. Nel caso di Fran lui utilizza una zona peri-urbana che potrebbe sembrare inadeguata per gli agglomerati e le infrastrutture che la compongono, ma che si rivela una scuola di apprendimento insuperabile, in base ai chiari risultati ottenuti una stagione venatoria dopo l’altra.
Paradossalmente in altre aree, apparentemente molto più appropriate, come ad esempio il rustico indipendente di montagna di Bolinches, che si trova nell’entroterra, questo tipo di allevamento non può essere effettuato a causa della presenza di aquile del Bonelli (Aquila fasciata) selvatiche, che possono compromettere l’incolumità dei giovani falconi inesperti. La prima volta che i pulli vengono portati alla zona di allevamento campestre, sono già in grado di nutrirsi sul logoro al quale sono già stati introdotti a casa nei giorni addestramento falconi altani 0007precedenti, perciò prima di terminare la sessione, si presenta loro un facile logoro guarnito cadauno, in modo che mangino a volontà col falconiere che rimane in secondo piano per non interferire nel delicato processo di alimentazione. Nei giorni successivi i logori verranno serviti ogni volta più distanti l’unodall’altro: uno sul tettuccio dell’auto e l’altro per terra. Intanto, i pulli, passano dai quattro pasti al giorno, che facevano all’inizio del processo, ai due di adesso: il primo, più leggero, al mattino, ed il secondo, più consistente, nel pomeriggio sul campo di volo. Piano piano i falchi passano dalle svolazzate per esercitarsi ai primi voli e da questo alle prime gare di inseguimento.
Non è difficile dover andare a recuperare gli inesperti alunni dalla cima di qualche albero nei paraggi, prima che imparino ad andare e tornare al proprio nido artificiale. E’di grande aiuto posizionarsi in un punto elevato (se possibile il più elevato di tutti) addestramento falconi altani 0007bcome la cima di un monte, il bordo di una rupe, etc, cosicché i giovani “studenti di ballo aereo” riescano a trovare più facilmente termiche di rimbalzo che li aiutino a salire meglio e secondariamente evitino la cattiva abitudine di posarsi in punti elevati (torri, edifici, alberi) dato che il luogo più attraente e più visibile sarà proprio il loro nido. In caso di tempo avverso (vento, rischio di tormenta, pioggia) è meglio annullare o posticipare la lezione quotidiana piuttosto che rischiare una brutta esperienza o un possibile incidente. Se tutto avviene normalmente, i pulli si trasformano in falchi di ramo in poche settimane: volano, giocano, si inseguono, crescono e, senza accorgersene, maturano.
Tornano al proprio nido senza indugi e vengono alimentati sui propri rispettivi logori. Una volta incappucciati vengono riportati in falconiera o in giardino fino alla lezione addestramento falconi altani 0008successiva. Si susseguono così gli eventi finché, verso i sessanta giorni di età, i falchi sono soliti trovare la loro prima termica ascendente che li fa salire in modo differente. Queste termiche devono essere sfruttate nel miglior modo possibile, cercando di fissare nella mente del falco che qualsiasi salita rilevante in altezza è sinonimo di un premio e una ricompensa immediata.
Considerando che i falchi montano la prima termica della loro vita, vanno premiati immediatamente con un buon logoro prima che si allontanino svogliati o salgano eccessivamente dato che c’è un alto rischio di perdita in questo primo periodo legato alla scarsa abilità nel volo. Intanto i giovani allievi hanno più fame, avendo ridotto i pasti dai due di prima ad uno solo alla sera, offerto al logoro e come ricompensa nel momento migliore del volo.
addestramento falconi altani 0009Ogni giorno si fanno salire un po’ di più e in una di queste occasioni si sostituisce il logoro con un piccione legato ad una corda estensibile che si può allungare e accorciare a piacere. In questo modo imparano a salire ed ad attaccare il vivo, associando l’ottenimento del risultato alla figura del falconiere. Proveranno a predare qualche selvatico, ma solitamente senza successo, imparando così ad associare il volo e l’atteggiamento di caccia alla posizione del falconiere. In poche sessioni smettono di attaccare in questo modo e si mettono a monte per catturare la facile ricompensa che gli offre il falconiere nel momento migliore del volo.
Nella periferia urbana nella quale Fran abilmente porta avanti questo tipo di addestramento, c’è una grande quantità di piccioni selvatici. Nei primi giorni i falchi li attaccano senza successo, o nel migliore dei casi, arrivano ad artigliarne qualcuno sopra le cime della pineta adiacente, dove li perdono definitivamente.
addestramento falconi altani 0010Quando tornano a posizionarsi in alto, vengono premiati con un piccione legato cosicché smettono di inseguire altre prede e migliorano progressivamente le quote da cui attaccare.
Ad oggi, gli altimetri in tempo reale hanno rivoluzionato questo tipo di addestramento, visto che ci consentono di conoscere con tempismo e precisione quale sia il miglior momento e la posizione idonea per premiare il falco.
Gli altimetri grafici aiutavano molto ma ci condizionavano ad apportare le modifiche ai voli successivi, non a quello che si stava svolgendo in quel momento. I telemetri potevano trarre in inganno o come minimo erano imprecisi. Grazie a questa nuova tecnologia possiamo conoscere il progressivo miglioramento del volo del nostro falco e premiarlo nel momento più adeguato.
Mano a mano che passano i giorni i falchi vanno consolidando questo tipo di volo ed arrivando a posizionarsi ad altezze molto elevate. In quel momento si premierà quello sforzo, quel risultato.
addestramento falconi altani 0011D’ora in poi va favorita la posizione ideale di caccia, cioè col falco becco al vento, leggermente avanzato rispetto alla verticale del falconiere. Se possibile premiamo sempre il falco quando sale in volo battuto. Contemporaneamente stabiliamo una comunicazione aperta col rapace, che consiste nell’utilizzare una scala di premi, dato che non riceverà alcuna punizione; usiamo solo rinforzi positivi. Se il falco si colloca a posizione ed altezza desiderate lo premiamo con un piccione legato. Se un giorno sale meno del solito invece gli diamo il logoro. In entrambi i casi il falco riceverà lo stesso gozzo, ma è evidente come preferisca uccidere un piccione vivo, e soddisfare il proprio istinto piuttosto che scendere su una inerte falsa preda per saziare il suo appetito. Affidandoci a questo desiderio di catturare il vivo, otterremo il massimo sforzo da parte dei giovani falconi. Se arriviamo al giorno in cui tutti i voli saranno buoni alla stessa maniera, lo premiamo in modo alterno con un piccione e un logoro; se qualche falco non fa distinzioni non saremo noi a forzarlo.
Per molti giorni i pulli volano per una o due ore, permettendoci di scegliere i momenti più adeguati per premiarli. Se le condizioni meteo cambiano bruscamente è meglio non forzare ed attendere un tempo migliore per introdurre progressivamente i falchi a situazioni più difficili, nelle quali alla fine sapranno cavarsela con pari o uguale maestria. Arriv

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L’autore Fran Bolinches

ati a questo punto, è meglio farli volare in momenti diversi, così da poter affinare il momento in cui premiarli, visto che i due rapaci non si troveranno praticamente mai contemporaneamente nella giusta posizione. E’meglio controllare un solo falco e premiarlo a volontà nel momento più appropriato, che volarne due contemporaneamente e dare una ricompensa sbagliata o in controtempo. La cosa migliore è alternare gli orari di volo, così da permettere ad entrambi i falchi di misurarsi con situazioni differenti, considerando che in genere ai rapaci risulta tanto più facile montare quanto più si addestrino intorno alle ore centrali della giornata. Già con falchi altani e ben posizionati , Fran inizia a sviluppare un codice di segni che in seguito può essere applicato a caccia. Ogni volta che va a servire, si mette un vistoso cappello arancione, cosicché, in poche sessioni, i suoi falchi lasciano quello che stanno facendo per posizionarsi nel miglior modo possibile prima del segnale dell’imminente picchiata. Questo consente di evitare di gesticolare o roteare vistosamente il guanto, giacché in futuro, potrebbe significare un indesiderato disordine durante la caccia.
Un altro segnale che utilizza è un nastro colorato che mostra quando logora. Così facendo in poche sessioni, il falco associa il nastro al logoro che gli viene offerto subito e questa associazione lo spinge a salire un po’ di più, dato che ha imparato che se raggiunge una certa altezza gli può essere offerto un piccione legato.
Appena il gesto col nastro è stato fissato, si sostituisce con lo stesso movimento con la mano (quindi senza nastro), ottenendo lo stesso effetto ed ampliando il codice di comunicazione ad effetto. Inoltre succede che, facendo qualche passo in avanti, il falco salga un po’ di più. Così nei giorni di molto vento in cui il falco si stanca e si ferma ad una certa altezza , con qualche passo se ne riattiva il volo. Man mano che passano i giorni e si avvicina l’autunno, i falchi sono via via più forti, più abili , mentre il tempo peggiora, le ore di luce diminuiscono, ci sono meno correnti ascendenti e devono sforzarsi molto di più per ottenere gli stessi risultati. Parallelamente avremo cambiato campi di volo, cosicché possano, vogliano e sappiano volare su altri tipi di terreno e condizioni di altezza, pressione atmosferica, temperatura e umidità relativa, dato che se si stufano o si abituano ad una certa zona o a condizioni meteo sempre uguali, potrebbero in futuro rifiutarsi di volare in condizioni differenti. Tutto questo permette che, arrivato il desiderato giorno dell’apertura, il falconiere si presenta sul campo con falchi completamente sicuri del loro proprio compito, con tutto il potenziale fisico e mentale sviluppato. Ora basta che il campo faccia la sua parte e si può assistere a lanci impressionanti da altezze impensabili. Con l’adattamento progressivo naturale i giovani apprendisti predatori possono raggiungere le altezze e le posizioni che meglio si adattano ai nostri gusti ed obiettivi di cacciatori, in modo tale che la falconeria si sviluppi verso l’aspetto più estetico e spettacolare possibile, ma senza dimenticare mai le sue profonde radici venatorie.

testo e foto di Fran Bolinches

 

Si ringrazia per la traduzione: Iacopo Stefanini

Riproduzione Riservata – Articolo pubblicato sulla rivista di falconeria “La Alcandara” edita dalla AECCA e pubblicato su www.falconeria.org, con il permesso della AECCA

Lepre – Lepus europaeus, sempre meno comune in Italia

lepre e astore

Lunghezza testa-corpo:

40-70 cm; lunghezza coda 8-10 cm 

Peso medio:

1,5-6,5 kg. 

Distribuzione:

Europa e Transcaucasia. In Europa è assente nella Penisola Iberica, in Islanda, in Sardegna e nelle Baleari, introdotta in Irlanda e Svezia. E’ stata inoltre introdotta con successo in varie parti del mondo: America settentrionale e meridionale, Asia e Oceania. In Italia è presente su tutto il territorio nazionale, esclusa la Sardegna e la parte più elevata delle Alpi.

Caratteristiche generali

lepre 7Mantello grigio-fulvo, più scuro o tendente al nerastro sul dorso. Parti ventrali biancastre, coda bianca nella parte inferiore, nera superiormente. Orecchie lunghe con la punta nera. Corpo slanciato, dorso arcuato e zampe posteriori notevolmente più lunghe di quelle anteriori che la rendono adatta al salto e alla corsa. Conduce vita solitaria e solo durante il periodo dell’estro maschi e femmine si incontrano. L’attività riproduttiva si estende per molti mesi e dove le condizioni climatiche sono favorevoli possono verificarsi fino a cinque parti all’anno. E’ in grado di adattarsi a una grande varietà di ambienti, soprattutto aperti: prati, pascoli, incolti erbacei, brughiere, margini di boschi, coltivi ecc., dal livello del mare fino a 2000 m. di altitudine. Gli ambienti meno favorevoli sono comunque quelli con umidità elevata, le boscaglie e le foreste molto estese e le coltivazioni che, oltre ad essere sottoposte a massivi trattamenti con prodotti chimici ad elevata tossicità, presentano un utilizzo a monocolture semplici. Si nutre prevalentemente di parti verdi di graminacee e leguminose, cui si aggiungono in inverno, frutta, bacche, semi ecc. Essendo ghiotta anche di corteccia può produrre danni anche consistenti a frutteti e vivai. Conduce vita notturna e crepuscolare e trascorre le ore del giorno in uno dei numerosi giacigli, ben riparati nella vegetazione, che essa appronta nel suo territorio.

Status e modificazioni recenti

Feldhase_SchiermonnikoogIn molti paesi europei, soprattutto a partire dagli anni ’60, si è assistito a una costante diminuzione della densità e dei carnieri di Lepre comune. Tale fenomeno, attribuito sia ad una riduzione quali-quantitativa degli ambienti favorevoli sia all’aumento della pressione venatoria, è risultato particolarmente drammatico nel nostro Paese (Spagnesi e Trocchi, 1992). In Italia l’evoluzione della diffusione della Lepre è stata caratterizzata da due principali periodi: il primo, collocabile tra i primi anni ’50 e la metà degli anni ’60, in cui si è assistito ad un sostanziale incremento numerico; il secondo, che va dalla fine degli anni ’60 ai nostri giorni, in cui le popolazioni di Lepre hanno conosciuto un lento ma progressivo regresso, culminato con l’attuale condizione di crisi generalizzata, che vede lo status della specie fortemente condizionato dalle immissioni a scopo di ripopolamento e dal prelievo venatorio. Le ragioni del decremento della Lepre vanno ricercate nelle modificazioni intervenute in tempi più o meno recenti nelle tecniche agricolturali e negli ambienti agricoli, che hanno determinato un abbassamento della qualità media degli ecosistemi agrari. In particolare vanno sottolineati tutti gli aspetti collegati alla ricomposizione fondiaria, con il conseguente aumento delle dimensioni medie degli appezzamenti, lo sviluppo delle monocolture, la riduzione degli indici di frammentazione, la quasi scomparsa delle siepi, dei boschetti e delle altre parcelle a vegetazione spontanea. In anni recenti la crisi dell’allevamento bovino con la conseguente contrazione delle superfici coltivate a medica e prato stabile ha aggravato ulteriormente la situazione. Come per altre specie di interesse venatorio, non va peraltro sottovalutato il ruolo avuto dall’aumento della pressione venatoria verificatosi a partire dagli anni ’50 e ‘60 in coincidenza con l’aumento e la diffusione del benessere ad ampi strati della popolazione. Esistono anzi esempi del fatto che opportune limitazioni al prelievo venatorio (ad esempio attraverso la costituzione di una adeguata rete di aree protette) consentono la sopravvivenza di buone popolazioni di Lepre anche in presenza di agricoltura specializzata ed estrema semplificazione del paesaggio agricolo (Ferri, 1988). Non mancano neppure all’estero esempi di aree sottoposte ad agricoltura intensiva e prelievi venatori programmati in grado di sostenere densità e produttività più che soddisfacenti (Spittler, 1992). 
La distribuzione regionale interessa praticamente la totalità delle tavolette (Fig. 12-I), a conferma del fatto che la Lepre possiede un’ampia valenza ecologica ed è quindi in grado di adattarsi a tipologie ambientali assai diversificate, tanto che risulta abbastanza difficile individuare un habitat ottimale per la specie. Tuttavia una presenza così diffusa sul territorio deve essere messa in relazione anche alle regolari e massicce immissioni a scopo venatorio. In provincia di Forlì-Cesena la Lepre è risultata uniformemente presente sul territorio, pur con notevoli variazioni locali e stagionali della densità. A differenza di quanto rilevabile in altre province, la specie risulta abbondante in tutte le stagioni solo nelle aree demaniali, ad altitudini superiori a 7-800 m. (Gellini e Matteucci, 1992). In provincia di Ferrara la popolazione viene considerata complessivamente stabile, seppure con episodi locali di forti oscillazioni, come osservato nell’area del Mezzano nel periodo 1990-93 (AA.VV., 1994). In provincia di Bologna la Lepre risulta presente in tutta la provincia, dalla pianura alla montagna, anche se lo status risulta pesantemente condizionato dall’attività venatoria (AA.VV., 1994). In provincia di Modena (Ferri, 1992) la Lepre viene da sempre considerata selvaggina di elezione e la sua tutela viene considerata un importante obiettivo gestionale. Grazie a una oculata gestione delle Zone di produzione della specie, essa è presente in tutto il territorio provinciale con densità variabili, ma in genere relativamente soddisfacenti, anche senza il ricorso all’allevamento o alla importazione di esemplari dall’estero. Le densità maggiori si rilevano in pianura, dove tuttavia si segnalano mortalità molto elevate a causa di alcune pratiche agricole. In provincia di Parma (AA.VV., 1994) la Lepre risulta presente in tutto il territorio. Il suo status è stato analizzato utilizzando i dati di cattura e in funzione dei comprensori ambientali in cui è stato suddiviso il territorio. Nel comprensorio di bassa pianura, nonostante la Lepre sia la specie da più tempo oggetto di gestione attiva, si è assistito negli ultimi anni a una diminuzione, collegabile probabilmente a una perdita di vocazionalità che ha dimezzato i valori di densità della specie. Nel comprensorio di alta pianura e collina, pur essendosi osservato un declino negli ultimi tre anni, si rileva una migliore produttività media. Nel comprensorio della montagna, dove la Lepre non viene considerata di particolare interesse gestionale, sono stati riscontrati i valori più bassi, anche se si sottolinea che i dati sono di difficile comparazione a causa delle maggiori difficoltà nelle operazioni di cattura. In provincia di Piacenza (AA.VV., 1994) la Lepre viene considerata la specie più diffusa tra quelle che fanno parte della piccola selvaggina. L’areale interessa l’intera provincia ad eccezione delle porzioni fortemente antropizzate o completamente boscate, tuttavia lo status è profondamente influenzato dall’attività venatoria, infatti le presenze più o meno abbondanti verificabili nel periodo precedente l’apertura della caccia (dovute ai ripopolamenti), non sono generalmente riscontrabili alla sua conclusione. Le popolazioni hanno mostrato negli ultimi dieci anni un calo progressivo che ha portato, a livello provinciale, al dimezzamento del numero dei capi catturati annualmente.

Uso dell’habitat e preferenze ambientali

lepreLa Lepre è una specie di origine steppica ed è pertanto tipicamente legata agli ambienti aperti, a dominanza cioè di associazioni di piante erbacee. Nei moderni agro-ecosistemi le associazioni naturali sono ormai in gran parte sostituite da quelle coltivate, alle quali peraltro la Lepre mostra di adattarsi perfettamente, tanto che proprio in questi ambienti artificiali si riscontrano densità maggiori (Spagnesi e Trocchi 1992). Gli studi effettuati in vari contesti ambientali, pur mostrando risultati parzialmente difformi, sono concordi nell’evidenziare una preferenza per i cereali autunno-vernini, gli erbai e le stoppie. Da uno studio effettuato in 83 istituti faunistici pubblici e privati della provincia di Siena (Rosa et al., 1991) è risultato che in primavera i tipi di vegetazione preferiti sono stati i cereali a semina autunnale e i prati da vicenda, mentre vengono evitate le porzioni arate. Durante l’autunno sono state osservate preferenze per le stoppie, i prati da vicenda e i vigneti. Tipologie complessivamente evitate sono state i pascoli, gli incolti, gli arati e le coltivazioni a semina primaverile. Prigioni e Pelizza (1992) in aree di studio della pianura pavese, oltre a preferenze per i cereali autunno-vernini, hanno osservato preferenze per la soia, le aree boscate e gli incolti. Il mais e gli arati sono risultati evitati, mentre i pioppeti artificiali sono stati selezionati positivamente in autunno, ma evitati in primavera. I pascoli sono risultati la tipologia maggiormente utilizzata a scopo alimentare durante tutto l’anno. Gli autori hanno inoltre osservato che le lepri tendono a non utilizzare come ambienti di rifugio gli stessi usati a scopo alimentare. Studi effettuati nell’area del Mezzano (FE) mediante radiolocalizzazione di lepri di allevamento successivamente al rilascio (Zanni et al., 1988) hanno mostrato un uso dell’ambiente parzialmente diverso: il mais e l’incolto sono stati utilizzati in modo significativamente superiore alle disponibilità, mentre un utilizzo inferiore alle disponibilità è stato osservato per bietole, frumento e medica, completamente trascurate sono apparse le colture orticole e la soia. Anche in considerazione del fatto che si tratta di esemplari allevati, gli Autori oltre a sottolineare una notevole variabilità individuale nell’uso dell’ambiente, pongono l’accento sulla necessità di un confronto nella stessa area con individui selvatici. Modificazioni significative nell’uso dell’habitat di soggetti rilasciati sono state osservate, a parità di condizioni ambientali, anche in funzione del tempo trascorso dal rilascio (Giovannini et al., 1988). Spiccate preferenze per le aree boscate sono state rilevate solo in presenza di un forte pascolamento delle zone aperte da parte di altri erbivori (Nilsson e Liberg, 1992). 
Nel complesso la Lepre mostra una decisa preferenza per gli ambienti erbacei sia coltivati sia naturali, tuttavia appare in grado di utilizzare alternativamente e in modo ottimale le altre tipologie ambientali disponibili a seconda delle condizioni e delle esigenze legate al periodo stagionale, caratteristica che spiega la capacità di colonizzare e adattarsi con relativa facilità anche ad ambienti caratterizzati da scarsa presenza di coltivi o a dominanza di aree boscate.

Dinamica di popolazione e fattori limitanti

lepriNumerosi fattori ambientali influenzano la dinamica delle popolazioni selvatiche, agendo a seconda dei casi sulla natalità, sulla mortalità o su entrambe contemporaneamente. A questi si aggiungono fattori di natura sociale (emigrazione ed immigrazione). Questi ultimi nel caso della Lepre sono relativamente poco importanti, in considerazione dello stretto legame che la specie stabilisce con il proprio territorio, a condizione che l’unità di gestione considerata sia di adeguata estensione e delimitata da confini naturali (Spagnesi e Trocchi, 1992). Il tasso medio annuale di natalità della Lepre è stimato in 7-9 leprotti per femmina con variazioni legate principalmente alla lunghezza del periodo riproduttivo e alla percentuale di sterilità, che può oscillare tra il 15% e il 30% dei capi (Spagnesi e Trocchi, 1992). E’ tuttavia nei fattori di mortalità che vanno individuate le cause principali in grado di condizionare l’incremento utile annuo e quindi la quota di individui prelevabile durante l’esercizio venatorio o per fini di ripopolamento. La mortalità risulta molto variabile su base annuale soprattutto nei giovani ed è in grado di influenzare in modo rilevante il successo riproduttivo delle popolazioni. L’esame dei risultati di numerosi studi effettuati in vari paesi europei (cfr. Spagnesi e Trocchi, 1992 per una trattazione bibliografica dettagliata) mostra una ampia variabilità dei dati: in Polonia sono state osservate nella stessa area variazioni del tasso di mortalità comprese tra il 34% e l’87% nel corso di cinque anni di studio (media 60%); in Danimarca, in una popolazione non sfruttata venatoriamente e in assenza di mammiferi predatori, sono state constatate in un periodo di tredici anni perdite medie del 44% dei giovani maschi e del 56% delle giovani femmine, con tassi complessivamente oscillanti tra il 28% e il 58%; nella ex Germania orientale sono riportate perdite tra i leprotti dell’85-95% in un territorio scarsamente favorevole alla specie, e del 63-88% in uno con caratteristiche di buona idoneità; in Francia studi sulla produttività in varie aree hanno evidenziato una mortalità giovanile media compresa tra il 52% e il 75%. La meccanizzazione agricola può rappresentare localmente un fattore di mortalità molto importante, ad esempio in Polonia è stato stimato che sia imputabile a questa causa una perdita media del 15% dell’incremento annuo. Le condizioni climatiche sembrano rivestire un ruolo rilevante nella dinamica delle popolazioni di Lepre. In Danimarca sono stati rilevati effetti negativi delle precipitazioni nei mesi di giugno e luglio sulla sopravvivenza dei leprotti. In Polonia sono state osservate correlazioni positive tra la densità autunnale delle lepri ed il rapporto precipitazioni di giugno/precipitazioni di aprile. In Germania nel periodo 1956-87 è stata osservata una forte correlazione tra la dinamica annuale dei carnieri e le condizioni climatiche nei mesi di luglio e agosto (Nyenhuis, 1990). Anche la persistenza del manto nevoso e le temperature medie durante l’inverno sono direttamente correlate alla mortalità invernale delle lepri, che si traduce in una minore produttività della specie l’anno successivo. La mortalità invernale appare comunque piuttosto variabile sia localmente sia in anni successivi. In Italia sono state riscontrate mortalità invernali medie del 25% (Verdone et al., 1991). In Francia sono state evidenziate correlazioni tra la quantità totale delle precipitazioni annue e i carnieri di Lepre realizzati tra il 1950 ed il 1971. Le condizioni climatiche possono inoltre svolgere un ruolo rilevante per quanto riguarda l’incidenza di malattie infettive o parassitarie, un fattore di mortalità che può assumere in talune circostanze un’importanza non trascurabile. 
Il tasso di mortalità degli adulti durante la stagione riproduttiva sembra invece essere un parametro meno variabile rispetto al precedente, attestandosi nei vari studi condotti attorno al 10-20% (cfr. Spagnesi e Trocchi, 1992). Un fattore non trascurabile di mortalità si può individuare nello sviluppo della rete viaria, che genera conseguenze negative, in particolare un maggior numero di decessi dovuti ad investimenti (Prigioni e Pelizza, 1988) e l’aumento del bracconaggio. La mortalità dovuta al traffico automobilistico in certi casi può raggiungere il 6% della consistenza della popolazione, in altri può rappresentare fino all’11% della mortalità complessiva. 
L’importanza della predazione come fattore di mortalità e la sua influenza sulla dinamica delle popolazioni di Lepre risulta spesso, come per altre specie, di non facile interpretazione. Numerose sono le specie, sia di mammiferi sia di uccelli, che esercitano una predazione più o meno regolare sulla Lepre, tuttavia, anche se in talune condizioni mortalità elevate possono essere causate da gatti e cani randagi o comunque vaganti, si può considerare che solo la volpe rivesta un ruolo significativo (cfr. Spagnesi e Trocchi, 1992). In Polonia è stato osservato che la predazione della volpe può ridurre del 10,2% l’incremento annuale della specie (autunno), del 2,9% il numero di riproduttori nella primavera-estate e dell’1,8% la popolazione invernale. In Svezia è stato valutato che la predazione riduce del 12% l’incremento annuo della popolazione di lepri. In un’area di studio della Game Conservancy nello Hampshire (Gran Bretagna) si è potuto constatare che la Lepre rappresenta una delle principali risorse alimentari per la volpe e che la predazione da essa esercitata risulta importante soprattutto sui giovani, in misura tale da condizionare il tasso di sopravvivenza delle lepri. Questi dati sarebbero confermati anche in altri paesi dagli effetti che forti riduzioni della volpe, legate ad esempio all’insorgere di epidemie di rabbia silvestre, hanno avuto sui carnieri di Lepre. Spagnesi e Trocchi (1992), in accordo con Toso e Giovannini (1991), concludono che un’effettiva limitazione della densità di fine inverno delle popolazioni di Lepre da parte della volpe non sia dimostrata, mentre è noto che la densità dei riproduttori è determinata principalmente dalla qualità dell’ambiente. D’altra parte una consistente densità della volpe può in effetti limitare il successo riproduttivo della Lepre, cioè in definitiva la produttività, entrando per questo in conflitto con gli interessi del mondo venatorio. Nel programmare una eventuale azione di controllo della volpe occorre poi tenere sempre presente l’importanza della valutazione del rapporto costi/benefici, tenuto conto della necessità di mantenere tale azione costante nel tempo e di attuarla con mezzi selettivi.

Censimenti

leprottoLa corretta quantificazione del prelievo venatorio richiede la conoscenza e il monitoraggio regolare della dinamica delle popolazioni interessate. A questo scopo è necessario procedere a censimenti, effettuati in momenti opportuni del ciclo annuale, finalizzati alla determinazione della densità o almeno all’acquisizione di indici di abbondanza relativa. Nel caso della Lepre il periodo più indicato per effettuare censimenti si può individuare alla fine dell’attività venatoria (non prima di due settimane dalla chiusura dell’esercizio venatorio, in quanto durante il periodo di caccia le lepri sono indotte a mutare il loro comportamento, divenendo più elusive o concentrandosi all’interno di zone protette) (Spagnesi e Trocchi, 1992), facendolo coincidere con il censimento dei riproduttori di fine inverno (metà febbraio-metà marzo) onde verificare la situazione dopo il prelievo venatorio e la mortalità invernale. La scelta delle tecniche di censimento e delle modalità di attuazione deve tener conto delle caratteristiche etologiche della specie, di quelle orografico-fisionomiche del territorio, nonchè della disponibilità di uomini e mezzi (Meriggi, 1989).
Le tecniche che, nel caso della Lepre, vanno considerate preferibili sia per la semplicità sia per il favorevole rapporto costi/benefici sono il censimento in battuta e il censimento notturno con l’ausilio di una sorgente luminosa, il quale garantisce buoni risultati in zone aperte e/o in periodi con scarsa copertura vegetale e con specie di abitudini spiccatamente notturne come la Lepre. Le battute prevedono l’utilizzo di un numero di operatori proporzionato alle dimensioni del fronte di avanzamento e del grado di copertura vegetale dell’area interessata. Il censimento notturno si effettua percorrendo con un automezzo strade e carrarecce lungo un itinerario prestabilito e illuminando le aree circostanti con fari alogeni mobili. L’illuminazione può avvenire per fasce (automezzo in lento movimento con faro acceso) oppure per punti (automezzo in sosta in punti prestabiliti con rotazione del faro). Per una trattazione dettagliata delle modalità di attuazione si rimanda a Spagnesi e Trocchi (1992). In considerazione del fatto che le battute con fronte molto ampio e su vasti territori risultano spesso difficili da attuare, risulta generalmente preferibile effettuare la battuta su strisce di ridotta larghezza (strip census) su aree campione rappresentative. Quest’ultima tecnica fornisce risultati attendibili e comparabili a quelli ottenibili con il censimento esteso all’intera area di intervento (Pepin e Birkan, 1981). 
Oltre ai regolari censimenti, finalizzati alla conoscenza delle popolazioni locali, una mole significativa di dati e informazioni di tipo quali-quantitativo può essere ottenuta annualmente dall’analisi, anche campionaria, dei carnieri venatori. Inoltre, in considerazione del fatto che annualmente molte amministrazioni provinciali organizzano battute per la cattura delle lepri a scopo di ripopolamento, potrebbe essere opportuno razionalizzare e standardizzare a livello organizzativo queste operazioni, finalizzandole non solo al prelievo degli esemplari, ma anche al monitoraggio delle popolazioni.

Miglioramenti ambientali

Lepre 04Recenti studi compiuti in Inghilterra (cfr. Spagnesi e Trocchi, 1992) hanno dimostrato che la densità della Lepre è strettamente e positivamente correlata al grado di parcellizzazione degli appezzamenti agricoli. Così territori agricoli suddivisi in diverse tipologie colturali di qualche ettaro presentano densità di lepri notevolmente superiori ad equivalenti territori utilizzati a monocoltura semplice. Di un certo interesse risulta il fatto che alla Lepre sembrano congeniali ambiti territoriali in cui si pratica la zootecnia, in quanto gli effetti del pascolamento (erbe basse in buona rinnovazione e frequenti zone cespugliate) influiscono positivamente sulla disponibilità alimentare, a condizione che la pressione di pascolamento non sia eccessiva (cfr. Nilsson e Liberg, 1992). Gli effetti negativi della monocoltura, soprattutto dal punto di vista della disponibilità stagionale di risorse trofiche, possono essere mitigati attraverso la predisposizione di fasce verdi a perdere seminate a foraggio di larghezza anche di pochi metri (Frylestam, 1992). Le caratteristiche degli attuali seminativi rappresentano un elemento negativo dal punto di vista trofico; infatti la semina in strutture spaziali compatte e l’uso, molte volte irrazionale ed eccessivo di diserbanti, lascia ben poco spazio ad altre specie erbacee appetite dalla Lepre. Pratiche frequentemente utilizzate come la bruciatura delle stoppie o dei residui di coltivazione possono provocare perdite dirette non trascurabili tra i leprotti, oltre ad avere effetti negativi indiretti sottraendo importanti risorse alimentari. 
Anche le moderne tecniche di coltivazione costituiscono un fattore negativo per la Lepre, sia per quanto riguarda la meccanizzazione sia per le caratteristiche dei seminativi. Le operazioni di sfalcio e trebbiatura compiute con macchine dotate di barre falcianti molto ampie e sempre più veloci sono una delle cause di mortalità più importanti per i leprotti. Sono stati compiuti studi al riguardo e si è trovato che, passando da una velocità di sfalcio di 3-4 km/ora ad una di 7-8 km/ora, la mortalità dei leprotti passava dal 17% al 40% (Scarlatescu et al., 1967). Di fatto oggi gli sfalci vengono attuati a più riprese in piena stagione riproduttiva e con l’ausilio di macchine sempre più veloci.
In sintesi, dal momento che gli interventi di miglioramento ambientale devono tendere all’aumento della capacità portante dell’ambiente, è necessario procedere in primo luogo alla realizzazione di interventi volti all’aumento della diversità ambientale e in grado di garantire una sufficiente e costante disponibilità alimentare. Questi obiettivi possono essere raggiunti anche nei territori interessati da uno sfruttamento agricolo intensivo, ad esempio attraverso il razionale utilizzo delle porzioni marginali e meno produttive dal punto di vista agricolo, tutelando e incrementando le fasce di vegetazione naturale o seminaturale e realizzando coltivazioni a perdere. In questo modo si ottengono effetti positivi sulla fauna selvatica limitando al minimo l’impatto economico dovuto alla riduzione del raccolto. Particolarmente importante risulta, a parità di superficie complessiva interessata dai miglioramenti, la dispersione spaziale degli stessi. Tra gli interventi tesi all’aumento della capacità portante può essere incluso anche il foraggiamento artificiale, il quale tuttavia può risultare realmente utile solo in determinate condizioni climatiche (es. persistenza del manto nevoso) per ridurre la mortalità diretta e per evitare che gli animali si allontanino eccessivamente alla ricerca di cibo. Interventi di contenimento della mortalità, soprattutto a carico dei giovani individui, causata da operazioni agricole come la mietitura, lo sfalcio dei foraggi o l’erpicatura, possono essere attuati ad esempio incentivando e promuovendo presso gli agricoltori l’uso di dispositivi meccanici posti davanti alle macchine agricole, così come estremamente utili risultano l’esecuzione delle operazioni in senso centrifugo rispetto all’appezzamento e il mantenimento delle lame ad un’altezza dal suolo non inferiore a 10 cm.

Allevamento e ripopolamento

lepre6Pur avendo origini antichissime, l’allevamento della Lepre si è sviluppato assumendo importanza commerciale solo negli ultimi decenni. In Francia la produzione annuale complessiva ha raggiunto i 200.000 capi negli anni ‘80 (Fiechter, 1988) e in Italia da una indagine svolta dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica è emersa nel 1982 la presenza di 608 centri di produzione tra pubblici e privati (Trocchi, 1983). Le ragioni di questo incremento vanno ricercate nell’incremento del numero dei cacciatori, nella diminuita produttività degli ambienti naturali e, non ultimo, nell’onerosità economica dell’acquisto di lepri di importazione, operazione tra l’altro criticabile anche per altre ragioni (Spagnesi e Trocchi, 1992).
In questa sede non si ritiene di dovere approfondire gli aspetti tecnici legati all’allevamento (alimentazione, profilassi delle patologie ecc.), per i quali si rimanda a testi specifici. Ci si limita pertanto a prendere in considerazione le problematiche relative al ripopolamento, riassumendo i risultati ottenuti con l’utilizzo di esemplari allevati.
Un primo dato riguarda l’opportunità dell’utilizzo di strutture di ambientamento sul territorio prima del rilascio, infatti le ricerche svolte sull’argomento specifico (Fiechter et al., 1978; Fiechter, 1980; Fiechter, 1988) indicherebbero che il tasso di sopravvivenza degli individui immessi risulterebbe indipendente, o addirittura influenzato negativamente, dall’uso di tali strutture. In Francia studi effettuati in varie regioni hanno evidenziato, nel corso della prima stagione venatoria, tassi di ripresa degli esemplari rilasciati piuttosto modesti: dal 3,6% a un massimo del 13,86%. Durante la seconda stagione venatoria viene riportato un tasso di ripresa dello 0,62% (Fiechter, 1988). Nello studio effettuato da Fiechter (1988) la mortalità dei soggetti immessi è risultata elevata già nella prima settimana successiva al rilascio (oltre il 50%), per raggiungere il 79% dopo sei settimane, mentre la dispersione è risultata generalmente limitata e la quasi totalità dei soggetti rilasciati è stato rinvenuto in un raggio di due chilometri dal punto del rilascio.
Non sono numerosi in Italia i dati disponibili sul successo di esperienze di ripopolamento con soggetti allevati. Audino e Forano (1985) riportano per la provincia di Cuneo risultati migliori di quelli rilevati in Francia: su un totale di 100 capi rilasciati in tarda estate in tre aree è stato osservato nel gennaio successivo un tasso medio di ricattura del 42,3%. Risultati abbastanza positivi vengono riferiti anche da Zanni et al. (1988), che attraverso radiolocalizzazione di 10 esemplari di allevamento rilasciati nell’area del Mezzano (FE) hanno osservato un tempo medio di sopravvivenza di 99,7 giorni, con un solo decesso riscontrato nei primi due mesi. Le cause di mortalità sono state ricondotte non tanto a problemi di ambientamento o ad alterazioni comportamentali, quanto a fattori legati all’attività umana. Uno studio del tutto analogo, svolto presso il fondo di proprietà dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (Giovannini et al., 1988) con le stesse metodologie, ha evidenziato un andamento della mortalità pressochè identico a quelli osservati in Francia. Angelici et al.(1993), nel corso di uno studio condotto nel Lazio, hanno verificato su 777 lepri di allevamento rilasciate una percentuale di ricattura molto bassa (0,9%). Sempre nel corso dello stesso studio è stata accertata, attraverso radiolocalizzazione di 15 soggetti marcati, una dispersione mediamente molto limitata, in accordo con altri studi similari, nonchè una mortalità decisamente elevata (80% complessivamente, 50% nei primi 10 giorni), dovuta quasi esclusivamente a predazione. E’ necessario peraltro sottolineare che prove sperimentali effettuate con piccoli contingenti non autorizzano conclusioni di tipo generale, in quanto i risultati sono soggetti ad ampie oscillazioni (cfr. Spagnesi e Trocchi, 1992: 220).
Dati sull’efficacia di ripopolamenti con lepri di cattura locale sono pressochè inesistenti in Italia. Spagnesi e Trocchi (1992), riportano i risultati dell’immissione di lepri di cattura in un’area ad alta densità della specie: la sopravvivenza delle lepri rilasciate a un anno di distanza è risultata del 5%, contro il 28,3% della popolazione autoctona. Gli stessi autori riportano che in Francia nel corso della prima stagione venatoria sono stati rilevati tassi di ripresa per le lepri di cattura del 4,4%; in Polonia le percentuali di sopravvivenza delle lepri rilasciate sono risultate inversamente correlate alla densità della popolazione autoctona.
Per quanto concerne il ripopolamento con soggetti di importazione, ancor prima dell’efficacia è necessario porre l’accento sui rischi, sottolineati da numerosi autori, legati sia all’inquinamento genetico delle popolazioni locali sia alla possibile introduzione di forme patogene sconosciute localmente e pertanto potenzialmente estremamente pericolose. I dati disponibili relativamente alla sopravvivenza delle lepri di importazione (cfr. Spagnesi e Trocchi, 1992) non sembrano differire complessivamente da quelli osservati nel caso delle lepri allevate o di cattura locale.
Sulla base dei dati disponibili e delle esperienze condotte, Spagnesi e Trocchi (1992) concludono che: “In sintesi, dall’analisi delle esperienze di ripopolamento brevemente descritte si può trarre la conferma che il solo ricorso alle operazioni di ripopolamento non consente di risolvere i problemi della gestione delle popolazioni di Lepre, queste rappresentano anzi una pericolosa illusione per il mondo venatorio, che invece deve ricercare strumenti di intervento tesi al miglioramento degli ambienti naturali e alla razionale gestione delle popolazioni locali”.

Prelievo venatorio

lepre (1)La caccia può costituire una delle principali cause di mortalità per le lepri e, se non opportunamente regolamentata, può condurre alla scomparsa locale della specie (Spagnesi e Trocchi, 1992). Secondo gli stessi autori, considerazioni relative alla mortalità, legata a fattori sia naturali sia artificiali, inducono a ritenere che sulle popolazioni selvatiche raramente si verificano le condizioni per realizzare un prelievo superiore al 50% delle lepri presenti in autunno, di conseguenza è facile immaginare le conseguenze negative nel caso in cui la pressione venatoria venga esercitata in assenza di piani di prelievo formulati sulla base della conoscenza dei principali parametri della popolazione. Tale condizione purtroppo deve essere considerata la norma nella gran parte dei nostri territori. La corretta entità del prelievo deve essere stabilita annualmente sulla base dell’incremento effettivo della popolazione all’inizio della stagione venatoria. Questo dato può essere ottenuto attraverso l’accertamento della consistenza dei riproduttori in primavera e del rapporto juv/adulti prima dell’inizio della stagione venatoria. In considerazione del fatto che il tasso di mortalità degli adulti nel periodo riproduttivo tende ad essere piuttosto costante, si ritiene possa essere mediamente fissato in condizioni normali nel 20% della consistenza di fine inverno. Il verificarsi di anomali fenomeni di mortalità nel corso della stagione riproduttiva deve essere valutato allo scopo di quantificare le opportune correzioni. Come è già stato sottolineato, decisamente più variabile su base annuale risulta il tasso di mortalità dei leprotti, che, di conseguenza, deve essere considerato il principale fattore nella quantificazione dei piani di prelievo annuali. Un modello semplificato di tipo conservativo per il calcolo del prelievo annuale in una popolazione di lepri è stato proposto già all’inizio degli anni ‘80 (Pepin 1981 in Spagnesi e Trocchi, 1992):

 

P = Rx (J + 1) – 1 R
y  

dove:
P = entità del prelievo
R = numero di riproduttori a fine inverno
x = % di sopravvivenza degli adulti nel periodo riproduttivo
J = numero di juv. per adulto all’inizio della stagione venatoria
y = % media di sopravvivenza delle lepri nel periodo invernale

Il rapporto juv./adulti può essere valutato in modo attendibile, oltre che attraverso censimenti della popolazione, anche attraverso l’esame di un primo campione di lepri abbattute attuando un piano di prelievo prudenziale. Sulla base del dato osservato è poi possibile stabilire il piano definitivo.

 
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