Games of Thrones

aquila-1In quel tempo, si narra, che i grandi vecchi avessero avuto in dote, quasi dallo “stupor mundi” in persona, il segreto della Falconeria.

Si narra che in di segrete stanze si forgiassero, quasi fosse metallo temprato, cavalleresche condotte e imprescindibili codici, della di cui integrità morale non si avesse, mai, in alcuna maniera, la possibilità di percepir disubbidienza.

Tale era l’imponenza di questo segreto, che tutti si votarono al silenzio; niente sarebbe trapelato da quelle mura, il volgo (come sempre) doveva restare digiuno dal sapere e mai sarebbe stata loro concessa la minima ambasciata. La Falconeria era salva!

Passarono gli anni ed il segreto sembrava resistere; ma nonostante il grande concordato, l’acume e la favella son virtù dell’uomo, e cercare di precluderne l’impiego ne stimola l’ingegno. Così successe un giorno, che un giovane architetto, amante della caccia e della conoscenza, scoprì, tra le righe di antichi libri, l’esistenza di una nobile arte che ostentava la possibilità di cacciar selvaggi utilizzando magnifici falconi.
Quale animo, dotato d‘un minimo di nobiltà, avrebbe potuto resistere ad un così appetitoso invito a saggiare quella passionale fiamma di cui tanto ostentavano quelle parole.
Bramoso di conoscere, non concesse attesa a questo nuovo ardore e caparbio nella volontà e umile nella richiesta, si convinse a chieder consiglio ai sapienti decani.
Ma il patto era solenne e non concedeva clemenza, cosi alla domanda di conoscenza del giovane architetto, semplicemente non gli fu concessa udienza.

Al vecchio falconiere sembrò chiusa la faccenda, liquidata come ad un cane gli si usa la cortesia di passarlo per la verga quando mostra disobbedienza.
Ma la Falconeria e la Conoscenza, della libertà hanno la stessa “debolezza”, più si cerca di braccarle più sfuggiranno con certezza.

Così, il giovane architetto, vide in quella mancanza di cortesia la forza necessaria a raggiunger l’agognato intento e si ingegnò; pochi e troppo vecchi erano gli scritti trovati in patria, molti non erano nemmeno realizzati da veri falconieri; così decise di muoversi in altre terre. Questo lo aiutò, trovò e carpii i sommi scritti d’un dotto iberico, poi in gran segreto li tradusse e nel bene o nel male li rivelò, consegnandoli al destino. Il segreto era infranto!

Intanto i grandi vecchi solennemente dispensavano l’eredità ai pochi eletti: “…a divulgar si muore”, “i falchi vanno tenuti celati agli occhi del volgo”…
Ma era troppo tardi, quel libro aveva aperto la porta all’umana curiosità, e quando giunse il tempo del “silicio”, bastò colpire dei bottoni per colmar ogni dubbio con certezza.
E tutto ciò che prima era agognato ormai era palese.

Eresia! Sacrilegio! Ora il sapere non poteva più essere fermato! Così, non potendo contrastarne il rapido diffondersi, i vecchi falconieri presero una decisione: se rassegnarsi significava perderne il dominio, allora non potendo tenerla segreta ne sarebbero diventati i maestri incontrastati e d’un tratto si rivolsero agli ignoranti esclamando: “v’insegneremo”….

E tronfi della propria presunta maestria, giù a decantar di leggendari falconi in mitologiche cacciate, di falconieri che insegnavano ai loro falconi con la sola imposizione dello sguardo e che nelle dita conservavano il segreto della “fame”; perché il villano questo capisce: leggende che non potrà mai vivere; perché il villano, guardando in alto, veda sempre le terga di chi gli ha sottratto un sogno.

Ma la storia non finisce qua. Tutto il tempo passato a nascondere quest’arte, aveva in qualche modo scavato un solco incolmabile, come se la Falconeria fosse stata si partorita, ma non conoscesse maternità alcuna.
Questo creò un incontenibile disordine; chi poté seguire i vecchi si barricò in piccoli clan, auto eleggendosi gli unici detentori di verità; quelli che non vollero assoggettarsi ai nuovi regnanti, raminghi cercarono risposte nelle più disparate terre e conoscenze; e in fine, generato dal grande caos, nacquero i giullari falcheggianti, una stirpe folle a tal punto da comunicar coi loro rapaci usando la parola.

Non mi è dato sapere a quale conclusione giungerà questa ardita storia, ma di certo son convinto che il nostro è il popolo che nelle varie ere ha reso perfetta la materia grezza, un popolo che si è sempre imposto come limite l’infinito.

 

“Così come un germoglio cresciuto senza guida si piega e si contorce ma alla fine comunque si rinforza, così la nostra falconeria è ormai un solido tronco ma che conserva nei suoi vizi i peccati d’un tempo”.

Matteo D’Errico

Frammenti di storia della Falconeria Italiana terza parte

normativa

Nicola De Marco, foto: Antonio Centamore
Nicola De Marco, foto: Antonio Centamore

“E così ci siamo riusciti.

La falconeria fa parte del futuro della caccia in Italia.
Pochi hanno contribuito realmente a questo risultato, molti se ne glorieranno senza aver fatto niente.
Ma in Italia questo accade spesso e noi tutti sappiamo benissimo riconoscere, e quindi ringraziare, le persone che effettivamente hanno consentito l’inserimento della falconeria nella Legge varata lo scorso 30 gennaio 1992.
Per primo perciò voglio rivolgermi al Presidente della Commissione Ambiente del Senato Sen. Maurizio Pagani che si era impegnato a darci una mano, allorché, dopo una sua visita al castello di Melfi, conobbe il nostro problema e, in una successiva nostra visita presso il Senato, poté documentarsi sui testi e le riviste “il falconerie nuovo” che avemmo il piacere di donargli in quell’occasione: grazie di cuore Presidente!!
Poi voglio ringraziare il mio più caro amico, perfetto compagno di caccia, ottimo scrittore e poeta, il Sen. Giovanni Pellegrino che avevo incaricato di coordinare tutti gli interventi al Senato e attraverso lui voglio ringraziare anche il suo partito, PDS e il suo rappresentante in seno alla Comm. Ambiente che è stato la goccia determinante a far traboccare il vaso a nostro vantaggio.
Tutto il resto, come peraltro accaduto alla Camera, non sarebbe bastato.
Chiuso questo argomento voglio parlare di questa rivista nata, come altre mie iniziative, per risolvere il problema dell’inserimento del falco come mezzo di caccia nella normativa venatoria.
Oggi che tutto è risolto non ha più senso che io continui con un impegno che mi è sempre più difficile rispettare: il lavoro, esploso quantitativamente d’improvviso, prende talmente tanto il mio tempo che quest’anno non ho potuto neanche volare un falco (a parte il breve episodio di Orte).
Avevo pensato di chiudere qui l’esperienza della Rivista, ma è più forte di me…, non ci riesco!
E allora ho deciso che, da ora in poi, la rivista uscirà una volta all’anno, probabilmente a fine anno (ma senza impegno), e sarà un mio omaggio a tutti i falconieri italiani.
Nessuna quota, quindi da pagare (d’altronde i falconieri italiani, tranne rari esempi, si sono spesso dimostrati più che tirchi!).
Finiranno così, mi auguro, le voci di chi, non sapendo cosa trovare da ridire, ha addirittura sostenuto che io mi sarei arricchito (o avrei comunque guadagnato) attraverso le iniziative che ho promosso (la Federazione, Melfi).
Ho tanta vergogna per la pochezza morale ed intellettuale di siffatti individui che non hanno neanche il coraggio civile di confrontarsi direttamente con me su queste calunnie.
Spero che presto qualcuno possa sostituirmi nel ruolo di Segretario della FIF, mi libererò così delle carte e delle troppe responsabilità, potrò dire ciò che penso, ed uscire fuori da tutto, tornando ad essere solo un uomo, con un falco sul pugno e un cane al guinzaglio”.

Nicola De Marco

E’ il 1992, l’alba di una nuova era per la Falconeria italiana. Un ciclo che si chiude, la luce in fondo al tunnel. Nelle parole di Nicola trapela tutto l’entusiasmo di chi ha ottenuto un ambito successo; l’agognata legge che tutelerà la Falconeria in futuro ora era realtà.
Faccia riflettere questa lettera tutti coloro che imprecano sulla 157, perché sappiano quali sforzi sono stati fatti per raggiungerla, e quanti pochi se ne stiano facendo per migliorarla. Credo che se la metà degli sforzi che si fanno per sputare sentenze o trovare patetiche scuse che legittimino la propria incapacità, fossero usati per cercare soluzioni, oggi avremmo una legge sulla Falconeria degna di essere annoverata nei manuali di diritto.
Un ultima sferzata nella parte finale a chi lo aveva accusato di lucrare con le sue iniziative. I suoi riferimenti sono chiari e chi allora ha vissuto quel periodo sa chi sono gli interessati, ma questa è un’altra storia!
Matteo D’Errico

Frammenti di storia della Falconeria Italiana seconda parte

nicola de marco
Nicola De Marco

Correva l’anno del Signore 1987,

Nicola De Marco si lancia in una difficile impresa, contattare l’élite della Falconeria Italiana con l’intento di riceverne un aiuto in termini di conoscenze politiche che potessero sostenere la Falconeria Nazionale. L’epoca è quella della carta da lettera, non esiste ancora internet, questo rende il tutto più lento e difficile. L’obiettivo è spingere affinchè la Falconeria Italiana venga finalmente riconosciuta e tutelata da una legge Nazionale prima che finisca per essere messa al bando.
Tra le varie risposte alle lettere di Nicola, ve ne ripropongo tre, una di Livio Rognoni, la seconda di Damiano Ghia, ed in fine l’ultima di Silvano Toso membro del Circolo Falconieri d’Italia e la rispettiva risposta di Nicola.
A Voi l’ardua sentenza!

“Non v’è nulla di peggio, in guerra, del fuoco amico!”
Matteo D’Errico

 

Caro Nicola,

ho ricevuto con piacere la tua lettera, un po’ meno la notizia in essa contenuta, cioè una eventuale abolizione della caccia col falco. Io penso, che un po’ di colpa sia anche dei precedenti falconieri… la gente deve sapere che esistono anche i falconieri in Italia, o no? Forse oggi non saremmo in queste condizioni! Da un lato però mi fa molto piacere la notizia di essere iscritto alla Federazione Italiana Falconieri e Astorieri e per questo ti ringrazio.

(Livio ROGNONI, Sesto Calende 26 Gennaio 1987)

Caro De Marco,

a conferma di quanto di ho già detto telefonicamente approvo l’azione da te intrapresa in difesa della falconeria in Italia come già avevi preannunciato in occasione della riunione di Udine.
Purtroppo io non dispongo di conoscenze adeguate, né ho voce in capitolo per darti man forte, comunque, tramite una comune amicizia ho contattato l’Assessore alla caccia della prov. di Genova – Sig. Grillo – che mi è parso persona seria e ben disposta, al quale ho lasciato un appunto di cui ti allego copia.
L’amico Giorgio Serio, del quale ti ho fornito l’indirizzo, ti ringrazia di averlo incluso nel tuo elenco e condivide la mia opinione.
Mi risulta che anche gli altri ti sono favorevoli.

(Damiano GHIA, Genova 12 febbraio 1987)

Gentile Architetto De Marco,

al mio rientro da un viaggio di lavoro ho trovato la Sua lettera circolare del 14 gennaio u.s. e solo ora ho modo di rispondere.
Indipendentemente da ogni considerazione sui contenuti della lettera sopra citata e del materiale ad essa allegato desidero manifestarle la mia sorpresa e contrarietà per essere stato cooptato senza il mio preventivo assenso alla “Federazione Italiana di Falconieri e Astorieri”.
Con la presente intendo quindi comunicarle che non desidero fare parte di tale Federazione e ciò sia a titolo personale sia quale membro del Circolo dei Falconieri d’Italia.

Con i migliori saluti.

(Silvano TOSO, Ozzano Emilia 18 febbraio 1987)

 

Gentilissimo dr. Toso,

la ringrazio della sua raccomandata del 18 febbraio u.s.
Ho preso immediatamente nota di quanto desidera e, scusandomi, La rassicuro che da ora in poi non le saranno mai più inviate le comunicazioni e pubblicazioni della F.I.F.A. Vorrei chiarire che quella lettera è stata inviata a tutti i falconieri italiani a noi noti per sollecitarne l’impegno in difesa della falconeria italiana.
Sono certo che vorrà comunque fare tutto quanto in suo potere perché questa nobile arte possa essere Legalmente praticata nel nostro paese.

Cordialmente.

(Nicola DE MARCO, Lecce 4 marzo 1987)