Catania – Maxi sequestro al falconiere

Intervento dei Nuclei di PG della Forestale dello Stato e del Servizio Cites Regionale

Comando Regionale Calabria

 

comunicato 28.08.2013Catania, 14 novembre 2014 – A seguito di perquisizione disposta dalla Procura di Catania ed effettuata da personale della sezione di Polizia Giudiziaria del Corpo forestale dello Stato e da personale dei Servizi specialistici della CITES (Convention on International Trade in Endangered Species) del Corpo forestale dello Stato e del Corpo forestale Regionale Sicilia, sono stati rinvenuti due esemplari vivi di falco pellegrino senza la relativa certificazione. In particolare, uno degli esemplari era privo di documentazione attestante la provenienza, mentre l’altro esemplare, più giovane, era accompagnato da un certificato contraffatto che gli attribuiva almeno 7 anni in più. L’uomo, noto falconiere della provincia etnea, non si sarebbe limitato ad alterare l’età del prezioso falco; infatti, nel corso della perquisizione, sono stati rivenuti due esemplari di falco pellegrino e un barbagianni morti,  privi di marcaggio, dalla provenienza ignota (violazione dell’art. 1 della L. 150/92). Presso il suddetto allevamento, erano detenute, anche, sei Testudo Hermanni (Tartaruga comune) e tre Calandre (la specie più grande appartenente alla famiglia delle allodole). Tutti gli specimens sono stati sequestrati e quelli vivi sono stati affidati in custodia al Centro di Recupero della Fauna Selvatica per la Provincia di Catania.
Sono state, inoltre, sequestrate reti per uccellagione (violazione della L. 157/92), attrezzature per arrampicata, munizionamento a pallettoni ed un fucile rinvenuto tra la vegetazione su cui sono in corso accertamenti tecnici.

fonte: http://www.corpoforestale.it/

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (capitolo 1)

Vangeli… l’assoluta opinabile certezza!

LA BILANCIA

Senza titolo-1 copiaÈ forse questo uno degli argomenti più ostici da trattare. Preconcetti e scarsa informazione hanno portato in diversi casi alla “santificazione” di un mezzo che è in grado di decidere le sorti della giornata; in altre parole se la bilancia decide che oggi non si vola, allora non si vola.

Una delle tradizioni dura a morire è la regola di Mavrogordato, che prevedeva di diminuire un falco del 10% del suo peso corporeo, onde ottenere uno stato di fame nel falco che, in qualche modo, lo legasse imprescindibilmente alla sua fonte di cibo/falconiere.
Mantenere queste percentuali di riduzione dell’animale non trovano più applicazione nel moderno mondo della Falconeria; i nostri rapaci non subiscono più l’istintiva attrazione di tornare in natura (perché non sono più animali catturati), ma abbiamo vinto quel passaggio col corretto uso dell’imprinting.
Ora, sull’imprinting si aprirebbe un altro lungo capitolo, in certi casi anche più arduo di quello sulla bilancia, quindi non mi soffermerò più di tanto, ma non vi preoccupate, avrò modo di riprendere l’argomento in un altro articolo.

La fame è senza dubbio una componente importante nel condizionamento dei rapaci, ma in percentuale ricopre non più del 20% dei fondamentali relativi al suo indottrinamento. È sicuramente un ottimo inibitore per quei falchi che hanno le zampe “dolci” (cioè che colpiscono gli animali poco incisivamente tanto che a volte risulta essere più una spinta che una stoccata), ha certamente un ruolo importante nel gioco di rinforzi e punizioni e senza dubbio è lo stimolo madre del riflesso condizionato;

Ma la fame è un elemento che va strutturato, non imposto in funzione di una macchina che non fa altro che documentare il peso di massa corporea e esprimerlo in freddi numeri privi di ogni informazione sul suo naturale riflesso vitale.
Pesare un falco determina solo il suo eventuale stato di deperimento. Dal mio punto di vista un falco da alte prestazioni deve poter volare al massimo della sua fisicità.
Costruire una struttura muscolare asciutta e vibrante vuol dire fare in modo che un falco possa esprimere al meglio le sue possibilità; ma se per stimolare ulteriormente la fame portiamo via parte dei suoi muscoli, non faremo altro che ottenere una diminuzione delle sue potenzialità, creando uno stato di stress in un animale che invece sarebbe naturalmente portato a vedere la sua massima espressione proprio in ciò di cui abbiamo bisogno.

Sembra, da ciò che leggo sia sui social network in internet e dai tanti discorsi fatti intorno all’addestramento dei rapaci, che la Falconeria sia legata ai grammi che determinano il peso di un falco.

A mio avviso la bilancia come la radio diminuiscono sostanzialmente la sensibilità di un falconiere; a volte pochi grammi sembrano poter fare la differenza tra il volare e il restare a casa.
A scanso di equivoci, per come la vedo io: un falco deve volare sempre e, solo l’esito del volo determinerà i suoi rinforzi o le sue eventuali punizioni.
Mi sembra incredibile relegare ad una bilancia la decisione di un volo, o se un falco deve o non deve mangiare.
Anche un brutto volo è un modo di insegnare qualcosa ad un falco. Dare un giorno di digiuno ad un falco che tende ad accomodarsi (magari proprio quando è molto alto di peso), serve a non far abbassare mai la guardia al rapace, portandolo ad uno stato di forma tale da concentrare il suo sforzo sia per la naturale soddisfazione della fame, che come prevenzione ad un eventuale giorno di digiuno.

L’utilità della bilancia è indiscutibile, ma deve essere usata come supporto, con parsimonia e/o come quadro della situazione fisica del falco; va letta sui medi periodi e non sui momenti. Nelle diverse stagioni un falco deve avere un peso ideale, determinato dalla sua attività e dalle temperature, la bilancia serve a osservare che tutto vada bene. Un forte calo di peso potrebbe significare che il falco sta avendo dei problemi, quindi la bilancia assume un ruolo di monitoraggio del falco. Se il falco non ha appetito e perde peso, potrebbe esserci un problema di metabolismo, abbiamo quindi delle ipotesi su cui affrontare un indagine.
Questo è un esempio corretto di lettura della bilancia.

Prima di ogni altro aspetto tecnologico, bisogna creare in un falco un assetto psico-fisico equilibrato. Credo che gli aspetti primari siano la strutturazione di un buon metabolismo, la costruzione di un assetto muscolare ben marcato, un lavoro di condizionamento ben strutturato, basato più sulla ritualizzazione del lavoro che sull’ adescamento dell’animale col cibo.
Se si è lavorato bene un falco avrà sempre fame e se avremo perfettamente relazionato struttura muscolare, metabolismo e ritualizzato correttamente i suoi rinforzi, un falco non ha assolutamente bisogno dell’uso incondizionato della bilancia.
Raggiunti questi valori potremo volare il nostro rapace tutti i giorni, nutrirlo a pieno gozzo con la carne migliore che quel periodo esige, ottenendo così un falco da alte prestazioni.
Matteo D’Errico

LA DIFFICILE QUESTIONE DELL’ADDESTRAMENTO ALL’ITALIANA

falcosangueI social network ormai fagocitano innumerevoli sfumature di addestramenti più o meno discutibili.

Gli ultimi libri sulla Falconeria fanno sfoggio di tecniche addestrative soft. Si inneggia al (validissimo) condizionamento operante, ma guai a parlare di punizione (contemplata benissimo in questa pratica). Si ostentano addestramenti in cui parlare di fame è blasfemia e il digiuno diventa una diabolica pratica medievale, alla stregua della “cigliatura”. Dal metodo Coppaloni ad oggi si sono fatti passi da gigante, ma molti si sono fatti nel verso opposto.

In diversi confronti con giovani falconieri italiani, la sensazione trapelata è che sia l’addestramento in sè la gratificazione stessa dei propri sforzi.
Come se una volta riusciti ad addestrare il falco, il lavoro sia finito e si possa ricominciare ad addestrarne un altro. L’addestramento va considerato come l’inizio del percorso che porterà all’obiettivo finale: la caccia perfetta.

La sensazione che in maggior misura trapela dai vari post di FB è per lo più quella dell’emotiva collaborazione tra falco e falconiere; emozioni introspettive, più legate ad una filosofia di mera interazione con l’animale che di avvincente collaborazione venatoria.
Purtroppo queste considerazioni, sovente, nascono dall’uso dei rapaci negli spettacoli o nel bird controll, dando l’impressione che il lavoro fatto ed il risultato raggiunto siano ottimale in quanto apprezzabili in tali manifestazioni.
La Falconeria è qualcosa che ha a che fare col sangue e per quanto si possa narrare tutta la fantastica poesia che volete, il finale non è il falco che torna al pugno o al logoro. Se non siete pronti per questo, forse la Falconeria non è la pratica che cercavate.
Sacro giovane, addestramento.
È difficile parlare di falchi superiori e falchi inferiori perché non è “umanamente” accettabile come discorso; eppure tutta la storia dell’evoluzione si basa su queste differenze. In natura una nidiata non è una produzione di stampi identici, ma di un gruppo di neonati destinati a morire quasi tutti, tranne qualcuno che in natura diventa il primo della classe… una classe superiore insomma. È facile per chi ha speso molto tempo della propria vita a cacciare coi falconi, accorgersi di queste differenze; ed è normale sperare di ottenere ad ogni acquisto, il miglior falco della nidiata. Credo che prima di criticare questi aspetti bisognerebbe chiedersi quanti dei falchi che avete addestrato, avete portato realmente a caccia.

Quello che mi sento di trasmettere a chi si avvicina alla Falconeria è di non umanizzare questi animali e di non applicare le leggi degli uomini ad animali così differenti da noi. Questo servirà anche a spingere gli allevatori a riprodurre solo i veri campioni cercando di ottenere pulli che mantengano gli aspetti positivi dei genitori.

In ultimo, la mia speranza è che un giorno, anche in uno Stato controverso come l’Italia, venga consentita la cattura dei falconi ad uso riproduttivo, in modo da mantenere nelle specie riprodotte in futuro, un grado genetico superiore.

Matteo D’Errico