Paleobiologia dei rapaci – Articolo a cura di Francesco Nicoletti
E’ la specie di Aquila più grande che la storia conosca, nota anche come Aquila Gigante della Nuova Zelanda (Harpagornis Moorei). Questo volatile, pesante fino a 15Kg e con un apertura alare di 3m, ha cessato di esistere tra il 1400 e il 1500 d.C. per opera delle tribù Maori locali, che ne predarono fino all’estinzione la principale fonte di cibo, i Moa, distruggendo l’ecosistema che le sosteneva.
Apparteneva all’ordine degli Accipitriformes, famiglia degli Accipitridae, sottofamiglia Buteoninae, genere Harpagornis, e come le Aquile è possibile considerarlo un “Rapace di Basso Volo”.
La sua eccezionale grandezza si sostiene fosse dovuta alle dimensioni delle prede di cui doveva cibarsi, grazie ad un fenomeno noto come “Gigantismo delle Isole” per cui preda e predatore, in assenza di specie concorrenti, evolvono le loro dimensioni reciprocamente. Alcuni reperti infatti testimoniano che tali uccelli rapaci, cosi come le loro prede, erano molto più piccoli al loro arrivo sulle isole della Nuova Zelanda.
Si pensa che quest’Aquila Gigante si sia evoluta da aquile di normali dimensioni, come l’Aquila Audax, originaria dell’Australia questa avrebbe viaggiato fino a raggiungere la Nuova Zelanda.
Ambiente e Datazione
E’ vissuta nel periodo geologico tra il Tardo Pleistocene (tra i 126.000 e gli 11.700 anni fa) e l’Olocene (l’epoca attualmente in corso). Sono giunti a noi 3 scheletri interi di questo rapace, sia maschili che femminili, rinvenuti in una palude.
L’aquila di Haast era un uccello endemico delle isole meridionali della Nuova Zelanda, prove fossili mostrano che le aree in cui l’aquila di Haast viveva erano coperte di terreni forestali e arbusti, così come nelle praterie sulle pianure alluvionali fluviali. Con una durata di vita che si avvicinava ai 20 anni le aquile hanno occupato, a coppie, territori fino a diverse centinaia di chilometri quadrati.
Il ritrovamento delle ossa di Harpagornis Moorei in siti quali la Pyramid Valley, aree in cui foresta è stata la vegetazione dominante, suggerisce che le Aquile vivessero in tali zone.
Dimensioni e Comportamento
Complessivamente, grazie allo studio dei reperti, si può sostenere che la femmina di tale specie avesse un peso compreso tra i 10-15 Kg, considerevolmente più grande del maschio che pesava tra i 9-12 kg. La lunghezza totale del corpo è stimata a 1,4m nelle femmine misurando le proporzioni del tronco.
Il peso dell’Aquila è stato è stato calcolato misurando le proporzioni dello scheletro e mettendole in paragone con quelle di altre aquile viventi. (Gli scheletri conservati al museo di Otago e di Canterbury considerano il peso nel maschio di 11,5kg e ipotizzano 14,46kg nella femmina). Le proporzioni delle piume invece erano simili a quelle di altri Accipitridae.
Tuttavia nonostante il peso, avevano un tempo relativamente breve di apertura alare, di circa 2,6m nel maschio fino ad un massimo di 3m nelle femmine, come per molte aquile attualmente esistenti. Le ali erano brevi rispetto alle sue dimensioni, strutturate per il volo ad ali battute e non per quello a vela, adatte per il volo veloce e manovrabile nel fitto bosco. Una tale struttura di volo avrebbe favorito la caccia nelle foreste della Nuova Zelanda. Tuttavia è molto probabile che tale specie possedeva ali corte, si, ma molto ampie, suggerito dal fatto che la coda anch’essa era ampia e molto lunga, e poteva misurare circa 50cm nelle femmine, con una relativa ampiezza. Questa caratteristica potrebbe compensare la riduzione della superficie alare, fornendo sollevamento supplementare. Infatti si è notato che ali corte ed ampie e una lunga coda sono tratti tipici delle aquile forestali. Inoltre considerazioni aerodinamiche supportano l’idea che ampie ali corte sono associate con una relativamente lunga coda.
Le zampe forti e i massicci muscoli del volo permettevano al rapace di alzarsi in aria da terra grazie ad un balzo, nonostante l’enorme peso.
Gli artigli erano simili in lunghezza a quelli di altre aquile esistenti, con una lunghezza dell’artiglio frontale sinistro di 4,9-6,15 cm e un alluce-artiglio fino a 11 cm.
Aveva un cranio basso e stretto ed un becco allungato. La grandezza del becco in diversi fossili di Haast è stata misurata a 22,7-24,9 cm.
E’ accertato che tale volatile cacciava principalmente altri uccelli non volatori tra cui il Moa, che aveva un peso 15 volte superiore a quello dell’Aquila. Si stima che per cacciare si lanciasse da un alta pertica e con un attacco in volo ad 80Km/h spesso afferrava con gli artigli di una zampa il bacino della preda mentre con l’altra gli stringeva il collo o la testa, la morte avveniva poi per emorragia mentre gli dilaniava le carni con il grande becco. Le dimensioni e il peso del rapace ne suggeriscono quindi una sorprendente forza nelle zampe. L’assenza di predatori concorrenti permetteva all’Harpagornis Moorei di sopravvivere diversi giorni con una sola preda.
Leggende maori
Secondo un mito, l’aquila di Haast ha fatto il seguente grido: “Hokioi-hokioi”.
Si ritiene che questi uccelli siano descritti in molte leggende dei Maori, con il nome di “Pouakai”. Trattasi di un uccello leggendario, noto per portare via e divorare uomini, donne e bambini. Tali uccelli sono stati rappresentati in disegni rupestri.
Poiché il Pouakai cacciava gli esseri umani, gli scienziati ritengono che potrebbe essere possibile che il nome si riferisca all’aquila di Haast, date le dimensioni di massa e la forza del rapace in questione. Anche le normali aquile reali sono in grado di uccidere prede grandi come un cervo o un cucciolo di orso.
Etimologia
Il nome “Aquila di Haast” è stato descritto da Julius Von Haast (1872) in seguito ai ritrovamenti dei reperti in una palude. Il nome del genere “Harpagornis” deriva dal greco “Harpax”, che significa rampino, e “Ornis” che significa uccello. “Moorei” è una dedica a George Henry Moore, proprietario del sito della Palude Glenmark dove le ossa del rapace sono state ritrovate.
Recentemente, a seguito di analisi del DNA effettuate dallo scienziato Michael Bunce (2005), è stata dimostrata la più stretta relazione che quest’aquila ha con alcune specie di Aquila Minore del genere Hieraaetus, e potrebbe quindi essere riclassificata come Hieraaetus Moorei.
Estinzione
I primi insediamenti umani in Nuova Zelanda (il Maori è arrivato intorno all’anno 1280) predarono pesantemente i grandi uccelli non volatori, tra cui le specie di Moa, fino alla loro estinzione. La perdita della sua preda naturale ha causato l’estinzione dell’ultimo esemplare di Haast intorno al 1480 d.C., quando le sue fonti alimentari si esaurirono.
Considerazioni
Questa immensa Aquila, sicuramente in grado di far volare in alto la fantasia di ogni falconiere, è certamente degna di essere ricordata come una meraviglia della natura per sempre perduta per mano dell’uomo.
Dopo più di 500 anni dalla sua estinzione, diversi falconieri portano avanti la tutela di molte specie di rapaci, da noi amati e ammirati ma minacciati da un ambiente troppo antropizzato, attraverso programmi di ripopolamento e riproduzione.
Se soltanto la falconeria fosse arrivata insieme ai Maori in Nuova Zelanda forse oggi tutti noi potremmo ancora ammirare il più grande predatore che i cieli abbiano mai visto.
Rivolgo quindi un pensiero alle generazioni future quando affermo: “Proteggete i falchi che volate, ed essi non saranno solo un ricordo dei falconieri di domani”
Francesco Nicoletti
Informazioni tradotte dalle seguenti fonti:
Palaeobiology research group – University of Bristol, Haast Eagle;
Plos Biology – Ancient DNA Provides New Insights into the Evolutionary History of New Zealand’s Extinct Giant Eagle;
Museum of New Zealand – te papa tongarewa;
NOTORNIS – the journal of the Ornithological Society of New Zealand; NOTES ON THE WEIGHT, FLYING ABILITY, HABITAT, AND PREY OF HAAST’S EAGLE (Harpagornis moorei);
Journal of “Society of Vertebrate Paleontology”
Immagini autorizzate dalle seguenti fonti:
Original artwork by Ray Jacobs, © Canterbury Museum;
New Zealand Ancient Art – Alan Cressler ;
Image courtesy of Dr. R. Paul Scofield;
Wikipedia, the free Encyclopedia;
Ed un particolare ringraziamento a Stuart Jackson-Carter Illustrator www.sjcillustration.com
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