Falconeria altezza al potere

Nel 429, quando i Vandali giunsero nell’Africa del nord, Sant’Agostino notò come loro tratti distintivi l’abbondanza di cani, falchi e concubine. Se le concubine destavano scandalo i falchi, semplicemente, erano una sorpresa. Greci e Romani, infatti, non praticavano la caccia con i rapaci, le cui origini sono asiatiche. Primi tra gli europei, i Germani la conobbero attraverso i turbolenti contatti con gli Unni e gli altri nomadi che dilagarono nelle pianure dal Volga al Danubio tra il terzo e il quinto secolo d.C. Fu un colpo di fulmine. Negli Annales fuldenses (l’anno è l’870) si incontra l’espressione cum falconibus ludere, a suggerire che questa caccia era la più vicina al divertimento puro e, all’estremo opposto di quella alle fiere, la più lontana dalla guerra (la caccia al cinghiale non era ludus, ma tutt’al più exercitius).

La falconeria non è stata fin dall’inizio una pratica riservata ai nobili – Widukindo di Corvey (sec. XI) nelle sue Gesta dei Sassoni, scritto intorno al 965, menziona un soldato turingio che caccia di mattina con il suo falco – ed è solo attorno al Mille che essa diventa davvero segno esclusivo della nobiltà. Una delle prime testimonianze proviene dall’arazzo di Bayeux, narrazione iconografica della conquista normanna dell’Inghilterra, dove i più nobili tra i guerrieri a cavallo sono individuabili grazie al falco al braccio. È l’inizio di un’associazione sempre più articolata dei rapaci con l’espressione simbolica delle gerarchie, che culmina con elenchi non più realistici, ma solo simbolici, come quello contenuto nel Boke of Saint Alban (Inghilterra, sec. XV): l’aquila è per l’imperatore, il girifalco per il re, il falco pellegrino per il conte, lo smeriglio per la dama nobile, l’astore per il proprietario di campagna.

Il periodo di massimo interesse per la falconeria è quello compreso tra il Trecento e il Cinquecento. La maggior parte dei manoscritti di trattati dedicati alla materia risale, infatti, a questo periodo. Al limitatissimo vocabolario dell’antichità, il Medioevo contrappone un’autentica inflazione classificatoria. Federico II nel trattato De arte venandi cum avibus considera cinque tipi di falchi (girofalci, sacri, gentiles peregrini, gentiles, layneri), ma la serie completa delle denominazioni medievali dei rapaci da caccia sfiorava la trentina, con una capillarità degna dei moderni ornitologi. Nei trattati la qualifica di nobilissima avis tocca al girifalco, protagonista della caccia alla gru, reputata la più spettacolare e degna dei sovrani. Meno prezioso del girifalco, il falco pellegrino era il rapace più diffuso per la caccia ad alto volo. Come indica il suo nome, il pellegrino era un uccello migratore e veniva catturato mentre, dalla Scandinavia, viaggiava verso sud. È, infatti, dall’Europa del nord che provenivano i rapaci migliori e meglio quotati sul mercato.

C’erano quattro modi per procurarsi i falconi: l’acquisto, il dono, la cattura di un esemplare adulto, il “ratto” dei piccoli dal nido. L’allevamento non era praticabile in quanto con i falchi era impossibile la riproduzione in cattività (essa è stata ottenuta soltanto da pochi decenni e per mezzo dell’inseminazione artificiale). La modalità di cattura più diffusa prevedeva l’impiego di una doppia gabbia, con la chiusura guidata da un laccio, in cui venivano chiusi degli uccellini che avrebbero attratto il rapace. Il commercio, come si è già detto, partiva dall’Europa settentrionale in direzione sud, difficilmente viceversa. Si sa che i cavalieri dell’Ordine Teutonico gestivano dalle regioni baltiche un fiorente commercio di falchi.
L’altro centro di distribuzione europeo erano le Fiandre e fiamminghi erano non solo i p
rincipali mercanti, ma anche molti dei falconieri professionisti stipendiati nelle corti europee. Il falconiere doveva prestare attenzione all’igiene e alla morale personale: non mangiare né aglio né cipolle, lavarsi regolarmente, non essere goloso, bevitore, lussurioso, pigro, irascibile. Gli accessori del falconiere erano il guanto che proteggeva mano e avambraccio (di solito il sinistro per gli Europei e il destro per gli Arabi), un bastoncino per carezzare le piume dell’uccello e una sacca contenente i pezzetti di carne per ricompensare il rapace dopo il buon esito del volo.

L’addestramento del falco era un perfetto esempio di ricerca dell’equilibrio tra natura e cultura, equilibrio, però, che una volta raggiunto si trasformava nella manifestazione del potere della natura alta e aggressiva su quella bassa e passiva, ovvero in immagine del potere dei nobili sui pauperes. Il falconiere era invitato da un lato a seguire la natura, per esempio nella scelta del cibo, dall’altro a plasmarla in modo da stimolare il rapace ad agire anche contro prede più grandi e diverse da quelle che avrebbe ricercato in libertà. Per disciplinare la natura libera del falco si consigliavano strumenti drastici come la fatica, lasciandolo riposare meno del dovuto, e la fame, fornendo razioni di cibo sempre leggermente ridotte. Il giorno precedente la caccia i falchi erano tenuti a dieta. Un altro mezzo di controllo era la privazione temporanea della vista. Il cappuccio tipico dell’iconografia del falcone pare sia stato introdotto in Europa da Federico II dopo il suo soggiorno in Vicino Oriente nel 1228 e 1229 in occasione della crociata. In effetti, il suo è il primo trattato a parlarne.
In precedenza l’unico sistema era la temporanea cucitura delle ciglia (“cigliatura”), che convisse a lungo con il cappuccio (lo stesso Federico II non consiglia la sostituzione, ma solo l’abbinamento delle due tecniche). Le prime lezioni di caccia avvenivano con l’ausilio di esche che potevano essere uccellini handicappati o legati oppure una pelle di lepre riempita di paglia con un pezzetto di carne attaccato sul dorso. Nella seconda fase si passava a uccelli in piena efficienza liberati allo scopo. L’ultima e più complicata parte dell’addestramento era la collaborazione con i cani. Entrambi gli animali dovevano abituarsi alla reciproca vicinanza. I cani, in particolare, dovevano apprendere, nel caso della piccola selvaggina, a bloccare le prede sulle quali il falco si era abbattuto limitandosi a tenerle ferme ed evitando di portarle via.
Lo spettacolo dell’uccellagione risiedeva soprattutto nella contemplazione del volo. L’alto volo era il regno del falco, mentre per la caccia a basso volo si impiegavano l’astore e lo sparviero, il primo preferito in Germania, il secondo in Italia. L’astore, menzionato nelle leggi germaniche, è probabilmente il primo uccello a essere stato usato in Europa. Come sottolineò Pietro de’ Crescenzi, la principale caratteristica dello sparviero, una replica in formato ridotto dell’astore, era quella di volare “il più possibile radente alla terra in modo da non essere visto agli uccelli che vuole prendere. Il volo di questo uccello è molto rapido e di solito esso cattura la preda all’inizio del suo sforzo, mentre dopo il suo volo si fa più lento”. Nei trattati francesi del XIV secolo lo sparviero era l’uccello delle dame che si dilettavano nella caccia alle allodole. In letteratura l’associazione con la dama contribuì a fare dello sparviero una sorta di spalla dei protagonisti nelle scene galanti. La simbologia del rapace, e questo è significativo, legando la donna allo sparviero e il giovane nobile al falco, suggerisce la presenza di una gerarchia, per quanto sfumata, anche nel discorso amoroso: il sesso maschile stava all’alto volo del falco, come il femminile al basso volo dello sparviero.
Rimedi e scongiuri
I trattati di falconeria sono assai attenti alla salute dei rapaci. Questo aspetto veterinario stava particol
armente a cuore all’anonimo compilatore del Trattato del governo de’ falconi, un’antologia trecentesca in volgare che raggruppa brani scelti da testi precedenti. I rimedi sono un miscuglio di esperienza pratica e di pittoresco: per i calcoli gastrici (sintomo: il rifiuto del cibo) somministrare garofani ben tritati; per la febbre (sintomo: il piede caldo) un preparato a base di aloe, grasso di gallina e aceto; contro i pidocchi un bagno in acqua dove sono stati cotti dei lupini oppure una pomata composta di mercurio, saliva, cenere e grasso di maiale. In qualche caso era ritenuta utile una formula di scongiuro, come il verso Volatilia tua sub pedibus tuis, i tuoi uccelli (Signore) tieni sotto i tuoi piedi, da recitare quando il falco metteva le penne.

Dopo la cattura i piccoli falchi venivano rinchiusi in un casotto dove regnava la penombra: stavano appollaiati su una pertica e ricevevano il cibo sempre dalla stessa persona. Gli adulti vivevano invece in una “falconiera”. Stavano legati a pertiche o a un blocco di pietra e il falconiere alloggiava nei pressi e trascorreva molto tempo vicino a loro. La falconiera, stranamente, è un luogo mai descritto con cura nei trattati, che invece dedicano grandi attenzioni alla “muta”, la stanza dove i falchi alloggiavano durante il periodo del cambio del piumaggio, quando era sconsigliato farli uscire a caccia. Scrisse Adelardo di Bath: “Quando metti gli astori in muta prepara la muta in modo che essa riceva la luce del sole per tre ore ogni giorno e che non ci piova dentro”. Ancora più preciso è Bragadino: “La muta deve avere una grande finestra laterale per ricevere il vento chiamato buora, che è moderatamente freddo (…). Questa muta deve essere più illuminata di quella per astori e sparvieri. Al suo interno devono esserci pertiche di legno ben pulite sulle quali legare la zampa se necessario. Il suolo deve essere coperto di sabbia e di sassolini di fiume o di mare e al centro deve trovarsi un pozzetto d’acqua circondato da tre o quattro blocchi di marmo ben puliti”.

Morfologia dei Rapaci

artigli_335ORIGINE

anatomia

La classe degli uccelli si è originata da quella dei rettili durante l’Era secondaria e fin dall’inizio della sua evoluzione si differenziò nei gruppi sistematici attualmente noti. Tra questi viene collocato l’ordine dei Falconiformi, detti anche rapaci diurni, il cui fossile più antico risale a sessanta milioni di anni fa. Questo esemplare aveva una struttura simile a quella dei Cataridi (Avvoltoi del nuovo mondo), è quindi probabile che i primi uccelli da preda avessero abitudini spazzine o necrofaghe.

 

 

 

 

CARATTERISTICHE FISICHE

peregrine falcon con nomenclaturaI rapaci diurni sono in generale di medie o grandi dimensioni, pur mostrando una notevole variabilità.Tra le non molte specie europee vi sono infatti giganti alati , come l’Avvoltoio monaco, che pesa oltre 10 Kg e ha quasi 3 mt di apertura alare, ed agili falchetti, come lo Smeriglio, di poco più di un etto e neppure sessanta centimetri d’apertura alare.Le femmine sono sovente più grandi dei maschi.
Questa caratteristica è molto accentuata nei rapaci con spiccate attitudini predatorie e che si nutrono principalmente di uccelli (Astori, Sparvieri, Falconi), diminuisce in quelli che catturano in prevalenza roditori, rettili e insetti (Poiane, Biancone, Gheppio), è poco evidente, o addirittura invertita, come nel Grifone, ove il maschio è più grande della femmina, nelle specie con tendenze spazzine o necrofaghe.

Esiste quindi una relazione tra dimorfismo sessuale ed abitudini predatorie.Varie ipotesi si sono fatte ma non completamente dimostrabili : freno all’ aggressività del maschio durante gli accoppiamenti, maggiore possibilità di difendere la prole da parte della femmina, migliore utilizzazione delle prede disponibili.

bc-308-lgLa testa dei rapaci è compatta e aerodinamica. Il becco, appiattito alla base, è caratterizzato dalla mandibola superiore fortemente ricurva e appuntita. Essa, nei Falconidi, è provvista di una protuberanza, chiamata “dente”, che serve a spezzare le vertebre cervicali delle prede. Tuttavia, come norma generale vengono utilizzati gli artigli. Il becco serve soprattutto per spezzettare, pulire e mangiare gli animali presi. Alla base della mandibola superiore vi è la cera di colore giallastro o grigiastro, in cui si aprono le narici. La struttura delle zampe varia notevolmente in relazione alle abitudini delle singole specie: il Biancone, che cattura anche serpenti velenosi, le ha protette da squame molto spesse ; il Falco pescatore le ha provviste di speciali rugosità sotto i polpastrelli per facilitare la presa sui pesci; gli Sparvieri ed i Falconi hanno dita molto lunghe, adatte alla cattura di uccelli in volo; infine gli Avvoltoi, sono provvisti di artigli poco affilati e corti. Le dita sono notevolmente mobili e grazie alla particolare struttura di tendini, si richiudono meccanicamente sia nell’afferrare la preda che sul posatoio. Esse sono armate di artigli, molto sviluppati soprattutto nelle specie che catturano animali vivi. I tarsi sono generalmente nudi, rivestiti da squame gialle o grigiastre, ma in certe specie, come le Aquile, sono “calzati”, cioè ricoperti da penne. Le gambe, eccettuato il Falco pescatore, sono provviste di particolari penne allungate, che formano i “calzoni”.

preview2Gli occhi dei rapaci sono assai sviluppati rispetto alle dimensioni del corpo: quelli dell’Aquila reale sono più grandi di quelli dell’uomo. Le strutture ossee attorno agli occhi forniscono un saldo attacco ai muscoli che regolano l’apertura della pupilla, la curvatura delle lenti e i piccoli movimenti oculari e tutti contribuiscono a localizzare velocemente, a mettere a fuoco con precisione e ad adattarsi bene alle diverse intensità luminose. L’iride può essere scura e brillante come nei Falconi, o più in generale, vivacemente colorata, variando dal marrone al giallo ambra od al rosso aranciato. Nel complesso, mostrano un’espressione selvaggia e fiera. Tutti questi caratteri denotano anche una grande acutezza visiva. Gli uccelli da preda sono infatti capaci di distinguere una forma in movimento a grandissima distanza ed il potere di risoluzione dei loro occhi è probabilmente superiore a quello di tutti gli altri vertebrati. E’ molto probabile che possano anche apprezzare i colori. L’insieme di queste proprietà deriva dalla particolare struttura del cristallino e dal gran numero di cellule sensoriali (coni e bastoncelli) di cui è provvista la retina. In esse vi sono inoltre due fovoee, una rivolta di lato ed una in avanti, dando un campo visivo di 250°, di cui 50° a visione binoculare fondamentale per calcolare le distanze della preda. Gli occhi sono protetti e puliti sia dalle normali palpebre che da una terza palpebra trasparente a scorrimento orizzontale , chiamata membrana nittante. Essa durante il volo è calata sugli occhi impedendone una eccessiva disidratazione ed è anche abbassata durante le lotte. Il forte sviluppo delle arcate sopracciliari, che accentua l’espressione feroce di alcuni Accipitridi ha funzioni protettive.

L’orecchio dei rapaci è visibile solo negli Avvoltoi con testa e collo nudi, essendo soltanto un piccolo foro tra le piume del capo. Tuttavia l’udito è ben sviluppato, soprattutto nelle specie che cacciano “d’ascolto” nel fitto della boscaglia come lo Sparviero e l’Astore. Un Astore ben addestrato trova il suo maestro nascosto tramite il suono del suo fischietto.

Pesi di volo approssimativi in Falconeria

Tengo a precisare che i pesi di volo sottoelencati sono solamente indicativi poiché ogni rapace pur della stessa specie e sesso differisce notevolmente l’uno dall’altro sia come struttura fisica che come recettività all’addestramento.

Nome Comune

Nome Scientifico

Peso Maschio (gr)

Peso Femmina (gr)

Aquila del Bonelli

Hieraaetus Fasciatus

1.588-1.788

1.872-2.420

Aquila Rapax

Aquila Rapax

2.211-2.551

3.175-4.820

Aquila Reale

Aquila Chrysàetos

2.495-3.629

4.309-5.607

Astore

Accipiter Gentilis

624-907

907-1588

Black Shahin

Falco Pelegrinoides Peregrinator

482

765

Cooper

Accipiter Cooperi Cooperi

340

510

Cooper

Accipiter Cooperi Mexicanus

283

425

Falco di Barberia

Barbary Falcon

680

690

Falco Pellegrino

Falco Peregrinus

510-680

879-1.021

Falco Pellegrino

Falco Peregrinus Calidus

454

680-822

Falco Pellegrino

Falco Peregrinus Pealey

624-680

1.134-1.276

Gheppio

Falco Tinnunculus

213

241

Gheppio Americano

Falco Sparverius

149-177

177-227

Girifalco

Falco Rusticulus

1.106-1.191

1.360-1.588

Gufo Reale

Bubo Bubo

1.701-2.155

2.268-2.722

Harris

Parabuteo Unicinctus

510-680

793-1.198

Lanario

Falco Biarmicus

425-567

680-794

Laggar

Falco Jugger

359-397

567-765

Lodolaio

Falco Subbuteo

177

227

Poiana Comune

Buteo Buteo

680

879

Poiana Coda Rossa

Buteo Jamaicensis

850-1.049

1.304-1.474

Poiana Ferrugginosa

Buteo Regalis

992-1.417

1.474-2.155

Prateria

Falco Mexicanus

425-567

680-907

Sacro

Falco Cherrug

765-907

1.021-1.247

Shahin

Falco Pelegrinoides Babylonicus

425

624

Smeriglio

Falco Columbarius

156-184

198-256

Sparviero

Accipiter Nisius

127-198

227-340

Il peso di volo del falco è fondamentale nella Falconeria perchè da esso deriva il diverso grado di ricettività all’addestramento e aggressività nella caccia. Il falco viene trattato come un atleta: viene alimentato nel migliore dei modi, viene fatto volare il più possibile perchè si muscoli, e il suo peso viene giornalmente rilevato e annotato dal falconiere insieme al giudizio del volo a quel determinato peso. Ricordo al lettore che la cosa a cui tiene di più il Falconiere è fare di tutto per mantenere in perfette condizioni di salute e quindi di caccia il proprio falco.