Intervista a Norman Vögeli (35 anni), falconiere del Liechtenstein.

Intervista a Norman Vögeli (35 anni), falconiere del Liechtenstein.

Un buon falconiere deve innanzitutto saper mantenere la calma. Norman Vögeli (35), falconiere del Liechtenstein, non la perde nemmeno se messo alla prova da un’aquila reale gelosa. Per lui questi rapaci sono come dei figli. Ecco la sua storia.Norman Vogeli A prima vista non sembra sentirsi a suo agio. Senza sosta si sposta da un angolo all’altro della gabbia. Con il suo lungo becco, l’aquila femmina becca i listelli di legno allargando in modo minaccioso le sue ali.L’apertura alare misura ben due metri.A tutto ciò si aggiungono le grida assordanti e aggressive. Ma Norman Vögeli, il falconiere di Malbun, rimane calmo.Anzi, calmissimo. Sorride persino…sorride alla sua Taiga.«Queste grida sono tipiche per l’aquila», spiega Vögeli, «Taiga le emette solo nel cortile o nella sua gabbia, ovvero a casa sua.» E aggiunge apertamente: «È colpa vostra. Disturbate.»
Dovete sapere, infatti, che per la 25enne aquila reale Taiga, Norman Vögeli è una specie di marito. E Taiga è gelosa perché il suo compagno ha visite.
Una passione impegnativa Per i 10 rapaci di Norman Vögeli, Malbun, un paese di montagna del Liechtenstein situato a 1600 metri sopra il livello del mare, è un’unica e grande voliera. Il paese è abbracciato da alte punte rocciose. Questa imponente catena montuosa racchiude il terreno sul quale è costruita la falconiera del signor Vögeli, ovvero l’albergo Galina. I rapaci di Norman Vögeli sono liberi di volare dove vogliono; raramente si allontanano da casa. Malbun è il loro territorio.Ritornano sempre dal loro padrone, in picchiata come delle frecce oppure lentamente tenendo tutto sotto controllo.
A volte riatterranno sulla mano di Norman Vögeli dopo soli due minuti, altre dopo tre giorni. «L’attività del falconiere richiede molta pazienza», spiega Vögeli. E tempo, molto tempo.Per i rapaci la giornata inizia allesette e mezzo, quando il falconierecomincia a pulire le voliere. Parla con gli animali per scoprire di che umore sono. Questa operazione quotidiana richiede ben due ore di lavoro.«Chiacchiero con loro come se fossero dei bambini. Vo-
glio sapere come si sentono. Se mi avvicino ad uno di loro e lui nasconde il suo becco tra le piume significa che oggi non è la sua giornata.» DocHdl1tmpTargetQuando Vögeli parla dei suoi animali è come se parlasse di un essere umano. «A volte non sono in forma, anche perché il loro umore dipende dalle condizioni climatiche. Allora bisogna lasciarli in pace.» Praticamente ogni pomeriggio si tiene uno spettacolo di volo seguito spesso da un’escursione piena di emo
zioni. In media, quindi, altre cinque ore che Vögeli trascorre insieme ai suoi rapaci. «Per gli animali è una specie d’allenamento utile e necessario», spiega il falconiere. «Se per settimane non intraprendo nulla con loro, il loro grado d’allenamento diminuisce.» È importante perciò che ogni singolo
animale trascorra con lui un paio d’ore a settimana. Vögeli ha dei colleghi falconieri che hanno finito per divorziare per colpa della loro passione impegnativa.
«Se non si amano gli uccelli, non può funzionare!» spiega. Il 35enne, padre di famiglia, sembra letteralmente adorare i suoi rapaci. «Bisogna saper vedere la bellezza dell’animale», aggiunge con entusiasmo. «Spesso i voli artistici dei miei falchi mi fanno battere forte il cuore!»
Il mondo del falconiere Norman Vögeli, vestito con pantaloni di pelle e una camicia verde da cacciatore, si accende un sigarillo e inizia a parlarci
della falconeria. «L’importante è che i rapaci crescano in libertà» spiega illustrandoci come il comportamento degli uccelli sia facilmente influenzabile dalle condizioni di crescita. Infatti, se un uccello cresce insieme ad una persona,da grande assumerà comportamenti umani. Ciò rende gli animali molto
docili, ma tale caratteristica può rivelarsi controproducente o persino pericolosa per il falconiere, perché da adulti gli uccelli devono difendere il loro territorio da eventuali nemici, tra questi anche l’uomo. I biologi parlano di fenomeni di imprinting (immedesimazione) e condizionamento negativo.
«Per tale motivo lavoro solo con animali cresciuti a contatto con altri uccelli»,
continua Vögeli. E poi aggiunge: «Il falconiere inizia l’allenamento mostrandoall’animale colori, finestre che riflettonola luce, auto, ecc. per abituarlo al mondo umano. In questo modo l’uccello impara a non aver paura di situazioni od oggetti davanti ai quali altri menti scapperebbe.»
«Durante questi esercizi s’inizia ad instaurare un rapporto di fiducia con l’animale. Dipende da te quanta sensibilità ci vuoi mettere. C’è da con-
siderare comunque che l’uccello percepisce lo stato d’animo del falconiere. Ci vuole assoluta calma», spiega Vögeli, «perché se sei agitato l’animale lo
capisce, diventa a sua volta nervoso e non si sente a suo agio.»
La passione di Vögeli per la falconeria iniziò già da bambino, quando si prese cura di un corvo caduto dal nido. Tra il ragazzo e l’uccello nacque una grande amicizia. «Lo chiamai Corvus. Era libero di volare dove voleva. Ma quando tornavo da scuola veniva sempre da me e mi faceva compagnia.» Solo dieci anni fa Vögeli iniziò a dedicarsi ai falchi, ovvero quando si trasferì a Malbun.
Vögeli si avvicina alla voliera di Rames, un falco sacro di 8 anni. Indossa il suo guanto di pelle, apre la porta della voliera e porge la mano all’animale
che vi sale subito. «Per Rames la mia mano è il posto più bello del mondo!» ci rivela Vögeli. E non, come pensano in molti, per via della carne che gli offro.
Durante gli spettacoli sulla terrazza del suo albergo, infatti, Vögeli attira i suoi falchi con un bel pezzo di carne collocata sul guanto. Molti pensano perciò che il falco esegue i suoi voli solo per la ricompensa sotto forma di carne. L’arte del falconiere però non termina con questo ghiotto boccone….
Ritorno spontaneo «Il falco infatti», spiega Vögeli, «ritorna solo se si sente al sicuro. Se non volesse, potrei tentare di attirarlo con il miglior taglio di carne, ma non servirebbe a nulla.» Non si può costringere un uccello a fare qualcosa contro la sua volontà e tanto meno punirlo. «In tal caso se ne
andrebbe per sempre!», continua Vögeli, «Addestrare un falco non è come adde strare un cane, dove la sottomissione svolge un ruolo importantissimo. Un rapace ti tollera e nient’altro.» Può succedere quindi che un uccello scappi.
Anche a Vögeli è toccato fare questa brutta esperienza. Poco dopo il suo arrivo alla falconiera, l’aquila femmina Taiga sparì. Vögeli iniziò a salire ogni giorno sulle cime delle montagne, a perlustrare prati e campi, a fermarsi su sentieri chiamando e usando il fischietto stridente. Ma Taiga non aveva
alcuna intenzione di tornare.
«Per giorni non ho fatto altro che pensare a Taiga. Dopo una settimana sono stato assalito da tristezza, paura e disperazione. Forse chi non vive a
stretto contatto con questi splendidi animali non può capire le mie emozioni, ma sono stati giorni terribili per me. E poi, finalmente, dopo tre settimane Taiga è tornata da sola. In quel momento ho provato una gioia infinita!»

Falconeria: parte del nostro patrimonio culturale Taiga grida ancora in modo forte e scontento. Solo Rames, il falco sacro, sta calmo. La sua testa è coperta da un cappuccio di pelle fatto su misura che serve a tranquillizzare il rapace nell’oscurità e a prepararlo alla caccia.Dal momento in cui il falconiere toglie il cappuccio all’animale, quest’ultimo è in grado di captare qualsiasi cosa si muova.
400 anni avanti Cristo, si cacciava così soprattutto in Asia.In Europa questo tipo di caccia si diffuse nel Medioevo. L’imperatore Federico II ci teneva tantissimo che a corte ci fossero dei falconieri perché secondo lui erano resistenti, non troppo grassi e non troppo magri, sapevano giudicare in modo corretto, erano perspicaci, sensibili e dotati di un ottimo udito. Nel nido di Taiga Vögeli si alza, fa salire sulla mano il falco Rames e lo porta su una stanga montata nel cofano del suo fuoristrada. Ha dovuto abituare i suoi animali anche ad andare in macchina. Li ha addestrati per una settimana intera un quarto d’ora al giorno. Rames ha imparato a conoscere tutti i rumori: quelli emessi dall’acceleratore e dai freni nonché quelli che si odono in curva.
Vögeli vuole far volare Rames.
Lasciamo perciò il cortile dell’albergo Galina. Taiga smette subito di gridare.Vögeli aveva ragione: la nostra presenza disturba questa splendida aquila. Ci siamo impossessati del suo nido.
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Balz Rigendinger


Postato 2007-10-07, 17:39:54 da admin

IV Corso di Qualifica Professionale per diventare falconieri 2008

IV Corso di Qualifica Professionale
per Diventare Falconieri – 2008
Parte la nuova edizione del corso riconosciuto sul territorio europeo

Museo Ornitologico “Angelo Fabris” – Via Cansignorio della Scala 2 – 36063 Marostica (VI) ITALIA
Tel. 00.39.0424.471097 – www.museoornitologico.org – e-mail: museornitologico@libero.it

La Regione Veneto, Il Museo Ornitologico “Angelo Fabris” di Marostica (Vicenza) e la S.I.F.A. – Scuola Italiana di Falconeria ed Astoreria, visto il grande successo dei corsi con diploma di qualifica professionale, a dicembre rinnova l’opportunità per 25 appassionati di diventare falconieri, con un diploma valido su tutto il territorio europeo, e di poter esercitare una professione oggi richiestissima da aeroporti e amministrazioni pubbliche e private per difendersi da “attacchi” che solo i falchi possono evitare.
Nuova edizione del Corso di Qualifica Professionale per Falconieri 2008. Indetto dalla Regione del Veneto, il Museo Ornitologico “Angelo Fabris” di Marostica (Vicenza) apre le selezioni per il nuovo percorso formativo che, a partire dal 2 marzo 2008, permetterà a 25 appassionati di diventare falconieri e, con il superamento delle prove finali, di ottenere un diploma riconosciuto sul territorio europeo.
Il corso, nato quattro anni fa per rispondere alle esigenze di una nuova figura professionale in grado di intervenire in zone altamente a rischio come aeroporti o siti monumentali, ha riscosso uno straordinario successo tanto che la direzione del Museo ha deciso di fondare una vera e propria Scuola Permanente (la S.I.F.A. – Scuola Italiana di Falconeria ed Astoreria) che permetterà ai diplomati di conseguire diversi livelli di perfezionamento: Falconiere, Esperto Falconiere, Istruttore Falconiere, Maestro Falconiere
(quest’ultimo prevede il superamento di un master).
Il primo livello del corso, invariato nella struttura di 300 ore teoriche e pratiche e 50 ore di uscite didattiche, distribuite nell’arco di un anno, si arricchisce di alcune novità. Ad ogni partecipante verrà data l’opportunità di possedere un falco personale, che si potrà acquistare anche grazie al contributo del Museo.
L’esperienza ha infatti insegnato che solo un rapporto quotidiano con l’animale facilita l’acquisizione della tecniche della falconeria.
Passione e dedizione sono i requisiti fondamentali per la partecipazione, riservata a chi sia in possesso di un diploma di maturità. E’ prevista inoltre l’assegnazione di una borsa di studio e la presenza di un corpo docente ancora più qualificato.

 


Postato 2007-10-26, 16:56:33 da admin

La Passione diventa Lavoro

falconieraLorena Pagnucco è una falconiera. Tutte le mattine, alle 7.30, comincia il suo lavoro nella sede del Servizio Igiene Ambientale di Acm a Mirano.
Con lei l’inseparabile falco, lì per allontanare i gabbiani che planano sui rifiuti del centro di raccolta, in cerca di cibo, disperdendoli poi nelle vicinanze.

Una società per i falchi ad uso deterrente. Viene da Arzene Lorena, nel pordenonese, dove con il marito è titolare di una società che addestra falchi ad uso deterrente. Per lavoro si sposta in tutto il Triveneto al servizio di aziende ospedaliere, ristoranti, imprese ittiche.

Con Acm ha un contratto di un anno e un impegno lavorativo quotidiano, almeno fino alle 14.30, quando sopraggiungono gli ultimi camion. «E’ sorprendente – racconta Lorena – come i gabbiani sappiano perfettamente gli orari dei mezzi e quali siano i più appetibili; li aspettano e piano piano tendono ad avvicinarsi. Ma hanno anche imparato a conoscermi; infatti, appena mi vedono scendere dalla macchina, ancora senza falco e attrezzatura, subito scappano via».

Un trasmettitore per sapere sempre dove sono. Con sé Lorena porta otto falchi ogni giorno, alternandoli nel volo per non stancarli troppo: un po’ di cibo prima di iniziare (ma non molto altrimenti chi glielo fa fare di volare di nuovo?), e poi via in alto fra le nuvole.

Un trasmettitore di pochi grammi legato alla zampina le consente di sapere sempre dove si trova il falco che, al fischio della padrona, si appresta a planare, sapendo che a terra lo aspetta un bel premio: «Al mio richiamo estraggo dalla tasca un simulacro con legato un pezzo di carne che serve esclusivamente per il recupero: è la sua ricompensa per aver volato bene».

E’ un lavoro paziente quello dell’addestramento, che comincia quando i falchi (nati tutti in cattività, così vuole la legge) sono in tenera età, ad appena quaranta giorni di vita.
Poco per volta tra il volatile e la padrona si stabilisce un rapporto di fiducia, una complicità che il falco non tradirà mai: «Se qualcosa non funziona è perché io ho sbagliato da qualche parte. Ma se l’animale si sente protetto e sicuro, non ti tradisce, è leale fino in fondo».

Una passione diventa lavoro. Prima che un lavoro, quella di Lorena e suo marito è una passione vera per gli animali e la natura: «Non ti svegli certo una mattina decidendo di fare il falconiere; è stato mio marito, che è cresciuto in mezzo all’avifauna, a trasmettermi l’amore per questa professione. La falconeria, d’altronde, è un’arte ma non tutti, come diceva Federico II di Svevia (l’imperatore fu un esperto falconiere, ndr), sono in grado di praticarla».

E tolto il cappuccio… Lorena invece deve averla imparata bene quest’arte, a giudicare dall’entusiasmo che emanano le sue parole e dalla compostezza del falco che, legato al suo braccio con un buffo cappuccio simile ad un elmetto (serve a tenerlo tranquillo), assapora placido il meritato riposo.

Salvo poi rivelare la sua vera natura di predatore ben attento a guardarsi alle spalle quando Lorena, per la foto a GV, gli toglie il cappuccio; ed ecco allora l’occhio guardingo, il capo in perenne movimento e lo sbatter d’ali quasi a farsi bello davanti all’obiettivo.

Lorena è orgogliosa del suo falco e quando le chiediamo qual è la soddisfazione più grande del suo lavoro, la risposta non si fa attendere: «E’ quella di vederlo rientrare dal volo, è sapere che lui è lì in alto che aspetta un mio fischio per scendere. Cosa potrei volere di più?».

Paola Vescovi
Tratto da Gente Veneta , no.10 del 2007


Postato 2007-11-18, 16:13:55 da admin