QUI DUBAI, E’ ITALIANO L’UOMO CHE CURA I FALCHI DEL SULTANO

Il falco vola alto in cerca della preda da catturare con un colpo di artiglio, mentre il suo falconiere lo attende trepidante. Potrebbe essere una scena tratta dal basso medio evo italiano, mentre invece è un momento quotidiano della vita sportiva di Dubai. Qui la caccia con il falco ha più tifosi e appassionati della nazionale di calcio e tra loro c’è l’intera famiglia reale. Una passione vera e sanguigna, condivisa dallo Sceicco H.H. Hamdan Bin Rashid Al Maktoum a tal punto da fargli aprire un ospedale pubblico gratuito per i rapaci: il Dubai Falcon Hospital.

E’ un efficiente nosocomio dotato delle più moderne attrezzature che tra le molte perle ne annovera una veramente speciale per noi di Qui Italia: il direttore sanitario. E’ il Dottor Antonio Di Somma quarantasettenne veterinario di Napoli che, lasciata la clinica di proprietà, ha affrontato una avventura che definire inusuale è poco.

“Ho trovato questo lavoro su internet, in una mailing list per falconieri e mi sono subito lanciato. – come un falco ci verrebbe da dire – Ho deciso senza tentennamenti e pensare che il giorno della mia partenza è coinciso con quello dell’attacco americano all’Afghanistan. Ora sono pienamente soddisfatto della mia scelta, mi trovo bene e i rapporti sono ottimi”.

Lo incontriamo nell’ospedale mentre sta visitando un falco insieme ad un altro veterinario italiano specializzando, la Dottoressa Garlinzoni.

La pulizia e le dotazioni mediche farebbero invidia a più di qualche struttura italiana dedicata agli esseri umani. In ambienti dove l’aria è perennemente condizionata a temperatura stabile, una dietro l’altra si susseguono, infatti, una sala operatoria, una di radiologia, tre di terapia intensiva, dodici di degenza (di cui quattro in sabbia e otto con superficie solida) e una per la muta. Senza dimenticare, poi, il gabinetto di microbiologia molecolare, un intero reparto di quarantena e le tante grandi gabbie d’accoglienza all’aperto, dove la sabbia viene cambiata una volta l’anno. Ma non basta, sta per essere realizzata una speciale camera di muta all’aperto, la prima al mondo dotata di vetri che facciano passare la luce ma non il caldo, con aria condizionata regolata da sensori termici; il tutto per un solo falco.

“L’importante sono le performance del falco, per assurdo la cura delle malattie va in secondo piano – ci dice sorridendo Di Somma – è come avere a che fare con dei centometristi, le cui prestazioni vengono misurate con il cronometro. Molte volte la cosa più difficile non è comprendere i problemi del rapace ma fare accettare al falconiere professionista che l’addestramento è sbagliato. Per dialogare con loro abbiamo imparato delle parole arabe, ma abbiamo il traduttore per le “situazioni difficili”.

Già, perché se il falconiere parla, magari in arabo, il rapace invece sta zitto e allora come si fa a comprendere le eventuali magagne? “ In primis c’è l’esperienza (il famoso occhio clinico ndr) qui effettuiamo visite a circa 780 falchi l’anno a queste poi vanno sommate quelle di controllo, che vengono svolte ogni 10 giorni durante la stagione di caccia (settembre/gennaio). Poi ci sono le analisi cliniche.

Molte sono le endoscopie per diagnosi di aspergillosi (un fungo pericoloso che porta alla morte il volatile), quelle per la chlamidiosi (malattia provocata da un batterio delle vie respiratorie); non mancano inoltre le indagini parassitarie nell’intestino e quelle funginee. Per finire, c’è il controllo del peso, della pianta dei piedi e ovviamente delle piume. Il checkup completo prevede l’analisi del sangue e le lastre toraciche”.

Altro che sistema sanitario italiano, viene da pensare. Non sempre, comunque, bisogna scoprire patologie occulte, alcune volte vanno affrontati anche casi d’urgenza. “Di interventi chirurgici ne facevo molti di più in Italia, per fortuna. Spesso mi trovo a risolvere problemi d’ala e in questo caso procedo alla sostituzione”. Sostituzione? “Se un’ala si rompe ne innestiamo una nuova, conservata da una muta precedente. E’ come un trapianto di capelli, dura due ore e richiede una anestesia gassosa. E’ un lavoro che svolge con competenza il mio tecnico di chirurgia Hamed, che opera con l’ausilio di altri tre tecnici aggiunti”.

Premesso che un falco può costare da 120 mila lire fino ad oltre 70 milioni e che una volta lanciato può accadere che nel tornare sbagli falconiere, come si fa a riconoscerlo? “La tecnologia ci aiuta molto, ogni falco ha un microchip impiantato nel petto con una iniezione che lo rende distinguibile al passaggio di una apparecchiatura di rilevazione”.

In breve, si tratta di una specie di ferro da stiro dotato di un led alfanumerico capace di legge i numeri di serie trasmessi dal microchip, che poi vanno confrontati con quelli di una banca dati mondiale.

Il Dottor Antonio di Somma non solo è un affermato professionista, ma è anche un appassionato falconiere al quale carpire i segreti di questo antico sport. “Precisiamo: è un’arte che ha radici millenarie, praticata da 2000 anni prima di Cristo. Una pietra miliare in proposito è il libro di Federico Secondo di Svevia “De arte venandi cum avibus”. Il falco per prima cosa deve essere ammansito e poi abituato alla presenza del falconiere, non lo si addomestica e non è possibile insegnargli la “dominanza” del capo branco. E’ un animale solitario, si basa tutto sullo stimolo della fame e con lui l’unica leva è il mangiare. Al falco vanno fatte piccole cortesie, gli va dato un boccone minuto e poi gli va tolta la preda. Ma attenzione, il rapace deve sempre rimanere “selvatico”, poiché se avviene l’imprinting può divenire molto pericoloso perché, in questo caso, perde il rispetto riconoscendo l’uomo come un simile e non mantenendo la distanza di sicurezza”.

Insomma non è semplice addestralo, l’unica cosa da fare ci sembra mettergli il cappuccio sulla testa per tenerlo tranquillo, un piccolo trucco che funziona dato che è un rapace diurno. Ma anche questa “semplice” operazione ci appare assai difficoltosa. Non resta che osservare la padronanza dello staff del Dottor Di Somma nel maneggiare i volatili; un lavoro che fluisce tranquillo ma che, curiosamente, viene improvvisamente interrotto dall’arrivo di tre criceti e di un cagnolino. C’è un po’ di eccitazione, tutti si avvicinano e scrutano con curiosità i nuovi arrivati; il primario sorride e ci dice: “E’ sempre così, qui gli animali domestici non sono diffusi e quando ci vengono portati in ospedale avviene lo stesso che in Italia accadrebbe all’arrivo di un coccodrillo in astanteria. Ma non c’è problema nel curarli.” Che dire? Paese che vai, usanze che trovi.

Itinerario di caccia col falco: Andalusia

di: Engel Simonelli

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FALCONERIA  IN ANDALUSIA

Cnv0046In Spagna esistono diverse riserve dedicate esclusivamente alla caccia con il falco ( e talvolta con i galgos-levrieri spagnoli). La caratteristica di questi “cotos de caza”, a parte la bellezza del territorio, è che la selvaggina (in genere abbondante, dato che i fucili non vi entrano) è rigorosamente autoctona e nata in luogo.

Occorrono ovviamente falchi ben muscolati e smaliziati: le loro prede sanno sfruttare il terreno al massimo, quindi le catture non saranno mai abbondanti come nelle riserve italiane coi fagianacci “pronta caccia”. Ma una pernice rossa o una lepre catturate qui, vi faranno automaticamente qualificare come un vero falconiere cacciatore.

Quest’anno abbiamo testato una nuova riserva di caccia adatta ai falconieri; si tratta di un’antica tenuta nobiliare estesa per 14.000 ettari a sud-est di Siviglia (che dista circa 30 km).Cnv0047.jpg (471648 byte)

E’ in parte gestita da un falconiere francese, Mr. Emmanuel Maugasc, che risiede da trent’anni in Spagna; la casa di caccia, estremamente confortevole, fornisce stanze riscaldate con servizi privati,

servizio di pulizia, falconiere recintate, prima colazione.

Il territorio è molto vario: campi aperti per l’alto volo, uliveti antichi ,ficaie d’india (tane di numerosissimi conigli) e boschi di conifere per il basso volo, pozze d’acqua per la caccia alle anatre.

Selvaggina:

LepreComuneconiglio
Lepri         ++++Conigli      ++++
pernicerossaanatra
Pernici rosse  ++++Anatre        +++

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Tutta la selvaggina è rigorosamente autoctona e nata sul posto; non aspettatevi cacciate facili ! i selvatici sanno perfettamente come ripararsi e dove fuggire, d’altra parte questa è caccia vera, grandi emozioni in un ambiente naturale incontaminato.

Emmanuel, con la sua pluridecennale esperienza (è stato uno dei primi falconieri in Spagna, compagno di volo del grande De la Fuente) e i guardiacaccia vi consiglieranno le zone e le strategie più adatte.

Le lepri e i conigli si cacciano allo schizzo con il falco al pugno, o posizionato sulle querce, a seguire; benché siano velocissime (sono piccole, pesano 3 kg. al massimo) non hanno molti nascondigli, e se il falco ha fiato, sono un’ottima chance.

Aspettatevi comunque inseguimenti fino a 500 mt!

Cnv0018.jpg (84006 byte)Le pernici rosse non vanno cercate con il cane (qui è inutile) ma con gli occhi o al più un binocolo. Una volta individuate, si mette in quota il falco d’alto volo, e si vanno ad alzare a piedi o in macchina. I falconieri spagnoli le cacciano anche con il basso volo (astore o Harris, preferibilmente maschi): se non vengono catturate di prima, seguono il volo, e le catturano al secondo involo, che è sempre più fiacco. Comunque sono dei proiettili viventi, che schizzano a 2 metri dal suolo mettendo a dura prova il coraggio del falcone che deve stoccare cosi’ vicino a terra.

Il torrente di confine della riserva ospita numerose gallinelle d’acqua, e talvolta anatre di passo. L’incontro con l’occhione (preda ambita dagli arabi!) è possibile.

Un pericolo per i falchi è costituito dall’aquila del Bonelli, presente nella zona. Numerosissime le allodole, che i falconieri locali cacciano con lo smeriglio o il gheppio americano.Per rendere l’idea, in una giornata di caccia, potete alzare 10 lepri e 10 brigate di pernici.

VIAGGIO

1)      Con la vostra macchina:sono 2000 Km (due giorni vi viaggio) ; se ve la sentite……

2)      In macchina: Genova – Barcellona traghetto +altri 1000 Km : meno stancante, con la notte in traghetto

3)      In aereo: Milano- Siviglia o Malaga, poi auto a noleggio ; attenzione! Le compagnie aeree non permettono più di due animali in cabina, nel trasportino standard (informarsi prima!)

TURISMO

Per gli accompagnatori, sono a un’ora di macchina le città di Siviglia, Cordova, e con poco più si arriva a Malaga e Granada; le bellezze architettoniche di queste città andaluse meritano una visita.

Per informazioni:

Engel Simonelli        tel.  02-94961835

Cell   3333535018    oppure direttamente

Emmanuel Maugasc  tel.0034-952584680

Fax.0034-952593620

Cell.0034609002482     (parla correntemente francese, spagnolo, inglese)

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Falconeria e medioevo

Rappresentazione di falconieri medievali

Come tutti ben sappiamo, la Falconeria non nasce nel Medioevo, ma ben prima. Tuttavia in questo periodo (per alcuni cupo e oscuro e per altri in rivalutazione e pieno di nuovi slanci per il mondo che sarebbe venuto), la Falconeria raggiunge un ottimo livello di diffusione in tutta l’Europa. Successivamente, nel Rinascimento, quest’Arte giungerà alla sua massima espressione, per poi declinare drammaticamente con l’avvento della polvere da sparo.

Ma qual è il ruolo della Falconeria medievale?

Molto difficile immaginarlo con la nostra esperienza di uomini del Duemila.

Nel Medioevo, il Falco era un cosiddetto status symbol, e praticamente nessun nobile era sfornito di uno di questi animali. Gli uccelli non venivano riprodotti ed allevati in cattività. Si trattava infatti di haggard, ovvero animali catturati in natura ed addestrati successivamente. Tali animali avevano qualcosa di estremamente differente dai nostri: nascevano liberi. La loro indole era plasmata dalle difficoltà della vita e dalla necessità di sopravvivere e il loro volo era “tramandato” di generazione in generazione, non solo in modo strettamente biologico, ma anche con una vena “culturale”, ovvero una modalità di trasmissione delle cose apprese, attraverso l’imitazione (frequentissima tra gli animali). Di conseguenza il falco possedeva sì una base istintiva che ne “regolava” il volo, ma vi era tutto il bagaglio “culturale” e frutto dell’esperienza, fatta allo stato selvatico, che veniva tramandato attraverso l’esempio di caccia fornito dai genitori.

Oggi le cose stanno un po’ diversamente, i Falchi sono tutti nati in cattività, e ciò che li porta a volare è fondamentalmente l’istinto. Il Falconiere è a terra, vincolato ad essa, e deve individuare stratagemmi e tecniche atte a stimolare un corretto volo del Falco. Con un buon addestramento, anche un animale nato in cattività potrebbe (anche grazie alla propria esperienza e quella del Falconiere), raggiungere livelli prossimi a quelli di un selvatico.

Tornando al Medioevo, parlare di Falchi era come parlare oggi di automobili, di lusso e non. L’imperatore aveva l’Aquila reale, e poi via via, scalando, venivano i principi, e tutti i vassalli e il clero, ciascuno con un proprio animale adatto al suo ceto sociale.

In realtà, per il clero ci furono alcune limitazioni all’uso dei falconi in alcune epoche. Questi vincoli furono per esempio sanciti nel concilio di Agda nel 506 d.C. e furono poi confermati nei concili di Epaon nel 517 d.C. e di Macon nel 585 d.C.

In pieno periodo di crociate nella Terra Santa, bisogna ricordare come, per esempio, anche gli ordini monastico-cavallereschi (Templari, Ospitalieri, Teutonici) non potessero di fatto praticare alcun tipo di caccia avendo preso i quattro voti fondamentali (povertà, obbedienza, castità e prontezza alle armi).

Abbiamo parlato di Crociate, ed è proprio tramite queste invasioni-conquiste-difese dei territori della cristianità (il commento dipende dai punti di vista di ciascuno di noi), che tra l’Occidente e l’Oriente si verifica un intenso scambio culturale che apporterà numerose modifiche nel modo di pensare, nei commerci, nei rapporti tra i due popoli.

Con l’incontro-scontro con i turchi (ricordiamoci che le Crociate furono combattute contro le popolazioni arabe guidate dalle popolazioni turche dei selgiuchidi e degli “ortochidi”), si verifica anche lo scambio delle tecniche tra quelle che sono le due direttrici della Falconeria, una che passa per l’Asia e l’Arabia, e l’altra che giunge fino in Europa.

Grandissimo vantaggio che introducono gli arabi è quello dell’utilizzo del cappuccio, mentre in Europa era prassi comune la tecnica della ciliatura, ovvero la legatura delle palpebre dell’animale, effettuata in modo tale che queste potessero essere chiuse o più o meno aperte. Dopo questo addestramento, la ciliatura non veniva più effettuata e l’utilizzo del cappuccio non era più necessario.

Per quanto riguarda il ruolo politico, la Falconeria fu fondamentale in molte occasioni in cui venivano stipulati trattati, accordi ed altre importanti decisioni. Poteva anche essere utilizzata come dote di nozze durante gli sposalizi regali.

Dame e signori del Tardo Medioevo

Alcuni nobili e alcuni regnanti arriveranno addirittura a vietare la cattura di questi uccelli, forse più per un fine egoistico e d’orgoglio, che non protezionistico. Le pene cui si era sottoposti in caso di abbattimento o cattura di un Falco senza autorizzazione, erano veramente severe e commisurate alla mentalità medievale.

Perché il Falco e la Falconeria sono entrate a far così parte della cultura dell’uomo? Come mai i falconi hanno assistito alle dispute umane, dalle desolate distese della Mongolia, fino alle Crociate e alle guerre in Europa? Cos’è che questi animali provocavano e provocano nell’animo umano?

Questa è una domanda cui difficilmente si può rispondere.

Il Falco è visto come un essere quasi sovrannaturale. In lui si intuisce a colpo d’occhio una “cattiveria” e “freddezza” dei lineamenti della testa, della sua forma, degli artigli. Questa aggressività viene inoltre associata alla sua natura di predatore, alla sua picchiata e al suo modo perfetto di volare e di abbattere prede talvolta molto più grosse di lui.

Ma forse, come è sempre stato negli uomini, il Falco è un essere volante, e tutto ciò che è in aria ha sempre affascinato l’animo umano. Quindi, il volo, il “coraggio” (se così si può dire per i falchi), l’abilità, la fisionomia, hanno portato questo animale a entrare nella mente dell’uomo, a diventare l’esempio della cavalleria e della nobiltà.

Quest’influenza sulle attività umane è innegabile, sia dal punto di vista sociale che politico.

FEDERICO__IILa figura alata dei rapaci è riuscita a tramutarsi in un’immensità di simbologie, stemmi e racconti.

è difficile riuscire ad immaginare cosa significasse nel XIII secolo la parola Falconeria. Si trattava di qualcosa estremamente radicato nella cultura di allora. Molto spesso, anzi, sempre, questa forte influenza è trascurata a livello scolastico e tra le persone in generale. L’unico accenno che, in alcuni licei, ancora si fa, è relativo a poche righe sul De Arte venandi cum avibus di Federico II di Svevia in alcuni testi di letteratura italiana.

Oggi la parola Falconeria è in alcuni casi addirittura sconosciuta. Certi chiedono persino “che cos’è. E’ incredibile osservare il “declino” che, in alcuni paesi, quest’Arte ha tristemente subito. Gradualmente è cambiata la mentalità, l’uomo ha scoperto nuovi simboli e occupazioni, nuovi passatempi e, pian piano, gli orgogliosi falconi sono stati sempre più messi da parte.

Addirittura, proprio nel nostro secolo, è successo qualcosa di assolutamente inconcepibile ed opposto a ciò che si verificava in epoca medievale. I Falchi sono stati difatti perseguitati volontariamente o involontariamente. Essi sono stati considerati “nocivi” in base a criteri assolutamente infondati e falsi, che erano e sono imperniati sull’ignoranza di alcune persone. Ancora oggi una vecchia tradizione venatoria è propensa a considerarli “animali nocivi” perché sottraggono e spaventano la selvaggina. Capirete benissimo che il termine “nocivo” è quanto di più complicato esista da definire. Nocivo a chi? Per chi? La questione è piuttosto relativa.

Oltre a questo, involontariamente, i rapaci hanno dovuto subire il massacro che ha comportato il DDT, pericolosissima molecola che comportava seri danni epatici e riproduttivi (come l’assottigliamento del guscio delle uova).

Ancora oggi, sullo stretto di Messina, ogni anno si deve porre molta attenzione ad una bizzarra tradizione che porta all’abbattimento dei Falchi pecchiaioli che lì transitano durante il periodo migratorio.

Come si sia arrivato a tanto non si sa. Il Falco, la simbologia del potere e del coraggio, si è tramutato in pochi secoli in un animale come altri e, per alcuni anni, in un animale addirittura in pericolo d’estinzione. Forse una mancanza di cultura, associata all’allontanamento dell’uomo dalla natura, ha portato a cambiare il modo di vedere questi stupendi animali.

Certo è che la Falconeria, per fortuna, è comunque riuscita a salvarsi. Sicuramente non raggiungerà mai più i livelli e le influenze del passato, e questo è normale, perché le cose cambiano, alcune altre prendono il sopravvento su quelle passate e tutto è giusto e naturale.

Oggi i Falchi, anche se in minor numero, continuano a volare. Probabilmente il vero ruolo dei Falconieri del 2000 è proprio quello di conservare questa tradizione che è nata nella notte dei tempi, mantenere elevato il rispetto per la Falconeria che, al giorno d’oggi, rischia d’essere messa a repentaglio. La Falconeria come fine a sé stessa e per il piacere del Falconiere, come anche scuola per importanti valori, e non come spettacolo e negazione di quella signorilità e simbologia cavalleresca di cui tanto era carica un tempo.

La Falconeria va conservata, ampliata e diffusa, correttamente e con i giusti e sani principi che caratterizzano la falconeria con la F maiuscola.

Vedete… Il rapporto tra uomo e falco è qualcosa di indescrivibile. Adesso mi viene in mente un paragone, magari un po’ azzardato. L’uomo e il falco sono come due nemici in una delle tante battaglie medievali. Prendete le crociate e i due schieramenti, franco e turco. Tra loro c’erano tensioni, battaglie, conquiste, capitolazioni di castelli e fortezze… Ma spesso ci si rendeva conto che il motivo della battaglia era in fondo lo stesso da ambo le parti. In quelle terre si conobbero uomini che si odiavano e che, contemporaneamente, si rispettavano. In alcuni casi tutto questo divenne anche una solida alleanza.

Per esempio quando Zengi va ad assediare Damasco nel 1139, i damaschini resistono con vigore sotto il comando dell’anziano visir, il capitano Unur (Aynard nella sua forma francesizzata). Unur fa appello ai Franchi per la difesa della città. L’ambasciatore Usama viene inviato da re Folque e, tra loro, nascerà una solida ed importante alleanza che verrà poi danneggiata dagli stessi Franchi che arrivarono con la seconda crociata e dettero retta alla Mélisende, moglie dell’ormai deceduto re Foulque.

Si racconta quindi che Usama fece visita a re Foulque a San Giovanni d’Acri, il baluardo cristiano nelle terre d’Oriente. Qui si fermarono ad osservare un grande falco con tredici penne timoniere, di proprietà di un genovese che lo aveva addestrato per la caccia alle gru. Re Folque regalò questo falco ad Usama. Era un mezzo per confermare la loro alleanza, mezzo che oggi può apparire strano, ma che allora era di fondamentale valore.

Di conseguenza, uomo e falco sono due nemici, due caratteri troppo differenti per comprendersi fino in fondo. Tra l’uomo ed il falco c’è rispetto, anche se, a differenza dei cavalieri medievali, questo rispetto è manifestato solamente da parte dell’uomo. Il falco fa il suo interesse, è un animale molto “orgoglioso”, senza sentimenti o attaccamento al suo “padrone” (se di padrone si può parlare). Eppure è proprio per questo motivo che noi lo ammiriamo e continuiamo ad addestrarlo.

Forse è proprio questa diversità e questa voglia di conoscere che porta l’uomo e il falco ad avere un legame che dura da più millenni.

Probabilmente questo legame durerà ancora a lungo. Ma la cosa dipende solo dai Falconieri. Siamo come un’enorme collana distesa nel tempo, di cui noi non siamo che un anello che dovrebbe pensare a consentire il legame degli anelli che verranno dopo di noi. Tutto questo perché la Falconeria continui a volare nei cieli futuri.

 

Bibliografia essenziale

A. Arpa, Trattato di Falconeria.

René Grousset, La Storia delle Crociate, edizioni Piemme.