Riproduzione in cattività dei Rapaci

Tecniche per la riproduzione in cattività dei Rapaci

By Paolo Taranto

INTRODUZIONE

 

Il termine “rapacicoltura” è stato coniato per indicare tutto l’insieme delle tecniche atte all’ allevamento ed alla riproduzione in cattività delle specie appartenenti a due particolari ordini della classe degli Uccelli: Falconiformi e Strigiformi, che vengono appunto comunemente identificati come rapaci (“raptors”) in funzione delle loro particolari abitudini alimentari. L’evoluzione ha fornito questo gruppo di uccelli delle “attrezzature” necessarie (potenti ed affilati artigli e becchi) ad effettuare una caccia attiva ( e non solo, per esempio gli avvoltoi) ad altri Vertebrati (Anfibi, Rettili, Uccelli, Mammiferi) e  grossi Invertebrati ( Insetti, Anellidi ecc.), e proprio questi adattamenti  nutrizionali pongono i rapaci in cima alle catene alimentari nei vari ecosistemi terrestri. A causa di questa loro particolare posizione di vertice i rapaci sono estremamente sensibili al disturbo ambientale provocato dalla specie umana. Molte delle specie appartenenti ai tre ordini suddetti sono oggi in pericolo di estinzione e la rapacicoltura è, assieme alle tecniche veterinarie, alla riabilitazione, alla falconeria e all’ ornitologia applicata, uno dei principali strumenti per il management e la protezione delle popolazioni selvatiche.

Elenco di alcune specie appartenenti a ciascuno dei tre ordini:

ACCIPITRIFORMI

STRIGIFORMI

Poiana comune

Civetta

Nibbio reale

Gufo reale

Sparviere

Gufo virginiano

Aquila reale

Gufo comune

Aquila del Bonelli

Allocco

Albanella pallida

Assiolo

Falco pellegrino

Civetta delle nevi

Gheppio

Barbagianni

 

I primi sforzi di riprodurre in cattività gli uccelli da preda, e quindi la data di nascita della rapacicoltura, possono essere fatti risalire ai primi anni quaranta ad opera di falconieri ed allevatori privati che ottennero i primi consistenti ed incoraggianti risultati con il Gheppio europeo (Falco tinnunculus) e con il Gheppio americano (Falco sparverius), oggi le specie di uccelli da preda più facili da riprodurre in cattività. In particolare la prima nascita di un Falco pellegrino (Falco peregrinus peregrinus) allo stato captivo si ebbe nel 1942 in Germania e fu seguita da successive nascite nel 1967 in Germania ed in Inghilterra. A partire dai primi anni settanta un po’ in tutto il mondo si assistette alla nascita di centri di recupero rapaci, centri di studio e ricerca oltre che di riproduzione in cattività e si ebbe un incremento di interesse da parte di ornitologi e naturalisti alla protezione degli uccelli da preda; ciò anche in seguito alla presa di coscienza dell’immane danno arrecato dai composti organoclorinici (DDT) alle popolazioni selvatiche. Nel 1982 già 17 specie di Falconiformi e numerose altre specie di Accipitriformi e di Strigiformi venivano riprodotte in cattività con soddisfacenti risultati.

 

Oggi la situazione è notevolmente migliorata e le tecniche e le attrezzature avanzate di cui dispone la rapacicoltura consentono l’ottenimento di eccellenti risultati. In tutto il globo fioriscono i centri di recupero, di studio, e di riproduzione in cattività oltre che le manifestazioni e le dimostrazioni di volo per la sensibilizzazione del pubblico (anch’essa un importante strumento di management). In cima alla classifica ci sono il Nord America ( con il Peregrine Fund, la Raptor Research Fundation, il Birds of Prey Center dell’università del Minnesota, la North American Falconer’s Association, il Canadian Wildlife Research Center ecc.), l’Inghilterra ( con il National Birds of Prey Center, il Welsh Hawking Center, il British Falconer’s Club, ecc.) e la Germania. Mentre la situazione italiana non è delle migliori: pochi centri di ricerca e di riproduzione in cattività, pochi sforzi, pochi allevatori e riproduttori privati. Ma io sono del parere che, anche grazie a queste pagine e con una adeguata divulgazione, si possa dare un input a tutti gli  ornicultori e falconieri italiani a diventare degli esperti rapacicultori.

 

GESTIONE DI UN PROGETTO DI RIPRODUZIONE IN CATTIVITÀ

Come tutte le discipline orniculturistiche, anche le tecniche utilizzate nella rapacicultura seguono il classico schema organizzativo, in base alla specie in questione, di seguito illustrato:

-ALLOGGI (HOUSING): locali di allevamento, pertiche, nidi, mangiatoie, ambiente, clima ecc.

-ALIMENTAZIONE (FEEDING): tipi, qualità e quantità dei cibi.

-RIPRODUZIONE (BREEDING): tecniche di propagazione, scelta dei riproduttori, uova, cova, allevamento dei pulcini, ecc.

-GESTIONE GENERALE E MANAGEMENT PERIODICO (GENERAL HUSBANDRY): igiene, aspetti veterinari, tecniche specifiche di addestramento, riabilitazione, selezione genetica ecc.

Quelli sopra elencati sono i principali punti da considerare quando si vuole gestire un programma di allevamento e riproduzione in cattività di una qualsiasi specie animale.

Ma prima di procedere ritengo sia opportuno chiarire altri due importanti concetti, spesso sottovalutati e trascurati: si tratta del concetto di “tipo” di allevamento (cioè obiettivo che si vuole raggiungere) e “tipologia” di animale allevato (nel nostro caso di rapace).

Infatti, se è razionale dire che le tecniche e le attrezzature da utilizzare per l’allevamento e la riproduzione in cattività variano da specie a specie (se non addirittura da una sottospecie ad un’ altra o da un ceppo ad un altro) e ciò è noto alla maggior parte degli allevatori (per i canarini useremo alloggi, cibi, tecniche propagative e di gestione diverse da quelle usate per i pappagallini ondulati), meno considerato invece è il fatto che tali tecniche varieranno anche in funzione sia del “tipo” di allevamento, sia della “tipologia” di animale allevato. Allora, anche nel caso della rapacicoltura, sarà necessario elencare quali “tipi” di allevamento si possono praticare e quali “tipologie”possono essere classificate all’interno della stessa specie di rapace.

Per quanto concerne la classificazione degli allevamenti si ha:

1) ALLEVAMENTO A SCOPO DI REINTRODUZIONE IN NATURA:

Raggruppa le tecniche usate al fine di gestire, prima della eventuale successiva reintroduzione in natura, i rapaci  feriti o traumatizzati (in maniera reversibile o irreversibile), pervenuti ai centri di recupero, o al fine di portare avanti programmi di ripopolamento con rapaci nati da ceppi in cattività. Nel primo caso   non verranno utilizzate tecniche di propagazione, ma nel secondo caso si tenterà di ottenere le  maggiori performance riproduttive, mentre nei casi intermedi si manterranno livelli di produzione medi (allevamenti a scopo conservativo: banche genetiche). In ogni caso però si cercherà di mantenere il pool genico ed il comportamento originari (cioè selvatici) dei rapaci in questione. A tale scopo  si useranno alloggi estremamente spaziosi, isolati dalle attività umane e che riproducano nel modo migliore possibile l’habitat e la nicchia ecologica naturale della specie in questione, in modo da metterla più a suo agio. Mentre per quanto riguarda gli uccelli, di  qualsiasi specie essi siano, è importante che il loro genoma (e quindi il loro adattamento genetico) sia e rimanga puro, cioè essi dovranno provenire direttamente dalla vita selvatica  o dalla vita in cattività purché da poche generazioni.

 

2) ALLEVAMENTO  PER FALCONERIA:

Può includere tecniche altamente riproduttive (nel caso di allevamenti a scopi economici o con obiettivi di selezione artificiale di ceppi particolarmente adatti alla caccia), tecniche mediamente riproduttive (nel caso in cui l’allevatore vuole avere una scorta di rapaci o vuole recuperare le spese), oppure non includere obiettivi propagativi. In generale comunque si ha a che fare con rapaci addestrati e/o imprintati e dunque abituati alla presenza dell’uomo ed alle sue attività. Gli alloggi allora saranno di piccole dimensioni (anche solo pertiche o blocchi da falconeria) e l’alimentazione sarà quella necessaria a mantenere i rapaci nelle perfette condizioni di fitness e peso di volo. Gli uccelli da usare saranno di provenienza prettamente domestica (nati in cattività da un certo numero di generazioni)

 

3) ALLEVAMENTI CON OBIETTIVI VARI:

Comprendono l’allevamento hobbistico, quello a scopo di studi biologici e ornitologici e l’allevamento con obiettivi di sensibilizzazione del pubblico (dimostrazioni di falconeria, giardini zoologici, percorsi didattici ecc.). Sono raggruppati insieme perché hanno in comune le tecniche utilizzate, che saranno infatti intermedie tra quelle del tipo 1 e quelle del tipo 2, le quali costituiscono i due estremi. Gli alloggi saranno proporzionali alle esigenze della specie in questione, così come le tecniche alimentari. Diverse saranno invece le tecniche di management generale e la tipologia del rapace da usare in funzione delle varie esigenze.

 

Per quanto riguarda la “tipologia” di rapace, partiamo da un esempio che ci farà riflettere: quanto saranno diverse le tecniche di allevamento nel caso di un Falco peregrinus peregrinus nato in cattività da 12 generazioni, imprintato sull’uomo ed addestrato, di un pellegrino della stessa sottospecie, ma prelevato ancora allo stadio di uovo da un nido in natura ed allevato in cattività da genitori adottivi della sua stessa specie senza nessun contatto con l’uomo, e di un pellegrino anch’esso della stessa sottospecie ma traumatizzato permanentemente ad un’ala dell’età di 3 anni,  tutti allevati per un programma di studio biologico con obiettivo di riproduzione di medio livello? Per rispondere a questa domanda bisogna considerare i seguenti fattori:

 

A)Provenienza dalla vita selvatica o domestica (wild type o captive type): ha influenza soprattutto sull’adattamento genetico (a lungo termine ed ereditabile) dell’animale alla vita selvatica o  a quella domestica (importante è in tal caso il numero di generazioni nate in cattività da cui proviene l’animale, poiché esso influenza a lungo termine i geni e di conseguenza l’adattamento alla vita in cattività). Rapaci nati in cattività vi vivranno meglio senza stressarsi (si sa che lo stress da adrenalina inibisce la produzione degli ormoni sessuali, fondamentali per la riproduzione) e forniranno perciò delle performances riproduttive migliori (anche perché sono imprintati sull’ambiente e la vita domestica).

 

B)Età: influenza il maggiore o minore adattamento (a breve termine) alla vita domestica, ed è importante soprattutto se il rapace proviene dalla vita selvatica. I giovani sono più sensibili e apprendono più in fretta, dunque adattandosi meglio a nuovi ambienti e modi di vita.

C)Addestramento e/o imprinting: influenza il rapporto con l’allevatore, con l’ambiente, con gli altri esemplari della specie e con la vita in cattività  in maniera più o meno irreversibile ma non ereditaria.

D)Genetica: ha influenza su vari aspetti somatici e/o psicologici (comportamentali) in maniera irreversibile ed ereditaria. Dipende fortemente dalla provenienza dell’animale e dall’eventuale selezione genetica fatta su di esso oltre che dal numero di generazioni nate in cattività da cui esso proviene.

E)Traumi: Ovviamente un rapace non traumatizzato offrirà migliori performances riproduttive in cattività. Questo fattore è fortemente legato all’età ed alla provenienza dell’animale oltre che al suo pool genico (questi rapaci per la maggior parte proverranno dalla vita selvatica e se non rilasciabili cioè irrecuperabili possono essere usati per progetti di conservazione genetica oppure, se riprodotti con le adeguate tecniche, come capostipiti di ceppi in cattività idonei a progetti di reintroduzione).

Traiamo ora delle conclusioni:

–  Bisogna ricordare che deve essere considerato prima il “tipo” (e dunque lo scopo) dell’allevamento  e, in funzione di esso, la “tipologia” di rapace da utilizzare, e non viceversa.

– La classificazione dei tipi di allevamento serve anche a rispondere alla domanda: perché viene praticata e perché è così importante la rapacicoltura?

– La rapacicoltura può essere considerata come un’altra branca dell’ornicoltura sportiva (alla stregua della canaricoltura): in fondo non è così impegnativa come molti pensano, e basta avere le tecniche necessarie ed allevare la giusta “tipologia” e la giusta specie di rapace; indubbiamente l’allevamento di una coppia di aquile reali sarà molto complesso anche per i rapacicultori più esperti, ma l’allevamento di una coppia di Gheppi americani (Falco sparverius) o di Barbagianni (Tyto alba) nati in cattività da molte generazioni (e dunque ben adattati alla vita domestica) sarà  poco impegnativo, molto redditizio  e soprattutto piacevole oltre che utile (a questo proposito mi piace citare una frase di Tom Cade: “Con la riproduzione in cattività dei rapaci, nessuna specie di falcone deve ormai estinguersi”).

– Bisogna infine ricordare che, se il falconiere è obbligatoriamente anche un rapacicultore, non  varrà l’inverso (senza nulla togliere alla falconeria).

Prima di continuare mi preme ricordare che oggi in Italia e praticamente in quasi tutti i paesi del mondo è vietata la cattura dei rapaci selvatici e potranno essere allevati in cattività solo esemplari a loro volta nati in cattività da almeno 2 generazioni. Se avete serie intenzioni di dedicarvi alla rapacicoltura amatoriale, dunque, abbiate cura di acquistare da allevatori referenziati e seri gli esemplari nati in cattività. Oltre che illegale e dannosa, la cattura di rapaci selvatici servirà a ben poco per la riproduzione in cattività, perché, in base a quanto detto prima, questi esemplari si adatteranno scarsamente alla vita in cattività e difficilmente potranno riprodursi spontaneamente. Gli esempi che avete letto sopra su rapaci selvatici in cattività si riferiscono a tecniche non praticabili dai privati (programmi di reintroduzione, recupero di esemplari feriti ecc.)

 

GESTIONE DI UN ALLEVAMENTO AMATORIALE

 

Riassumendo quanto precedentemente detto, la combinazione dei fattori relativi agli alloggi, all’alimentazione, alle tecniche di propagazione ed al management generale varia in funzione del “tipo” di allevamento e della “tipologia” di rapace coinvolta, oltre che della sua specie e tipo, tipologia e specie di rapace dipenderanno dagli obiettivi che ci si è prefissi di raggiungere (falconeria, reintroduzione, allevamento amatoriale, ecc.).

Il punto di partenza, quando si intraprende un progetto di allevamento, è  quello di considerare gli obiettivi che si vogliono raggiungere e la specie da allevare; in funzione di essi si adopererà la giusta combinazione delle tecniche di alloggio, di alimentazione, ecc.

Nelle successive pagine verranno illustrate le linee generali da seguire per gestire un allevamento di “tipo” 3 (amatoriale), punto di partenza prima di occuparsi di tipi più complessi (tipo 1). Lo scopo è quello di trasformare i lettori in potenziali rapacicultori e la speranza quella che presto si diffonda anche in Italia un maggiore interesse verso i rapaci e tutto ciò che ad essi è connesso.

CONCETTI DI BASE PER LA GESTIONE DI UN PROGRAMMA DI ALLEVAMENTO

A

Basare tutto il programma sulle proprie possibilità (di tempo, di spazio, di soldi)

B

Individuare il “tipo” di allevamento  a cui ci si vuole dedicare

C

Quindi la “tipologia” del rapace da usare

D

E dunque la specie

E

Preparare le attrezzature (Housing) per iniziare

F

Reperire il/i rapace/i

G

Gestire l’allevamento ( alimentazione, riproduzione, management generale)

 

Poiché abbiamo già detto che in queste pagine ci occuperemo dell’allevamento amatoriale, non è necessario considerare il passo A della precedente tabella. La scelta della “tipologia” di rapace da usare avverrà di conseguenza: per questo tipo di allevamento useremo infatti esemplari già abituati alla vita domestica (perché nati in cattività da numerose generazioni). La scelta della specie e del numero di individui è invece una opzione dell’allevatore: guidata dai suoi gusti ma anche dalle sue disponibilità.

Giunto a questo punto l’allevatore dovrà prepararsi  materialmente a ricevere i soggetti e considerare dunque l’housing (alloggiamento) e tutte le attrezzature necessarie per iniziare.

 

HOUSING

 

In linea generale: se non si intende procedere alla riproduzione e/o si vuole allevare un solo esemplare, sarà sufficiente usare una normale pertica da falconeria; se invece si ha come obiettivo anche la riproduzione, sarà necessario utilizzare una voliera (interna o esterna).

Per quanto riguarda le pertiche, diciamo subito che ne esistono vari modelli, diversi per forme e dimensioni (blocchi, pertiche, piattaforme a muro), ma sceglieremo il modello idoneo in funzione della specie considerata (blocchi per i falconi e pertiche per gli Accipiter, per es.). Si possono reperire presso i fornitori di attrezzature da falconeria, oppure costruirsele  con le proprie mani; in quest’ultimo caso l’unico importante fattore da considerare sarà quello del punto di appoggio del rapace sulla pertica che, per evitare gravi patologie alle zampe (ascessi plantari: bumblefoot), dovrà essere ricoperto con un apposito materiale (erbetta sintetica: Astroturf). Il rapace dovrà stare legato alla pertica per mezzo del classico sistema usato in falconeria: braccialetti, geti, lunga che va ad agganciarsi all’ anellino sulla pertica dotato di girella per evitare gli attorcigliamenti. E’ bene però ricordare che un rapace non può vivere tutta la sua vita legato alla pertica o al blocco. Potremo tenere in pertica solo quei rapaci che avranno ricevuto un addestramento al volo libero e che quindi verranno fatti volare liberi periodicamente (2-3-4 o più volte alla settimana). Del resto è anche inutile e causa di sofferenze tenere un singolo esemplare in una voliera, solo per il piacere di avere un rapace a casa. In conclusione le scelte sono due: o una coppia (da mettere in voliera) o un singolo esemplare ma da addestrare al volo libero, tutte le altre opzioni dovrebbero essere legalmente vietate per evitare inutili sofferenze agli animali.

Fig. 4. Astore addestrato per la falconeria. Si noti la pertica sulla quale viene tenuto che differisce da quelle usate per altri rapaci (vedi figure successive).

Fig. 5. Poiana di Harris (Parabuteo unicinctus) addestrata per la falconeria. Anche in questo caso la pertica sulla quale viene tenuto l’animale è specifica.

Fig. 6. Notare il blocco su cui questo pellegrino addestrato alla caccia viene alloggiato. Questo modello di posatoio viene usato praticamente per tutte le specie del genere Falco. Si noti la copertura con tappetino artificiale

Se abbiamo scelto una coppia, useremo una voliera  e dovremo considerare i seguenti fattori:

Dimensioni: come è facilmente intuibile, in questo tipo di allevamento (amatoriale) le dimensioni minime varieranno solo in funzione della massa corporea della specie allevata.

Come guida si dia un’occhiata alla seguente tabella:

 

SPECIE

DIMENSIONI

Lunghezza

Larghezza

Altezza

GHEPPI AMERICANI, ASSIOLI, CIVETTE, SMERIGLI

2 mt

2 mt

2 mt

BARBAGIANNI,GHEPPI COMUNI, SPARVIERI

3 mt

3 mt

2,4 mt

PELLEGRINI, LANARI, SACRI

3,6 mt

2,4 mt

2,4 mt

POIANE, GUFI REALI,

3 mt

3 mt

3,6 mt

GROSSE AQUILE – AVVOLTOI

9 mt

4,5 mt

4,8 mt

 

Struttura: può essere di vari materiali. Lo scheletro sarà in paletti di legno, metallo, o cemento. Tutta la voliera sarà in parte chiusa con pannelli in legno, metallo o plastica, in parte con rete a maglie metalliche di adatte dimensioni ( si vedano le figure e le foto seguenti).

 

 

Fig. 7. Sezione trasversale schematica della struttura di una voliera per la riproduzione in cattività di piccoli rapaci (Smerigli, Civette, Gheppi comuni e americani, Assioli ecc.)

Le dimensioni sono 2mt x 2mt x 2mt.

A)Parte del tetto coperta solo con rete metallica.

B)Parte del tetto coperta con pannelli di legno, plastica o metallo.

C)Pertiche orizzontali rivestite con Astroturf.

D)Nido (scegliere la forma più adatta alla specie allevata).

E)Piattaforma per il cibo con botola di accesso dall’esterno.

F)Bagnetto.

G)Tronco d’albero che funge da posatoio naturale.

H)Roccia.

I) Fondo ricoperto con 5 cm di ghiaia.

Ambiente interno: sia nelle voliere interne che in quelle esterne, il fondo dovrà essere ricoperto da uno strato di ghiaia (di circa 5 cm), che dovrà essere sostituito periodicamente.

Come posatoi si useranno delle pertiche orizzontali poste a circa 1,5 mt di altezza da terra sempre rivestite con Astroturf o altro materiale idoneo (vedi fig. 9), in sostituzione o in aggiunta si potranno usare dei posatoi naturali, quali piccole rocce, tronchi e rami d’albero.

 

Fig. 8. Vari modelli di nidi artificiali utilizzabili per la riproduzione dei rapaci:

A)Piattaforma per grossi falconi (Pellegrini, Lanari).

B)Nido  a coppa adatto a  Sparvieri, Astori, alcune specie di gufi.

C)Nido a cassetta per Gheppi americani, comuni, Civette, Assioli.

D)Grosso contenitore da nido (1 mt di lato) per Gufi reali e specie affini

  Fig. 9. Falco Pellegrino (Falco peregrinus) femmina del ceppo scozzese (il così detto “scottish”) su un posatoio della voliera da riproduzione (il maschio non è visibile). Si noti la struttura del posatoio a piattaforma, ricoperta con un panno fissato con ganci metallici.

All’interno del locale di allevamento dovrà essere sempre presente inoltre un sito per il nido, scelto tra i modelli più adatti alla specie allevata (vedi fig. 8) , una piccola piattaforma per il cibo (a cui si accede dall’esterno attraverso una botola) ed un bagnetto (costituito da un piccolo contenitore di plastica, metallo o altro materiale) a cui si cambierà l’acqua giornalmente; non dovranno invece essere usati dei beverini, in quanto i rapaci  assumono dal cibo tutta l’acqua di cui hanno bisogno ed eventualmente possono bere dal bagnetto.

In generale, per ciò che riguarda il clima, si dovrà avere la precauzione di porre il locale di allevamento o la pertica (sia esterni che interni) in un luogo che non sia troppo umido né troppo esposto a correnti d’aria o ai venti dominanti della zona. Non sarà necessaria nessuna manipolazione artificiale del clima o al massimo si potrà usare un lampada a raggi IR ( che produce solo calore senza luce per evitare di disturbare il rapace) nei casi in cui la temperatura si abbassi troppo.

Indubbiamente la pulizia e l’igiene saranno fondamentali (in particolar modo nel caso dell’allevamento di animali che si nutrono di carne); per questo si dovranno effettuare delle pulizie ordinarie (cambio dell’acqua del bagnetto e pulizia della mangiatoia ogni giorno, cambio della ghiaia e pulizia delle pertiche ogni mese) e straordinarie (disinfettazione e pulizia completa ogni sei mesi).

 

 

 

 

 

Fig. 10. Alcuni esempi di voliere di tipo Skylight a sinistra e a fronte aperto a destra.

 

 

 

 

 

 

Una volta che l’allevatore si sarà preparato a ricevere il rapace,  dovrà considerare il punto E, cioè come procurarselo: è possibile o acquistarlo qui in Italia presso uno dei pochi allevatori che ci sono oppure ordinarlo all’estero (per ulteriori informazioni leggete le altre pagine del sito o contattatemi).

 

 

A questo punto, ottenuto l’animale, non rimarrà che gestire l’allevamento nel modo migliore. I fattori da considerare a questo proposito sono l’alimentazione e le eventuali tecniche propagative.

 

 

 

 

 

 

Fig. 11. Coppia di Astòri (Accipiter gentilis) nella voliera di riproduzione. Notare la notevole differenza di dimensioni tra il maschio (in secondo piano) e la femmina (in primo piano) che può raggiungere valori fino al 30%.

 

ALIMENTAZIONE (FEEDING)

 

Trattandosi di uccelli da preda la base alimentare che useremo sarà la carne. Non è così complicato come sembra! Dal punto di vista della qualità dovremo avere la precauzione di usare solo carne molto fresca; conviene acquistarne una buona scorta e congelarla (ma non dimenticare di farla scongelare per tempo prima di somministrarla) ciò aiuterà anche ad uccidere eventuali microrganismi presenti. Anche se può sembrare strano i prezzi non sono proibitivi: per alimentare una coppia di Gheppi americani non spenderemo di più che per alimentare una  buona coppia di canarini. Per i grossi allevamenti di rapaci converrà costruirsi degli stabulari  dove allevare e riprodurre le specie animali da usare come cibo (quaglie, topi,ecc.). Si tratta di animali molto domestici facilissimi da riprodurre e che dunque possono soddisfare pienamente le esigenze di un grosso allevamento di rapaci.

La dieta dovrà essere varia, non bisogna limitarsi sempre allo stesso tipo di cibo; nella tabella seguente sono elencati i principali alimenti da somministrare alle più comuni specie di rapaci:

N

TIPO DI CIBODESCRIZIONESPECIE

1

DOC (PULCINI DI POLLO )Usati soprattutto quando hanno pochi giorni di età (1-3) vengono somministrati interi. Se si usano più grandi, bisogna tagliarli in grossi pezzi, ma senza togliere piume e penne. Sono molto buone anche solamente le teste dei polli adulti (molto economiche e nutrienti)

Tutte le specie

2

QUAGLIEVengono somministrate intere, così come sono. Costituiscono una dieta ad alta percentuale proteica, ma sono piuttosto costose, perciò è meglio usarle di tanto in tanto per variare la dieta.

Solo rapaci diurni (falconi,poiane, sparvieri)

3

PICCIONEMai somministrarlo senza averlo prima congelato, perché c’è il rischio della Tricomoniasi e di altri patogeni di cui i piccioni sono noti portatori. Tagliare via la testa e gli intestini prima di darlo ai rapaci. Può essere usato anche intero.

Soprattutto falconi

4

RATTI E TOPIContengono un’alta percentuale di proteine. Sono molto economici e facili da reperire presso i negozi di animali o i fornitori dei laboratori di ricerca.

Tutti i rapaci ad eccezione di alcuni falconi (pellegrino)

5

CARNE DI MANZOFacilissima da reperire; non bisogna usarla in eccesso perché  poco nutriente; alternarla spesso con altri cibi.

Tutte le specie.

 

Per quanto riguarda la quantità, l’esperienza ci insegnerà subito quali sono le dosi più adatte al nostro rapace; come regola generale all’inizio si può somministrare un eccesso di cibo e togliere immediatamente la parte che il rapace non ha mangiato ( come misura generale una coppia di Gheppi consumerà  una quantità massima di carne pari a circa 1 quaglia al giorno).

Anche nell’alimentazione l’igiene è di primaria importanza; la carne entra subito in putrefazione soprattutto nel periodo caldo, e la cosa migliore da fare è togliere sempre l’eccesso rimasto dopo l’alimentazione e pulire bene la piattaforma del cibo ogni giorno.

Ai rapaci tenuti sulla pertica daremo da mangiare sul pugno.

Tutte le specie di rapaci ma anche molte altre specie di uccelli producono delle borre, cioè dei rigurgiti alimentari composti di tutte quelle parti indigeribili che vengono assunte con l’alimentazione (pelo, penne, ossa ecc.). La produzione di borre nei rapaci ha anche una importante funzione benefica per la pulizia dell’intestino. Somministrare sempre cibo che non può portare alla formazione di borre è pericolosissimo per i rapaci (per es. carne netta di manzo), bisogna sempre alternare questi cibi con altri che permettono la formazione ed il rigurgito di borre (per es. quaglie intere con tutte le penne, topi interi con tutta la pelliccia ecc.).

Ovviamente le esigenze alimentari dei rapaci in cattività cambieranno sia qualitativamente che quantitativamente nei vari periodi dell’anno. Le temperature fredde dell’inverno indurranno l’organismo del rapace ad assumere più cibo per un aumentato consumo energetico dovuto alla termoregolazione. Allo stesso modo la muta e la riproduzione porteranno anch’esse ad un aumento delle esigenze alimentari dal punto di vista quantitativo. Ma nella riproduzione in particolare sarà importante anche l’aspetto qualitativo dei cibi: la femmina deve poter disporre delle proteine e dei grassi necessari per la biosintesi del tuorlo e dell’albume delle uova che si accinge a deporre ma anche dei sali minerali (soprattutto di calcio) necessari a “dotare” queste uova di un guscio (appunto formato per la maggior parte da carbonato di calcio). Tenere in stretta considerazione questi fattori aiuterà a migliorare i risultati ottenibili nella riproduzione (per es. deposizione di un maggior numero di uova e migliore qualità delle uova stesse)

 

Fig. 12. I rapaci notturni sono ghiottissimi di topi!

 

TECNICHE PROPAGATIVE

 

Questa è sicuramente la parte più bella ed interessante della rapacicoltura: la riproduzione.

Le tecniche che sono state sviluppate a questo proposito sono innumerevoli, ma ci limiteremo ad illustrare solo le principali.

Se la coppia è ben affiatata, entrerà in regime riproduttivo non appena il maschio e la femmina saranno divenuti sessualmente maturi. Nei casi più critici, se non si riesce ad ottenere una riproduzione naturale, si possono usare varie complicate tecniche per stimolare la coppia o per farla riprodurre artificialmente, quali, rispettivamente, la somministrazione di ormoni riproduttivi (come il testosterone) oppure l’inseminazione artificiale.

In quest’ultimo caso si è giunti  a tecniche molto sofisticate per avere successo: da diversi anni è stata sviluppata in America la tecnica della inseminazione artificiale cooperativa in cui sia il maschio sia la femmina cooperano con l’allevatore, l’uno donando volontariamente il seme, l’altra facendosi inseminare spontaneamente e di sua volontà; ciò grazie ad un particolare imprinting ed addestramento che essi hanno ricevuto, attraverso i quali entrambi riconoscono nell’allevatore il proprio compagno sessuale. In generale però si tratta di tecniche molto complicate e non adatte all’allevatore amatoriale (nel nostro allevamento stiamo preparando delle coppie per quest’ultimo tipo di inseminazione artificiale e ci stiamo accorgendo di quanto sia complesso e difficile); d’altro canto egli non ne avrà bisogno perché utilizzerà sempre e solo rapaci ben adattati alla vita in cattività e che nella maggior parte dei casi si riprodurranno spontaneamente in maniera del tutto naturale.

Una volta effettuate le normali parate nuziali, e avvenute le prime copule, la femmina deporrà le uova nel nido che l’allevatore avrà inserito nella voliera. A questo punto si hanno due opzioni:

-Far procedere la coppia nel normale ciclo riproduttivo

-Utilizzare la tecnica del “double clutching”  (doppia covata) se si vuole ottenere una progenie più numerosa.

La tecnica della doppia covata ha molte varianti (più o meno complesse ed efficienti), che permettono di fare deporre ad una sola femmina anche fino a 14 uova a stagione. La variante che userà l’allevatore amatoriale sarà la più semplice (ma anche sufficientemente redditizia); però è necessario che egli abbia già una certa esperienza nelle tecniche di incubazione artificiale delle uova e di allevamento a mano dei piccoli appena nati ( i rapaci notturni e diurni alla nascita sono inetti e non precoci come i galliformi, per esempio, i cui pulcini già dal primo giorno di vita sono capaci di camminare e mangiare autonomamente). A questo scopo sarà sufficiente una incubatrice del tipo ventilato o no (“forced air” o “still air” incubator) di piccole dimensioni ma ben funzionante. Appena la femmina ha terminato di deporre le uova e le sta già covando da circa 5-6 giorni,  l’ allevatore le preleverà delicatamente dal nido e le porrà in incubatrice alla temperatura ed umidità più adatta alla specie (37,5 C° e 55% di umidità relativa in media) lasciandovele per il  numero di giorni richiesto per la schiusa (numero che varia anch’esso in funzione della specie).

Fig. 14.

Uova appartenenti a varie specie di rapaci in una incubatrice del tipo non ventilato (“still air incubator”).

In poche parole si sta sfruttando il principio biologico della “covata di sostituzione” in base al quale se, in natura, la prima covata va persa (nel nostro caso è stata tolta) la femmina è biologicamente capace di deporre una seconda covata di emergenza, se ovviamente le condizioni alimentari e fotoperiodiche lo permettono; infatti la nostra femmina, nel giro di qualche giorno (anche qui il numero di giorni varia da una specie all’altra per es. nel Falco pellegrino dopo 15 giorni) deporrà un secondo “set” di uova, che l’allevatore le lascerà incubare naturalmente.

Quando sarà passato il necessario numero di giorni, le uova in incubatrice entreranno nella fase del “pipping”,  che può durare da 36 a 60 ore: in questa fase il pulcino inizierà a rompere le membrane interne ed il guscio dell’uovo per uscire aiutandosi con una apposita protuberanza del becco, il cosiddetto “dente del becco” che scomparirà qualche tempo dopo la schiusa. Durante questa fase l’uovo dovrà essere posto in un ambiente adatto all’interno della unità di schiusa (“hatcher”) che sarà un’altra incubatrice tenuta ad una temperatura di  37 C° ed una umidità relativa del 60%.

Fig. 15. Il dente del becco che serve al pulcino per tagliare e rompere le membrane ed il guscio.

 

Alla nascita il pulcino è ricoperto da un fitto piumino ( i rapaci sono semiprecoci: i nidiacei sono ricoperti da piumino come i precoci ma non sono in grado né di camminare né di mangiare da soli) e dovrà essere tenuto ancora per qualche giorno nell’unità di schiusa, abbassando via via la temperatura. Nel frattempo verranno somministrati con l’aiuto di una pinzetta a punte smussate i primi pasti a base di carne di pollo, manzo, quaglia o piccione finemente tritata a cui si aggiungeranno complessi polivitaminici e minerali per aiutare il corretto sviluppo. Già al terzo giorno di vita non sarà più necessario l’uso dell’unità di schiusa e i piccoli rapaci potranno essere tenuti all’interno di adatti contenitori dotati di un sistema di riscaldamento all’ infrarosso (detti “mamme artificiali” o “brooders”).

 

 

 

 

Fig. 16. Pulli di Gufo reale europeo di 20 gg di età. Sono già in grado di inghiottire un topo intero.

 

 

 

 

 

 

Fig. 17. Pulcini di Lanario e Pellegrino di 2 settimane di età. Sono stati appena imbeccati come si può notare infatti il gozzo è pieno e due di loro sono già entrati nella “dura” fase di digestione.

 

 

 

 

 

Alle uova della seconda covata penseranno invece i genitori naturali.

In tutto il ciclo riproduttivo l’allevatore può intervenire in svariatissimi modi per gestire il numero e la qualità dei pulcini prodotti; le tecniche sono innumerevoli ma sono sconsigliate nell’allevamento amatoriale anche perché inutili nella maggior parte dei casi. Tanto per fare qualche esempio, si dia un’occhiata alla sottostante tabella:

TECNICADESCRIZIONE
1CROSS FOSTERIGConsiste nell’uso di genitori adottivi qualora i genitori naturali non siano capaci di allevare la nidiata oppure sia necessario non imprintare i giovani rapaci nati in incubatrice.
2MANIPOLAZIONE DEL FOTOPERIODOÈ utile se si ha a che fare con specie nordiche oppure nel caso in cui si voglia far deporre più di 2 covate alla coppia. Utilizzata anche per ottenere una sincronizzazione del maschio  e della femmina nell’ inseminazione artificiale.
3CLUTCH AMPLIFICATIONConsiste nel togliere le uova man mano che vengono deposte piuttosto che togliere l’intera covata ( con questa tecnica i nostri Gheppi hanno deposto fino a 11 uova in una sola annata).
4THIRDPermette di ottenere fino a tre covate da una sola femmina attraverso vari trucchetti tra cui la manipolazione del fotoperiodo.
5CLUTCHING 1 MULTIPLE CLUTCHING 2In questo caso si ottengono 3 covate, ma si fa in modo che 2 di esse  vengano gestite naturalmente dei genitori, sincronizzando accuratamente i tempi.
6

IBRIDAZIONE

ARTIFICIALE

 

Anche nella rapacicultura si usano le tecniche di ibridologia, sopratutto ricorrendo all’inseminazione artificiale. Gli ibridi più comuni si ottengono all’interno del genere Falco (Girfalco/Pellegrino, Girfalco/Lanar/bkver.gif”>

 

Protocollo di esercizi per la riabilitazione di rapaci feriti in natura

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INTRODUZIONE

Il principale obiettivo della riabilitazione è quello di riportare un animale ad una condizione di salute e di fitness normale, cioè tale da renderlo capace di riprendere le sue normali attività nella vita in natura.

Obiettivo secondario ma non meno importante è quello di rendere l’animale capace di reinserirsi con successo all’interno della popolazione selvatica e riguadagnare quella nicchia ecologica che aveva perso e che, per le inesorabili leggi della natura , è stata subito occupata da qualcun altro.

Inoltre bisogna anche considerare il fatto che l’animale deve essere rilasciato nel luogo giusto al momento giusto, per garantirgli una qualche speranza di sopravvivere.

La fitness di un animale è definita come la capacità di compiere un determinato lavoro muscolare senza arrivare subito alla condizione di fatica. La sensazione di fatica è dovuta alla produzione e al conseguente aumento della concentrazione ematica di acido lattico. Tale sostanza viene sintetizzata come prodotto secondario della reazione metabolica fermentativa (anaerobica) che si attua quando nella cellula muscolare viene a mancare l’ossigeno necessario allo sviluppo normale di energia. Da un punto di vista biochimico allora una animale in perfetta fitness si riconosce misurando la concentrazione di acido lattico nel sangue dopo alcuni minuti di esercizio fisico. Altro metodo è quello di valutare la concentrazione di globuli rossi del sangue ( PCV: Packed Cell Volume, o tasso di ematocrito) che, come si capisce, è importante in quanto il ruolo di tali cellule è quello di trasportare ossigeno alle cellule che ne hanno bisogno ( cellule muscolari per es.): allora maggiore è il valore del PCV e maggiore è la fitness dell’animale.

Tutti gli animali selvatici, ovviamente e obbligatoriamente devono mantenersi in perfetta condizione atletica, per avere un minimo successo per la sopravvivenza. Immaginate uno sparviere che dopo 10 mt di inseguimento si stanca e si ferma stremato su un ramo?

Quando un animale qualsiasi, per es. un rapace, finisce per un qualche motivo, in un centro di recupero, perderà la sua fitness nel giro di anche una sola settimana. Infatti la permanenza in un box di cura nell’impossibilità di muoversi a cui si aggiunge l’accumulo di grassi che facendo aumentare il peso, impacceranno l’animale, e contribuiranno ad abbassare la condizione atletica. In tali condizioni, anche se l’animale viene tenuto in una voliera di riabilitazione ( a tunnel ) per qualche settimana, non riuscirà né a perdere il peso supplementare accumulato né a recuperare l’atelticità che gli è necessaria per poter sopravvivere allo stato selvatico, e ciò è fortemente dimostrato dalla esperienza dei falconieri.

Bisogna dire che comunque è importante che l’animale prima di essere rilasciato venga tenuto per qualche settimana in una voliera e questo vale anche per animali che non hanno subito traumi alle ali o alle zampe per es.per quelli che sono finiti al centro a causa di patologie varie.

Allora, riassumendo, una volta curato, l’animale da rilasciare deve essere tenuto in una voliera che gli permetta un certo movimento e una acclimatazione all’ambiente esterno, deve essere allenato, e gli si deve fare perder il peso in grassi (inutile) accumulato durante il periodo di cura; inoltre si deve rivalutare la sua condizione fisica e atletica prima di rilasciarlo, ci si deve cioè accertare che abbia raggiunto la necessaria ( e normale ) resistenza alla fatica, e che sia fisicamente apposto (controllare il volo, lo stato generale del sensorio, il funzionamento ottimale di ali e zampe ecc.). Per fare ciò ci sono delle apposite tecniche ma in questo scritto mi soffermerò solo ad illustrare le tecniche DI BASE per allenare un uccello da preda. Ricordo inoltre che questo discorso vale solo per i rapaci adulti, visto che con i giovani la situazione si complica perché entra in gioco anche l’apprendimento delle tecniche di caccia…

TECNICHE DI ALLENAMENTO

La quantità di tempo necessaria prima che un rapace raggiunga il necessario stato atletico di fitness dipende dal tempo di cura che esso ha richiesto e che a sua volta dipende dall’entità del problema che lo ha portato al centro di recupero.

La voliera al cui interno verrà alloggiato l’animale può anche non essere a tunnel, è sufficiente che sia abbastanza grande per es. 3 x 3 mt. Inizialmente l’animale si muoverà poco al suo interno ma dopo inizierà a muoversi di più, spontaneamente. Tali movimenti e voli da una pertica ad un’altra indicheranno che il rapace è pronto per lo stadio di esercizio.

I metodi di esercitazione si classificano come segue:

1)INDOOR CONDITIONING: esercizi in un locale chiuso (“fixed course”)

2)OUTDOOR FLYING : esercizi in ambiente esterno con l’animale legato alla filagna

3)FALCONRY TRAINING: uso delle tecniche tradizionali della falconeria.

I tre metodi si distinguono per vari motivi. I principali sono i seguenti: il fixed course verrà usato con tutti i rapaci di piccole e medie dimensioni, quindi escludendo le aquile e gli avvoltoi; il volo con la filagna (cordicella che è legata al rapace) sarà usato con, appunto, i rapaci più grossi, mentre le tecniche classiche di falconeria saranno usate obbligatoriamente con le specie del genere Falco ( escluso, forse, il gheppio e qualcun altro).

Inoltre si può usare la tecnica con la filagna nel caso il centro non disponga di un locale chiuso di adeguate dimensioni ( a tunnel ).

1)”FIXED COURSE, INDOOR FLYING”:

In questa tecnica si farà volare l’animale libero all’interno di un locale di adatte dimensioni. Sarà molto adatta una forma allungata ( a tunnel: 10-20mt di lunghezza per 3-5 di larghezza) che permetterà una adeguata distanza di volo.

Una volta introdotto l’animale nel locale bisognerà costringerlo a volare da una estremità ad un’altra.

Si noterà che inizialmente molti animali non riusciranno a volare per tutta la lunghezza del corridoio a causa della debolezza muscolare accumulata. Ma sono sufficienti 2 o 3 esercizi per far familiarizzare l’animale con questo esercizio.

Durante i voli devono essere valutati i seguenti fattori:

a)Simmetria e perfezione dei battiti d’ala.

b)Posizione delle zampe: se per es. esse sono tenute sotto la coda o se sono parzialmente tenute estese e spostate su un lato per tentare di compensare un’ala più debole dallo spostamento del peso corporeo.

c) Altezza di volo e velocità.

d) Capacità di controllare l’atterraggio.( Un buon atterraggio consiste di una leggera planata e un leggero e delicato tocco a terra con entrambe le ali e le zampe posate simultaneamente.)

Per ottenere queste valutazioni si femmina spesso uso di una videocamera, che permette di analizzare in maniera migliore le immagini

2) “OUTDOOR FLIYNG”:

In questo tipo di esercizio si userà una filagna ciè un sottile cordoncino ( proporzionato alle dimensioni dell’animale) legato alle zampe. La tecnica per legare tale cordino è quella classica della falconeria dei geti e della lunga. Si veda la figura per capire come si monta il geto di cuoio.

Questa tecnica può essere usata con qualsiasi specie, purchè si disponga di un’area all’aperto di adatte dimensioni e priva di appigli. Il cordino dall’altro capo non deve assolutamente essere legato ad un oggetto fisso ma ad un pezzo dil legnetto per es.

Una persona tiene l’uccello mentre l’altra tiene il legno e il cordino, l’uccello viene delicatamente sospinto al volo e lo si lascia libero di volare per tutta la lunghezza del cordino. La persona può anche correre con l’uccello.

Due importanti considerazioni sono: in primo luogo non fare volare troppo l’animale soprattutto nelle giornate troppo calde vista che questa tecnica è molto faticosa, e in secondo luogo trattare con massima delicatezza i rapaci “long legged” che cioè hanno caviglie troppo sottili per es gli sparvieri.

I fattori da valutare durante il volo sono gli stessi della tecnica descritta in precedenza.

3)”FALCONRY TRAINING”:

La descrizione particolareggiata di questa tecnica è piuttosto complessa; conviene fare allora riferimento ad un apposito testo. In breve la tecnica consiste nel condizionare l’animale in modo tale che possa esser fatto volare libero senza che però fugga. L’animale una volta rilasciato dimenticherà tutto, dunque non c’è pericolo di condizionare irreversibilmente l’animale. Durante la fase di allenamento dell’animale così condizionato si userà un logoro cioè un’esca finta che si farà inseguire all’animale.

In generale per tutte le tre tecniche appena descritte si useranno vari protocolli di esercizio. Il più comune e più generale protocollo è quello descritto qui di seguito.

PROTOCOLLO DI ESERCIZIO AEROBICO

Il seguente protocollo è stato sviluppato facendo volare i rapaci e misurando poi il profilo della presenza e scomparsa di acido lattico nel sangue, poi i valori ottenuti sono stati confrontati con quelli di rapaci selvatici o ben addestrati per la falconeria. Si è visto che un rapace appena curato in meno di 3 settimane può recuperare completamente la sua fitness. Si è anche visto che una sola settimana di inattività può causare una significativa perdita di forma atletica.

Istruzioni:

Fase 1: Early training (prima fase di allenamento)

Distanza di volo: 15-30 mt

Ripetizioni: da 3 a 5 volte con 1 minuto di intervallo per una distanza totale di 75-90 mt. Se l’uccello supera questa fase si può passare alla sconda fase.

Frequenza: 2 o 3 volte alla settimana

Fase 2: Mid training (fase mediana di allenamento)

Distanza di volo: 45-60 mt

Ripetizioni: Da 5 a 7 volte con 1 minuto di intervallo per una distanza totale di circa 300-350 mt.

Frequenza: Ogni giorno.

Fase 3: Final (fase finale di allenamento)

Distanza di volo: 60-80 mt

Ripetizioni: Come nella seconda fase.

Frequenza: Giornaliera

Una volta superati questi esercizi l’animale deve essere liberato immediatamente.

By Paolo Taranto

Esercizi per mantenere in forma i rapaci

falconeria salto al pugno filagna

PROTOCOLLI DI ESERCIZI PER LA FALCONERIA

Per affrontare questa parte, mi baserò, fondamentalmente sulle informazioni tratte dal libro del Dott. Nick Fox in “Understanding the birds of prey”. Esistono sei metodi principali per allenare un rapace e tenerlo in fitness:

1.     RICHIAMO SUL PUGNO.

Consiste nel chiamare al pugno il rapace posato su una pertica o su un’albero. E’ un buon metodo per gestire la fitness dei Buteo e degli Accipiter. Come il richiamo a lunga distanza sul logoro, permette un buon allenamento a livello dei muscoli a contrazione lenta mentre non ha nessun effetto su quelli a contrazione rapida. Unica nota negativa di questa tecnica è la quantità di tempo che essa richiede. Un lato positivo è che questa tecnica permette l’instaurarsi ed il rafforzarsi dell’affiatamento tra il rapace ed il falconiere.

2.     RICHIAMO SUL LOGORO DA LUNGA DISTANZA.

Per lunga distanza si intendono 500-1000 mt in linea retta. La velocità raggiunta dal falco in questo esercizio non sarà quella massima. Questo esercizio ha anche uno scopo educativo in quanto insegna al falco a venire al logoro dalla lunga distanza. Come la tecnica precedente anche questa lavora bene sulle fibre muscolari a lenta contrazione.

3.     INSEGUIMENTO SU LOGORO MECCANICO.

Questo sistema consiste nell’usare una strategia o un meccanismo per far viaggiare il logoro in linea retta ad una certa velocità. Il sistema migliore è, al momento, quello di usare un’auto. Ovviamente sono necessarie due persone, una alla guida e l’altra che gestisce il logoro, che viene appeso ad una lunga canna da pesca. Alla partenza il filo a cui il logoro è legato sarà molto lungo, ma, man mano che la macchina prende velocità verrà accorciato. A questo punto il veicolo può procedere ad una velocità costante ed il falco, costretto ad inseguire il logoro ad una certa velocità, dovrà usare le sue fibre muscolare a rapida contrazione. Misurando la distanza percorsa, il tempo e la velocità, è possibile avere un database per seguire i miglioramenti del falco e per avere dei dati di riferimento quando si usano altri rapaci.

4.     JUMPING.

E’ questa una tecnica molto comoda da usare quando le tecniche all’aperto non possono essere praticate ( di sera, o quando c’è maltempo). Si deve disporre di un locale chiuso e ben sicuro ( all’interno del quale cioè non ci siano pericoli per il falco quali oggetti appuntiti, finestre di vetro ecc.). La tecnica di base consiste nel chiamare il rapace sul pugno dalla breve distanza ( una pertica a 3-5 mt ), magari offrendogli un bocconcino. Per i Falchi è una tecnica molto buona, e un Pellegrino potrà arrivare fino anche ad un centinaio di salti sul pugno. Gli Accipiter compiranno questo esercizio quasi senza aprire le ali e arriveranno anche fino a 200 o più salti. I Buteo invece rifiuteranno questo tipo di esercizio e devono essere convinti ad eseguirlo, almeno all’inizio, con dei bocconcini offerti ad ogni salto sul pugno. Alla fine del protocollo il rapace avrà acquisito una buona fitness e sommando tutti i bocconcini avrà raggiunto il gozzo pieno. Questa tecnica è stata anche meccanizzata con un posatoio che si muove ritmicamente su e giù: i vantaggi sono il risparmio di tempo e il non condizionare troppo il rapace sulla figura umana. Come dato di riferimento per esempio si può dire che un Astore non è in fitness se non riesce a compiere almeno 80-90 salti.

5.     ESERCIZI SUL LOGORO.

Questo sistema è ormai classicamente usato da tutti e non necessita di ulteriori spiegazioni. Possiamo aggiungere che aiuta a formare e rafforzare il legame del rapace sul logoro.

6.     CACCIA ATTIVA SULLE PREDE.

Non bisogna usare questa tecnica se prima il falco non ha già raggiuto un certo livello di fitness. Fox afferma che se un Accipiter non viene portato a caccia almeno tre volte alla settimana esso non raggiungerà una condizione di fitness totale e necessiterà perciò di esercizi aggiuntivi. Per un Astore per esempio un buon volo è di almeno 100 metri ma l’ inseguimento di un fagiano per 200-300 metri forzerà l’Astore a usare l’anaerobiosi con conseguente produzione di acido lattico, cosa che migliorerà gradualmente la sua fitness. Gli Accipiter volati solo nei fine settimana avranno bisogno di sessioni di circa un centinaio di salti sul pugno negli altri due giorni in cui dovrebbe essere volato ogni settimana per mantenere una buona fitness. I Buteo non hanno invece l’esplosivo sprint anaerobiotico degli Accipiter e dunque per loro un continuo esercizio è strettamente necessario ( e ciò vale anche per gli Harris ).

Prima che un rapace venga fatto volare completamente libero, o per scopi di falconeria o per scopi di riabilitazione, esso deve essere in perfetta fitness. Sicuramente il rapace non sarà in fitness quando:

a)     E’ il suo primo volo libero

b)     Si trova ad un peso estremamente basso

c)     Non è stato allenato per niente

Quanto sopravvieverà se lo perdiamo?

Bisognerebbe fare molta attenzione a quei rapaci ai quali non è stato ancora insegnato a procacciarsi il cibo da soli. Il rapace può dominare bene il vento ma le sue ali non è detto che siano perfette. Un rapace riabilitato in seguito ad un trauma può ancora non essere capace di volare adeguatamente per cui è consigliabile controllare accuratamente che esso sia in perfetta fitness prima di restituirlo alla libertà. Per accertarsi di ciò ci sono varie tecniche descritte nella pagina sulle tecniche di campo. Comunque, in generale, se la liberazione di un Buteo o di un qualsiasi rapace che abbia tecniche di caccia generiche  senza corretto allenamento potrebbe ancora essere accettabile, il rilascio in tali condizioni di rapaci dei generi Falco e Accipiter deve assolutamente essere vietato. Essi devono essere in fitness al 100%, senza compromessi.