Il Falco pellegrino e alcune sottospecie

Il Falco pellegrino siberiano (Falco peregrinus calidus) in Italia
di Andrea Corso

 

Fino a pochi anni il Falco pellegrino della sottospecie siberiana calidus veniva considerato un accidentale in Italia e poche erano le segnalazioni conosciute. Brichetti et al. (1992) ne riportano solo circa una decina. In realtà è uno svernante regolare e, in minor misura, migratore regolare sebbene sia molto raro e localizzato (Corso ined.).

Ogni anno qualche individuo arriva a svernare da noi (soprattutto nelle vaste zone umide o lungo la costa) e qualcuno è stato visto in migrazione primaverile ed autunnale sullo Stretto di Messina; ad esempio 1 maschio adulto è stato avvistato nel maggio 1997 e ben 6 adulti e 1 juv. nella primavera 1999 (Corso, Cardelli, Marcone, Garavaglia, DiPietra et al. ined.). Le regioni dove è più facile vederlo sono la Sicilia e la Puglia, ma anche la Campania, il Lazio e la Calabria. Nelle altre regioni, soprattutto al nord Italia, sembra sia più accidentale o comunque irregolare. Al Centro Recupero Rapaci LIPU di Sala Baganza ho trovato in voliera due ind. adulti in fase di recupero provenienti dall’Emilia Romagna.

Questa distribuzione geografica delle segnalazioni in Italia potrebbe essere in parte spiegata dal fatto che numerosi individui, provenienti dalla Siberia, vanno a svernare in Nord Africa, utilizzano la rotta migratoria adriatica e passando poi per la Puglia e quindi per la Sicilia. E’ così che molti individui vengono osservati in queste regioni più che in altre e alcuni scelgono di fermarvisi e passarvi l’inverno.

In questa nota riporto in breve i caratteri distintivi salienti per l’identificazione del Falco pellegrino ssp. calidus, in riferimento alla separazione dalle ssp. brookei e peregrinus e soprattutto dal Lanario juv. In effetti esistono numerose similitudini con il Lanario juv. o il Falcone di Barberia juv. e la distinzione è spesso tutt’altro che semplice. Per la distinzione dal Falcone di Barberia si rimanda a guide specifiche o lavori approfonditi.

Il Falco pellegrino siberiano,da dove viene e dove va?
di L. Ruggieri

Il Pellegrino è un falcone cosmopolita, distribuito in tutto il mondo con oltre 19 sottospecie che occupano una grande varietà di habitat: soltanto l’Antartico e la fitta foresta equatoriale sono disertati da questa specie estremamente plastica. Tra queste, le sottospecie tundrius e calidus, che abitano le latitudini più nordiche dell’emisfero settentrionale, rispettivamente l’Artico americano e la tundra paleartica, sono specie migratrici ad ampio raggio.

In particolare, il Pellegrino siberiano, F. p. calidus, che nidifica dalla Finlandia orientale fino alla Siberia occidentale, non rimane sui territori di nidificazione durante il rigido inverno nordico, ma compie una migrazione di migliaia di chilometri verso Sud.

E’ certamente difficile immaginare un “falcone 2 stagioni”, che nidifica a terra nei freddi orizzonti subartici e che sverna tra gli elefanti nella savana africana, ma al Pellegrino siberiano sembra proprio che le vie di mezzo vadano strette.

Pellegrini siberiani calidus, sono stati rinvenuti regolarmente svernanti nel continente africano fino al Sud Africa, con una rotta migratoria che investe la penisola arabica e il Mar Rosso e che scende lungo la costa africana seguendo da presso quella dei milioni di limicoli che migrano verso sud. Le vie migratorie non sono ben delineate, soprattutto a livello delle singole subpopolazioni, ma il radiotracking ne ha permesso di svelare alcuni segreti, come la migrazione di 4 calidus catturati nella penisola di Kola (Fennoscandia) nel 1994 e che hanno svernato in Europa occidentale.

Distinzione da F. peregrinus peregrinus e F. peregrinus brookei

Rispetto a queste sottospecie è più grosso, con le femmine che arrivano alle dimensioni di un Sacro, e ha la coda più lunga, così come le ali; spesso, però, i maschi di calidus e le femmine di peregrinus – brookei sono sovrapponibili per dimensioni.

Il Falcone siberiano presenta baffo molto più stretto e meno netto rispetto agli altri Pellegrini europei; l’area chiara sulla nuca è molto più estesa e chiara, può interessare buona parte del vertice e il suo colore è in genere meno fulvo che non in brookei, essendo di norma più sul camoscio chiaro, o nocciola, o color sabbia.

Spesso la fronte è dello stesso colore e la porzione scura si limita ad una stretta fascia sulla zona anteriore del vertice (la corona).

Mostra un largo e vistoso sopracciglio chiaro come il Lanario o il Sacro. Le parti inferiori hanno un colore di fondo più chiaro e presentano una striatura scura più stretta e delineata che nelle altre sottospecie. Le parti superiori sono anch’esse più chiare e sono caratterizzate da una ben visibile e contrastante marginatura chiara delle piume.

Tale marginatura è presente sul mantello, scapolari e groppone anche nelle altre sottospecie, ma i margini di ogni piuma sono più scuri, più rossicci e più stretti, di conseguenza spiccano meno e sono meno visibili.

 

Fonte:http://www.ebnitalia.it/QB/QB002/pere_cal.htm

Distinzione del F. p. calidus dal F. biarmicus juv

Per tutti i caratteri elencati sopra, l’ampia area chiara sulla testa e per il suo colore, per l’ampio sopracciglio chiaro, per il mustacchio stretto, per la colorazione delle parti superiori con la caratteristica marginatura chiara, ecc., il F. p. calidus in piumaggio giovanile è molto più simile ad un Lanario che non ad un altro Pellegrino. In effetti proprio col Lanario juv. sono stati confusi gran parte degli esemplari conservati nei nostri musei. Per distinguerlo si noti in primo luogo:

in volo, il Falco pellegrino siberiano mostra sempre sottoala omogeneo, uniformemente marcato di scuro (barrato e striato) e senza contrasti netti, invece il Lanario juv. mostra il sottoala con due toni di colore, avendo le copritici molto scure che contrastano con le remiganti più chiare.

le striature delle parti inferiori sono più grossolane nel juv. Lanario e, in volo, si nota poi uno stacco tra queste ed il sottocoda chiaro e privo di segni scuri, mentre nel Falcone siberiano questo contrasto è assente, essendo il sottocoda barrato nella maniera tipica del Pellegrino.

Le zampe sono più affusolate che nel Lanario; soprattutto le dita appaiono più strette e lunghe. Inoltre, diventano gialle già poco tempo dopo l’involo, mentre spesso nel Lanario rimangono azzurrastre più a lungo.

 

Bibliografia

Brichetti P. et al. (eds) Fauna d’Italia. Aves. I. – Edizione Calderini, Bologna.

Corso, A. (in prep.). Barbary Falcon in Europe: a Review of its Status and Identification. Di prossima pubblicazione su Ornithos o Dutch Birding.

La novella del Falcone (Dal Decameron )

Giovanni Boccaccio: il Decamerone
(giornata V, novella 9).

LA NOVELLA DEL FALCONE (Dal Decameron )

decameroneViveva una volta a Firenze un giovane nobile e ricco che si chiamava Federigo degli Alberighi. Federigo era una brava persona, e di carattere molto gentile.

Un giorno Federigo è andato ad un banchetto dove c’erano persone della sua età e della sua condizione. Durante il banchetto ha incontrato una donna bellissima, Giovanna, e si è innamorato subito di lei. Da quel giorno Federigo pensava solo a Giovanna e al modo di potere conquistare la sua attenzione.

Per attirare l’attenzione della bella donna Federico ha cominciato a dare ricevimenti e a organizzare giostre. Ma Giovanna,  che era sposata, non ha voluto mai restituire le cortesie dell’innamorato.  Federigo continuava a farle la corte, finché ha speso tutti i soldi che aveva. E’ diventato così povero che non poteva più vivere nella città di Firenze ed è dovuto andare ad abitare in una piccola casa in campagna. Viveva così molto poveramente, e mangiava la selvaggina che riusciva a prendere con l’aiuto di un falcone.

Un giorno il marito di Giovanna è morto e la bella donna è rimasta vedova. Giovanna pensava di dedicare tutta la sua vita e tutto il suo affetto all’educazione del suo unico figlio. La madre e il figlio andavano sempre a passare l’estate in una villa che avevano in campagna. Per caso questa villa era situata proprio vicino alla casa dove abitava Federigo. Il figlio di Giovanna così ha conosciuto Federigo e andava spesso a caccia con lui. Al ragazzo piaceva molto il bellissimo falcone che aveva Federigo  e voleva chiedergli in regalo il falcone,  ma era troppo timido.

Un brutto giorno il ragazzo si è ammalato gravemente. Una madre vuole fare di tutto per confortare il figlio. Così Giovanna gli ha chiesto:

“Figlio mio, desideri qualcosa?”

E il giovane ha risposto: “C’è una cosa sola che può farmi piacere: il falcone di Federigo.”

Giovanna è rimasta un po’ a pensare e poi ha deciso di andare personalmente da Federigo a chiedere in regalo il falcone per il figlio malato. Molti anni erano passati da quando lei aveva rifiutato così severamente l’amore di Federigo.

All’inizio, Federigo era molto sorpreso di vedere Giovanna, poi pensava che quello era davvero il momento buono per mostrare alla donna che l’antico amore non era ancora morto. L’ha pregata di rimanere a pranzo con lui. Giovanna ha accettato,  e sperava di trovare durante il pranzo il momento giusto per fare la sua richiesta.

Il pranzo era molto povero. Non c’era sulla tavola che un uccello dalla carne molto dura. Alla fine del pranzo Giovanna ha voluto confessare a Federigo il vero motivo della sua visita. Quando però è arrivata a chiedere il falcone per il figlio malato, Federigo è diventato bianco e ha risposto: “Giovanna, io ti ho sempre amata e ti amo anche adesso. Per invitarti a pranzo ho dovuto uccidere il mio falcone.  Tu lo hai mangiato ora, qui, con me.”

Il figlio di Giovanna è morto poche settimane dopo. Solo allora la madre, che con la morte del figlio era rimasta completamente sola, ha accettato finalmente il tenace amore di Federigo e l’ha sposato.

Il Falco pellegrino e il DDT

uova falco pellegrino rotte

DATI STORICI E RECENTI

testaritagliataIl Pellegrino (Falco peregrinus) è una specie a distribuzione cosmopolita. Le massime densità si rinvengono in Spagna, Gran Bretagna, isole del Mare di Bering e in alcune zone dell’Australia. Storicamente ha sempre dimostrato grande stabilità demografica. Nelle Isole Britanniche, di cui si dispone ampia documentazione, la popolazione nidificante si è mantenuta attorno alle 800 coppie dai tempi della Regina Elisabetta I alla Seconda Guerra Mondiale. Alcuni siti sono rimasti addirittura occupati per l’intero periodo.

Prima del 1940 era presente in Nord America con una popolazione minima di 7000 coppie per la maggior parte localizzate in Alaska e Canada settentrionale e in Europa con circa 8000, con le popolazioni più rappresentative in Scandinavia, Spagna, Gran Bretagna e Francia. Nell’immediato secondo dopoguerra iniziò un sensibile declino e all’inizio degli anni ’70, momento del minimo storico, furono stimate soltanto alcune centinaia di coppie in Nord America e meno di un migliaio in Europa. La situazione per le restanti parti dell’areale non è ben documentata.

Attualmente la popolazione mondiale è complessivamente in aumento. Alla fine degli anni ’80 era già presente in Nord America con 1200 coppie e in Europa con oltre 4000. Mentre in alcuni Paesi ha ormai completamente recuperato o addirittura superato i livelli pre-bellici (Gran Bretagna e Svizzera), in altre aree la ripresa è considerevolmente più lenta (Nord Europa).

Cause del declino. All’inizio degli anni ’60, in Europa e Nord America ebbero inizio specifiche ricerche per il controllo dei siti storici di Pellegrino. Ovunque risultò evidente un rilevante declino delle popolazioni indagate. Nella parte orientale degli Stati Uniti, dove nidificavano oltre 300 coppie prima del 1940, non fu trovato un solo nido attivo. I risultati portarono alla conclusione che la specie si era praticamente estinta al di sotto della fascia della foresta boreale ad est del Mississippi. In Europa, la popolazione fenno-scandinava passò da oltre 2000 coppie prima del 1950 a poche decina di coppie nel 1975. Altre popolazioni scomparvero completamente, come quella di oltre 500 coppie nidificante su albero che andava dalla Germania agli Stati Baltici. Per alcuni anni ci si domandò che cosa potesse aver causato un simile collasso su vasta area.

Nel tempo divenne sempre più evidente che i pesticidi organoclorici erano stati la causa del crollo delle popolazioni alla scala globale. Il DDT cominciò ad essere utilizzato come insetticida nel 1945 e diventò in pochi anni la sostanza maggiormente impiegata a tale scopo nel mondo. La scelta derivò dal suo ampio spettro d’azione. Agendo sia contro gli insetti responsabili delle patologie vegetali, sia contro quelli dannosi alla salute umana, trovò largo impiego oltre che come fitofarmaco in campo agricolo, anche come mezzo per combattere particolari malattie veicolate da insetti come la malaria. Inoltre, poiché sostanza chimicamente stabile, i suoi effetti risultarono sorprendentemente persistenti nel tempo. All’inizio, tutto questo si dimostrò apparentemente vantaggioso.

Studi successivi dimostrarono che il DDT sparso nell’ambiente stazionava per lungo tempo sulla vegetazione e veniva ingerito dai consumatori primari con la biomassa vegetale. In quanto sostanza liposolubile (non solubile nell’acqua), non veniva escreto, ma progressivamente accumulato. Alimentandosi di uccelli contaminati, il Pellegrino andò velocemente incontro al fenomeno del bioaccumulo. I danni maggiori cominciarono così a manifestarsi non tanto nelle specie dei livelli trofici inferiori nei cui tessuti difficilmente si potevano raggiungere quantità tossiche, ma piuttosto nei predatori, per assunzione progressiva di quantità concentrate.

Si scoprì che la concentrazione di DDT nei tessuti del Pellegrino poteva causare la morte diretta dell’animale per avvelenamento acuto se presente al di sopra di una certa
soglia, oppure il danneggiamento dell’apparato riproduttivo nelle femmine. In questo caso, o veniva del tutto impedita la deposizione, o venivano deposte uova con guscio di spessore inferiore alla norma per carenza di calcio, tali da fratturarsi durante l’incubazione. Fu scoperto anche che le popolazioni dell’Alaska e del Canada settentrionale assumevano i pesticidi durante il periodo dello svernamento in America Latina, dimostrando che il DDT poteva essere facilmente veicolato lungo la catena alimentare da un emisfero all’altro.

Mentre in Nord America il DDT fu la sostanza ritenuta maggiormente responsabile dei danni all’ecosistema, in Europa l’Aldrin e il Dieldrin vennero considerati addirittura più tossici. Tali insetticidi, introdotti a metà degli anni ‘50 e utilizzati soprattutto per disinfestare le sementi, si resero responsabili di un gran numero di decessi per avvelenamento diretto. Infatti, poco dopo il loro utilizzo furono notati sensibili decrementi in molte popolazioni di rapaci, mentre l’applicazione di norme più restrittive dopo circa un decennio, segnò la ripresa di quasi tutte le specie fino a quel momento compromesse, in particolare Pellegrino e Sparviere (Accipiter nisus).

Oggi il Pellegrino è considerato la specie-chiave di ogni habitat. Trovandosi al vertice della piramide alimentare costituisce il punto focale del passaggio dell’energia attraverso la comunità, dimostrandosi per questo particolarmente sensibile alle variazioni delle componenti inorganiche e biotiche dell’intero ecosistema.

La fase di recupero. All’inizio degli anni ’70, il futuro del Pellegrino sembrava segnato. Nonostante il DDT fosse già stato bandito in Canada, negli Stati Uniti e nella maggior parte dei paesi industrializzati d’Europa, l’ambiente era rimasto comunque contaminato e le popolazioni di Pellegrino avevano raggiunto valori di densità estremamente bassi. Inoltre, una buona parte degli individui sopravissuti risultava completamente sterile.

Verso la fine del decennio qualcosa cominciò a cambiare. Nel 1977, in Nord America, un Pellegrino rilasciato si accoppiò e si riprodusse con successo. Da allora ad oggi in America settentrionale sono stati reintrodotti circa 4000 Pellegrini, 600 solamente nella provincia dell’Ontario, in Canada. Un numero considerevolmente più basso fu rilasciato anche in alcune grandi città della Germania e negli anni, un po’ ovunque, alcuni individui iniziarono a riprodursi aiutando localmente le popolazioni superstiti ad uscire dalla crisi. Nella parte orientale degli Stati Uniti è risaputo che tutti i Pellegrini oggi nidificanti derivano da individui provenienti dalla cattività. Nel 1981, la popolazione della Gran Bretagna aveva già quasi raggiunto i livelli storici.

IL PELLEGRINO E L’UOMO
peregrine-falconL’uomo è interessato al Pellegrino da circa 3000 anni. Testimonianze storiche dimostrano che la specie era tenuta in alta considerazione in molte culture antiche. In Europa, l’interesse verso il Pellegrino divenne prioritario in epoca medievale con il diffondersi della pratica della falconeria. La specie era considerata in quel periodo uno status-symbol e veniva utilizzata solamente dalle classi nobili. L’inversione di tendenza si verificò circa un paio di secoli fa, quando tutti i rapaci iniziarono ad essere sistematicamente perseguitati.

L’abbattimento diretto è stata certamente una delle principali cause della rarefazione dei rapaci. Dal 1700 in Europa e Nord America iniziò la persecuzione deliberata di tutti i predatori indistintamente con lo scopo prioritario di salvaguardare gli stock di selvaggina. A metà del 1800 l’attività si fece più sistematica e specie ampiamente distribuite come l’Aquila di mare (Haliaëtus albicilla) e il Falco pescatore (Pandion haliaëtus) erano già state eliminate dalle Isole Britanniche nel periodo precedente la Prima Guerra Mondiale. Ancora alla fine degli anni ’60, in Unione Sovietica, venivano uccisi 120000 rapaci ogni anno.

Negli ultimi vent’anni il quadro giuridico è sostanzialmente
cambiato e i rapaci godano ora piena protezione legale nella maggior parte degli stati del mondo. Nonostante tutto, così come ribadito nella III Conferenza Mondiale sugli Uccelli da Preda (Eilat, 1987), gli abbattimenti illegali avvengono ancora con una certa frequenza in Francia e in tutti i paesi dell’Europa mediterranea, Italia compresa. Il giusto consenso potrà essere raggiunto solamente attraverso opportune campagne di informazione indirizzate verso le categorie sociali più coinvolte.

Un altro fattore limitante, in particolare in Europa e Asia, è stata l’incessante richiesta di spoglie e uova per tassidermia e collezionismo, soprattutto nei confronti delle specie più rare. Significativo è l’aneddoto riferito a William Dunbar, famoso collezionista di uova dei primi del 900, che per alcuni anni saccheggiò ripetutamente uno degli ultimi nidi di Falco pescatore scalando di notte le mura del vecchio castello in rovina sul Loch an Eilen nello Speyside, in Scozia.

Il nostro impegno nel mondo moderno.

E’ da circa vent’anni che l’uomo sta aiutando il Pellegrino. Il monitoraggio delle sue popolazioni, lo studio degli effetti dei pesticidi sugli individui, l’allevamento in cattività e la reintroduzione, l’adozione di un quadro legislativo internazionale, rappresentano gli sforzi congiunti di un’unica strategia di conservazione. E’ ammissibile che qualcuno si chieda se tutto questo abbia un senso, considerando che il tasso di estinzione globale sembra essere attualmente di 27000 specie/anno, molte delle quali perdute ancora prima di essere scoperte! Verrebbe da dire che la pulsione sia soprattutto emozionale o estetica. Se anche fosse, il vero problema è un altro.

Il vero problema è che siamo quasi 6 miliardi nel mondo. A partire da 10000 anni fa, momento in cui non esistevano più di 5 milioni di esseri umani, con l’invenzione dell’agricoltura e dell’allevamento, l’Homo sapiens si è svincolato con successo dagli ecosistemi locali sottraendosi ai fattori di controllo che regolano la dimensione delle popolazioni di tutte le altre specie sulla Terra. Ha dimostrato le massime capacità di adattamento trasformando consapevolmente l’ambiente in un substrato idoneo a se stesso. Tutto questo grazie ad una strategia di sopravvivenza impostata sulla trasmissione di cultura.

Gli ecosistemi locali sono comunque sistemi aperti, singole componenti integrate di un sistema globale dove il riciclo della materia e il trasferimento dell’energia dipendono da leggi fisiche e biologiche sperimentate dall’evoluzione da più di 3 miliardi di anni. Queste sono le regole della natura alle quali neppure l’uomo può sfuggire. Si sta così pensando ad una pianificazione dei beni e dei servizi improntata sul concetto di sviluppo sostenibile.

Ma cosa vuole dire sviluppo sostenibile? Se un cittadino medio di una nazione economicamente evoluta inserito in una struttura consumistica e produttiva, in termini di impatto ecologico, costa trenta volte di più di un abitante del Bangladesh o di un qualsiasi altro paese del Terzo Mondo, allora sviluppo sostenibile significa commisurato sfruttamento delle risorse biologiche, rinnovabili e limitate, in un contesto sociale di controllo delle nascite ed equa distribuzione della qualità della vita. Questo è l’obiettivo che dovrebbe prefiggersi l’uomo moderno, in un momento in cui il suo futuro non è affatto prevedibile.

A fronte dell’incertezza del futuro, pensare alla conservazione del falco Pellegrino sembra persino ridicolo. Se il Pellegrino potesse però servire come stimolo per una pausa di riflessione (come già accadde nel caso del DDT), per l’accettazione di un modello di vita con meno sprechi ed eccessi, per la rinuncia intenzionale al profitto esclusivo, per un qualche sacrificio in più a vantaggio di un benessere collettivo, allora lo sforzo di voler salvare un falco a tutti i costi non sarebbe stato vano… Noi vogliamo credere che sia così!