Ci ha lasciato un Amico e un Grande Falconiere, Ivan Busso.

Ivan muore di covid a 42 anni: non aveva nessuna patologia, genitori in terapia intensiva.

 

Lutto a Malcontenta, in provincia di Venezia, per la morte di Ivan Busso, papà 42enne portato via dalla covid. Era stato ricoverato all’ospedale di Dolo per problemi legati al coronavirus lo scorso 8 dicembre 2020, ma nessuno tra patenti e amici, poteva immaginare che Ivan non ce l’avrebbe fatta visto che era in forma e non soffriva di nessuna particolare patologia. Il virus ha colpito l’intera famiglia il padre e la madre sono ancora ricoverati in terapia intensiva all’ospedale di Mestre, mentre la moglie Elisa e la bimba, inizialmente positive, si sono negativizzate. “Era stato ricoverato senza particolati problemi. All’inizio gli avevano somministrato solo l’ossigeno poi, dopo qualche giorno è stato intubato. Prima di Natale lo avevano estubato e sembrava che iniziasse a riprendersi. Ci siamo sentiti al telefono e con la bimba abbiamo anche fatto delle videochiamate. Poi delle infezioni batteriche hanno avuto il sopravvento nel cuore e nei polmoni e, nonostante vari tentativi da parte dei medici, Ivan non ce l’ha fatta” ha raccontato la moglie al Gazzettino.

fonte: fanpage.it

Abbiamo perso un Amico, un Grande ed Appassionato Falconiere, una persona sempre sorridente, solare e buona.

Riposa in pace Ivan.

Noi di Falconeria.org vogliamo ricordarti così:

E’ stata organizzata da Federico Giovannetti una raccolta fondi per la famiglia di Ivan Busso. Se puoi, dona anche Tu un piccolo contributo per sostenere la famiglia di Ivan in questo terribile momento. Grazie di cuore.

Trovi tutti i dettagli a questo link: https://www.facebook.com/donate/164351442099312/5172495632768084/

 

 

Piano di Salvaguardia della Falconeria- Incontro ad Ozzano dell’Emilia – sabato 12 – domenica 13 Ottobre 2019

SAVE THE DATE

OZZANO DELL’EMILIA, SABATO 12 – DOMENICA 13 OTTOBRE 2019
Tenuta Palazzona di Maggio, Via Panzacchi, 16.

OGGETTO DELL’INCONTRO

Un complesso percorso di candidatura multinazionale, coordinato dagli Emirati Arabi Uniti, ha portato nel 2016 al riconoscimento anche in Italia della “Falconeria, un patrimonio umano vivente”, quale patrimonio culturale immateriale iscritto nella Lista Rappresentativa UNESCO.
La comunità dei falconieri di 18 paesi (Germania, Arabia Saudita, Austria, Belgio, Emirati Arabi Uniti, Spagna, Francia, Ungheria, Italia, Kazakistan, Marocco, Mongolia, Pakistan, Portogallo, Qatar, Siria, Corea e Repubblica Ceca), rappresenta un esempio unico di dialogo culturale e scambio di pratiche e conoscenze secondo affinità, valori tradizionali e specificità locali. Il riconoscimento di un elemento come patrimonio culturale immateriale – o ‘patrimonio vivente’ – è di enorme valore perché offre alle comunità e agli individui un senso di identità e di continuità, promuovendo così la coesione sociale, il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana e ne assicura la trasmissione alle generazioni future.
Nel 2003, la Conferenza Generale UNESCO ha adottato la Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale (PCI) che incoraggia e supporta gli Stati nel prendere le misure necessarie per assicurare alle comunità la salvaguardia dei loro patrimoni viventi. Ad oggi, ben 178 Stati, tra cui l’Italia, hanno ratificato la Convenzione 2003.
Nel 2009 l’UNESCO ha avviato una strategia globale di ‘capacity-building’ per supportare gli Stati Parte nella definizione di ambiti istituzionali e professionali favorevoli alla promozione delle molteplici espressioni della diversità culturale, per accrescere la conoscenza della società civile e per supportare i principi e gli obiettivi della Convenzione 2003 e dello sviluppo sostenibile.
Nel 2011 è stato istituito un network di facilitatori UNESCO per attivare delle iniziative di capacity-building per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale nell’ambito dell’implementazione della Convenzione.
I facilitatori fungono da tramite tra le comunità locali e la Convenzione, assicurandone così l’effettiva implementazione in un processo bottom-up.
Le azioni di capacity-building consistono nella condivisione delle conoscenze, produzione di strumenti e materiali educativi, assistenza tecnica e formativa e attività di tutoraggio e formazione attraverso progetti disegnati sulle specifiche necessità di una comunità.
Progetto finanziato a valere sui fondi
Legge 20 febbraio 2006, n.77
“Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella lista del patrimonio mondiale, posti sotto la tutela UNESCO”
L’attività di capacity building per la comunità dei falconieri e gli stakeholder, oggetto di questo incontro, è la prima azione prevista dal progetto “Arte della falconeria: piano di salvaguardia di un rapporto sostenibile tra uomo, rapaci e natura” presentato dall’Istituto OIKOS Onlus con un Atto di Intesa con Coordinamento delle Associazioni di falconeria firmatarie della candidatura UNESCO nell’ambito delle domande di finanziamento a valere sulla L. 77/2006, riservate agli elementi iscritti nella Lista rappresentativa UNESCO, valutato dal MiBAC con esito positivo nel giugno 2019.
Il MiBAC ha inoltre svolto un ruolo fondamentale nel processo di candidatura della falconeria italiana avviato nel 2014, così come nell’indirizzo della comunità dei falconieri all’attuazione della Convenzione 2003 in Italia.
Proprio nell’ottica della promozione delle molteplici espressioni della diversità culturale, secondo i principi della Convenzione 2003, e del valore comune dell’importanza della definizione di un piano di salvaguardia inclusivo che preveda il supporto di un sistema di governance innovativo, la Comunità dei falconieri in accordo con l’ufficio UNESCO del MiBAC, desidera estendere l’invito a questo primo evento italiano di capacity building sulla definizione di un piano di salvaguardia anche alle comunità rappresentative degli altri elementi italiani iscritti nella Lista Rappresentativa UNESCO (L’Opera dei Pupi siciliani, Il Canto a Tenore sardo, Il Saper fare liutaio di Cremona, La dieta mediterranea, Le Feste delle Grandi Macchine a Spalla, La vite ad alberello di Pantelleria, L’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani e L’Arte dei muretti a secco), che hanno già presentato la candidatura (Festa della Perdonanza Celestiniana, Alpinismo, La Transumanza. Il movimento stagionale del bestiame lungo gli antichi tratturi nel Mediterraneo e nelle Alpi, L’Arte musicale dei suonatori di tromba da caccia, L’Arte delle perle di vetro) o che hanno avviato il processo (Tocatì).
Tutti i partecipanti riceveranno un’attestato di partecipazione al Capacity building.
PROGRAMMA
SABATO 12 OTTOBRE 2019
09:00 Arrivo dei partecipanti e registrazione
09:30 – 13:00 PRIMA SESSIONE
09:30 Apertura dei lavori e saluti istituzionali

Alberto Vacchi, Chairman & CEO IMA Spa

Elena Sinibaldi, Focal point UNESCO – Segretariato Generale MiBAC

Gary Timbrell, CEO International Association for Falconry

Silvano Toso, ex direttore ISPRA

Coordinamento delle Associazioni firmatarie della candidatura UNESCO (Umberto Caproni, Circolo dei Falconieri d’Italia (tbc)

Mauro Baletti, F.I.F., Agostino Pasquariello, U.N.C.F., Alessio Pizziol, O.F.I., Franco Gaeti, Associazione Fondazione Lanario)

Referenti delle comunità degli altri elementi UNESCO invitati

SCARICA IL PROGRAMMA IN PDF

ProgrammaCapacityBuildingFalconeria

Per partecipare è necessario confermare la propria presenza a falconeria@istituto-oikos.org

Non Mancare!

Cecilia, la falconiera: “Io, al lavoro con i rapaci: ma non chiamatelo un mestiere da uomini”

Si dice che il cane sia il nostro migliore amico. Ma per Cecilia Boretto non è così: il suo compagno di strada è un falco. Una passione che per lei, 31 anni, di Moncalieri, è diventata anche un lavoro: la falconiera. “I rapaci sono sempre stati una mia passione ma mai avrei immaginato di finire a occuparmene in prima persona ogni giorno” spiega. La sua speciale carriera è iniziata nel 2013, sette anni fa, quando è entrata a lavorare al parco Zoom di Cumiana. Si è messa in gioco in una professione insolita quando ancora le donne, nel settore, erano pochissime: “La maggior parte dei falconieri, di tradizione, è composta da uomini. Negli ultimi dieci anni ci sono più donne, però: nel parco siamo quasi tutte ragazze, tranne il responsabile”.
Prima studiava Scienze dei Beni Culturali, curriculum archeologico, all’Università di Torino: “In realtà non ho mai preso la laurea. All’ultimo anno, per passione, ho cominciato a seguire un corso di falconeria in Lombardia. Era più che altro un modo per approfondire temi che mi piacevano – racconta – Intanto vedevo amici e colleghi provare la strada dell’archeologia ma non c’era spazio, solo molto precariato. Così ho provato a mandare un curriculum al parco e sono stata immediatamente chiamata”. Inizialmente la giovane moncalierese non aveva un suo falco personale: a Zoom si lavora con tanti rapaci diversi. Aquile, falchi, avvoltoi. La “regina” è Argentera, un’aquila cilena. Poi ci sono tre cicogne, Athos Porthos e Aramis. Il falco della 31enne invece si chiama Atreyu: “È il nome dell’indiano che aiuta il protagonista de “La storia infinita” a salvare Fantasilandia” spiega Boretto.
La falconiera lo ha acquistata per 700 euro, seguendo le regole nazionali, un paio d’anni dopo aver intrapreso questa carriera. Lo tiene a casa, in una voliera. Vola libero e indisturbato, mangia fagiano, quaglie e pollo. “È il cibo che troverebbe in natura se cacciasse da solo”. Ormai è addestrato e con la sua falconiera ha un rapporto speciale: “Ogni animale ha un suo carattere. Al parco, dove siamo diverse falconiere, non è semplice: c’è chi preferisce una persona e chi un’altra, bisogna saper entrare in contatto. Il mio falco a casa ormai è abituato con me”. Essere donna, è scontato dirlo, non crea problemi nel lavoro, anche se qualche visitatore del parco ogni tanto si stupisce: “Certo è un lavoro faticoso. Ma col tempo abbiamo anche notato che le ragazze sono più precise e più empatiche con gli animali, che i falchi hanno meno paura con le donne e sono più diffidenti con gli uomini”.
Il suo falco personale è un fidato compagno. Una volta è anche fuggito: era piccolo, aveva meno di un anno. Era stato portato a volare nella zona della centrale termoelettrica di Moncalieri. A un certo punto si era dileguato: “Non lo trovavamo più, ero nel panico. Sia perché temevo potesse essere predato, sia perché rischiava di non mangiare. Ci abbiamo messo tre giorni a ritrovarlo: quando mi ha vista si è avvicinato subito a me, quasi come dire “finalmente sei tornata”, era spaventato anche lui”, spiega ancora preoccupata.
L’episodio risale a cinque anni fa: il falco comunque ha un gps, quindi non è mai uscito dal “radar”. Ma non è possibile farlo tornare a casa se si allontana.
Tra le attività più particolari che Boretto svolge ci sono le rievocazioni storiche. Assieme a un’associazione di Varese propone pacchetti completi dove si mettono in scena le abitudini medievali: non è teatro, non è spettacolo. È tutto storicamente corretto: “Il mio maestro falconiere ha studiato approfonditamente il “De arte venandi cum avibus” di Federico II e abbiamo riprodotto tutti gli abiti e i ruoli. La dama durante il medioevo non andava a caccia direttamente però dal cavallo normalmente scappucciava il suo falco e lo controllava, anche se poi lo gestiva un falconiere esperto” spiega. Le rievocazioni la portano a girare l’Italia e il mondo: dal palio di san Gimignano a quello di Rho, fino a Siviglia e, prossimamente, Praga.
Nella Giornata internazionale della donna, domenica, non lavora ma sarà a cacciare. È per lei un giorno come un altro: “Quand’è l’8 marzo?
Nemmeno me lo ricordo. Penso di non averlo mai festeggiato in vita mia” dice con tranquillità. Non va a caccia nel senso tradizionale, bensì porta il rapace in riserve apposite perché impari a predare: “Vado a caccia per lui, perché deve mantenere la sua natura. Deve saper cacciare anche perché deve riuscire a sopravvivere, qualsiasi cosa accada”.
E così la sua domenica sarà dedicata ad Atreyu. “In ogni caso penso che l’8 marzo sia un giorno in cui prendere coscienza rispetto a ciò che non abbiamo, ai diritti che ci mancano come donne. Per quello va bene. Per festeggiare e basta, forse no”.

fonte: repubblica.it