La Predazione è Vita

L’ambiente, la natura, l’ecologia e l’etologia sono parole che rappresentano un’infinità di temi che le relative scienze ancora non hanno compiutamente sviluppato.
I motivi sono molteplici: gli interessi della politica, le poche risorse nella ricerca, il ruolo dei “cosiddetti” verdi, … il discorso è vastissimo.
Mi rivolgo ai falconieri, agli appassionati e a tutte quelle migliaia di persone che, nella mia lunga vita, ho coinvolto su questi temi: politici, burocrati, imprenditori, amministratori, università, sindacalisti e ambientalisti che mi hanno dato, nel tempo, tanta soddisfazione con riscontri positivi, ai quali colgo, ancora una volta, l’occasione per mandare un ringraziamento profondo.
Una particolare attenzione è rivolta all’etologia, una scienza ancora relativamente nuova, verso la quale ancora molte regole non si conoscono o vengono male interpretate, anche da settori universitari; perché la ricerca non ha fondi e le poche, rare, esperienze si fermano alle tesi di laurea di qualche appassionato.
Nell’ignoranza prendono il sopravvento la passione e lo “pseudo amore” per gli animali da parte di molti “passionari ambientalisti” con i quali mi sono confrontato e scontrato più volte, perché fondato sull’incompetenza, sui pregiudizi e per opportunismo.
E vengo ai miei amici falconieri: al loro impegno e alla loro sensibilità si devono i successi nella riproduzione in cattività di molte specie di animali in rarefazione. Contro tutti, in particolare i cosiddetti naturalisti, e nell’indifferenza della politica.
Negli anni ’70 ebbi il mio primo successo relativo alla riproduzione in cattività del Falco pellegrino, nell’indifferenza totale. Nello stesso periodo un falconiere (Tom Cade) in America ebbe l’analogo successo riproduttivo. La Cornell University di Itaca (New York) gli creò subito un apposito settore: la “Peregrine Found”.
Ritengo che la sensibilità del popolo degli amici falconieri non sia nient’altro che il valore etologico che ciascuno di loro ha insito nella propria persona, alcuni più sviluppato, altri meno, ma questo dipende dalla personale esperienza e relativa sensibilità ambientalista maturata.
Va sempre tenuto presente che i falchi, anche se riprodotti in cattività, mantengono le loro caratteristiche predatorie: esercizio fisico continuo fatto di voli, attacchi e cattura di prede, tutto ciò non può mancare, perciò il falconiere deve tenere presente queste esigenze e quindi va biasimato il comportamento di chi, per incompetenza, utilizza i rapaci in modo innaturale.
In natura “la predazione è la vita”: tutti predano! Dai piccoli uccelli insettivori alle grandi aquile, dalle innocue lucertole ai grandi rettili, dalle piccole donnole alle grandi tigri, e così via. Allora non bisogna assolutamente detenere un falco, predatore per eccellenza, alla stregua di un mite pappagallo, ma tentare di donare al proprio falco l’integrità strutturale e l’equilibrio giusto, che questi meravigliosi animali hanno in natura. Per fare questo bisogna lavorare molto con i propri soggetti che, allorché ben addestrati e muscolati, non lesineranno le loro prestazioni e la loro generosità, perché capiranno che quel piccolo strisciante omino, che è il falconiere, li aiuta a svolgere il ruolo che per loro, in natura, è la sopravvivenza: LA PREDAZIONE
Enzo Arcioni

Caccia all’anatra col falco pellegrino

E’ l’ora del tramonto di un giorno di novembre, un orario perfetto per fare l’ultimo volo di caccia della giornata. Sono in una Riserva Faunistica Venatoria nel Chianti Classico, tra laghi nascosti fra i boschi ed un paesaggio mozzafiato il vento leggero soffia tra le colline toscane. Cammino pensando cosa possa aspettarmi oggi da jacopa dei sette soli.
Metto in volo la pellegrina prima di affacciarmi sul lago, (avevo visto poco prima con il mio binocolo due presenze acquatiche sullo specchio d’acqua), per evitare di involare le anatre prima che il falco sia centrato ed in perfetta quota.
Appena lei e’ centrata sul lago ad una quota di circa 90m, mi affaccio sulla riva. C’erano due femmine di Germano Reale, che immediatamente appena vedono la mia presenza si in volano, e per evitare di essere attaccate attraversano tutto il lago rimanendo al centro dello specchio d’acqua per prendere grande velocita’.
Naturalmente i falchi non attaccano le anatre quando volano sopra l’acqua, perche’, in caso di cattura, rischiano di cadere in acqua con la preda.
Ma la pellegrina attacca ugualmente.
Picchiata a volo battuto a circa 180km/h, le anatre volano perfettamente attaccate per mettere in difficolta’ il falco, la pellegrina raggiunge una delle due anatre, e l’anatra riesce a scartarla perfettamente girandosi completamente su se stessa.
Jacopa fallito il primo attacco, risale di alcuni metri e ripete l’attacco.
Le anatre si erano nuovamente riaffiancate in una fuga ad altissima velocità.
Il falco attacca nuovamente entrambe le anatre che nell’attimo dell’impatto si distanziano immediatamente tra loro creando un varco tra di loro, facendo nuovamente fallire l’attacco. A quel punto erano appena uscite dallo specchio dell’acqua del lago, e la pellegrina si e’ trovata alcuni metri sotto una delle due.
L’anatra ormai braccata dal suo predatore, decide di virare totalmente e ritornare nell’acqua, ma questa manovra la costringe a rallentare e consente al falco di avvicinarsi. La velocita’ e’ sufficiente perche’ la pellegrina decida di accelerare il piu’ possibile ed agganciare e catturare l’anatra da sotto. Il tutto in una azione durata una manciata di secondi che però sembrano sempre un eternità in quel momento.
Non finiro’ mai di emozionarmi….
GIANLUCA BARONE

Caccia alla grouses a nord della Scozia col falco pellegrino

Gianpiero Del Mastro Calvetti falconiere
Delmastro con il falco OBLIO, una red sh molto grande e incredibile cacciatrice di grouse e anatre.

Nella seconda metà dell’agosto del 1973 cacciavamo grouses a nord della Scozia: il dott Delmastro, il dottor Toso e il sottoscritto. Indescrivibile la bellezza dei territori che ci circondavano, del clima e dei voli che ci allietavano la vista e l’umore.
Un giorno di vento teso perdemmo una pellegrina brookey di passo e di conseguenza ci mettemmo tutti e tre a logorare per recuperare questo falco.
Dopo alcuni interminabili minuti proprio nella mia direzione vedemmo il falco avvicinarsi da molto lontano. Urla di gioia e di felicità da parte nostra, ma quando mi fu vicino gettai il logoro e il falco ci venne senza esitazione.
La raccolsi ma meraviglia delle meraviglie…non era il falco che aspettavamo ma neanche nessuno dei nostri; si trattava di una grossa pellegrina mutata, con geti e sonagli, ma allora la radio non c’era ancora.
Dopo un rapido consulto, realizzammo che il falco poteva essere di Roger Upton, i cui terreni di caccia confinavano con i nostri ma pur sempre a decine di miglia da noi.
Carta geografica e falco incappucciato, via con l’auto e dopo molti errori per quelle bellissime stradine tra erica, pecore e buoi muschiati arrivammo al cottage di Upton.
L’accoglienza fu a dir poco vergognosa; non solo non ci ringraziò per avere riportato il falco ma era seccato perché volando presso i suoi confini disturbavano la sua caccia.
Se gli amici non mi tenevano gli avrei staccato le orecchie a morsi. Fortunatamente la diplomazia di Giampi appiano’ le cose e quando comprese che non eravamo gli ultimi arrivati cominciò a ragionare.
“Inglese di merda” pensai sinceramente.

Pellegrina brookey nidiacea spagnola 1973

Nei giorni successivi fu lui che venne a farci visita, volammo assieme e tra voli, wisky e racconti diventammo buoni amici. Roger Upton è stato uno dei falconieri più bravi del dopoguerra e posso garantirlo per averlo constatato personalmente, purtroppo è venuto a mancare alcuni anni fa, era anziano ed ha volato fino all’ultimo.
p.s. Dimenticavo, rientrando quel primo giorno, MARINA (la pellegrina “persa”) ci aspettava sul tetto del nostro cottage.

Foto scattate da Mirabelli in Calabria.
GIOVANNI CASATI

Sparviera

sparviero
sparviero

Era un sabato uggioso di ottobre..classico tempo autunnale lombardo..Volai tutto il pomeriggio dietro a merli con una femmina di sparviera.
Una femmina di due mute regalatami da un amico. Mai usata a caccia mi disse!
In quel periodo non avevo la telemetria… Solo campanello. Uno di quelli che oggi farebbero rabbrividire: grosso, pesante e legato alla zampa.
Quel giorno ho osato più del necessario e dopo essere partita dietro una preda non riuscii a recuperarla. Cosa frequente per chi vola spar non imprintate e mai tirate di peso.
Quando si scollegano hanno bisogno il loro tempo, vanno in tilt, ma vista l’ora capii che se ne riparlava la mattina seguente.
Passai la notte a pianificare il recupero.
Mentre pensavo arrivo’ un’acquazzone di quelli forti. “Ci mancava anche questa!” pensai
Svegliato prima che facesse luce, andai al punto preciso in cui la vidi l’ultima volta….. Aspettai sotto una quercia l’arrivo di uno spiraglio di luce per poterla cercare.
In quei momenti ti rendi conto dei sacrifici e degli errori che commetti. È lì che impari veramente!!
Iniziai a chiamarla al logoro ma niente, nessun segnale della sparviera.
Passarono due ore così, senza risultati.
Iniziai a pensare che fosse morta durante la notte a seguito della tempesta o che fosse stata presa da una volpe.
Ad un certo punto da lontano, in mezzo al bosco, sentii le ghiandaie e le gazze in allarme…..
Tipico comportamento e verso di quando un predatore passa in zona… Sarà lei??
Ricordo che corsi come un pazzo passando rovi, acqua e fango senza rendermene conto…. Arrivato in prossimità del fracasso mi fermai:
Vedevo a terra 4 gazze…. Lottavano contro una sparviera e tiravano di quelle beccate impressionanti. Pensa se fosse la mia spar pensai……
Ad un certo punto nel fracasso si sente distintamente il suovo del campano. È lei!!!!
Mi faccio strada tra gli arbusti…e quando mi avvicinai sorpresa: tra gli artigli una gazza!!!
Non ci volevo credere.
Iniziai a correre facendo rumore per far allontanare i corvidi. Mi fermai e aspettai che iniziasse a spiumare……. La recuperai!!!!!
Ad oggi è uno di quei recuperi che mi emozionano di più visto che ancora non avevo un feeling particolare con lei e, oltretutto, erano le prime vere uscite a caccia che faceva.
Da allora la tenetti diversi anni con catture e numeri da repertorio.
“Con loro non devi mai osare oltre il limite!
Quando si scollegano devi avere una sensibilità extra per riportarli in condizione!
Se impari con loro, puoi fare tutto!
Sii meticoloso e non tralasciare i particolari!
Ma alla fine……. sono di una semplicità unica….
Gli sparvieri!!!”

Davide

LifeLanner per il ripopolamento del falco lanario in Italia

Ogni giorno, camminando verso il liceo, mi fermavo ad ammirare i falchi sul blocco fuori da un negozio di souvenir. Non ne sapevo nulla, eppure qualcosa di loro mi attraeva. Tra i libri di scuola e le uscite con gli amici, comprai incoscientemente il mio primo falco. Una femmina di falco lanario. E così, dal tenerla sul mio primo guanto, senza idea di cosa dover fare, come e quando, 8 anni dopo, è diventata il punto fermo di un traguardo che mai avrei pensato di poter raggiungere. È la mamma del primo falco lanario che tra pochi giorni inizierà a volare libero, il primo dei molti altri che verranno liberati nei prossimi 5 anni grazie al progetto LifeLanner per il ripopolamento del falco lanario in Italia. A seguirlo sarà la R.N.R. Lago di Vico, che si impegna da anni per la stesura e l’attuazione del progetto.
La reintroduzione si avvale delle seguenti fasi:
Il falco destinato ad essere rilasciato nasce sotto la coppia di riproduttori in cattività e rimane con loro fino ai 30/35 giorni di età circa, in modo che il processo di imprinting avvenga sulle giuste figure parentali. A questo punto, raggiunta circa la metà dello sviluppo del suo piumaggio, è pronto per essere spostato nella cassetta nido utilizzata per la reintroduzione, comunemente chiamata hacking box. Si tratta di un nido artificiale, solitamente posto in alto, schermato su tre lati e chiuso sul lato frontale da una rete che non consente al giovane falco di uscire ma da cui può osservare il territorio. Da qui il giovane lanario potrà ambientarsi fintanto che il suo sviluppo non sarà completo. In questa fase verrà alimentato dagli operatori addetti al controllo della cassetta nido che provvederanno a far sì che abbia sempre cibo a disposizione, ma senza interferire con le sue giornate. Raggiunto il completo sviluppo, il lato frontale del l’hacking box verrà aperto e il giovane falco sarà pronto a spiccare il suo primo volo. Trascorrerà i giorni successivi svolazzando intorno alla cassetta nido e ritornando ogni volta per mangiare. Piano piano le sue abilità di volo miglioreranno, imparerà le tecniche di caccia e quando non avrà più bisogno dell’alimentazione fornita nel nido avverrà il suo completo distacco ed inizierà la sua vita in natura. Durante tutte le fasi verrà monitorato, dapprima mediante webcam poste all’interno dell’hacking box, successivamente tramite un sistema di GPS che consentirà di conoscerne spostamenti ed abitudini.
Consapevole della lunga strada da percorrere e dei numerosi ostacoli da oltrepassare, spero che con questo piccolo, primo grande traguardo, anche gli scettici possano guardare alla falconeria, che non dimentichiamoci è patrimonio UNESCO, come un importante mezzo per la conservazione della nostra preziosa biodiversità.

Leonardo Sciarra

In foto, Lea all’interno dell’hacking box e i suoi genitori sul nido in cui è nata.

La regina del bosco

Mi avvicinai all’età di 11 anni al mondo della caccia, passione tramandata da mio padre, mio zio e ancora prima da mio nonno, che, con il tempo mi portò a diventare un cacciatore come loro.
Una passione che mi ha permesso di conoscere in modo approfondito tutti gli animali da preda e non, con le relative normative che regolamentano la loro tutela.
Grazie poi a due amici cacciatori già falconieri ho avuto modo di avvicinarmi al mondo della falconeria, ovvero la “caccia con il falco”; un nuovo modo di praticare la caccia, portandomi così a conoscere i rapaci, in modo particolare il falco Pellegrino (Peregrinus).
La sua eleganza, ma soprattutto le sue doti di volo come fosse un maestro dei cieli hanno fatto si che mi avvicinassi a lui utilizzandolo per la caccia.
Una delle sfide più difficili da attuare con il falco Pellegrino è stata per me la caccia alla Beccaccia, ovvero la Regina del bosco.
Premetto che la Beccaccia si può trovare da per tutto, ma predilige spine e alberature miste ad acquitrini, mentre i terreni di caccia del pellegrino sono distese o comunque zone di pianura, dove può esprimersi con le sue picchiate e raggiungere velocità molto elevate; questo per rappresentarne la difficoltà.
Importante però è conoscere gli animali e le loro abitudini, che cambiano con le stagioni dell’anno; facendo riferimento sempre alla Beccaccia, si deve tenere conto che è un migratore, arriva dalla Russia ai Balcani fino a noi i primi di Ottobre per finire il passo verso la fine di Gennaio, di conseguenza il ripasso da Marzo in poi di rientro dal sud e ritorno verso i paesi di nidificazione.
Fondamentale per la caccia alla Beccaccia l’utilizzo del cane che deve essere corretto. Compito del falconiere è raggiungere un equilibrio in base alla profonda conoscenza di tutti gli attori, per condurne la regia.
Ricordo con piacere una particolare una giornata di caccia nel mio paese, era una domenica pomeriggio di Novembre, con il mio cane “Afra” , sono andato in una zona dove in precedenza avevo avuto degli incontri, essendo anche un periodo di buon passo e dove potevo avere qualche chance con la mia Femmina di Pellegrino “Ziva 820gr”.
Ho liberato il cane, ho scappucciato il mio falco involandolo, e dopo qualche minuto che il cane lavorava tra i cespugli il falco si è posizionato centratissimo a una buona altezza, la cosa che mi ha dato più’ soddisfazione era vedere che più’ passava il tempo e più il falco non seguiva me, ma bensì il suo vero compagno di caccia “Afra”. Dopo circa 15 minuti di volo il cane si mise in ferma tra i rovi, il falco non vedendolo si alzo di quota quasi sapesse cosa stesse succedendo sotto di lei.
Ho raggiunto Afra di corsa, guardando sempre la posizione del falcone, e una volta arrivato vicino, come di consueto gli ho accarezzato tre volte la testa. Dopo poco si involò una beccaccia, trovandomi in mezzo agli alberi non potendo quindi vedere il falco, sono rimasto fermo per sentire l’eventuale rumore dell’aria della picchiata “che sentii”! Mi affrettai ad andare nella direzione del volo udendo poi lo “schiocco” della Pellegrina, quasi come richiamarmi verso l’avvenuta cattura; e così era, Ziva mi stava aspettando!
Contemporaneamente Afra a controllare che l’azione fosse conclusa.
Spero di essere riuscito con poche righe a farvi vivere uno dei tanti momenti di caccia che ho passato assieme ai miei Pellegrini senza però dimenticare i cani, non si dia per scontato su cose che apparentemente possono sembrare semplici, in realtà non lo sono. Piccoli miglioramenti sono frutto di grande lavoro, ma a risultato raggiunto, ne vale sicuramente la pena.
Mauro Baletti

La mia esperienza nella Falconeria

Avevo 10 anni quando ho fatto sega a scuola (marinato), per passare il tempo andavo nei campi, quando un giorno vidi una gabbia nel giardino di un contadino con all’interno 2 falchi (ora so che erano 2 poiane), rimasi ore ad ammirarle.
Un giorno un amico mi disse che aveva trovato un rapace ed io mi sono fiondato per andarlo a vedere e a forza di insistere me lo feci regalare, lo feci crescere in una voliera per galline. Nel giro di poco tempo mi resi conto che non potevo tenerla in quel modo, così la regalai ad un amico che aveva una voliera sulle alture di MonteCarlo, ho pensato che stesse meglio da lui che in una gabbia per galline.
Da quel giorno ho sempre avuto i falchi nella testa, fino al giorno in cui ne acquistai uno.
Con l’aiuto di internet mi documentai e scoprii la caccia con il falco, cosa che ignoravo fino a 13 anni fa..
Con il mio primo rapace purtroppo non compresi ancora la potenzialità di alcune specie fu così che caddi nel tranello del mio mentore, che mi face comprare una poiana di harris.
Con entusiasmo la portai a caccia ma aimé non prendeva niente di niente, sicuramente perchè pretendevo prede che per la poiana di harris erano imprendibili.
L’ho venduta subito, ed comprai una femmina di pellegrino che mi diede una carica impressionante, ma purtroppo l’inesperienza non mi fece ottenere dei risultati memorabili, così presi una femmina d’astore e fu tutta un’altra cosa. Le catture furono molte, le anatre le bruciava, le cornacchie le fulminava, ma l’alto volo mi rimase nel cuore così decisi di riprovare con un altra femmina e presi un Falcone per eccellenza.
Ebbi molte soddisfazioni, le prime prede per eccellenza furono le pernici rosse in Spagna, luogo in cui imparai tantissimo sui pellegrini.
Ancora oggi dopo circa 180 anatre ogni volo mi entusiasma come se fosse la prima volta
Il volo dei Pellegrini mi è entrato nel sangue, ho affinato tecnica e metodo negli anni per portali a livelli di volo altissimi per avere la più alta percentuale di successo nella caccia.

Eugenio

Storie di cani , di Astori e 1/2 astorieri

È una data che devo segnarmi.. il giorno in cui devo dare ad Axel 800,00 euro e adesso ti spiego il perché.

Il sole oramai era sparito v’era pochissima luce , ma decido lo stesso , verso le 17,30 , di uscire con il Falco ed Axel a cercare la solita lepre che il mio vicino vede tutte le sere nel suo campo e qualche volta anch’io.
Sono previdente e porto sul capo la lampada a led da 600 lumen… non si sa mai …e mi avvio in campo.
Oramai è quasi buio e passando tra un frutteto e un bosco alla mia destra, vedo d’un tratto, alzarsi tra i rami degli alberi un rapace che scappa via , la battezzo come Poiana , ma poteva essere anche un Astore , Nahani , mi strappa dal pugno , io cerco di trattenerla , ma lei s’invola all’inseguimento del rapace. Lei se vede un uccellino piccolo , tipo passero o storni , manco se lo guarda , ma se vede un uccello grande , che sia rapace o altro gli corre dietro e cerca d’ammazzarlo , non ci si può far nulla , è la sua natura, l’Astore è nato per uccidere. Io resto attonito anche perché andare su una Poiana significa rischiare di farsi male per lei , ma non posso farci più nulla , oramai è andata e la vedo sparire dietro al rapace nel bosco. Ovviamente spero che non sia riuscita a prenderlo , uno perché la Poiana è specie non cacciabile è particolarmente protetta come tutti i rapaci, due perché se gli fosse arrivata addosso , c’è da dire che la Poiana ha artigli anch’essa, ed anche se non concepiti come quelli dell’Astore adatti ad ammazzare , sono pur sempre artigli ed avrebbero potuto ferire la mia bimba. Con me resta Axel , Nahani la vedo sparire nel buio , accendo la torcia sul capo , poi sfilo dalla tasca la radio ricevente, l’accendo e cerco la localizzazione del falco.
Cerco invano per un quarto d’ora al buio pesto , tra un ginepraio di rovi e spini che mi impediscono la mobilità in mezzo al bosco, la lampada mi fa una bella luce e così non faccio fatica a controllare il segnale della radio , ma di Nahani nessuna traccia. Oramai mi stavo già rassegnando a tornare a casa senza il Falco, “ tornerò a cercarla domattina “ mi dicevo, anche se star fuori di notte per un falco come lei può essere rischioso per via dei predatori notturni, e già sapevo che questa notte non avrei dormito, quando ad un tratto mi viene un’idea . Ho sempre con me un fischietto che uso in addestramento per richiamare il Falco, lo prendo, ci soffio dentro e al termine del fischio , Nahani mi risponde , fischio ancora e lei di nuovo risponde e la sento avvicinarsi , il suono del campanello che porta alla zampa è sempre più vicino , fino a quando la vedo tra i rovi zampettare come un ratto , avvicinarsi ai miei piedi e chiedermi di salire al pugno . Io mi chino e lei ci sale sopra . Per fortuna il rapace le era scappato via ,ma soprattutto, per fortuna che lei era tornata da me, io la cercavo, ma è stata lei a trovarmi, chiamandomi e facendosi sentire con i suoi versi striduli da imprintata malefica che mi distrugge i timpani ogni volta che viene a casa anche se ha il gozzo pieno come un tacchino 🦃 , probabilmente aiutata anche dalla luce, poiché spesso faccio addestramento in notturna con la luce al capo proprio per impratichirla a queste evenienze. Ovviamente anche se non aveva catturato , l’ho premiata con un bel pezzo di petto di piccione che avevo con me e così siamo tornati verso casa. Ma… uscito dal bosco mi accorgo di aver perso la radio, cerco nella tasca della giacca, ma non trovo nulla. Decido di mettere un bastone all’ingresso dell’uscita del bosco come segnale… “adesso vado a casa , lascio il Falco e poi ritorno a cercare la radio “ mi dico tra me, e così faccio.
Torno ad uscire di casa , un buio pesto, freddo cane , un quarto d’ora per raggiungere il bosco , questa volta però ho le mani libere e con me c’è solo Axel , Nahani l’ho lasciata a casa a spiumare un’ala di piccione come cena .

Arrivo sul posto , metto Axel a sedere e gli faccio annusare la tasca dove avevo la radio e poi gli do’ il comando “suchen aport” che in tedesco significa cerca e riporta . Ma ho poche speranze perché lo vedo interessato alla traccia della lepre . Così mi metto a cercare io, tra rovi e spini al buio , il prezioso oggetto costatomi euro 800,00 . Cerca e ricerca ma nulla di fatto, intanto ogni tanto nel buio gridavo “ Axel aport”, ma Axel mi girava attorno, facendosi i cavolacci suoi . Esco dal bosco, vado un po’ in su e ritrovo in campo il segnale che avevo lasciato dove finiva il frutteto e iniziava il bosco , il bastoncino di legno e mentre sto per ripercorrere la strada che avevo fatto prima, ma a ritroso , per vedere dove mi fosse caduta la radio sento Axel che mi viene dietro nel buio , lo sto quasi per sgridare , dicendogli “ caxxo fai dietro, porca misericordia, stai d’avanti a cercare la radio cosa servi dietro di me? “ , quando mi giro e vedo che ha la radio in bocca e mi chiede di prendergliela…Che emozione… a momenti non ci credo , ma la prendo e lui me la lascia , lo abbraccio stretto e gli do tre baci sul tartufo , il suo grande naso marrone che sente di tutto , poi continuo a riempirlo di complimenti e lo ringrazio. Lui è visibilmente felice, io ancora più di lui . In una sera avevo riportato a casa il Falco e la radio che avevo persi . La radio praticamente mi è costata quasi quanto il Falco ed ora ad Axel devo 800, 00 euro . 💶
Michele Moffa

Falconeria in Spagna

La mia ormai trentennale passione per l’alto volo e più specificatamente per i pellegrini, ha fatto siche da quattro anni puntualmente nel mese di gennaio, io e un’altro “integralista” come me, cidedichiamo, per una decina di giorni, alla caccia della mitica rossa in Spagna, nella regione dellaCastiglia-La Mancia.Il tipo di territorio è molto aperto, enormi estensioni di grano duro con assenza quasi totale di alberi.

Il terreno è molto pietroso tantè che i pietroni raccolti dai contadini vengono ammucchiati qua e la ecostituiscono gli unici ripari naturali per le pernici, che condividono con i conigli selvatici.E’ singolare infatti vedere come l’asprezza del territorio abbia indotto le pernici residenti a sfruttarele profondità delle tane dei conigli per sfuggire ai predatori, umani o di altro genere!

Rispetto alla caccia tradizionale che facciamo da noi , questa è molto diversa. Il cane qui non è cosìfondamentale.

La caccia si svolge prevalentemente dalla macchina: si osserva il terreno, siindividuano le pernici in pastura, e si cerca di approcciarle. Bisogna cercare di non forzarle ma difarle avvicinare il più possibile ai mucchi di pietre o ai cespugli, magari utilizzando proprio lamacchina, andando loro imcontro pianissimo.Questo lavoro è importantissimo in quanto queste pernici sono in costante allarme proprio perchèabituate ad una forte pressione da parte di predatori naturali e anche dai falchi dei falconieripresenti ogni giorno da ottobre a febbraio.

Una volta che le pernici si sono fermate, bisogna essere rapidissimi nel liberare il falco e stare fermivicino alla macchina.Normalmente quando il falco inizia a salire le pernici si fermano definitivamente, allora si aspettal’ascesa del falco fino ad un’altezza ottimale che normalmente non dovrebbe essere inferiore ai 70 –100 metri.

Una volta ottenuta l’altezza ottimale, dobbiamo centrare il falco. La centratura deve essere perfetta,in quanto i rifugi sono ad una distanza di circa duecento metri gli uni dagli altri,quindi la picchiatadeve essere perpendicolare e fulminea. Purtroppo noi, per lo meno noi dell’Italia del nord, dobbiamoscontrarci con un’ostacolo molto difficile da superare: il vento.

In questi altipiani infatti soffia costantemente con un’intensità che varia dai 25 ai 50 Km orari eoltre.Riuscire a centrare ad un’altezza ottimale un falco con queste condizioni implica una potentemuscolatura del falco,che lo renda in grado di contrastare la forza del vento e di in cavalcarlo.Come dicevo prima noi dobbiamo, qualora il falco abbia raggiunto l’altezza desiderata, iniziarel’approccio sopravento e cercare assolutamente di fare partire le pernici col vento in coda. In questafase un buon cane può fare la differenza in quanto ci può segnalare con precisione la posizione deiselvatici.

E’ noto infatti che il coefficente di penetrazione del vento della pernice è maggiore rispetto a quellodi un falco in picchiata contro vento, in quanto il falco più grande avrà una superficie maggioreesposta al vento contrario della pernice più piccola e, nel tempo impiegato nella discesa,il falcoverrà frenato dal vento, mentre la pernice riuscirà a raggiungere il riparo.

Al contrario se noiriusciamo a farle partire col vento in coda (Cosa difficilissima!!) la maggior superficie del falco lofavorirà accellerandolo ulteriormente e riuscirà ,se tutto è stato fatto con precisione, a colpire lapernice.

Normalmente vengono stoccate violentemente e, rotolando sul terreno roccioso, muoiono più perlesioni provocate dalle pietre che dall’impatto del falco. Raramente vengono legate.

Paolo Caprioglio 2007