Che cosa è la falconeria?
È un’arte venatoria di antica tradizione, nata in Asia. La falconeria moderna differisce di poco da quella antica perchè le tecniche tramandate sono ancora le stesse. In particolare un trattato di Federico II di Svevia è ancora validissimo.
Lei come è diventato falconiere?
È una passione che mi ha passato mio padre. Lui ha iniziato ad interessarsi di falconeria quando era alle superiori perchè nel Decamerone e nella Divina Commedia ci sono dei passi che ne parlano. Così ha comprato libri, ha studiato e poi ha iniziato a viaggiare in Europa. In Austria e in Germania dove la falconeria era più diffusa. Ovviamente qui si parla di falconeria come una tecnica di caccia.
Una passione che poi si è trasformata in lavoro. L’idea di usare i falchi negli aeroporti come è nata?
Per caso. Un maresciallo delle Frecce Tricolori , che hanno base a Rivolto vicino a casa nostra, in occasione di una festa della pattuglia dell’aeronautica, invitò mio padre a fare una dimostrazione di falconeria. Durante il volo dei rapaci, notarono che gli uccelli che erano sulle piste scappavano. Così nacque l’idea che i falchi potevano essere utili negli aeroporti, per scacciare tutti quei volatili pericolosi per gli aerei in fase di atterraggio e decollo.
E funziona?
Si, il rapace è un predatore naturale e non permette agli uccelli di sostare sulla pista. Abbiamo iniziato a sperimentare questa tecnica nel 1986 nell’aeroporto di Triste, all’inizio per sei mesi. Dopo oltre 20 anni siamo ancora lì: 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno. Adesso i rapaci vengono impiegati anche in altri aeroporti italiani. In sostanza dalla lotta tecnologica, come l’uso di ultrasuoni, si è passati a una visione che prevede un rapporto naturale tra preda e predatore.
L’uso dei rapaci più servire per tenere lontani gli uccelli anche in altre situazioni?
Certamente. Io e mio fratello Raffaele abbiamo iniziato a usare i falchi nella nostra azienda vinicola in Friuli per tenere lontani i volatili che danneggiano l’uva: corvi, cornacchie e simili. Si tratta di un’attività innovativa e sperimentale che però funziona e per la quale la Coldiretti ci ha assegnato a luglio l’Oscar Green.
Come si diventa falconieri?
Non è semplice da dire in due parole. Serve prima di tutto passione. Molta. Una persona che si avvicina alla falconeria deve essere disposta a impegnare molto tempo. Per creare il feeling con il proprio falco serve costanza e dedizione quotidiana.
Prima di tutto, immagino, servirà il protagonista, il falco. Come ci si procura un rapace?
È fondamentale ribadire che i falchi sono animali protetti. Quindi è assolutamente vietato, e perseguibile penalmente, prelevare i piccoli dai nidi. I falconieri acquistano i rapaci in allevamenti autorizzati.
E poi?
Si inizia l’addestramento. Ci sono varie tecniche. Dipende anche dal tipo di rapace che si usa. L’animale deve imparare che il falconiere è una fonte sicura di cibo, di riparo e di protezione per la notte. I motivi che lo fanno tornare.
La prima cosa da fare?
È un apprendimento lento. Che va per gradi. Prima di tutto il falco va pesato. Perchè in fin dei conti il falco è un atleta e durante l’addestramento non deve nè dimagrire nè ingrassare. E, proprio come un atleta, segue una dieta curata dal falconiere che serve a mantenere la sua condizione fisica ideale.
Meglio un falco maschio o una femmina?
Tutti e due. Nei rapaci il maschio è più piccolo della femmina. Quindi la scelta dipende dall’uso. Ad esempio nel lavoro dell’aeroporto, dove ci si imbatte in gabbiani reali, aironi e animali selvatici più grossi, le femmine incutono più terrore. Per quanto riguarda l’attività venatoria è indifferente. Si sceglie anche in base al territorio e alla selvaggina che si vuole cacciare.
In Italia è un’attività diffusa?
Sì. Fino a 20 anni fa era diverso ma ora, con Internet e Facebook, si fa molta pubblicità e quindi i falconieri si sono moltiplicati.
Ma quanto costa un falco?
Dipende. Di media un falco usato per l’attività venatoria, non addestrato, può costare 1.000-1.500 euro. Poi si sale, fino a specie molto rare, che possono costare anche 15mila-20mila euro.
Si parla di caccia, di addestramento, di uso di animali che vengono privati della libertà. Penso che non manchino le contestazioni e le critiche…
Sì, ci sono. Ma io non vado a caccia col fucile. La caccia col falco è una cosa che avviene ogni giorno in natura. Quindi la falconeria non è nient’altro che portare il proprio rapace a sviluppare la sua natura. Per questo i falchi usati per la caccia se rientrano in natura sopravvivono. Spesso invece accade che qualcuno li acquisti, come se si trattasse di pappagallini. Poi si stufano, li liberano e quelli, al 90% sono falchi destinati a morire. Questo non è etico. L’unica cosa contestabile è che, effettivamente, l’animale, quando non caccia, non è libero. Ma io ritengo che il vero falconiere, che ama la natura del falco, è un falconiere che ha sempre rispetto dell’animale.
Beatrice Montini
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