Per poter sopravvivere nell’ambiente naturale, gli uccelli devono trovarsi sempre in perfette condizioni . Naturalmente il piumaggio riveste un ruolo di primaria importanza anche se per molteplici cause possono subire un danneggiamento parziale o totale. Traumi o incidenti sono i rischi maggiori, tra questi più frequentemente: collisione con tralicci, ferite da arma da fuoco ma anche patologie derivanti una sosta non ottimale in voliere durante i ricoveri presso centri di recupero . Il danno, anche parziale, alle timoniere o ancor peggio alle remiganti può compromettere seriamente le normali capacità di volo con conseguenze che possono portare a rischi letali. Una piccola breccia creata dalla rottura di una sola remigante può progressivamente danneggiare il piumaggio nella sua integrità rendendo più vulnerabile il soggetto. Ecco perché alcuni veterinari esperti, sfruttando una metodologia che fonda le sue radici nei remoti fasti medioevali (in cui la falconeria era assai in voga) hanno sviluppato ed aggiornato le tecniche dell’imping o trapianto di penne. Questa tecnica di rimpianto di alcune penne permette di migliorare le situazioni cliniche di alcuni soggetti abbreviando le degenze presso i centri di recupero.
Materiali e metodi Per effettuare al meglio quest’operazione che necessita di grande esperienza e perizia non è tuttavia richiesto materiale ed attrezzature molto particolari. · penne di un donatore, della stessa specie, dello stesso sesso (in alcuni casi il dimorfismo sessuale non permette l’uso di materiale di sessi diversi) e dello stesso peso. Per favorire il reperimento di questi donatori i centri di recupero formano una “banca penne” che facilita il reperimento del materiale migliore per i trapianti. · Cartoncino per separare durante l’operazione la penna operata dal resto del piumaggio, evitando rischi di imbrattamento con resine · Resine epossidiche o adesivo cianoacrilato · Pin o “infibulo” da inserire all’interno del rachide della penna da sostituire ed in quella del donatore. Oggi la tendenza più evoluta (Metodol. Persson) porta all’utilizzo del rachide di una terza penna che ripulita dalle barbule offre grazie alla componente cheratinica, insostituibili caratteristiche di flessibilità e resistenza. Andando a curiosare nel passato scopriamo che in tempi remoti erano usati come infibuli dei sottili fili di ferro ed invece delle resine adesive si usava il limone o una soluzione d’acqua salata che favoriva la formazione di ruggine e quindi solidarizzava la penna trapiantata. Oggi quest’operazione che può essere fatta a seconda dei casi con o senza anestesia, viene eseguita su uccelli di medie – grandi dimensioni (dai gufi e poiane sino alle aquile, ai nibbi e persino ad alcuni ardeidi).
L’operazione richiede grande attenzione nella scelta di tutto il materiale ed anche nella scelta del donatore; inoltre risulta più facile nelle timoniere mentre il trapianto delle remiganti risulta più complesso perché bisogna garantire la giusta angolatura per poter assicurare al “paziente” ottimali condizioni per il volo. L’inserimento dell’infibulo, che può essere anche un piccolo stecchino in bambù o in materiale plastico… è una parte importante dell’operazione, poiché deve essere perfettamente inguainato nei rachidi favorendo il contatto delle due penne (donatore e ricevente) . Al termine dell’operazione su ogni singola penna è opportuno verificare che i margini dei monconi delle due penne siano a contatto l’uno con l’altro perché solo così potremo avere la certezza che il lavoro garantisca buone probabilità di riuscita. Oggi questa tecnica, adottata per secoli dai falconieri è stata ripresa con efficacia dai pochi veterinari dei centri di recupero e permette di ottenere un risultato straordinario: liberare in breve tempo animali che se dovessero aspettare il normale ricambio delle penne (muta) sarebbero costretti a lunghe degenze in voliera.
Luca Cavallari
IMPORTANTE: Sebbene l’imping possa apparire un’operazione non complicata, può essere fatta solo da persone competenti ed abilitate
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