Intervista a Daniele Miconi

dan_micChe cosa è la falconeria?

È un’arte venatoria di antica tradizione, nata in Asia. La falconeria moderna differisce di poco da quella antica perchè le tecniche tramandate sono ancora le stesse. In particolare un trattato di Federico II di Svevia è ancora validissimo.

Lei come è diventato falconiere?

È una passione che mi ha passato mio padre. Lui ha iniziato ad interessarsi di falconeria quando era alle superiori perchè nel Decamerone e nella Divina Commedia ci sono dei passi che ne parlano. Così ha comprato libri, ha studiato e poi ha iniziato a viaggiare in Europa. In Austria e in Germania dove la falconeria era più diffusa. Ovviamente qui si parla di falconeria come una tecnica di caccia.

Una passione che poi si è trasformata in lavoro. L’idea di usare i falchi negli aeroporti come è nata?

Per caso. Un maresciallo delle Frecce Tricolori , che hanno base a Rivolto vicino a casa nostra, in occasione di una festa della pattuglia dell’aeronautica, invitò mio padre a fare una dimostrazione di falconeria. Durante il volo dei rapaci, notarono che gli uccelli che erano sulle piste scappavano. Così nacque l’idea che i falchi potevano essere utili negli aeroporti, per scacciare tutti quei volatili pericolosi per gli aerei in fase di atterraggio e decollo.

E funziona?

Si, il rapace è un predatore naturale e non permette agli uccelli di sostare sulla pista. Abbiamo iniziato a sperimentare questa tecnica nel 1986 nell’aeroporto di Triste, all’inizio per sei mesi. Dopo oltre 20 anni siamo ancora lì: 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno. Adesso i rapaci vengono impiegati anche in altri aeroporti italiani. In sostanza dalla lotta tecnologica, come l’uso di ultrasuoni, si è passati a una visione che prevede un rapporto naturale tra preda e predatore.

L’uso dei rapaci più servire per tenere lontani gli uccelli anche in altre situazioni?

Certamente. Io e mio fratello Raffaele abbiamo iniziato a usare i falchi nella nostra azienda vinicola in Friuli per tenere lontani i volatili che danneggiano l’uva: corvi, cornacchie e simili. Si tratta di un’attività innovativa e sperimentale che però funziona e per la quale la Coldiretti ci ha assegnato a luglio l’Oscar Green.

Come si diventa falconieri?

Non è semplice da dire in due parole. Serve prima di tutto passione. Molta. Una persona che si avvicina alla falconeria deve essere disposta a impegnare molto tempo. Per creare il feeling con il proprio falco serve costanza e dedizione quotidiana.

Prima di tutto, immagino, servirà il protagonista, il falco. Come ci si procura un rapace?

È fondamentale ribadire che i falchi sono animali protetti. Quindi è assolutamente vietato, e perseguibile penalmente, prelevare i piccoli dai nidi. I falconieri acquistano i rapaci in allevamenti autorizzati.

E poi?

Si inizia l’addestramento. Ci sono varie tecniche. Dipende anche dal tipo di rapace che si usa. L’animale deve imparare che il falconiere è una fonte sicura di cibo, di riparo e di protezione per la notte. I motivi che lo fanno tornare.

La prima cosa da fare?

È un apprendimento lento. Che va per gradi. Prima di tutto il falco va pesato. Perchè in fin dei conti il falco è un atleta e durante l’addestramento non deve nè dimagrire nè ingrassare. E, proprio come un atleta, segue una dieta curata dal falconiere che serve a mantenere la sua condizione fisica ideale.

Meglio un falco maschio o una femmina?

Tutti e due. Nei rapaci il maschio è più piccolo della femmina. Quindi la scelta dipende dall’uso. Ad esempio nel lavoro dell’aeroporto, dove ci si imbatte in gabbiani reali, aironi e animali selvatici più grossi, le femmine incutono più terrore. Per quanto riguarda l’attività venatoria è indifferente. Si sceglie anche in base al territorio e alla selvaggina che si vuole cacciare.

In Italia è un’attività diffusa?

Sì. Fino a 20 anni fa era diverso ma ora, con Internet e Facebook, si fa molta pubblicità e quindi i falconieri si sono moltiplicati.

Ma quanto costa un falco?

Dipende. Di media un falco usato per l’attività venatoria, non addestrato, può costare 1.000-1.500 euro. Poi si sale, fino a specie molto rare, che possono costare anche 15mila-20mila euro.

Si parla di caccia, di addestramento, di uso di animali che vengono privati della libertà. Penso che non manchino le contestazioni e le critiche…

Sì, ci sono. Ma io non vado a caccia col fucile. La caccia col falco è una cosa che avviene ogni giorno in natura. Quindi la falconeria non è nient’altro che portare il proprio rapace a sviluppare la sua natura. Per questo i falchi usati per la caccia se rientrano in natura sopravvivono. Spesso invece accade che qualcuno li acquisti, come se si trattasse di pappagallini. Poi si stufano, li liberano e quelli, al 90% sono falchi destinati a morire. Questo non è etico. L’unica cosa contestabile è che, effettivamente, l’animale, quando non caccia, non è libero. Ma io ritengo che il vero falconiere, che ama la natura del falco, è un falconiere che ha sempre rispetto dell’animale.

Beatrice Montini

Milano: falchi per allontanare i piccioni

Inseguire i piccioni, senza ucciderli questo l’ insegnamento dei falconieri
Anna Fumera e Bernardo Bendotti sono i “bird controller” che collaborano al progetto della Provincia

bendotti“Per fare al meglio il nostro lavoro è fondamentale capire la psicologia dei piccioni, sapersi mettere nei loro panni”. Anna Flumeri è l’esperta di “bird control” a cui la Provincia di Milano si è affidata per liberare una trentina di scuole superiori del territorio dalle colonie di piccioni che le infestano da anni. Lei e il collega Bernardo Bendotti, i “falconieri di Podestà”, useranno i falchi come “dissuasori naturali” per tenere alla larga i volatili indesiderati.

Gli animalisti più agguerriti si rifiutano di ammettere questo dato di fatto – spiega Anna – ma i piccioni sono una delle specie più invasive che esistano. Una coppia di questi uccelli genera dieci nidiate l’anno. I loro escrementi danneggiano gli edifici e provocano malattie come salmonellosi e toxoplasmosie i predatori naturali che dovrebbero limitarne il numero, ovvero i falchi, non sono più così diffusi da arrestare questa crescita vertiginosa. Noi puntiamo solo a ristabilire l’equilibrio”.

Peraltro senza provocare vittime, perché i falchi che vengono impiegati nel bird control sono addestrati a inseguire i piccioni, non ad ucciderli. “Mangiano solo dalle nostre mani e, sin dall’età di sei mesi, sono preparati per questo tipo di attività – sottolinea Bernardo Bendotti – Chiaramente non tutti i rapaci sono adatti. Se dopo alcune prove ci rendiamo conto che l’animale non si trova a suo agio, gli affidiamo compiti diversi, a partire dalla tradizionale attività venatoria”.

La coppia di falconieri si dedicano ormai da anni alla bonifica di aree industriali e di luoghi pubblici dove il numero dei piccioni supera il livello di guardia. “Usiamo la tecnica dell’allontanamento – continua Bendotti – Liberiamo i falchi alla sera, quando i piccioni tornano a dormire alla colombaia, per turbarli e costringerli a cercare un altro posto dove nidificare. Di solito dopo le prime quattro o cinque uscite si vedono già i primi risultati, ma la durata degli interventi è variabile”.

Qui entra in gioco la psicologia dei volatili: “La prima sera non ci sono mai problemi perché i piccioni vengono colti di sorpresa dalla presenza di un predatore in città – spiega Anna Flumeri – Poi però si fanno più attenti e sospettosi e i più furbi si spostano in una zona diversa dell’edificio, senza allontanarsi troppo. A quel punto bisogna cambiare la periodicità degli interventi. Non tutte le sere, ma a giorni alterni e in seguito un paio di volte alla settimana per mantenere gli effetti. Bisogna essere il più possibile imprevedibili, in modo da convincerli che fermarsi in quel luogo è veramente pericoloso”.

Tratto da http://milano.repubblica.it

 

La medicina veterinaria e la falconeria

marco_bedinNegli ultimi anni la falconeria, sia come sport che come attività lavorativa con dimostrazioni di volo e allontanamento di volatili nocivi a mezzo falchi ha subito un enorme sviluppo in Italia. Uno sviluppo tale da richiedere prestazioni sempre più di qualità sui rapaci impiegati in questa disciplina. L’obiettivo del corso che la Sivae proporrà dal 22 al 24 gennaio 2010 sarà quello di fornire conoscenze tecniche, mediche, chirurgiche e legislative, indispensabili al veterinario, all’animale e al cliente falconiere.

Il corso, innovativo anche nella didattica, sarà ricco di sessioni pratiche e di dimostrazioni alla presenza di esperti falconieri. Marco Bedin,direttore del corso, ci ha parlato dell’incontro confronto tra due arti, la veterinaria e la falconeria.

P.V. – Dottor Bedin, nella presentazione del corso “La medicina veterinaria e la falconeria” si legge che quest’ultima sta avendo un enorme sviluppo nel nostro Paese. Vuole inquadrare brevemente quest’arte ai suoi Colleghi?

Marco Bedin – La falconeria è una delle antiche arti medievali e negli ultimi anni è in forte espansione anche in Italia così come è già avvenuto in molti paesi europei come l’Inghilterra ed extraeuropei come gli Stati uniti. La falconeria, nasce alcuni millenni fa e si è successivamente diffusa come arte “nobile” e la sua vera origine rimane circondata da un alone leggendario.
Oggigiorno la falconeria incarna, a mio avviso, la nostra voglia di libertà e di fuga dalla stressante vita quotidiana: più che uno sport
o un hobby la falconeria è uno stile di vita. L’uso del falcone si è diffuso anche per dissuadere i volatili nocivi dalla frequentazione di sitiarchitettonici e archeologici, dai beni monumentali delle nostre città e soprattutto dai sedimi aeroportuali (bird control) diventando,
non solo un’arte o uno sport, ma anche un vero e proprio lavoro.
Fino a un decennio fa la falconeria rimaneva un’arte oscura, che nessuno amava tramandare o insegnare se non ad una ristretta cer
chia di persone o amici fidati. Oggi invece esistono corsi di formazione alla falconeria, aumentano di conseguenza i falconieri e i quindi i pazienti.

P.V. – Si può parlare di una evoluzione delle possibilità di lavoro per il medico veterinario? Quali spazi professionali si
aprono grazie alla falconeria?

M.B. – Le possibilità occupazionali per il Medico Veterinario intenzionato ad occuparsi di queste specie sono molte. I pazienti sono in-
fatti rappresentati da tutti i rapaci ospitati nei centri di recupero della fauna selvatica distribuiti sul territorio nazionale, dagli animali in
possesso dai falconieri e dalle persone che si occupano di bird control. Fino a non molto tempo fa il falconiere ricorreva spesso alla
“veterinaria fai da te”, in quanto non erano presenti medici veterinari con conoscenze specifiche di queste specie, ciò pero non è
più tollerabile nel rispetto della nostra professionalità e del benessere di questi animali.

P.V. – Quali sono i risvolti legislativi? In particolare quali sono le condizioni per una corretta detenzione di questi animali rispetto alla Cites?

M.B. – La maggior parte delle specie di rapaci allevate, appartengono agli allegati A e B della CITES e come per tutte le altre specie
presenti in questi allegati sono soggetti a una normativa specifica sia per il commercio che per la detenzione. Tutti gli animali utilizzati in falconeria sono soggetti nati in ambiente controllato e nessun animale è prelevato in natura, eccezion fatta ovviamente, per i rapaci selvatici che richiedono una riabilitazione presso i centri di recupero.

P.V. – E quali invece i problemi sanitari più frequenti in questi animali?

M.B. – Le patologie maggiormente diffuse nei rapaci sono: infettive o infestive come aspergillosi, tricomoniasi, coccidiosi e altre infestazioni parassitarie; gestionali come le ipovitaminosi e la malattia ossea metabolica diffuse specialmente nei giovani soggetti in accrescimento e scorrettamente nutriti; traumatiche: come le fratture, le distorsioni e le patologie muscolo tendinee; multifattoriali come il ben noto bumblefoot.

P.V. – Qualche cenno sulle caratteristiche del corso di gennaio: cosa devono aspettarsi e cosa non devono aspettarsi i colleghi che vi parteciperanno?

M.B. – Il corso che il Consiglio direttivo SIVAE ha intenzione di offrire ai propri iscritti e a tutti i Medici veterinari che abbiano intenzione di occuparsi di queste specie sarà una vera novità, sia per la sua impostazione che per le informazioni che verranno offerte ai parteci
panti. Nelle specie aviari da compagnia spesso si parla di limitazione del volo e limitazione del becco e delle unghie per impedire la fuga,noi parleremo di come affilare le unghie e i becchi e di come “trapiantare le piume” (imping) per farli volare meglio. Il corso parlerà delle principali patologie dei rapaci e del loro approccio terapeutico, ma darà ampio spazio alla parte pratica fornendo ai partecipanti nozioni di base di falconeria per non doversi trovare impreparati quando viene richiesta la nostra prestazione professionale su un rapace.
Inoltre avremo la possibilità di osservare da vicino le prestazioni atletiche di questi stupendi animali.

P.V. – Ultimamente si è tornati a parlare di centri di recupero della fauna selvatica.
L’Anmvi aveva sottoscritto un protocollo d’intesa con il WWF per dare una collaborazione veterinaria. Per i falchi che problemi gestionali si presentano?

M.B. – Il protocollo d’intesa tra WWF, ANMVI e SIVAE ha rappresentato, a mio avviso, una svolta per la Medicina Veterinaria Italiana e gli obiettivi che si prefiggeva erano eticamente corretti e professionalmente ineccepibili. In realtà il vero problema è che questo protocollo non è mai stato applicato dai centri di recupero per questioni prettamente economiche.
Spesso, infatti, i colleghi che si occupano diqueste specie presso i centri di recupero non sono pagati o sono sottopagati e, di conseguenza, gli stimoli, le buone pratiche veterinarie e la qualità delle prestazioni offerte non possono essere delle migliori, indipendente mente dalla volontà dei colleghi che vi lavorano. Speriamo che la situazione nei prossimi anni possa cambiare per rispettare la nostra professionalità ma in modo particolare il benessere e la dignità di questi animali.