Alto e basso volo

fr_551La falconeria, per definizione, è sempre stata considerata la disciplina con la quale si giunge a catturare animali selvatici, nei loro ambienti naturali, con rapaci addestrati dall’uomo.

Negli ultimi anni i rapaci addestrati sono stati utilizzati anche in situazioni di caccia simulata, su prede meccaniche o simulacri, ma resta il fatto che la massima espressione della falconeria rimane da sempre la caccia su prede selvatiche.

Come in ogni tipo di attività venatoria, prima di parlare del mezzo con cui si caccia, in questo caso il rapace, bisogna considerare il tipo di territorio e di selvaggina che si vuole insidiare.

Non a caso i falchi da caccia si dividono in due categorie ben distinte: i falchi di Alto Volo e quelli di Basso Volo. I primi sono i cosiddetti “falconi ad ali lunghe” cioè: Pellegrini, Sacri, Lanari, Girfalchi, falchi della Prateria ecc. si utilizzano per le ampie distese di pianura soltanto su volatili (salvo casi particolari), i secondi quelli ad “ali corte”: Astori, Sparvieri, falchi di Cooper, falchi di Harry ecc. possono volare anche nel bosco, in zone più impervie e cacciano anche mammiferi (conigli, lepri, scoiattoli etc).

La differenza fra le due categorie è indicata dalla loro morfologia e dalle loro innate propensioni venatorie.

I falconi d’alto volo sono naturalmente inclini a volare ad una certa quota dal suolo cercando l’occasione buona per attaccare qualsiasi uccello sorvoli lo spazio sottostante. La loro tecnica d’attacco è sempre una picchiata più o meno lunga e veloce (il Pellegrino supera i 300km/h), al termine della quale c’è l’impatto con la preda.

Se l’impatto è molto violento il falcone tende a stoccare l’uccello senza trattenerlo, producendogli gravi lesioni con le unghie, lo aggancia quindi al volo, dopo una cabrata, di solito prima che tocchi terra. Se invece la picchiata si conclude con un inseguimento da dietro, di solito il falcone lega la preda in volo e la finisce poi a terra (o in volo nel caso di piccoli uccelli) spezzandogli velocemente le vertebre cervicali con il becco.

Falco_Pellegrino

In falconeria la tecnica è sostanzialmente la stessa usata in natura, ma il falcone deve imparare a restare “centrato e alto” sul falconiere ed il cane in cerca, per poter colpire la preda che gli faranno frullare.

Questo tipo di volo fu chiamato da Federico II “volo a monte” perché i falconi, dove le condizioni ambientali lo permettono, tendono naturalmente a sfruttare le correnti ascensionali che si formano lungo le pareti dei pendii per salire più facilmente ad una buona quota.

I falconi d’alto volo sono molto efficaci nella caccia in pianura, con cani veloci e di grandi aperture, come gli inglesi, su selvaggina come starne, pernici e fagiani. Anche le anatre ed i beccaccini in zone palustri, senza cane, sono prede per i falchi ad ali lunghe.

I falchi di basso volo sono invece i predoni del bosco. Gli Astori in particolare sono vere “macchine da guerra”. In pianura, collina, in zone aperte o nel bosco, qualsiasi cosa si muova davanti a loro è potenzialmente in pericolo di vita. Il loro attacco parte sempre da un posatoio (nel caso del falconiere il suo guanto) dal quale osservano tutto ciò che si muove prima di partire per l’attacco.

Il loro volo è basso, spesso radente il terreno, sfrutta ogni naturale oggetto che li possa in qualche modo occultare alla vista della preda sino all’ultimo istante. Spesso la preda si accorge dell’astore che arriva appena una frazione di secondo prima che gli artigli le si chiudano addosso.

astore_adulto

La forma delle ali di questi falchi è arrotondata e la loro misura piuttosto corta, da qui la definizione di “ali corte”, mentre la coda è lunga e voluminosa. Tali caratteristiche danno a questi uccelli una enorme capacità di manovra anche nel folto del bosco ed una incredibile possibilità di accelerare o frenare la loro velocità in spazi molto ridotti.

Le prede vengono legate in ogni modo, anche nei rovi più impenetrabili o nell’acqua e vengono uccise sempre con l’incredibile stretta degli artigli, mai usando il becco.

Qualsiasi cane può essere un buon ausiliare, purchè venga ben accettato dall’astore, altrimenti potrebbe assaggiarne le unghie. Fra i falchi ad ali corte soltanto lo Sparviere è esclusivamente ornitofago, gli altri catturano ogni animale il cui peso sia compreso fra i pochi grammi di un passero ed i quattro o più chili della lepre.

Le potenzialità di predazione dei rapaci sono grandissime, ma in falconeria si riducono parecchio, perché quasi sempre il compromesso di dover cacciare con l’uomo e di poter essere recuperati, limita le naturali situazioni che un falco sfrutterebbe se cacciasse per conto proprio in natura.

Far carniere con i falchi non è facile, le percentuali di cattura sono molto inferiori a quelle della classica caccia con il fucile, inoltre il coordinamento fra il cane ed il falco è un ulteriore difficoltà che si presenta, ma basta provare una volta per capire che ne vale la pena.

Amedeo Traverso

www.lacaccia.net

La storia recente: la falconeria e la sua regolamentazione legale

Falcon on gloveI discorsi storici e filosofici intorno all’arte della Falconeria sono d’obbligo, ma in concreto, nella storia degli ultimi decenni il primo problema di chi si accosta alla falconeria è di non andare oltre la legge, poiché com’è noto tutti i rapaci diurni sono protetti da regole che partono dalla legislazione internazionale ed arrivano alla normativa delle ASL locali.

Per dirla tutta, i rapaci diurni sono stati oggetto di tutela da parte dei sovrani di tutte le epoche sino al XIX secolo, per motivi non tanto animalisti o ornitologici, quanto egoisti e commerciali.

Poi sono diventati animali “nocivi” e oggetto di sterminio da parte di tutti, poi vittime dei veleni che nel dopoguerra sono stati indiscriminatamente sparsi su ogni tipo di coltura agricola ed infine protagonisti di una protezione ferrea e totale da parte di leggi che punivano con il carcere o altissime ammende che li uccideva, catturava, deteneva ed addirittura li “disturbava” semplicemente osservandoli troppo insistentemente! Dalle stelle alle stalle ed infine in Paradiso!

Alla faccia dell’auspicabile equilibrio che la giurisprudenza dovrebbe generalmente avere.

Per cui se nel 1890 un cacciatore uccideva un falcone, lo esibiva con orgoglio ed era un benefattore, nel 1990 per la stessa uccisione sarebbe andato in galera come l’ultimo dei delinquenti.

Naturalmente i falconieri hanno sempre protetto i rapaci, come minimo per interesse di categoria…, ma dal proteggere un animale ad incarcerare chi non lo fa… ne passano di ragioni.

Potenza del Diritto e del protezionismo ambientale moderno.

I falconieri, fino agli anni ’70, hanno prelevato dalla natura i loro falconi ed in tempi passati l’abilità nella cattura di uccelli da preda integri e perfetti nel piumaggio, era considerata una caratteristica fondamentale del bravo falconiere.

Le leggi di protezione, legittime dal punto di vista della conservazione delle specie, hanno stimolato la strada della riproduzione in cattività ed hanno aperto una nuova era della falconeria moderna.

Negli anni settanta la quasi scomparsa del Falco peregrinus anatum dall’America del Nord, a causa dei pesticidi, fece nascere un movimento di naturalisti e falconieri il cui scopo fu quello di riprodurre in cattività e reintrodurre in natura i falconi in pericolo di estinzione.

Si chiamò Peregrine Fund ed ancora oggi esiste ed opera monitoraggi scientifici sulla popolazione selvatica del pellegrino in tutto il Mondo, in collaborazione con le Università di molti paesi.

I falconieri nord americani ed europei collaborarono strettamente e salvarono la specie dalla scomparsa nel continente americano.

Oggi il falco pellegrino è stato depennato in America dall’elenco delle specie a rischio e, sotto controllo dello Stato e con particolari permessi, è concessa la sua cattura a Falconieri riconosciuti dal governo.

In Europa le associazioni animaliste e protezioniste hanno sempre strumentalizzato il fatto che i falconieri catturassero i rapaci diurni e lo hanno spesso usato per dare un senso alla loro stessa utilità ed esistenza, ma in realtà alle centinaia di farneticanti denunce verso fantasmagorici “ladri” di nidiacei, negli ultimi 30 anni non sono state dimostrate illegalità commesse da falconieri, poiché nella quasi totalità dei casi si trattava di pregiudizi ideologici.

Da decenni i falconieri acquistano i loro uccelli da allevatori regolarmente autorizzati ed in conformità alla Convenzione di Washington (CITES) che regolamenta il commercio delle specie protette nel Mondo. Il mercato propone spese adeguate a tutte le tasche ed i favolosi prezzi che una volta venivano pagati per i falchi più rari, oggi sono soltanto un ricordo.

I falchi sono nati in cattività da diverse generazioni e possono essere meglio condizionati dal contatto con l’uomo.

Paradossalmente nessun falconiere di oggi sarebbe ritenuto tale da Federico II di Svevia, in quanto incapace di catturare ed addestrare autonomamente un falcone selvatico.

Ormai soltanto falconieri di una certa età possono ricordare di aver addestrato falchi “selvatici” durante la loro gioventù, ma non rimpiangono le difficoltà affrontate.

Sinceramente bisogna ammettere che l’addestramento dei falchi nati in voliera e le loro prestazioni di volo sono cose molto differenti rispetto al maneggiamento dei falchi nati in natura e magari catturati adulti, ma i tempi della vita moderna e le normative sulla gestione della caccia di oggi non potrebbero essere compatibili con la falconeria dei secoli scorsi.

In Europa, con varie sfumature da un paese all’altro, generalmente per praticare la falconeria intesa come caccia con il falco, è indispensabile essere muniti della licenza di caccia.

In Italia La legge quadro 157/92 sulla gestione della fauna selvatica e del suo prelievo, prevede che il falco sia una dei mezzi di caccia consentiti, insieme all’arco ed, ovviamente, al fucile.

Detenere un falco, senza farlo volare, è ammesso dalla legge se il falco è regolarmente acquistato da un allevamento autorizzato, secondo la regolamentazione della CITES.

La deontologia della Falconeria, non prevede che un nobile falcone passi la vita appollaiato su un trespolo alla stregua di un pappagallo (senza voler togliere nulla ai simpatici cugini variopinti…), comunque se qualcuno volesse possedere semplicemente un falco, non avrebbe bisogno di licenza di caccia, così come coloro che collezionano armi, non devono necessariamente avere il porto d’armi, ma personalmente così come non riuscirei a tenere chiuso in una vetrina una doppietta Holland & Holland per guardarla soltanto… allo stesso modo ritengo che i falchi siano fatti per volare.

Entrare nel dettaglio delle leggi è un durissimo percorso, perché i decreti internazionali, europei, italiani, le leggi regionali, quelli provinciali e le normative sanitarie locali che dovremmo citare ed analizzare ci occuperebbero troppo spazio e tempo… Per chi volesse concretamente provare a mettere il piede all’interno della falconeria, il consiglio è quello di rivolgersi a qualche associazione di falconieri ed affiancare un praticante.

Non è consigliabile il “fai date”…, si potrebbe in buona fede sconfinare nell’illecito e poichè “la legge non ammette ignoranza”, è meglio non ignorare e farsi guidare da chi conosce le regole del gioco.

Amedeo Traverso

www.lacaccia.net

Addestramento del falco

Autour des palombes Accipiter gentilis Northern GoshawkPer chi pratica la caccia con il fucile, il momento in cui il selvatico frulla davanti al cane fermo è la fine di una tensione emotivamente forte, sebbene positiva, che si concretizza con lo sparo liberatorio e la caduta o la fuga della preda.

In Falconeria c’è tutto ciò che precede lo sparo, ma il frullo corrisponde non già alla fine della tensione, ma, al contrario, all’inizio della cacciata.
L’inseguimento dà vita a lunghi minuti di caccia in cui l’uomo diventa spettatore di ciò che ha pazientemente programmato per mesi, seguendo un sottile filo conduttore fra la sua volontà e la naturale attitudine alla predazione dei due suoi animali, il cane ed il falco.Le emozioni sono forti ed il livello di affiatamento fra i tre componenti la squadra deve essere assolutamente perfetto.
Pena: il disastro… non solo per il fallimento della cattura, che poco importerebbe, quanto per la possibile perdita del falco o addirittura della sua incolumità fisica.
Il legame fra l’uomo ed il falco, animale simbolo della indomita tendenza alla libertà, è veramente rappresentato da un immaginario filo molto sottile che si può rompere in ogni momento.
Il falco non torna dall’uomo per “amicizia” o “sottomissione”, ma soltanto per condizionamento e convenienza.
Per cui basta niente, un parametro che non si incastra alla perfezione nel condizionamento o una opportunità estemporanea, per far decidere al falco di scegliere la libertà.
Questo sottile senso di precarietà è la costante di tutti i voli ed il vero senso della fatalità della nostra vita. Ogni volo è come se fosse il primo o forse l’ultimo… ogni volta.
Come funziona il rapporto fra noi ed i nostri falchi?
Il vero motivo per cui quasi tutti coloro che diventano in seguito Falconieri si avvicinano inizialmente alla Falconeria è proprio per avere un rapporto di collaborazione con il falco.
E’ una ragione ornitofila , più che venatoria.
La caccia viene dopo ed è il passo obbligatorio per avere un rapporto equilibrato e soddisfacente con un falco.
Abituati agli animali “domestici”, parlando di addestramento di falchi, è necessario cambiare decisamente atteggiamento.
Non ci si può aspettare comportamenti che abbiano a che fare con la sfera emotiva. Niente affetto, obbedienza, fedeltà, riconoscenza.
I rapaci, a differenza degli animali addomesticati dall’uomo da secoli, vengono selezionati naturalmente soprattutto in funzione della loro selvaticità e quindi in direzione opposta a quelle della selezione umana, che privilegia i soggetti meno paurosi verso l’uomo e più propensi a farsi sottomettere.
Non sono animali “sociali”, cioè che sfruttano il branco e la collaborazione e non concepiscono la gerarchia ed il concetto di sottomissione interspecifica.
Il risultato è che il normale concetto di “addestramento” che si utilizza con i cani, i cavalli e tutti gli animali che circondano l’uomo da sempre, non funziona con i rapaci.
Punire un cane quando sbaglia, serve a fargli capire che al capo branco (l’uomo) non piace quel comportamento e lui per compiacere il padrone, modifica il suo comportamento, sottomettendosi.
Così, impara a trattenere i suoi bisogni corporali, accetta la mantellina colorata, che tanto piace alla
sua padroncina, non abbaia più, non aggredisce i gatti, sue prede naturali…, insomma diventa un pupazzo nella mani degli amati padroni.
Unico degno rappresentante della razza canina è rimasto il cane da caccia, che ancora può predare, cioè fare quello per cui è stato creato dalla natura.
E naturalmente la maggior parte di coloro che si proclamano “amici del cane”, aborrono la caccia…
Probabilmente cercano nei cani quegli amici che fra gli umani non riescono ad avere, ma chissà , se i cani potessero parlare, cosa direbbero della loro “amicizia”…
Ma torniamo ai rapaci: un rapace non si può punire.
Il rapace divide gli esseri viventi in sole tre categorie. Molto semplice.
Gli esseri viventi che si possono uccidere e mangiare, quelli che non si possono uccidere, ma non sono pericolosi e quelli pericolosi, dai quali fuggire alla vista.
Nel primo gruppo ci sono le prede, nel secondo, per esempio, le mucche, pecore, etc, nel terzo i predatori più forti di lui, per esempio, l’uomo.
Il falconiere per scendere a compromessi con un rapace ha solo una possibilità: passare dalla categoria degli esseri viventi pericolosi, a quella dei non pericolosi.
Per fare questo non si può sbraitare, agitarsi o addirittura “punire”, perché anziché sottomettersi, il rapace avrebbe la conferma che noi siamo pericolosi e più forti di lui e quindi esseri da cui fuggire appena possibile.
Avremo raggiunto così l’esatto contrario dei nostri intendimenti.
Il nostro percorso deve essere capace di convincere il falco che, tramite determinate attività vissute insieme a noi, gli sarà molto più semplice nutrirsi, cioè cacciare.
Bisogna perciò iniziare ad addestrare il falco facendogli capire che non possiamo fargli alcun male, anzi, che gli procuriamo il cibo con estrema facilità.
Quando il falco si convincerà che la nostra presenza significa facile cibo, cercherà di frequentarci il più possibile.
Facile, no?
Assolutamente si, se non ci fossero quelle fastidiose centinaia di eccezioni dovute alla differenza di psiche di ogni falco e di ogni falconiere, a complicare le cose…
Ci sono bellissimi (ed anche numerosi) manuali di falconeria, che descrivono dettagliatamente tutte la mansioni e le metodologie di addestramento. Svelano anche i trucchi… per cui non dovrebbero esserci problemi, seguendo le righe. Ma non è così, altrimenti perché avrebbero definito la Falconeria un’arte?
Allora, a prescindere dal come farlo, il risultato finale dell’addestramento deve essere che il falco deve inseguire e catturare, ma anche tornare correttamente dal falconiere in caso di mancata cattura. E questo avviene soltanto quando il falco acquisisce piena fiducia verso il falconiere, altrimenti fugge e torna selvatico.
Sembra banale, ma …
Qualcuno chiede a volte se il falco “riporta”….
Naturalmente, il falco porta la preda alla sua compagna, come offerta… quando lei gli dà qualcosa in cambio… qualcosa che noi non abbiamo… per cui: niente riporto… quando prende, mangia e possibilmente non vuole nessuno in giro a rompergli le scatole.
Possiamo fare uno scambio… noi diamo una parte di preda a lui ed il resto ce lo teniamo…
Mi pare corretto… un rapporto da pari a pari, nessun padrone, nessun servo…