Nostalgia della Falconeria degli anni ’90

nicola de marco
Nicola De Marco
Foto: Antonio Centamore

Il primo falconiere che conobbi fu Roberto Mazzetti nel 1992 che, dopo non poche insistenze da parte mia… mi invitò ad una cacciata nei d’intorni di Settimo Milanese. Li conobbi anche Antonio Leone che mi diede il numero di telefono di un altro grandissimo falconiere: Paolo Caprioglio che abitava non lontano da casa mia. Ebbe tanta pazienza con un ragazzo appassionatissimo, che lo bombardava di domande, che non vedeva l’ora di iniziare, di confrontarsi, di imparare, di leggere tutto ciò che trattava l’argomento Falconeria. Mi portò con lui a volare, mi prestò i suoi libri, le sue vhs, mi dedicò il suo tempo e le sue conoscenze. Andammo a caccia di cornacchie con “Milli” un falco sacro di 20 anni che volava bene ma ci vedeva poco Lui mi presentò Amedeo Traverso con il quale condivisi da subito l’amore per l’astore (mi presentò il suo primo astore, “Pina”), Andrea Brusa dello Yarak club di falconeria nato pochi anni prima. Fu lo Yarak che mi procurò la mia prima femmina di astore e il primo vero manuale di falconeria tradotto dalla associazione. 
Erano anni da sogno, anni in cui la fantasia di un ragazzo di vent’anni volava alta come un Pellegrino! C’erano i primi tentativi di riproduzione in cattività. Ricordo che Paolo fece nascere in cattività il primo falco sacro nato in Italia che però ebbe un destino triste, abbattuto da un cacciatore nel primo anno di vita. Ricordo il tentativo di riproduzione dello yarak con delle voliere da manuale! Ebbi l’occasione di conoscere anche Nino Ghia, persona semplice e di cuore con la sua pellegrina che era un orologio svizzero. In quegli anni conobbi Amedeo Arpa e gentil signora, grandi appassionati di falconeria, Nicola De Marco con cui nacque subito intesa, Aldo Miconi in freddo inverno in Friuli e… Gianpy, Del Mastro Calvetti ad un raduno in Piemonte. Non persi l’occasione di intervistarlo, non potevo credere di essere vicino ad un grande della falconeria, ad un uomo che ha vissuto la falconeria negli anni del dopoguerra, che aveva conosciuto Ernesto Coppaloni, i suoi allievi ma soprattutto Francesco Pestellini, autore di “Falconeria Moderna”. Questo libro lo considero iportante non tanto per il lato tecnico della falconeria ma per il lato spirituale se così possiamo definirlo. Traspariva l’ammirazione che l’autore aveva verso Coppaloni. Uno spirito di rispetto di riconoscenza di sincera Amicizia e rispetto inimmaginabili ai tempi odierni. Quel libro mi fece sognare e lo custodisco con gelosia. Tartassai Giampi di domande sulla cattura dei falchi (consentita a quei tempi), su Coppaloni, sul Circolo Falconieri di Torino e mostrò sempre una cordialità squisita.
Non so… in quegli anni era tutto magico… era una continua scoperta.. Non c’era internet, pagavamo i falchi in marchi tedeschi e c’era il telefono o le lettere per comunicare a distanza ma, vi garantisco, il fascino era diverso. Non sapevamo come riprodurre i rapaci ma ci provavamo, non sapevamo come imprintarli correttamente ma tentavamo. Ora c’è internet, tutte le informazioni sono accessibili a tutti, ci sono molti praticanti, ci sono libri in italiano, falchi nati in cattività di tutte le specie e di tutte le dimensioni.. però..non è la stessa cosa…

Federico Lavanche

Considerazioni sul falco inteso legalmente come “mezzo di caccia”

 downloadIl falco è evidentemente un animale ed evidentemente non è un’arma.

Malgrado questo indiscutibile dato di fatto, rientra nei mezzi caccia (come da art .13 della Legge quadro 157/92) senza nessun’altra specifica a riguardo e come tale è soggetto al rispetto di tutte le limitazioni formalizzate per il fucile.

Paradossalmente un falconiere dovrebbe rispettare le distanze di sicurezza da strade e case prima di lasciar andare un falco all’inseguimento di un fagiano, etc etc esattamente come se sparasse.

Partendo dall’inizio, tanto per capirci, chi vuole praticare la caccia con il falco in Italia, deve prendere il porto d’armi e saper smontare un fucile, anche se magari non ne userà mai uno, dato che utilizzerà un falco: questo perché la licenza di caccia è assolutamente vincolata al porto di fucile.

Ma poiché la legge è ” intelligente”…. nell’esame per la licenza di caccia, non si insegna a scappucciare o a gestire un falco, perché il maneggio del falco non è equiparato a quello di un’arma che potrebbe causare danni a terzi.

Allora come mai il falconiere deve rispettare regole create per le armi, se la legge stessa ammette che si stia utilizzando un animale non pericoloso per la collettività?

 

Non per venalità, ma per completezza di informazione, bisogna anche sapere che il falconiere, oltre che pagare annualmente il porto d’armi………., è obbligato a fare l’assicurazione per l’esercizio venatorio con costi e massimali esattamente come quelli del fucile…………..

 

Per quanto riguarda la conoscenza dei periodi di caccia e della specie cacciabili o protette, è sacrosanto che il falconiere debba conoscere e rispettare la legge, ma per tutto il resto, è meglio sorridere, per non pensare…………..

Un’altra chicca del nostro sistema legislativo era anche quella che un obiettore di coscienza , non potendo fare il porto d’armi, non poteva neppure andare a caccia con il falco.

Da pochi mesi, tramite l’abolizione di alcune norme relative alle limitazioni poste agli obiettori, oggi, se ha voglia di darsi da fare, l’obbiettore può far volare i falchi a caccia.

Amedeo Traverso

www.lacaccia.net

 

Alto e basso volo

fr_551La falconeria, per definizione, è sempre stata considerata la disciplina con la quale si giunge a catturare animali selvatici, nei loro ambienti naturali, con rapaci addestrati dall’uomo.

Negli ultimi anni i rapaci addestrati sono stati utilizzati anche in situazioni di caccia simulata, su prede meccaniche o simulacri, ma resta il fatto che la massima espressione della falconeria rimane da sempre la caccia su prede selvatiche.

Come in ogni tipo di attività venatoria, prima di parlare del mezzo con cui si caccia, in questo caso il rapace, bisogna considerare il tipo di territorio e di selvaggina che si vuole insidiare.

Non a caso i falchi da caccia si dividono in due categorie ben distinte: i falchi di Alto Volo e quelli di Basso Volo. I primi sono i cosiddetti “falconi ad ali lunghe” cioè: Pellegrini, Sacri, Lanari, Girfalchi, falchi della Prateria ecc. si utilizzano per le ampie distese di pianura soltanto su volatili (salvo casi particolari), i secondi quelli ad “ali corte”: Astori, Sparvieri, falchi di Cooper, falchi di Harry ecc. possono volare anche nel bosco, in zone più impervie e cacciano anche mammiferi (conigli, lepri, scoiattoli etc).

La differenza fra le due categorie è indicata dalla loro morfologia e dalle loro innate propensioni venatorie.

I falconi d’alto volo sono naturalmente inclini a volare ad una certa quota dal suolo cercando l’occasione buona per attaccare qualsiasi uccello sorvoli lo spazio sottostante. La loro tecnica d’attacco è sempre una picchiata più o meno lunga e veloce (il Pellegrino supera i 300km/h), al termine della quale c’è l’impatto con la preda.

Se l’impatto è molto violento il falcone tende a stoccare l’uccello senza trattenerlo, producendogli gravi lesioni con le unghie, lo aggancia quindi al volo, dopo una cabrata, di solito prima che tocchi terra. Se invece la picchiata si conclude con un inseguimento da dietro, di solito il falcone lega la preda in volo e la finisce poi a terra (o in volo nel caso di piccoli uccelli) spezzandogli velocemente le vertebre cervicali con il becco.

Falco_Pellegrino

In falconeria la tecnica è sostanzialmente la stessa usata in natura, ma il falcone deve imparare a restare “centrato e alto” sul falconiere ed il cane in cerca, per poter colpire la preda che gli faranno frullare.

Questo tipo di volo fu chiamato da Federico II “volo a monte” perché i falconi, dove le condizioni ambientali lo permettono, tendono naturalmente a sfruttare le correnti ascensionali che si formano lungo le pareti dei pendii per salire più facilmente ad una buona quota.

I falconi d’alto volo sono molto efficaci nella caccia in pianura, con cani veloci e di grandi aperture, come gli inglesi, su selvaggina come starne, pernici e fagiani. Anche le anatre ed i beccaccini in zone palustri, senza cane, sono prede per i falchi ad ali lunghe.

I falchi di basso volo sono invece i predoni del bosco. Gli Astori in particolare sono vere “macchine da guerra”. In pianura, collina, in zone aperte o nel bosco, qualsiasi cosa si muova davanti a loro è potenzialmente in pericolo di vita. Il loro attacco parte sempre da un posatoio (nel caso del falconiere il suo guanto) dal quale osservano tutto ciò che si muove prima di partire per l’attacco.

Il loro volo è basso, spesso radente il terreno, sfrutta ogni naturale oggetto che li possa in qualche modo occultare alla vista della preda sino all’ultimo istante. Spesso la preda si accorge dell’astore che arriva appena una frazione di secondo prima che gli artigli le si chiudano addosso.

astore_adulto

La forma delle ali di questi falchi è arrotondata e la loro misura piuttosto corta, da qui la definizione di “ali corte”, mentre la coda è lunga e voluminosa. Tali caratteristiche danno a questi uccelli una enorme capacità di manovra anche nel folto del bosco ed una incredibile possibilità di accelerare o frenare la loro velocità in spazi molto ridotti.

Le prede vengono legate in ogni modo, anche nei rovi più impenetrabili o nell’acqua e vengono uccise sempre con l’incredibile stretta degli artigli, mai usando il becco.

Qualsiasi cane può essere un buon ausiliare, purchè venga ben accettato dall’astore, altrimenti potrebbe assaggiarne le unghie. Fra i falchi ad ali corte soltanto lo Sparviere è esclusivamente ornitofago, gli altri catturano ogni animale il cui peso sia compreso fra i pochi grammi di un passero ed i quattro o più chili della lepre.

Le potenzialità di predazione dei rapaci sono grandissime, ma in falconeria si riducono parecchio, perché quasi sempre il compromesso di dover cacciare con l’uomo e di poter essere recuperati, limita le naturali situazioni che un falco sfrutterebbe se cacciasse per conto proprio in natura.

Far carniere con i falchi non è facile, le percentuali di cattura sono molto inferiori a quelle della classica caccia con il fucile, inoltre il coordinamento fra il cane ed il falco è un ulteriore difficoltà che si presenta, ma basta provare una volta per capire che ne vale la pena.

Amedeo Traverso

www.lacaccia.net