Dante Alighieri dedica al falcone e alla falconeria cinque precisi riferimenti
Come ‘l falcon ch’è stato assai su l’ali,
che sanza veder logoro o uccello
fa dire al falconiere ‘Ohmè, tu cali!’,
discende lasso onde si move snello,
per cento rote, e da lunge si pone
dal suo maestro, disdegnoso e fello;
(INFERNO – CANTO DECIMOSETTIMO vv. 127 e segg.)
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Ma poco i valse: ché l’ali al sospetto
non potero avanzar: quelli andò sotto,
e quei drizzò volando suso il petto:
non altrimenti l’anitra di botto,
quando ‘l falcon s’appressa, giù s’attuffa,
ed ei ritorna su crucciato e rotto.
(INFERNO – CANTO VENTESIMOSECONDO vv. 127 e segg.)
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Bastiti, e batti a terra le calcagne:
li occhi rivolgi al logoro che gira
lo rege etterno con le rote magne”.
Quale il falcon, che prima a’ piè si mira,
indi si volge al grido e si protende
per lo disio del pasto che là il tira;
(PURGATORIO – CANTO DECIMONONO vv. 61 e segg.)
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Cosí per Carlo Magno e per Orlando
due ne seguí lo mio attento sguardo,
com’occhio segue suo falcon volando.
Poscia trasse Guiglielmo, e Renoardo,
e ‘l duca Gottifredi la mia vista
per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
(PARADISO – CANTO DECIMOTTAVO vv. 43 e segg.)
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Sapete come attento io m’apparecchio
ad ascoltar; sapete qual è quello
dubbio che m’è digiun cotanto vecchio”.
Quasi falcone ch’esce del cappello,
move la testa e con l’ali si plaude,
voglia mostrando e faccendosi bello,
(PARADISO – CANTO DECIMONONO vv. 31 e segg.)