Articolo a cura di:
Prof. Dr. Med. Vet. Thomas Richter (Vice Presidente IAF Europa) e Prof. Dr. phil. Peter Kunzmann
Oggi ogni tipo d’interazione tra esseri umani e animali viene testata e verificata approfonditamente a livello sociale. Questo è vero per la caccia e particolarmente per la falconeria. Quest’articolo discute e affronta vari aspetti della falconeria e della caccia con il falco ed il fatto se essi siano moralmente e biologicamente accettabili dal punto di vista del benessere animale.
La morale, a mio parere, ci indica come comportarci correttamente. La morale fornisce la risposta alla domanda “Come dovremmo comportarci?”. Nel medioevo, al tempo di papi e imperatori, le decisioni venivano prese molto facilmente, erano prese dalle autorità. Nel presente invece, non esiste più una morale universale. Tutti pensano fondamentalmente per loro stessi, indipendentemente dal fatto che il loro comportamento sia giusto o sbagliato.
Oggi è possibile decidere in autonomia su molti aspetti della vita. Per esempio, se non mi piacciono gli spinaci, non sono obbligato a mangiarli. Ma se il mio obiettivo è legiferare sulla vita di altre persone, allora ho il dovere di giustificare il mio modo di pensare. Le motivazioni devono essere ragionevoli e non essere contraddittori. Ancora meglio sarebbe se anche le altre persone potessero essere d’accordo con me; ma, nel caso degli spinaci, questo non è detto che succeda.
In filosofia un principio fondamentale è l’eguaglianza. Cose uguali dovrebbero essere trattate allo stesso modo, cose diverse dovrebbero essere trattate in modo differente. Una persona agisce in modo ragionevole, quando prende decisioni su argomenti simili tra loro, in modi equivalenti (Wimmer, 1980, by Mueller, 1995, P. 87). Questo significa che se per una certa azione è possibile una decisione di carattere etico, allora quando esiste una seconda possibile azione, simile alla prima, la decisione dovrà essere la stessa anche per la seconda azione. Per questo motivo, confronterò la detenzione in cattività dei rapaci, con la detenzione di altri animali e la caccia con il falco con altri metodi di caccia.
L’etica è quella parte della filosofia che si occupa di analizzare in modo scientifico la morale. La relazione tra morale ed etica è confrontabile al rapporto che vi è tra una malattia e la medicina. L’etica è super-‐ individualistica. Vietare gli spinaci, per il solo motivo che non mi piacciono, non è ammissibile da un punto di visto etico.
Al fine di decidere se la falconeria e la caccia con il falco rientrano tra i principi del benessere animale,
dobbiamo suddividere la trattazione in quattro fasi:
1. Un’analisi scientifica ed etica delle prede.
2. Un’analisi scientifica ed etica dei rapaci, utilizzando il concetto di “soddisfare la domanda ed evitare i danni”, uno schema etologico accettato da molti scienziati che studiano il benessere animale nelle nazioni di lingua tedesca.
3. Un’analisi dei benefici e dei danni portati da un’azione umana (ad esempio la caccia con il falco),
partendo dalla considerazione che non vi è nessuna azione compiuta dall’uomo che abbia solo
conseguenze negative o solo conseguenze positive.
4. Una sinopsi e una conclusione.
I. ANALISI DELLE PREDE
Prima di chiederci se la falconeria e la caccia con il falco siano moralmente accettabili, dobbiamo
rispondere alle seguenti domande:
a. La caccia è accettabile?
b. È accettabile il fatto che un animale uccida un altro animale per beneficio dell’uomo?
c. La caccia con il falco è meno accettabile di altri metodi di caccia?
In risposta alla prima domanda:
Quali obiezioni possono essere sollevate contro la caccia? Cacciare significa uccidere degli animali. Naturalmente la prima questione è se uccidere degli animali sia accettabile. L’uccisione di animali, secondo noi, è possibile, purché ci sia un’opportuna giustificazione.
Il contesto culturale e le opinioni personali di ogni individuo determinano quali ragioni possano essere
considerate come un’opportuna giustificazione. Le motivazioni possono essere varie: per auto difesa, per la difesa di proprietà, per la difesa della natura (controllo di animali nocivi e uso di prede per caccia sportiva), per l’alimentazione (specialmente quella umana) fino a non avere alcuna motivazione particolare.
Per quanto non vi sia un metodo certo per verificare quale di queste opinioni sia quella valida, è possibile osservare le conseguenze di ciascuna di queste teorie.
• Se non vi è alcun motivo in grado di giustificare l’uccisione di animali, allora, ad esempio, non dovremmo prendere medicine nel caso fossimo infettati dal verme solitario.
• Se l’unica ragione accettabile è per auto-‐difesa, allora potremmo uccidere sia il verme solitario che anche una volpe, nel caso si dimostrasse che essa è infetta da un ecchinococco multioculare o da rabbia.
• Se uccidere un animale è accettabile per la difesa di beni e proprietà umane, si potrebbero allora uccidere differenti specie animali che causano problemi, come per esempio ratti e topi, cinghiali e conigli selvatici, che causano grossi problemi ai contadini, alle ferrovie e così via.
• Se come giustificazione è ammissibile un motivo naturalistico, si potrebbero controllare i predatori di specie in via di estinzione (come il controllo delle volpi in Germania per proteggere le popolazioni residue di grouse) così come sarebbe possibile salvare i rinoceronti bianchi dalla
caccia in Sud Africa.
• Se l’utilizzo di prodotti animali (come la carne, la pelle o la pelliccia) è accettabile come motivazione, allora lo stesso principio deve valere anche per gli animali selvatici. A questo proposito, allevare animali selvatici normalmente comporta meno sofferenza per gli animali che per quelli allevati in fattorie, dove sono detenuti in pessime condizioni.
Ora è possibile decidere con quali conseguenze siano accettabili ed è possibile sondare l’opinione pubblica a proposito. Il predatore più comune che uccide altri animali per beneficio dell’uomo è il gatto, che stermina i topi. È nostro compito analizzare se la cattura di un topo da parte di un gatto – a beneficio per esempio di un agricoltore – sia moralmente più accettabile della cattura di un coniglio da parte dell’astore di un falconiere. In verità ci sono due sostanziali differenze tra questi due esempi – ma in entrambi i casi, l’astore ha un vantaggio rispetto al gatto. Per prima cosa il gatto non rispetta le stagioni venatorie e cattura anche femmine che stanno nutrendo i piccoli, con la conseguenza che anche i piccoli muoiono. Il secondo problema è che un gatto che caccia non rispetta le specie protette e cattura, ad esempio anche i passeri. Se si concorda sul fatto che la cattura di un topo da parte di un gatto sia accettabile, non si capiscono i motivi per cui catturare dei conigli da parte di un astore (o delle pernici da parte di un falco peregrino) non dovrebbe esserlo.
Per dare una risposta alla terza domanda, in altre parole se la caccia con il falco sia moralmente meno accettabile di altri metodi di caccia, la confronteremo con la caccia con il fucile. Questo confronto è molto favorevole alla caccia con il falco. Il falco è parte della natura e la preda lo conosce molto bene. Sia il falco sia la sua preda condividono un lungo periodo di evoluzione. La caccia con il falco è silenziosa, disturba solo la potenziale preda e non altri animali selvatici e coinvolge l’uomo molto meno che nella caccia con il fucile. Inoltre vale la pena di menzionare che l’assenza di proiettili di piombo produce un inquinamento ambientale assai minore e disponibile. Da un punto di vista ecologico, la caccia con il falco è il metodo di caccia meno invasivo.
Uccisioni e ferimenti: nella caccia con il fucile, alcune prede possono fuggire, anche se ferite. Normalmente queste muoiono dopo un certo periodo di tempo e con molte sofferenze. Questo succede molto raramente nella caccia con il falco. Il falco cattura la preda o essa riesce a scappare incolume. I falchi uccidono le loro prede in tempi molto rapidamente, mentre le prede catturate dagli accipitridi vengono raggiunte ed uccise dal falconiere in pochi secondi.
Non vi è alcun rischio per l’uomo di essere ferito nella caccia con il falco. Ugualmente non vi è alcun rischio di danneggiamento per le proprietà e i possedimenti. Per questo motivo i falconieri sono molto popolari, spesso contribuiscono a ridurre la popolazione di conigli nei cimiteri, nelle zone industriali o nei campeggi.
Le attività di birds-‐control permettono di scacciare corvi, piccioni, gabbiani ed aironi dagli aereoporti, allevamenti ittici e così via. A volte è sufficiente lasciar volare il falco per indurre gli uccelli ad abbandonare l’area.
II. ANALISI DEGLI UCCELLI UTILIZZATI PER LA CACCIA
Al fine di decidere se vi sono problemi particolari nel detenere e addestrare i falchi da caccia, occorre
ragionare sui seguenti punti:
1. È accettabile detenere animali, in particolare animali selvatici da parte dell’uomo?
2. In particolare, sono accettabile i sistemi detenzione ed addestramento dei rapaci utilizzati
dai falconieri?
Animali “selvatici” e “addomesticati”
La maggior parte delle persone ritiene accettabile il possesso di animali. Questo fatto è confermato dall’enorme numero di animali domestici posseduti, nella sola Germania siamo nell’ordine dei 100 milioni.
L’uomo ha una spiccata necessità di vivere assieme agli animali. Il concetto che “chi ama gli animali, non possiede animali” è condiviso solo da una ristretta minoranza.
Questo ci porta alla successiva domanda, in altre parole se il detenere animali che normalmente vivono in libertà (animali selvatici) sia lecito o se ciò sia valido solo per gli animali domestici. La detenzione di animali non domestici è normalmente accettata dalla maggior parte delle persone, si pensi all’enorme quantità di pesci presenti negli acquari, ai pappagalli, ai rettili ed agli anfibi, virtualmente tutti animali selvatici. Occore inoltre chiarire se per un animale, il fatto di essere un membro di una sottospecie, costituisca un caso particolare1. Seguendo il principio di eguaglianza – ovvero usando i principi morali – si dovrebbe rifiutare questa idea. Ogni animale nelle mani dell’uomo deve essere trattato con cura, senza differenza tra “animali selvatici” e “animali domestici”. Una morale specifica per gli “animali selvatici” deve essere rifiutata in egual modo, da un punto di vista biologico. Non vi è nessuna evidenza che l’addomesticamento generi un nuovo schema di comportamento, solo un aumento o una diminuzione di comportamenti già esistenti. Il criterio di valutazione del benessere di un animale non puo’ essere temporale, in base al tempo da cui l’animale o i suoi antenati vivono con l’uomo, ma se è possibile o meno soddisfare i bisogni dell’animale mentre sono in cattività. In altre parole, se le condizioni di cattività si possano adattare alle capacità di adattamento dell’animale. Per fare un esempio: solitamente non vediamo alcun problema nella detenzione di un animale di una (sotto)specie che normalmente vive in natura, se non vi sono evidenze di sofferenza, danni o dolori. Tuttavia, detenere un cavallo domestico che mostra sintomi tipici di problemi comportamentali o che presenta ferite agli zoccoli, perché viene tenuto in un ambiente non adatto è, secondo me, un grosso problema di benessere animale.
Il concetto di soddisfare i bisogni ed evitare i danni
Per determinare se la falconeria abbia o no una rilevanza significativa per quanto riguarda il benessere
animale è possibile utilizzare il concetto di “soddisfare i bisogni ed evitare danni”.
Questo concetto è stato elaborato da un gruppo di etnologi svizzeri e tedeschi (etnologi tedeschi della German Veterinarian Society, Tschanz et. al., 1987) e pubblicato nel 1987. Al momento è il metodo più utilizzato per decidere se un certo fenomeno è rilevante o meno per il benessere dell’animale.
Il concetto di “soddisfare i bisogni ed evitare danni” si basa sull’assunzione che ogni organismo sia capace di riprodursi da solo e mantenersi autonomamente. Quando un animale è in grado di riprodursi da solo e sopravvivere autonomamente, allora è possibile valutare se un animale è capace di soddisfare i suoi bisogni ed evitare i danni. Gli animali utilizzano le capacità fisiologiche, morfologiche ed etologiche sviluppate dall’evoluzione e dall’ontogenesi individuale per rispondere alle proprie necessità. Con queste capacità, gli animali si servono o evitano i fattori presenti nel loro ambiente (se un animale è in cattività, tali fattori sono controllati dall’uomo). Se si superano i limiti di adattabilità di un animale, posso manifestarsi danni fisiologici, morfologici e/o etologici. Il danno fisico può essere riconosciuto facilmente, perfino senza una conoscenza delle specie animali, e non vi è alcun dubbio a riguardo all’importanza dei danni fisici nel benessere dell’animale. Il danno etologico può essere riconosciuto come un comportamento anormale e non è spesso così facile da identificare, quindi ci sono molti più dubbi sul fatto che un disturbo del comportamento possa indicare o no una mancanza di benessere dell’animale. Il concetto di “soddisfare i bisogni ed evitare danni” pressuppone che se vi è un numero significativo di animali feriti o danneggiati accomunati da un certo sistema di detenzione o di mantenimento, tale sistema verrà riconosciuto come non compatibile con il benessere di quella specie. Per esprimere questo giudizio, la serietà del danno stesso deve essere tenuta in considerazione.
Per rispondere alla seconda domanda, dovremmo analizzare i metodi di detenzione normalmente utilizzati dai falconieri.
Per prima cosa occorre dire che durante il periodo della muta, gli uccelli sono prevalentemente tenuti in voliere. Durante il periodo di caccia, specialmente prima dell’azione di caccia, i rapaci vengono normalmente tenuto assicurati al blocco o al pugno tramite i geti (strisce in cuoio o altro materiale di apposite dimensioni) posti ad entrambe le zampe. Questo metodo utilizzato in falconeria è giustificato solo per animali usati per la caccia che frequentemente volano anche liberi durante la stagione venatoria. (Occorre comunque far notare che per altre specie di animali, essere tenuti legati è una pratica molto comune e moralmente accettata. In concreto tutti i cani e molti gatti sono tenuti con collari e guinzagli, i cavalli sono guidati con morso e redini che applicano molta più forza sulla sensibile mandibola, di quanto non facciano i geti sulle zampe del falco).
L’uso dei geti e della lunga per assicurarli al blocco o al guando causa dunque sofferenza ai rapaci? A riguardo del volo, la maggior parte delle persone ha un’idea sbagliata. Tale idea può derivare dal sogno umano di libertà e dal comportamento degli uccelli veleggiatori, che volano sfruttando le termiche. Questa tipologia di volo richiede molta meno energia del volo di un peregrino o di un astore. E persino i rapaci veleggiatori non volano solo per divertimento. Devono farlo per cercare una preda o per segnare il territorio. Risultati scientifici mostrano che i rapaci sono molto attenti nel conservare le energie, riposandosi ed evitando di volare, quando non necessario. Peregrini selvatici, stanziali sulle coste dell’Olanda, sono stati osservati durante l’inverno, quando la disponibilità di prede (anatre, gabbiani, etc) è molto elevata. Essi volano in media un minuto e mezzo al giorno, giusto quello che serve per catturare un’anatra (Bednarek, 2002), poi si riposano fino a che non torna la fame il giorno successivo, e cacciano nuovamente per un minuto e mezzo. I falconieri sono molto attenti al benessere fisico dei loro rapaci, perchè un uccello non in forma non catturerà molte prede, o forse nessuna. Si adoperano affinchè i loro uccelli abbiano molte opportunità di volo e di fare esperienza.
L’addestramento di un falco si basa principalmente sull’ammansimento. Anche se questo viene fatto in maniera differente, a seconda delle diverse specie di rapaci utilizzate in falconeria, può essere ottenuto solo con grande pazienza. Punizioni come quelle spesso usate nell’addestramento di cani e cavalli per esempio, sono estremamente sbagliate nel processo di apprendimento dei rapaci. Tutti gli uccelli hanno in comune il fatto di essere molto più limitati nell’apprendimento dei mammiferi. In pratica essi non sono in grado di comprendere il significato delle punizioni. Come risultato una punizione otterrà solo l’effetto di spaventarli. Se dunque acconsentiamo all’addestramento di cani e cavalli per utilità dell’uomo, dobbiamo ammettere ancor di più l’addestramento dei rapaci.
I rapaci, sia che vivano liberi o in cattività, non cacciano a meno che non siano affamati (o in fase di accoppiamento o per nutrire la prole). I rapaci, come tutti i predatori, sono capaci di mangiare molto più di quello che hanno bisogno giornalmente, se hanno la fortuna di cacciare e catturare. Il falconiere deve controllare la razione di cibo molto attentamente per mantenere il rapace motivato al volo, ma sufficientemente in forza per cacciare con successo. Quando la gestione del cibo viene fatta con attenzione, i rapaci in cattività si ritrovano nelle stesse condizioni dei loro pari specie selvatici. Se ci chiediamo se nutrire un uccello con meno cibo di quando potrebbe mangiare, fino ad essere completamente sazio, sia moralmente accettabile, dovremmo confrontare questo tema con la nutrizione di altri animali e persino di noi stessi. A molti animali facciamo seguire una dieta controllata per portarli al massimo delle loro potenzialità fisiche. Non riesco a vedere molte differenze nel gestire la dieta di un rapace, un cane, un cavallo o un essere umano per impedirgli di diventare troppo grasso.
Usando il principio di “soddisfare i bisogni ed evitare danni” possiamo affermare: gli uccelli dei falconieri che cacciano con successo, generalmente non mostrano danni fisici. L’unica patologia che può essere causa di una severa malattia è il cosiddetto “bumble-‐foot”. Questo capita principalmente nei falchi di cattura nei paesi dove ne è permesso l’utilizzo. La ragione si suppone sia collegata a un cambiamento troppo rapido di metabolismo (Heidenreich, 1996). Si è inoltre discusso su motivi legati a pertiche di cattiva qualità (Trommer, 1992). Il bumble-‐food può essere evitato con una buona gestione dello spazio e del cibo sia per gli uccelli nati in cattività sia per quelli selvatici.
Comportamenti disturbati o stereotipati, tipici di molte altre specie, come ad esempio lo strapparsi le piume tipico dei pappagalli, non sono mai stati osservati nei falchi utilizzati in falconeria. Non vi è evidenza del fatto che i bisogni etologici dei falchi non siano soddisfatti dalla detenzione e dalle forme di addestramento solitamente utilizzate in falconeria.
Anche osservando la falconeria da un punto di vista estetico, non si troveranno contraddizioni. Da quello che sappiamo, gli animali non provano un desiderio di libertà, simile a quello umano. La falconeria è il miglior esempio di una cooperazione volontaria tra un animali (i cui pari specie vivono in libertà) e un essere umano. Io sono personalmente affascinato dalla falconeria, perchè un falco deve essere nella miglior condizione fisica e mentale per cacciare con successo. E questo cacciatore accetta di cooperare con me attraverso una fase di apprendimento. L’uccello collabora anche se vola completamente libero, potrebbe facilmente volare via e – come buon cacciatore – potrebbe facilmente sopravvivere in libertà.
La detenzione di animali richiede di aver accesso a risorse materiali e di conoscenza. I falconeri che hanno successo provano che essi hanno accesso a queste risorse, altrimenti non avrebbero successo.
III. VANTAGGI
Come abbiamo visto, la falconeria non determina particolari problemi per il benessere degli animali. Inoltre possiamo vedere altri significativi vantaggi dal fatto che:
1. Benefici per l’uomo
a. La falconeria è un grande piacere per molte persone – in Germania essa è una delle libertà garantite dalla Costituzione.
b. Il falco addestrato, senza disturbi di comportamento, offre alla scienza una grande possibilità di ricerca. Gran parte della conoscenza che abbiamo a riguardo del comportamento dei falchi, in particolare durante la riproduzione, deriva proprio dai falchi addestrati.
2. Benefici per la conservazione della natura
a. È proprio grazie all’intima conoscenza che i falconieri hanno dei loro uccelli, soprattutto della loro etologia, che è stato possibile riprodurre con successo i rapaci in cattività. La riproduzione in cattività è stata importante anche per molti programmi di ripopolamento. Si pensi solo alle campagne di ripopolamento del falco peregrino in Germania e negli Stati Uniti.
3. Benefici per il benessere dell’animale
a. Rapaci selvatici feriti o bisognosi di aiuto richiedono un opportuno trattamento medico dopo il quale non possono essere immediatamente rilasciati in natura, senza un opportuno addestramento basato sui metodi e sull’esperienza dei falconieri.
IV. CONCLUSIONI E VALUTAZIONI
C’è una lunga lista di benefici a favore della falconeria. Per il falconiere essa è fonte di soddisfazione, di sfida e di crescita personale.
La falconeria, da un punto di vista ecologico, è il sistema di caccia migliore. Lo stress per la preda, confrontato ad altri sistemi di caccia, è molto basso.
I rapaci dei falconieri sono indispensabili per la scienza, specialmente per la ricerca etologica e riproduttiva. Poter osservare il comportamento naturale di un rapace e la falconeria non è niente altro ha un valore inestimabile.
Le conoscenze ed il coivolgimento diretto dei falconieri hanno reso possibile la reintroduzione di molte specie di rapaci vicine all’estinzione.
La conoscenza e le tecniche dei falconieri sono fondamentali per la riabilitazione di rapaci selvatici feriti.
Quali sono gli ostacoli alla falconeria?
Non possibile identificare un aspetto morale negativo nella caccia con il falco.
Da un punto di vista biologico, non vi sono problemi di benessere animale per i falchi gestiti in modo corretto. Confrontato con un esemplare selvatico, un falco nato in cattività ed ammansito vive una vita molto più confortevole e sicura.
Referenze:
• Mueller, A., 1995: Ethische Aspekte der Erzeugung und Haltung transgener Nutztiere, Enke Verlag, Stuttgart.
• Fachgruppe Verhaltensforschung (Beat Tschanz und Coautoren), 1987: Bedarfsdeckung und Schadensvermeidung; Deutsche Veterinaermedizinische Gesellschaft; Giessen
• Sambraus, H.H., 1991: Sind Verhaltensstoerungen Indikatoren fuer eine nicht tiergerechte Haltung? Tierzucht, 45. Jahrg., Heft 6, S. 260-‐264
• Heidenreich, M., 1996; Greifvoegel, Blackwell-‐Wissenschafts Verlag, Berlin, Wien
• Trommer, G., 1992: Greifvoegel und Falknerei 1991; Neumann-‐Neudamm, Melsungen
• BVerfG 55, 159 = NJW 1981, 673
• Richter, Th. und Susanne Hartmann, 1993: Die Versorgung und Rehabilitation von voruebergehend in Menschenhand geratenen Greifvoegeln -‐ ein Tierschutzproblem; Tieraerztliche Umschau, 48. Jahrg., Heft 4, S. 239-‐250, Terra-‐Verlag, Konstanz
Autori:
Prof. Dr. med. vet. Thomas Richter, Nuertingen, Germany Prof. Dr. phil. Peter Kunzmann, Munich, Germany
Nota 1:
Da un punto di vista biologico, la domesticazione non crea nuove specie, gli animali continuano ad appartenere alla loro specie originaria (i cani continuano a far parte della specie Canis lupus, i maiali della specie Sus scrofa), in ogni caso generalmente si parla di animali selvatici o di sottospecie domesticate.