A caccia col falco a Beirut, Libano

Foto 2 - Prima cattura

Ad una signora non si chiede mai l’eta’, ma il mio primo approccio con i rapaci avvenne dopo aver superato un paio di “anta”. Ma fin qui nulla di strano, mi sono sempre piaciuti gli animali. Pur vivendo in citta’ mi portavo a casa di tutto, topolini, passerotti, trovatelli.
Negli ultimi anni, non potendo piu’ possedere un cane a causa dei miei continui spostamenti, rimasi con dei pappagalli, piu’ o meno anche loro di recupero, un paio portati da Kabul, altri due presi qui a Beirut, dove vivo da 5 anni. E proprio qui, andando al negozio per comprare mangime incontrai il primo rapace, un gheppio europeo chiuso in una gabbia piccolissima con i posatoi di plastica zigrinata per canarini, cibo puzzolente, acqua sporca, luce scarsa di uno scantinato. Era l’inverno del 2008.
Cominciai ad informarmi superficialmente ed infine lo rilevai per pochi dollari. Ettore, un nome adatto per lo sguardo fiero di un rapace. Ovviamente riusci’ a scappare nel giro di pochi giorni, ma lo avrei rilasciato comunque, dato che qui sono tutti di cattura. Infatti lo feci in seguito con uno sparviero, un falco cuculo, lodolaio, altri gheppi, un pecchiaiolo. Poco tempo dopo arrivo’ Achille, un altro gheppio che curai per oltre 6 mesi a causa del bumblefoot ad entrambe le mani, causato probabilmente dai posatoi zigrinati del negozio. Pensavo che sarebbe sempre rimasto con me, perche’ era guarito dal bumblefoot, ma aveva anche perso l’uso di alcune dita, pur riuscendo ugualmente a predare topolini. Furono invece i falconieri a convincermi a provare con l’ammansimento ed era gia’ in filagna quando, nella primavera del 2010, riusci’ anche lui a scappare da un oblo’ semichiuso di uno stanzino adiacente la falconiera.
Foto 1 - Rufus primo volo liberoNel frattempo mi ero documentata, avevo letto libri, mi ero iscritta in Forums di Falconeria per leggere, imparare, domandare, scoprire. Avevo imparato quali accorgimenti dovevo prendere prima di rilasciare un falco, quali stratagemma attuare per evitare di incentivare il mercato dei rapaci, fortunatamente molto povero. E avevo letto molto sulla Falconeria, estasiandomi ai racconti di voli e di caccia. La passione per la Falconeria stava nascendo, specie dopo l’esperienza con il gheppio.
Alla terza poiana, dopo due comuni, una stupenda codabianca giovane e di cattura arrivata nel giugno 2011, decisi di provare! Cominciai ad ammansirla. La chiamai Rufus, dal suo nome scientifico buteo rufinus.
Qui in Libano non ci sono falconieri, non esiste la Falconeria, ma tanti cacciatori che sparano a tutto cio’ che si muove. Dovevo fare tutto da sola ed aiutarmi in Internet con gli amici falconieri, alcuni dei quali mi stettero virtualmente accanto nelle difficolta’ iniziali.
Ho la fortuna di avere una foresta di proprieta’ privata vicino a casa. Si paga l’ingresso e c’e’ un bel percorso di circa 2 km tra alberi e rocce, non sono ammessi cacciatori e il posto e’ ideale per i voli durante la settimana. Acquisto subito l’abbonamento annuale e la mia vita comincia a cambiare, radicalmente.
Subito dopo il lavoro di corsa a casa, cambiarsi, pesare il falco e via nel bosco. Niente piu’ visite ad amiche, niente piu’ shopping, PC e TV solo la sera. Che emozione il primo salto al pugno!!! Dopo il lavoro indoor, si esce in filagna. Risponde bene, che euforia, risponde male, torni a casa mogio mogio e ti domandi che cosa hai sbagliato. Ma imparo che bisogna aver pazienza, costanza, si deve conoscere l’animale e riconoscere il suo linguaggio, lui deve conoscermi ed avere fiducia in me. Dobbiamo essere in simbiosi.
In agosto parto per due settimane e lascio Rufus a chi me lo aveva venduto con la promessa di tenerlo al blocco in una stanza per lui. Purtroppo al mio ritorno lo trovo magrissimo e con tutte le penne rovinate. Era stato messo in gabbia!
Faccio costruire una voliera per casa mia e da allora i miei falchi non andranno piu’ in mano ad estranei e le mie vacanze non supereranno mai le due settimane.
Foto 3 - Passeggiata tra i cedriNonostante il danno alle penne, Rufus fortunatamente vola bene e continuiamo l’addestramento.
Il primo volo libero credo che sia sempre un traguardo ed un’emozione nello stesso tempo, che si rinnovano con lo stesso entusiasmo per ogni falco che metti in volo.
Ma la prima volta che si libera un falco la paura di perderlo e’ tanta, poi con l’esperienza gia’ al secondo falco la paura si trasforma in un esame del proprio lavoro e se sai di averlo fatto bene, sai anche che il falco ritorna da te.
Non ho la radio, non so se qui e’ permessa, per via delle frequenze, vola solo con i campanelli.
Rufus e’ tosto, fa’ quello che vuole lui, viene quando gli pare se non si sta piu’ che attenti con il peso, ma segue e l’ho sempre riportato a casa. Dopo un anno esatto, quasi al termine della muta, non armato e ben in carne, grazie ad una mia disattenzione mi vola via dalla falconiera. Non poteva scegliere periodo migliore e del resto era il suo destino, lo avrei comunque rilasciato. Falco autoctono, di cattura, facile reperibilita’ di prede, la sua sopravvivenza era quasi certa.
Era il giugno 2012 e leggevo a destra e manca delle cove e delle nascite. La mia idea era gia’ maturata mentre avevo Rufus, prendermi un falco da caccia con tutti i documenti in regola.
Ma quale? Inizialmente pensavo al pellegrino, che ti fa’ salire l’adrenalina quando picchia, all’astore, cacciatore instancabile, al sacro, falco versatile e di facile reperibilita’. Valutando il territorio, la disponibilita’ di tempo da dedicare alla caccia (solo il fine settimana) e le prede, la cerchia si restringeva notevolmente.
Quasi casualmente leggo l’annuncio di Silvio, un falconiere che seguivo da anni nel Forum e che mi entusiasmava con i suoi racconti di voli e di caccia con Vento, un harris maschio. Ha due femmine disponibili. Lo stesso giorno vengono prenotate entrambe, una sara’ la mia.
Amira (in arabo significa principessa) arriva ad agosto.
Ci metto quasi un mese a metterla in volo, con la gestione del peso bisogna veramente farci la mano!
Mi faccio fare una traina con una pelle di coniglio e comincio ad addestrarla. A novembre il primo coniglio, inseguimento e presa da manuale, per me un risultato incredibile! Poco dopo il secondo e poi cominciano i guai della territorialita’. Mi fa’ le passate sulle persone, devo interrompere i voli infrasettimanali e non trovo luoghi alternativi. Continuo a volarla, ma solo il fine settimana, troppo poco per la caccia ed infatti non prende piu’ niente!
Dopo un paio di mesi provo a riportarla nel bosco vicino a casa, dove aveva fatto territorio, con la speranza che si fosse calmata. In effetti e’ tranquilla, si comporta bene. Non la volo piu’ tutti i giorni, solo un paio di volte durante la settimana e poi caccia il fine settimana.
Pare che funzioni perche’ comincia di nuovo a predare e decido di non fermarla per la muta, visto che prende piu’ conigli ora che quest’inverno.
Ormai e’ una passione irreversibile. Ti svegli la mattina presto, guardi fuori e decidi.
Posso cacciare solo in un posto, una riserva di caccia con conigli selvatici ad un’ora di macchina da Beirut, ma in una zona a rischio. Mi hanno “sgridato” tante volte perche’ ci vado quasi sempre sola, mi tocca sostituire le targhe per mimetizzarmi con i locali, ma non rinuncerei mai alle uscite con il mio falco!
Quando sei sul campo si e’ come in trance, non parli se non a cenni, il caldo ti imperla di sudore la fronte e te lo fa’ gocciolare negli occhi, che bruciano. Ti detergi, ma non tanto per il bruciore, che quasi non senti, ma per vedere meglio. Le spine dei cardi ti sforacchiano i pantaloni, ti entrano nelle scarpe, le toglierai al ritorno. Poi il battitore urla “rabbit”, lancio Amira con un “jalla” e l’adrenalina ti sale! Non importa se preda o meno, e’ l’azione che si spera sia bella! Un bell’inseguimento da’ piu’ soddisfazione di una cattura facile. Se poi termina con la cattura e’ il massimo!
Ma anche quando vado in montagna a farla volare le emozioni non mancano. Ci vado quasi sempre sola, ho una vecchia jeep che mi porta ovunque, una pala fissata sul tettuccio per ogni evenienza. E’ gia’ successo un paio di volte di impantanarmi, per cui non vado piu’ troppo offroad se sono da sola, lascio la macchina sulla strada anche perche’ poi, arrampicandomi a piedi per sentieri dove non incontri anima viva, all’occorrenza potrebbero localizzare meglio il posto dove mi trovo.
Io e lei, nel silenzio della natura, con un panorama davanti ai tuoi occhi, un cielo azzurro, a volte la neve o un vento gelido che ti sferza la faccia, oppure il sole che ti brucia. Non sono romantica, e’ soltanto la realta’!
Una realta’ che si puo’ vivere ad ogni eta’!
Dove trovi una nonna che invece della foto del nipotino, nel portafoglio ha la foto della prima cattura del suo falco?

Margherita Sporeni, alias “volovia”

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Trattato sulla falconeria De Arte Venandi cum avibus

f De arte venandi cum avibus deluxe facsimile edition

Anna Laura Trombetti Budriesi, curatrice dell’edizione italiana: “L’estetica del volo prevale in assoluto”
FEDERICO__IIChi per primo ha addestrato un rapace per la caccia? Furono i cinesi o i mongoli? E quando? Quattro mila anni fa o ancora prima? A queste domande gli storici provano a dare una risposta. Ma le teorie sono sempre differenti.
La cosa più verosimile è che le tecniche di addestramento di falchi e aquile a fini venatori, siano state inventate indipendentemente in più luoghi
diversi in periodi differenti. La professoressa Anna Laura Trombetti Budriesi, ha curato l’edizione italiana del “De Arte venandi cum avibus, l’arte di cacciare con gli uccelli” scritto da Federico II di Svevia nella prima meta del XIII secolo. “Le tracce della falconeria spiega la professoressa Trombetti Budriesi risalgono a due millenni avanti Cristo. La falconeria si sviluppa in Asia e viene portata poi in Europa e nella penisola arabica. Inizialmente consisteva nell’utilizzo del rapace esclusivamente per la caccia”. Il testo, adottato nelle scuole di falconeria, è ancora oggi il manuale più completo su quest’arte. “Più di quanto Federico non scrisse chiarisce la curatrice dell’edizione italiana dell’opera non si può dire sull’addomesticamento dei falconi e sulle loro caratteristiche”. La falconeria affonda le radici nella preistoria e attraversa i continenti. Dall’Asia all’Africa, fino in Europa e in America. Fra le rovine della città di Khorsabad, in Mesopotamia, è stato trovato un basso rilievo raffigurante un falconiere. Risale al regno del Re Assiro Sargon, vissuto intorno al 750 avanti Cristo. “Il passaggio dall’uso del rapace a fini f De arte venandi cum avibus editio Manfredi Bibliotheca Vaticanavenatori alla simbologia di qualcosa che attiene all’alto, si ha con le popolazioni germaniche continua la professoressa le élite dei Germani erano contraddistinte da alcuni caratteri prevalenti: il portare sul pugno il falco e l’avere dei bei cani”.Ma è nel Medioevo che la falconeria ha la sua massima espressione .“Nei secoli bui il falco diventa il simbolo dell’essere un guerriero vincente in combattimento: viene perciò associato a una classe militare ricorda la curatrice del “De Arti” – nel famoso arazzo di Bayeux una parte dei Normanni che vanno a conquistare l’Inghilterra è raffigurata proprio con il falco sul pugno: in questo modo si voleva esaltare la nobiltà dei partecipanti alla guerra”. Fra l’appartenenza sociale e la pratica della falconeria c’è sempre stato un forte legame. “E’ un modo non economico di cacciare conferma Trombetti Budriesi – il rapace per natura caccia una o due volte al giorno, ha bisogno di un lungo addestramento e può perdersi molto facilmente. La falconeria non è in sé un modo di cacciare produttivo”. falconiere medioevaleIl “De arte venandi cum avibus”, è un trattato monumentale in sei libri, incompiuto. “Federico morì prima di portarlo a termine – spiega la professoressa – il trattato fu curato dopo la sua morte da due dei suoi figli: Manfredi e Enzo. Manfredi fece miniare una parte del trattato di cui oggi restano soltanto i primi due libri, conservati nel manoscritto Vaticano, sulla descrizione delle caratteristiche fisiologiche e comportamentali di rapaci e prede. Enzo, figlio illegittimo di Federico, fece tradurre il trattato di suo padre dal latino al francese. La sua opera, che si trova a Bologna, è il manuale che viene adottatooggi nelle scuole di falconeria”. “Federico II scrive il trattato durante un periodo di almeno trent’anni spiega Trombetti Budriesi durante il quale fa venire da ogni parte del mondo i migliori falconieri: dall’Oriente dove aveva conosciuto quest’arte durante le Crociate e dall’Europa. Con loro si esercitava nella pratica e ascoltava i loro consigli”. È un’arte complessa e lo stesso Federico II scriveva che “per il falconiere, ogni cosa deve nascere dall’amore che egli porterà alla sua arte”.
“I nobili, dice Federico, debbono prima studiare la teoria e poi cimentarsi nella pratica – ricorda la professoressa Trombetti Budriesi perché quest’arte non è un ars meccanica ma è un ars liberale, è una vera scienza e deve quindi essere in equilibrio tra teoria e pratica”.
falconiereMa la falconeria non è solo caccia: “A Federico la cosa che interessa di più non è cacciare spiega la professoressa ma è guardare i bei voli degli uccelli. L’estetica del volo prevale in modo assoluto”. Nel XV secolo la falconeria guadagnò importanza in tutta Europa e diventò una delle materie di studio per la formazione dei regnanti e della nobiltà. I falchi stessi erano un segno di distinzione e, a seconda della specie, venivano riservati a persone di rango adeguato. “L’azione di caccia con il rapace spiega la curatrice del “De Arti venadi cum avibus” si svolge in pochi secondi: si lancia il falco, poi si fa alzare la preda e il falco scende e uccide la preda. Un azione che è frutto di una preparazioni di mesi. La brevità dell’azione venatoria somiglia molto all’attività con cui un sovrano a capo di un impero deve fare quando assume delle decisioni. Per questo il lavorare con il falco è per Federico lo specchio della sua azione politica. Si va a caccia con il falcone per mettere alla prova la propria capacità intellettuale di governare attraverso la forza, la persuasione, la capacità di conoscenza”. Ogni rapace nella visione di Federico II era il simbolo di una classe sociale. “L’imperatore è simboleggiato dall’aquila e il falco è il nobile spiega Trombetti Budriesi il grande guerriero del medioevo, il nobile, ha le stesse caratteristiche del falco: l’essere veloce, rapido, indomito, difficile da prendere. Per questo la falconeria è lo specchio della nobiltà: il falco addomesticato è come il nobile addomesticato”. Nell’Inghilterra del 1400, per possedere un girfalco bisognava essere re, per avere un pellegrino almeno conte, per un falco sacro cavaliere e per un falco lanario signore. Donne, giovani, preti e servi non potevano andare, rispettivamente, oltre lo smeriglio, il lodolaio, lo sparviero e il gheppio. Ma se i moderni falconieri dovessero seguire alla lettera gli insegnamenti
di questo stratega del medioevo allora quest’arte potrebbe essere praticata soltanto da chi ha sangue blu. “Il fascino di quest’arte oggi conclude la professoressa sta nel legame che si instaura con i rapaci, la dedizione totale, il grosso impegno. Le persone sono affascinate dalla vittoria che hanno sull’animale che riescono a domare: è una grande vittoria della mente, una sfida intellettuale che già Federico aveva compreso”.

falconi

Legge Regione Piemonte Regolamento detenzione esotici

regione-piemonteCon l’approvazione (28 novembre 2012) del Regolamento attuativo della L.R. n. 6/2010 (“Norme per la detenzione, l’allevamento, il commercio di animali esotici e istituzione del Garante per i diritti degli animali”), si completa il percorso dell’Assemblea Regionale Piemonte.

Si possono trarre alcune conclusioni, ma i testi ed il comportamento dell’Assemblea meritano approfondimenti e adeguate reazioni, che ci riserviamo nell’immediato futuro.

Possiamo senza alcun dubbio attribuire alla Regione Piemonte due Premi Oscar:

-al Top della confusione giuridica;

-al Top dell’arroganza.

Possiamo anche attribuire alla medesima il Premio Spending Review:

– al comportamento che meglio interpreta l’urgenza di mettere sotto controllo le spese ed il rigore nella scelta degli indirizzi di spesa prioritaria, in questi tempi in cui la popolazione umana del Paese Italia che sfiora il livello di povertà ha raggiunto il 30%.

Possiamo infine attribuire- in questo Natale ricco di incertezze e povero di valori- il Premio Notte di Natale o della Bontà, con la seguente motivazione:

-“la Regione Piemonte si preoccupa da almeno 26 anni del benessere degli animali “esotici”, con grande passione,risorse ed impegno, tanto da non avere trovato il tempo per occuparsi anche del benessere dell’altra metà del cielo, e cioè degli animali che “esotici” non sono. Nonostante la delega ricevuta dallo Stato nel febbraio 2003….”

 

1- Confusione giuridica.

Chi sono gli “animali esotici”? Denominazione che non ha seri riscontri scientifici né giuridici, al di fuori della Regione Piemonte.

Il primo tentativo di definizione (se non si definisce l’oggetto, una legge diventa una fonte inesauribile di guai….) è contenuto nella L.R. Piemonte n. 43/1986 : “Ai fini della presente legge si intendono per animali esotici le specie di mammiferi,uccelli e rettili facenti parte della fauna selvatica esotica, viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nei territori dei Paesi d’origine e dei quali non esistono popolazioni sul territorio nazionale”. Forse possiamo interpretare questa tautologia in questo modo: si tratta di animali di specie alloctone ( cioè non originarie del territorio italiano), originarie di Paesi lontani ( e…misteriosi, cioè esotici: riemerge Emilio Salgari…) e selvatiche.

Il nuovo tentativo di definizione (L.R. n. 6/2010) porta ad analogo risultato. Il termine “selvatico” complica ulteriormente l’interpretazione: si potrebbe pensare che “esotici” siano solo gli esemplari anche selvatici: ma sappiamo che non si possono detenere esemplari selvatici (legge nazionale).

Con questa definizione, le persone che detengono animali non capiscono chi sia l’esotico. Basta un esempio per tutti: il canarino proviene da un Paese lontano ed appartiene ad una specie che “vive stabilmente in stato di naturale libertà nei territori dei Paesi d’origine ma non in Italia”. Dunque, in base a queste definizioni rientra pienamente nelle disposizioni di queste leggi. Ma…i canarini attuali sono in cattività, nel nostro Paese, da 500-600 generazioni !

E c’è pure- sorpresa !- il Regolamento appena promulgato, che cambia le carte in tavola. Ecco la nuova elaborazione:

“Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)-animali esotici: le specie esotiche appartenenti alle seguenti classi:

         1) mammiferi: tutte le specie

         2) uccelli: specie comprese nell’All. A del Reg. CE 338/97; tutte le specie appartenenti al genere ARA spp; tutte le specie appartenenti ai rapaci.

         3) rettili: tutte le specie comprese nell’All. A del Reg. n. 338/97

………..”

Primo appunto: è bizzarro che un Regolamento redatto e promulgato da una Giunta modifichi in modo sostanziale la definizione dell’oggetto della legge , approvata dall’Assemblea degli eletti. Bizzarro sul piano democratico istituzionale, ma sul piano giuridico forse ci possono essere conseguenze.

Altri appunti, ricordando che per la semplice detenzione, e per l’allevamento ed il commercio degli “indefiniti” animali esotici legge e regolamento prevedono patentino, autorizzazioni, registri ecc., cioè obblighi, vincoli, sanzioni e costi:

-evidentemente deve essere particolarmente difficoltoso per il legislatore piemontese trovare un termine omologo di “esotico”: ripete la tautologia. In questo modo non spiega nulla…

– tutte le specie di mammiferi: ricordiamo che la classe dei Mammiferi conta circa 5.400 specie  attualmente viventi, variabili in forma e dimensioni dai pochi centimetri e due grammi di peso del mustiolo agli oltre 30 metri e centocinquanta tonnellate di peso della balenottera azzurra, uno dei più grandi animali finora apparsi sulla Terra. Conigli, topi, scoiattoli ma anche cani e gatti ed altri mammiferi di specie domestiche sono allevate da secoli in normali condizioni di benessere, senza necessità di patenti e registri. Si parla di “specie esotiche”: questo significa che esemplari nati ed allevati in cattività da secoli sono ancora da considerarsi “esotici” oppure no?. Di questa classe fa parte l’uomo (Homo sapiens:” originario di un paese lontano-l’Africa- dove viveva in stato di naturale libertà”, dunque “esotico”): quando il regolamento dice tutte le specie di mammiferi intende proprio tutte…….? Forse è meglio scriverla meglio questa definizione…

– uccelli, oltre10.000 specie viventi, (e rettili): l’obiettivo esplicitato della LR n. 6/2010 è tutelare il “benessere degli animali esotici presenti a vario titolo sul territorio..”. La Convenzione di Washington e le normative CITES, fra cui il Reg. CE 338/97, tutelano dalla scomparsa le specie a rischio e redigono elenchi di specie in pericolo e non si occupano del loro benessere in cattività. Quindi i loro criteri di inserimento negli allegati sono specifici e differenti. E negli elenchi (come il citato All. A) ci stanno pure specie animali autoctone, dunque non alloctone (esotiche), come, ad es., la tortora selvatica, la marzaiola ecc., che sono viventi stabilmente ed il libertà nel territorio del nostro Paese. Dunque, cosa prevale: l’essere nell’All. A ( e quindi dover rispettare la legge regionale)o il non essere esotici (e quindi esentate)?

Inoltre, ricordiamo che l’allevamento in cattività dei rapaci ( una parte dei quali viventi stabilmente in Italia e- dunque- non esotici) risale a molti secoli fa: scene di falconeria sono rappresentate negli affreschi egizi più antichi. La caccia con il falco era conosciuta in Cina già 2000 anni prima di Cristo, i romani la praticarono in tutte le province dell’impero, mentre se ne ha notizia in Giappone, in India ed Persia nel VII secolo della nostra Era; in Europa fu introdotta con successo a partire dalla seconda metà del IX secolo. Ricordiamo il famoso trattato “De arte venandicum avibus” attribuito a Federico II. Immaginiamo che le tecniche d’allevamento si siano molto raffinate rispetto ad allora e che problemi di benessere nella loro detenzione siano più teorici che reali.

Con la limitazione agli “esotici” e la definizione assunta, la gestione della legge è davvero problematica, fonte di imbarazzi, incertezze e contenziosi. A che vantaggio non si sa, ammesso e non concesso che tale legge sia utile e meritevole di essere applicata.

Dunque, l’impianto giuridico della legge e del relativo regolamento lascia molte perplessità, che minano- a nostro giudizio- la credibilità stessa della norma.

 

2-Arroganza del legislatore

Chi doveva applicare (allevatori e operatori commerciali) la prima norma (L.R. n. 43/1986) ha avuto notizia casualmente dai media nazionali che presentavano la nuova legge, appunto la 6/2010: cioè 26 anni dopo che era stata promulgata ! Evidentemente c’è qualche (notevole) problema di comunicazione ed informazione fra Regione e i cittadini, o almeno le loro organizzazioni.

Avuta notizia dai media, le organizzazioni FOI, AIPA,AISAD hanno chiesto incontri (già nei primi mesi 2010), segnalato incongruenze,avanzato proposte , suggerito modifiche, offerto collaborazione. Risultato: nonostante le gravi carenze evidenziate, le (poche) consultazioni effettuate non hanno prodotto nulla. Il Regolamento è stato completamente redatto senza che le organizzazioni di allevatori e commercianti sapessero nulla: forse si sarebbero potute evitare impostazioni e articolati con i quali le istituzioni, alla cui immagine noi teniamo tantissimo, rischiano di coprirsi di ridicolo.

Dubitiamo che la stessa organizzazione nazionale dei veterinari (ANMVI) sia stata consultata: ci aspettiamo una doverosa e vigorosa presa di posizione.

Un’ultima battuta sul termine “esotico”: alla luce di questa nuova performance piemontese, ora si capisce meglio la dichiarazione del deputato (veterinario piemontese !) a proposito degli “animali esotici “ in condominio……e le nostre preoccupazioni. Evidentemente in questa regione esiste una scuola con molti adepti…

La nostra disponibilità di allevatori e operatori commerciali resta immutata, è solo precipitata la fiducia nelle istituzioni.

 

3-Spending Review                                  

Termine molto in voga, in base al quale occorre ridurre i costi dello Stato: obiettivo condivisibile, ma….

Se per ridurre i costi per lo Stato si tagliano servizi essenziali e pensioni anziché tagliare i costi non essenziali e spesso inutili, allora l’obiettivo resta condivisibile, il metodo no. E nel caso della Regione Piemonte ci troviamo di fronte ad una scelta ancora più grave: non il taglio ma l’aumento dei costi di strutture pubbliche per attività non utili (inefficaci rispetto gli obiettivi), o comunque non prioritarie, o anche per ripetere organizzazioni già esistenti su scala nazionale (inefficienza). Qualcuno potrebbe pensare ad un modo per creare “poltrone”: ma sicuramente è malizioso…. Eppure, vengono istituite:

Commissione Regionale Animali Esotici: “si riunisce almeno ogni tre mesi per fornire direttive ed indicazioni per l’applicazione della presente legge”, oltreché per rilasciare patentino e autorizzazioni ecc. Composta di quattro persone ( e relativa struttura di segreteria) con compenso (più rimborso costi di funzionamento). Più consulente, se necessario (altro costo). Ognuno commenti da sé, con il proprio buonsenso. La Regione Emilia Romagna, per gestire l’applicazione dell’Accordo Stato Regioni sul benessere degli animali ( di tutti, non dei soli “esotici”) non ha creato alcuna commissione. E funziona

Centro di Referenza Regionale per il Benessere Animale :naturalmente è una catena di S. Antonio. Si prevede una struttura organizzata, ma per farla funzionare occorrono altre strutture, che forniscono servizi, che generano altri costi, che richiedono consulenze ed altri coordinamenti ecc.. . Cioè un costo tira l’altro. Annotiamo che esiste già una validissima struttura nazionale, denominata Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale ed è collocata presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, ha valenza nazionale, è interfaccia della comunità europea e si occupa del benessere di tutti gli animali italiani, da reddito e da compagnia. Inoltre esiste ed è in funzione da anni, la Commissione Scientifica CITES che- guarda caso – si occupa delle specie animali in CITES. Perché farne un altra? Che poi potrebbero diventare altri 19, uno per Regione. Nel regolamento si prevedono svariati compiti per questo Centro, fra cui lo sviluppo di una serie di metodiche (verifica discendenza,determinazione del sesso, prelievi non invasivi ecc): tutte metodiche, ci pare, già ampiamente applicate da laboratori pubblici e privati. Ovviamente ci sono costi di funzionamento e di investimento da spesare, mentre per il personale si indica che verrà utilizzato quello attualmente in forza all’Istituto Zooprofilattico (c’è ancora personale sottoccupato o in esubero, dopo i forti tagli dell’ultimo periodo?)

Garante: istituito “al fine di realizzare un piano organico di interventi, su tutto il territorio regionale, riferiti alla salvaguardia dei diritti degli animali…”. E’ un’altra delle figure su  cui un certo mondo fortemente ideologizzato punta con grande determinazione e scarsa capacità di argomentare l’essenzialità di tale operazione (da quali studi sul reale partono?, quali casistiche producono una tale necessità?quali vantaggi da questa soluzione?). La carica è gratuita, ma- come sempre- ci sono i costi organizzativi e di funzionamento: uffici, segreteria, viaggi e relativi rimborsi delle spese vive non si negano a nessuno.

Vigilanza: naturalmente è un altro grande sovraccarico per le USL (di impegno di personale ed economico), per il quale è previsto un potenziamento e il ricorso, ove necessario, a consulenti. Naturalmente tutta questa organizzazione comporta nuovi costi.

Copertura dei costi prodotti dalla legge:la L.R. n. 6/2010 stanzia 100.000 euro anno ( per avere un’idea: circa 6 volte la retribuzione annua media di un operaio), che serve soprattutto (secondo il Regolamento) per finanziare il Centro di Referenza Regionale. Ma rimangono da finanziare gli altri costi indicati precedentemente (Commissione Regionale, Zooprofilattico, Garante, USL…..). Pensare ad un costo di almeno 400.000 euro/anno è probabilmente prudente. Come finanziare questa importante cifra? Con nuovi tributi ( v. nota all’art. 25 della legge). E questa è solo una parte dei costi, quelli formalmente a carico delle istituzioni. Ma la L.R. n. 6/2010 ed il relativo nuovo regolamento hanno altri effetti, questa volta sui cittadini:burocrazia (corsi formazione, patentino, richieste di autorizzazione, controlli, registri di carico/scarico…: neanche possedessero testate nucleari) e costi relativi.

Al termine di questa analisi macro, ma volendo è pronta anche quella tecnica di dettaglio, si pongono due domande:

-ai funzionari che hanno promosso, progettato e trasformato in strumento giuridico l’obiettivo del benessere animale chiediamo: pensate davvero, senza arrossire, che questa imponente e costosa montagna burocratica tuteli il benessere degli animali? Cosa c’entra il benessere con i corsi di formazione, i registri, il moltiplicarsi di posti di sottogoverno?

-ai politici che hanno approvato la LR 6/2010: pensate davvero che questo sia il modo più assennato e prioritario di spendere i soldi dei contribuenti? E pensate davvero che si possano costruire questi castelli, senza alcun dialogo con le categorie economiche e sociali del territorio quali le nostre organizzazioni?

 

4-Premio per la Bontà

Questo premio è particolarmente meritato.

Allevatori sportivi e operatori commerciali “ufficiali” (quelli con cui si acquistano animali guardandosi negli occhi e che sono sempre rintracciabili e rispondono in ogni momento del loro operato) sono per la tutela del benessere di tuttele specie animali, nessuna esclusa. E senza alcuna deroga.

La Regione Piemonte, no.

Siamo sorpresi ed amareggiati, per una posizione unica al mondo, assunta con tanta protervia e senza motivazioni espresse, nonostante gli avvertimenti ricevuti e le offerte di dialogo da parte delle nostre organizzazioni e- sicuramente- di altre altrettanto autorevoli.

Per la cronaca: la LR 6/2010 è stata approvata all’ unanimità dei presenti nell’ Assemblea Regionale precedente (maggioranza centro-sinistra), salvo un consigliere che non ha votato. Il regolamento di attuazione è stato approvato dalla Giunta attuale, che è di centro destra. Ciò che preoccupa è anche che è cambiato il cuoco, ma la zuppa è la medesima: immangiabile.

 

Sempre per la cronaca: il Movimento degli allevatori sportivi amatoriali ha adottato (2008)il Disciplinare volontario per il benessere degli animali allevati, approvato dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale e dal Ministero Salute. E’ l’unico al mondo, è rivolto a tutti gli animali, non solo agli “esotici” (non siamo razzisti….) ed è appunto volontario: anche agli allevatori interessa il benessere degli animali e non hanno bisogno di patenti. Inoltre, a proposito di registri e tracciabilità degli animali, lo stesso Movimento ha introdotto nel 1938 il marcaggio individale e nel 1954 ha realizzato il Registro Nazionale Allevatori (R.N.A). Forse la nostra opinione può essere utile.

Ed è spontanea, professionale, gratuita.