In base ai territori e alle prede che hanno a disposizione, i falchi pellegrini sfruttano diverse tipologie di caccia, come l’agguato, l’inseguimento orizzontale, l’inserimento in grandi stormi e occasionalmente perfino la caccia a terra, ma sono soprattutto le specifiche richieste dalla tecnica della caduta controllata che hanno definito le sue incredibili caratteristiche fisiche.
Come sanno bene gli ingegneri aeronautici, il volo ad alta velocità presenta sfide davvero estreme e il falco pellegrino è perfettamente equipaggiato per affrontarle tutte.
La caratteristica conformazione “a V”,
con le ali particolarmente strette e appuntite che aderiscono completamente al corpo e la coda corta che contribuisce a minimizzare l’attrito, è ciò che di meglio offre l’evoluzione in termini di aerodinamicità.
Questi uccelli resistono a una forza gravitazionale molto superiore rispetto ai piloti di aerei, che possono gestire fino a 8 – 9 G, oltre i quali sverrebbero.
Pellegrini e girfalchi possono resistere fino a 25 G, cioè 25 volte il loro peso che la forza di gravità spinge contro il corpo.
Ovviamente il falco non resta nella posizione di massima velocità durante tutta la picchiata o si schianterebbe al suolo, quindi deve mutare la forma del corpo in base
all’ attrito che incontra nelle diverse fasi della curva di caduta.
Prima di entrare in posizione di massima penetrazione e quando inizia ad uscirne la resistenza dell’aria è maggiore e le ali vengono posizionate a forma di C, con le primarie orientate verticalmente e leggermente staccate dal corpo, in modo che parte della portanza venga scaricata lateralmente.
Subito prima dell’impatto il falco decelera rapidamente allineando la punta delle primarie all’asse del corpo in una forma a M, mantenendo una velocità sufficiente per non stallare e avere eventualmente la possibilità di rimontare per un secondo attacco.
Per poter eseguire queste trasformazioni morfologiche in condizioni così estreme la muscolatura pettorale è particolarmente massiccia e la
chiglia, uno sterno adattato al volo, è particolarmente sviluppata in modo da consentire una maggiore area di attaccatura dei muscoli e maggiore potenza di propulsione nella battuta iniziale.
Una forma estremamente aerodinamica non è ancora sufficiente per mantenere un perfetto assetto di volo, serve anche una superficie liscia che non crei problemi di attrito e sufficientemente rigida da rimanere compatta anche sotto una forte pressione.
Le penne remiganti del pellegrino, fondamentali per la manovrabilità nella fase finale della picchiata, sono più rigide rispetto a quelle degli altri rapaci e particolarmente liscie lungo i bordi per favorire le manovre necessarie con minimi spostamenti del corpo.
Le piccole piume presenti sul dorso inoltre vengono alzate leggermente per permettere all’aria di fluire ancora più uniformemente lungo la parte superiore del corpo.
Per seguire visivamente i cambiamenti di direzione di una preda il falco deve girare la testa perchè gli occhi sono fissi e incassati nel cranio, ben protetti dall’anello sclerotico e dalla cresta ossea superiore.
Oltre che dalle normali palpebre, un’ulteriore protezione è fornita da una terza palpebra trasparente, la membrana nittitante.
Un tessuto sottile esteso dalla retina al cristallino fornisce ossigeno e sostanze nutritive all’umor vitreo, riducendo la necessità di vasi sanguigni negli occhi; in questo modo la luce appare meno diffusa e la visione risulta molto più nitida.
Falchi e aquile hanno sviluppato il più alto potere di risoluzione spaziale conosciuto nel regno animale.
Le cellule sensoriali visive, coni e bastoncelli, sono molto fitti: gli esseri umani hanno circa 30.000 coni nella fovea (la parte dell’occhio dove la visione è più nitida), i falchi circa un milione: oltre agli oggetti molto più nitidi e dettagliati riescono anche a percepire un numero di colori e sfumature cromatiche di gran lunga superiore, compresa la gamma delle frequenze ultraviolette.
Inoltre hanno due fovee in ogni occhio, pertanto possono disporre di una visione binoculare che consente di concentrare l’attenzione su più oggetti alla volta e di effettuare regolazioni molto precise e dettagliate in una frazione di secondo,
un pò come vedere il mondo con un obiettivo macro e uno zoom che funzionano contemporaneamente:
la fovea centrale, poco profonda e focalizzata in avanti, consente ai falchi di vedere gli oggetti lontani e di valutarne le distanze.
La seconda fovea, più profonda, ha un aspetto laterale e fornisce informazioni sugli oggetti vicini e posti lateralmente.
Per ridurre il riverbero della luce è presente, nella parte inferiore degli occhi, una barratura più o meno scura, larga e allungata, il mustacchio, che varia in aspetto nelle diverse sottospecie.
Il cervello del pellegrino si è evoluto per fornire una super vista in grado non solo di vedere a una distanza 8 volte superiore a quella umana ma anche di elaborare le immagini a una velocità maggiore rispetto a quella di qualsiasi altro uccello.
La frequenza alla quale lo stimolo luminoso intermittente diventa completamente nitido all’osservatore viene indicata come Flicker Fusion Frequency (FFF); oltre questa frequenza le immagini iniziano ad apparire sfocate, come un treno che si muove troppo velocemente.
In buone condizioni di luminosità, un essere umano può vedere nitidamente fino a 60 Hz, la poiana di Harris a 77 Hz, il falco sacro a 102 Hz e il falco pellegrino fino a 129 Hz.
Nonostante tutti questi accorgimenti il pellegrino non potrebbe supportare le velocità che è in grado di raggiungere senza un sistema respiratorio altamente efficiente che gli permetta di respirare tranquillamente a velocità a cui gli altri uccelli entrerebbero immediatamente in carenza di ossigeno.
La pressione dell’aria che entra direttamemte nelle narici ad altissima velocità infatti danneggerebbe i piccoli e rigidi polmoni ma viene rallentata da una particolare struttura ossea (tubercolo) che agisce come un deflettore, guidando e curvando a spirale le onde d’urto dell’aria.
La gabbia toracica degli uccelli è poco flessibile perchè deve alloggiare i potenti muscoli del volo che necessitano di un ancoraggio rigido; di conseguenza i polmoni hanno volume fisso e dimensioni ridotte, eppure la loro efficienza è superiore a quella di qualsiasi mammifero.
Questo perchè la respirazione segue un flusso unidirezionale, circolare e continuo grazie alla presenza dei 9 sacchi aeriferi disposti lungo il corpo tra la regione cervicale e quella toracico-addominale che, funzionando come piccoli mantici, mantengono i polmoni costantemente gonfiati anche durante l’espirazione.
Un altro importante fattore limitante del volo degli uccelli dipende dalla capacità del cuore di apportare sufficiente sangue ai muscoli del volo, che bruciano una grande quantità di ossigeno.
Il falco pellegrino ha una pompa cardiaca in grado di raggiungere i 900 battiti al minuto, consentendo all’ossigeno di raggiungere molto velocemente i muscoli e ritardare così il senso di affaticamento.
Diverse sottospecie di falco pellegrino, soprattutto quelle costiere, vivono benissimo praticando quasi esclusivamente una caccia d’agguato e d’inseguimento.
Per i ricercatori è difficile capire come si sia evoluta una tecnica così difficile, dispendiosa e pericolosa come la caduta controllata, la cui percentuale di successo per i falchi esperti sembra non superare il 20-23%, oltre a risultare mortale o fortemente invalidante in caso qualcosa vada storto.
Forse, in fondo, perchè quegli spericolati pellegrini si divertono così…
Se le caratteristiche fisiche e mentali del falco pellegrino sono il risultato di un perfetto adattamento alla caccia a velocità estreme in campi aperti, c’è chi ha sviluppato supremi adattamenti alla caccia in velocità nel fitto di conifere e latifoglie, il regno dell’astore.
Questo magnifico predatore territoriale è in grado di sviluppare un’accelerazione folgorante, grazie a un torace particolarmente profondo, con un’ampia area di attacco per i potenti muscoli pettorali (circa il 17% del peso corporeo) ricchi di fibre bianche addette all’esplosività della forza muscolare ed è dotato di ali larghe e arrotondate con penne particolarmente flessibili che permettono un’alta capacità di torsione e di manovra mentre la lunga coda, che si apre come una terza ala, mantiene portanza e velocità.
Munito di un udito acuto (può individuare il rumore di una preda a 5-6 km di distanza, quasi come le albanelle), ipersensibile alla percezione del più piccolo movimento e con riflessi reattivi al centesimo di secondo, vive in un mondo che si muove dieci volte più rapidamente del nostro.
Il piumaggio riecheggia il contrasto angolare di luci e ombre dei luoghi a lui deputati e lo rende praticamente indistinguibile alla vista anche quando è in movimento.
Si sposta con una serie di voli a bassa quota di pochi minuti, “cinque lenti battiti d’ali, poi volo planato”, intervallati da brevi periodi di scansione su posatoi più o meno elevati dai quali spia inosservato i movimenti della preda selezionata, attende il momento giusto e sferra l’attacco, sbucando come un fantasma tra le fessure delle frasche con uno slancio propulsivo e una determinazione impareggiabili: se l’agguato fallisce insegue la preda senza sosta fino a sfiancarla, intercettando e modificando repentinamente traiettorie, infilando passaggi improbabili a oltre 40 km orari con quella gran coda che garantisce sostegno e velocità anche quando le ali si chiudono, fino ad aiutarsi con la spinta propulsiva delle zampe contro i tronchi degli alberi.
Mentre vola misura costantemente la densità proporzionale degli ostacoli, creando una mappa mentale che gli permette di intuire con estrema accuratezza i passaggi utili prima ancora di averli visti.
Grazie alla precisione del sistema utilizzato per guidare il volo sulla preda e a riflessi che rasentano la precognizione è in grado di catturare praticamente tutto quello che gli arrivi a tiro, dagli scoiattoli alle lepri, dai piccoli passeriformi al gallo cedrone, ignora solo i grandi mammiferi.
Generalmente i falchi che cacciano ad alta velocità in spazi aperti e privi di ostacoli sfruttano la legge di guida di navigazione proporzionale°. Questo sistema tuttavia non permette di individuare in egual modo il percorso ottimale all’interno di ambienti disordinati come le foreste o i campi limitrofi dove cacciano gli astori, che utilizzano differenti strategie di inseguimento.
Quando un astore attacca un bersaglio fermo o che corre in linea retta, utilizza un tipo di “inseguimento classico” guardando dritto davanti a sé e tenendo la preda al centro del campo visivo: dal suo punto di vista la preda è immobile al centro dello scenario e diventa sempre più grande e dettagliata man mano che si avvicina, fino a riempire quasi completamente il campo visivo quando è prossimo ad afferrarla.
Se la preda inizia a manovrare obliquamente, tuttavia, il falco dovrà effettuare una serie di adattamenti di traiettoria che ne rallenteranno l’azione e probabilmente non arriverà in tempo.
In questo caso l’astore cambia tattica e passa la visualizzazione del bersaglio in un altro punto fisso del campo visivo, determinato dall’angolazione con cui la preda sta scappando, che gli permette di selezionare il percorso più veloce per intercettarla.
Secondo il fenomeno chiamato “camuffamento del movimento”, così come la preda non si muove nel campo visivo dell’astore, allo stesso modo l’attaccante non si muove nemmeno dalla prospettiva della preda che, a causa dell’angolo obliquo del percorso del rapace, non riesce a percepirne la posizione esatta.
Con questo vantaggio l’astore è in grado di arrivare sulla preda così velocemente che ha una finestra di tempo strettissima per concludere: un piccolo ritardo di manovra e manca il pasto.
Grazie a questa strategia ibrida, l’astore può sfruttare i vantaggi di entrambe le tecniche e massimizzare le possibilità di successo, che possono arrivare a una media del 30% di catture.
La sua proverbiale aggressività è reale ed evidente soprattutto nella implacabile difesa del nido, tanto che il momento migliore per osservare questo rapace così elusivo, a volte fin troppo da vicino, è proprio il periodo riproduttivo durante il quale la coppia non esiterà ad attaccare qualsiasi animale, inclusi uomini e orsi, considerato una minaccia per i piccoli.
Aggressivo, difficile, imprevedibile, quasi impossibile da relazionare, l’astore evoca un mondo a noi lontano, misterioso e primordiale. Alzi la mano chi non prova un po’ di soggezione dinnanzi a quello sguardo di arancio infuocato.
Alcuni ipotizzano che la falconeria risalga al 4000 – 6000 aC in Mongolia, Egitto e forse in Asia, tuttavia non ci sono prove concrete a sostegno di ciò. È noto che i falchi venivano regalati ai principi cinesi già nel 2200 aC, ma potrebbero essere stati per animali domestici e non per la caccia. La falconeria moderna, in particolare quella praticata in Nord America, ha elementi di molte pratiche antiche, ma sembra moderna in molti altri modi. Lo stile di vita moderno della falconeriaè vario, ma l’integrazione delle persone con i loro rapaci è comune a tutte le pratiche.
Una linea temporale di falconeria
722-705 aC – Bassorilievo assiro trovato nelle rovine di Khorsabad durante lo scavo del
palazzo di Sargon II (o Saragon II) raffigura la falconeria. L’affermazione di AH Layard nel suo libro del 1853 Discoveries in the Ruins of Ninive and Babylon è “Un falconiere che porta un falco al polso sembrava essere rappresentato in un bassorilievo che ho visto durante la mia ultima visita a quelle rovine”.
680 – I documenti cinesi descrivono la falconeria
EW Jameson suggerisce che le prove della falconeria in Giappone affiorano
IV secolo aC – Moneta d’oro raffigura Alessandro Magno con un falco sul pugno. Si presume che i romani imparassero la falconeria dai greci, sebbene fosse raro; ci sono resoconti di Cesare che usava falchi addestrati per distruggere i piccioni che trasportavano messaggi
384 – Aristotele e altri greci fanno riferimento alla falconeria
200 aC – I registri giapponesi annotano i falchi dati ai principi cinesi
355 dC – Nihon-shoki , un racconto storico, registra la falconeria. Si dice che il primo falconiere giapponese fosse una donna di nome Kochiku, e che anche la sua unica figlia fosse una falconiere.
500 – EW Jameson individua la prima prova effettiva di falconeria in Europa è rappresentata in un mosaico pavimentale romano di un falconiere e il suo falco che caccia le anatre.
600 – Le tribù germaniche praticavano la falconeria
VIII e IX secolo e continua ancora oggi – La falconeria fiorì in Medio Oriente
IX secolo – I documenti giapponesi segnalano la presenza
di donne falconiere
875 – L’Europa occidentale e l’Inghilterra sassone sono ampiamente praticate; Ai crociati viene attribuito il merito di aver portato la falconeria in Inghilterra e di averla resa popolare nei tribunali
1066 – I Normanni scrissero della pratica della falconeria; Dopo la conquista normanna dell’Inghilterra, la falconeria divenne ancora più popolare. La parola normanna ‘fauconnerie’ è ancora usata oggi.
1600 – Registri olandesi di falconeria; la città olandese di Valkenswaard dipendeva quasi interamente dalla falconeria per la sua economia
1801 – James Strutt d’Inghilterra scrive, “le signore non solo accompagnavano i gentiluomini nella ricerca del diversivo [falconeria], ma spesso lo praticavano da sole; e persino eccellevano gli uomini nella conoscenza e nell’esercizio dell’arte”.
1934 – Viene formato il primo club americano di falconeria, The Peregrine Club; successivamente estinto durante la seconda guerra mondiale
1961 – Viene costituita la NAFA
1970 – Il Fondo Peregrine viene fondato principalmente da falconieri per conservare i rapaci, ma si concentra sui falchi pellegrini
Un ringraziamento speciale a Noriko Otsuka per le sue informazioni sulla storia della falconeria giapponese e allo storico David Zincavage per la sua revisione di alcuni di questi dati.
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