Classificazione Scientifica dei Rapaci

Nel corso del tempo, gli scienziati hanno riscontrato una certa difficoltà nel definire con accuratezza la parola rapace. Per identificare un volatile come rapace sono stati utilizzati metodi basati sulla morfologia, sul comportamento naturale di tipo predatorio e sulle interazioni all’interno dell’ecosistema. Questi criteri di classificazione sono stati presi in considerazione fino al 2008, anno in cui un importante studio condotto da Shannon J. Hacket e collaboratori, basato sull’analisi e la comparazione di ben 19 loci genomici indipendenti, ha stabilito nuove relazioni filogenetiche tra diversi ordini di uccelli (Hackett et al., 2008; Mcclure et al., 2019).

Successivi studi genetici condotti impiegando moderne tecniche molecolari hanno permesso di descrivere i rapporti filogenetici intercorsi all’interno del percorso evolutivo della specie.
In ambito ornitologico, oggi siamo in un periodo di grandi transizioni nell’applicazione dei concetti di specie basati su ricerche filogenetiche. Sono in corso cambiamenti di classificazione e drastici aumenti del numero di specie riconosciute nelle principali liste mondiali (Gill et al., 2020).

I rapaci vengono distinti in diurni se svolgono le loro attività, incluse quelle predatorie, prevalentemente nelle ore di luce, e notturni se restando attivi dal tramonto all’alba (crepuscolari o notturni), sebbene alcuni possano cacciare anche durante il giorno.
I rapaci diurni vengono suddivisi in tre ordini: Accipitriformes, Falconiformes e Cariamiformes: L’ordine Accipitriformes comprende 266 specie raggruppate nelle seguenti famiglie (Gill et al., 2020):

  • Cathartidae: famiglia che comprende gli avvoltoi del Nuovo Mondo e conta i generi: Gymnogyps, Sarcoramphus, Vultur, Coragyps, Cathartes,
  • Sagittariidae: famiglia che comprende solo la specie Sagittarius Serpentarius.
  • Pandionidae: famiglia che comprende solo il genere Pandion.
  • Accipitridae: la famiglia più ampia, essa contiene i generi: Elanus, Gampsonyx, Chelictinia,Polyboroides, Gypohierax, Gypaetus, Neophron, Eutriorchis, Leptodon, Chondrohierax,

Pernis, Elanoides, Lophoictinia, Hamirostra, Aviceda, Henicopernis, Necrosyrtes, Gyps, Sarcogyps, Trigonoceps, Aegypius, Torgos, Spilornis, Pithecophaga, Circaetus, Terathopius, Macheiramphus, Harpyopsis, Morphnus, Harpia, Nisaetus, Spizaetus, Stephanoaetus, Lophotriorchis, Polemaetus, Lophaetus, Ictinaetus, Clanga, Hieraaetus, Aquila, Harpagus, Kaupifalco, Micronisus, Melierax, Urotriorchis, Erythrotriorchis, Megatriorchis, Accipiter, Circus, Milvus, Haliastur, Haliaeetus, Butastur, Ictinia, Busarellus, Rostrhamus, Helicolestes, Geranospiza, Cryptoleucopterys, Buteogallus, Morphnarchus, Rupornis, Parabuteo, Geranoaetus, Pseudastur, Leucopternis, Buteo.

L’ordine Falconiformes conta 66 specie di rapaci, comunemente chiamati Falchi e Caracara. Esso è rappresentato da un’unica famiglia:

• Falconidae: famiglia che comprende i generi: Daptrius, Ibycter, Phalcoboenus, Caracara, Milvago, Herpetotheres, Micrastur, Spiziapteryx, Polihierax, Microhierax, falco.

L’ordine Cariamiformes è formato da due specie, comprese in un’unica famiglia:
• Cariamidae: composta da due generi (uno per ciascuna specie contenuta nella famiglia in oggetto): Cariama, Chunga.
I rapaci notturni vengono raggruppati in un unico ordine, gli Strigiformes, che comprende 248 specie suddivise in due famiglie:

  • Tytonidae: comprendente i generi Tyto e Phodilus.
  • Strigidae: la famiglia più numerosa, essa contiene i generi: Uroglaux, Ninox, Margarobyas,Taenioptynx, Micrathene, Xenoglaux, Aegolius, Athene, Surnia, Glaucidium, Otus, Ptilopsis, Asio, Jubula, Bubo, Scotopelia, Ketupa, Psiloscops, Gymnasio, Megascops, Pulsatrix, Lophostrix, Strix.

    Studi filogenetici sul DNA hanno sottolineato come volatili, la quale natura comprende atteggiamenti predatori (averle, gabbiani e corvi), non possono essere classificati rapaci e di conseguenza i criteri di classificazione relativi a morfologia o comportamento non sono corretti.

In base alle relazioni filogenetiche sono stati individuati due cladi (clade = gruppo costituito da un antenato singolo comune e da tutti i discendenti di quell’antenato): Australaves e Afroaves; entrambi presentano ordini di rapaci e ciò fa dedurre che l’antenato comune fosse appunto un rapace. Ricerche recenti hanno rivelato che i falchi sono legati maggiormente ai pappagalli o ai passeriformi (rispettivamente ordini Psittaciformes e Passeriformes) rispetto ad altri rapaci quali avvoltoi ed aquile (Mcclure et al., 2019). Cathartiformes viene qui considerato un ordine comprendente le specie di avvoltoi del “Nuovo mondo”, che vengono classificate dalla IOC World Bird List come appartenenti alla famiglia Cathartidae (sotto l’ordine Accipitriformes).

È comunque evidente come accipitridi e catartidi siano strettamente legati tra loro. I rapaci notturni risultano essere fortemente legati con l’ordine Coracilmorphae (Mcclure et al., 2019).

di Alessandro Ceccarelli

Falco di Harris

ARRIVANO I LUPI

Dalle aree desertiche e semi-desertiche dell’Arizona, New Messico e Texas ai boschi delle coste peruviane, dalle savane argentine fino alle paludi di mangrovie brasiliane: per una ipotetica preda che vive in questi habitat c’è solo una cosa più terrificante che avere una poiana di Harris alle costole, averne cinque.
Gli Harris sono predatori territoriali impavidi ed eccezionalmente eclettici, imparano molto velocemente come sfruttare le circostanze a loro vantaggio e sanno adattarsi a qualsiasi situazione predatoria, dall’ agguato da posatoio alle planate in termica con scivolate veloci, dai lunghi ed estenuanti inseguimenti sulla coda ai tallonamenti ravvicinati ad alta manovrabilità. Sono in grado di catturare qualsiasi tipo di preda di adeguate dimensioni, in volo diretto o (più frequentemente) di rimessa, in aria o a terra, vantando un tasso di successo di catture paragonabile a quello dell’astore.
La morfologia di cui dispone è il perfetto compromesso per esprimere le sue abilità : le ali relativamente lunghe ma larghe e arrotondate e l’ampia coda sono adatte a sostenere la velocità in volo livellato, a veleggiare sfruttando le termiche così come a manovrare rapidamente nella boscaglia; rispetto all’astore ad esempio è in grado di padroneggiare con maggiore precisione le virate repentine in velocità.
Le zampe lunghe e sottili che permettono l’allungo finale sulla preda sono adatte a infilarsi nelle tane e a posarsi sugli spinosi cactus senza ferire il corpo, oltre che a contribuire alla dissipazione del calore, come il piumino ridotto.
La vista è eccezionale perfino per gli alti standard dei rapaci; come per aquile e falchi le due fovee sono in grado di fornire informazioni estremamente precise su distanza, posizione e velocità di movimento, ma la risoluzione dei colori è superiore a quella di qualsiasi altro animale finora studiato, anche nel campo acromatico;
i rapaci infatti hanno una capacità di vedere i contrasti 10 volte inferiore a quella umana, probabilmente un compromesso evolutivo a favore della sensibilità cromatica, che invece è molto superiore alla nostra.
Si pensa che i falchi utilizzino canali acromatici per rilevare oggetti piccoli (o distanti) e canali cromatici per visualizzare gli oggetti grandi (o vicini) e che per questo motivo gli Harris siano in grado di rilevare prede a distanze molto maggiori rispetto agli altri falchi.
Durante la caccia, la poiana di Harris mette in atto il sistema d’intercettazione più versatile mai osservato, in grado di ottimizzare la velocità di risposta e il rischio di superamento e di sviluppare con la stessa efficacia sia un inseguimento veloce e irregolare sulla coda (fino a circa 55-60 km orari) sia azioni dall’alto tramite spirali di controllo e rilasci in planata, che possono raggiungere i 180 km orari.
Gli Harris infatti utilizzano una legge di guida mista, che unisce la navigazione proporzionale usata dai falchi pellegrini.
Ad ogni virata, determinata dalle rispettive velocità e dall’angolo formato dalle rispettive direzione di volo, il falco non solo guadagna spazio sulla preda ma si mantiene in una posizione laterale d’intercettazione leggermente ritardata e coperta alla sua visuale (vedi figura).
Non sono veloci come i falconi né dispongono dell’accelerazione fulminante dell’astore, ma gli Harris possiedono una caratteristica che assicura loro un posto tra i 100 predatori più efficaci del pianeta: l’intelligenza.
I test cognitivi dimostrano una diminuzione costante del tempo di risoluzione dei problemi, una capacità logico deduttiva paragonabile in certe situazioni a quella di corvidi e pappagalli e una elevata capacità di elaborazione e correzione dell’errore.
Dotati di un’ottima memoria, come le aquile, dimostrano una rapidità di apprendimento superiore a quella di qualsiasi altro rapace.
A differenza degli altri falchi, che apprendono principalmente per esperienza diretta, gli Harris imparano molto e velocemente anche osservando e seguendo i compagni più esperti.
I ricercatori sono convinti che l’eccezionale intelligenza degli Harris sia una conseguenza evolutiva del loro stile di vita sociale, sviluppato in funzione di una massimizzazione della riproduttività attraverso l’allevamento e la caccia cooperativa.
La cooperazione spesso può facilitare la caccia in ambienti complessi e la cattura di prede impegnative: una lepre adulta pesa più del doppio di una femmina di Harris, più del triplo di un maschio, e un calcio delle sue possenti zampe può seriamente infortunare qualsiasi falco.
D’altra parte però la cooperazione nella caccia implica comportamenti che riducono i guadagni immediati in previsione di ipotetici guadagni futuri: l’apprendimento di questo meccanismo è piuttosto difficile per qualsiasi animale, pertanto la capacità di raggiungere una cooperazione stabile è spesso collegata all’evoluzione di sistemi nervosi centrali complessi.
Come complessa è la struttura di rango all’interno del gruppo, che può essere costituito da una coppia alfa o più frequentemente da una coppia alfa e uno o due aiutanti fino a un massimo di 6-7 individui, organizzati secondo una gerarchia lineare per sesso (una femmina alfa a cui è subordinato un maschio alfa al quale sono subordinate le femmine beta e cosi via) e per età (le femmine gamma sono subordinate ai maschi beta piu anziani ma non ai maschi piu giovani).
La coppia alfa è la principale riproduttrice, ma può essere presente una seconda riproduttrice alfa, subordinata alla prima e superiore al maschio alfa.
Agli aiutanti non viene permesso di avvicinarsi al nido quindi solitamente non partecipano alla cura diretta delle uova e dei piccoli, ma contribuiscono a procurare le prede, a trasportarle al nido e a difenderlo dagli altri predatori. Secondo i dati forniti dallo studio del DNA all’interno di alcuni gruppi in Arizona risulta che la maggior parte degli aiutanti gamma sono di solito discendenti della coppia alfa mentre i maschi beta e le femmine alfa-2 ne sono spesso estranei.
Tra i rapaci sono note delle forme di caccia cooperativa soprattutto durante il periodo riproduttivo. Sembra che i falchi pellegrini raggiungano il 15% di catture in più cacciando in coppia, il 25% in più per gli aplomado. L’astore pallido (Melierax canorus) e la poiana dorsorosso (Geranoaetus polyosoma) hanno mostrato prove di riproduzione e caccia cooperativa tra gruppi sociali più grandi e stabili, ma sono gli Harris che hanno portato questo modello ai più alti livelli di raffinatezza, tanto da avere ispirato diversi logaritmi di coordinazione di elementi o di ricerca e individuazione di coordinate.
Nell’arsenale poliedrico di strategie che sono in grado di attuare, la ricerca a staffetta è la più spettacolare e varrebbe da sola un viaggio nel deserto del Sonora: i falchi si muovono in perfetta sincronia, ognuno sempre consapevole della posizione dei compagni, osservandosi costantemente e comunicando non uditi tramite quella vistosa banda bianca che portano in punta di coda: quando viene mossa lateralmente è il segnale che si ė in posizione, pronti per la mossa successiva.
E’ impressionante la velocità con cui il gruppo si muove e quanto terreno riesce a coprire, fino a 5-6 km in una decina di minuti.
Mentre cacciano gli Harris assumono ruoli adatti ai loro punti di forza e alla loro esperienza oltre che al loro status, come si osserva nei lupi; ad esempio i falchi dotati della vista migliore diventano solitamente gli osservatori.
Si riuniscono all’alba, spesso su un unico posatoio, se necessario infilati uno sopra l’altro come un totem in mezzo al deserto, per dividersi poi in due o tre gruppi: il primo vola per circa 100-200 metri verso il prossimo punto d’osservazione, seguito dopo pochi istanti dagli altri, in posizioni più laterali per allargare il raggio d’azione. Quando il primo gruppo viene raggiunto continua ad avanzare e, una volta appostato, gli altri seguono, avanzando a loro volta.
Il falco guida cambia ogni volta che un altro falco lo sorpassa, di solito proseguendo nella direzione già intrapresa.
Quando l’osservatore si alza sulle zampe e inizia a muovere tipicamente la testa per ottimizzare la fovea centrale, quella che vede a distanza, tutti gli altri Harris si allertano e si preparano all’azione perché significa che la preda è stata individuata; l’osservatore parte, volando rapidamente nella direzione che stava puntando e gli altri simultaneamente partono dalle diverse posizioni nella stessa direzione, ancora prima di avere avvistato la preda. La caccia è iniziata.
Una volta in volo, un solo falco guiderà l’inseguimento, con gregari su entrambi i lati che mirano ad intercettare le virate.
Se il primo falco manca, ci sarà sempre un altro falco in posizione elevata pronto ad attaccare, mentre il primo ha il tempo di rimontare; ad ogni assalto aumenta la posizione ottimale di ciascun falco rispetto alla preda, finché l’intero gruppo convergerà da tutte le angolazioni intercettando e inibendo ogni possibile via di fuga: la direzione degli attacchi infatti non è casuale ma finalizzata a spostare la preda nel punto preciso di convergenza dei gruppi.
Quando la preda riesce a trovare rifugio in un bosco, in un cespuglio o su uno specchio d’acqua non può stare di certo più tranquilla.
Uno o due elementi, di solito i giovani o i maschi di basso rango, si butteranno senza esitazione, cercando di catturarla o comunque di muoverla dal fitto per renderla visibile agli altri Harris in attesa, mentre un altro falco è pronto a prevedere il nascondiglio successivo e a bloccarne l’accesso con le zampe, tenendo così la preda costantemente in fuga fino ad esaurirla.
Alla fine dell’impresa tutti i componenti del gruppo condivideranno il pasto, indipendentemente dal rango e dal ruolo giocato nell’azione di caccia.
L’attacco a staffetta viene utilizzato soprattutto per gli inseguimenti su lunghe distanza dei lagomorfi: ne è stato osservato uno eccezionale che ha coperto oltre 800 metri di deserto con più di 20 attacchi.
In circostanze diverse, gli Harris hanno attaccato uno stormo di comuni piccioni in foraggiamento, obbligandoli ad alzarsi con passate radenti e indirizzandoli con attacchi multidirezionali verso un bosco limitrofo, dove la loro superiorità sul volo livellato era praticamente annullata a favore degli Harris, che si muovono molto più agevolmente in un ambiente complesso.
La poiana di Harris è presente in due sottospecie, unicinctus harrisi e unicinctus unicinctus ma la prima, di dimensioni maggiori, è decisamente più votata alla caccia cooperativa.
Approdata nel mondo della falconeria solo di recente e apprezzata per il notevole equilibrio, la versatilità e l’indole cooperativa,
può risultare riduttivo approcciare questi eccezionali rapaci senza dare il giusto peso alla loro unicità etologica, addestrandoli con le stesse tempistiche e modalità di caccia e di gestione del peso usate per gli altri accipitridi.
Quella straordinatria intelligenza, che sicuramente facilita i processi base dell’addestramento e favorisce un livello di socializzazione impensabile con gli altri falchi, può rivelarsi un’arma a doppio taglio e una gestione sbagliata potrebbe trasformare il migliore dei falchi in un individuo terribile, aggressivo e inaffidabile. Ma questa è un’altra storia…
Di sicuro se l’Imperatore avesse avuto l’occasione di vedere questi “cattivi ragazzi” all’opera, ne avrebbe voluto una squadra al seguito durante le sue proverbiali cacciate.
Lara Flisi

Il Girifalco

La vita negli ambienti selvatici pone continuamente ardue sfide, richiede grandi doti naturali, temperamento, capacità di adattarsi alle circostanze e ai tipi di habitat di cui si dispone, alcuni talmente estremi e desolati da sembrare impossibili da affrontare per qualsiasi predatore.
Siamo negli sconfinati e spettrali paesaggi della tundra artica, velati di nebbia e silenzi che sembrano estendersi all’infinito, dove le estati sono brevi e gli inverni lunghi e glaciali, con poche ore di luce a disposizione per cacciare e interminabili notti di inattività e gelo che costringe ad accumulare altissime riserve di energia in un ambiente con la più bassa concentrazione di prede del pianeta, per la maggior parte dell’anno ricoperto da una spessa coltre di neve che inibisce ancor più la vista di scenari già poveri di contrasti.
Lungo le inaccessibili coste scoscese, le potenziali prede sono solo i veloci uccelli marini mentre gli altopiani interni offrono una più ampia gamma di prede per una breve estate, che coincide con la stagione riproduttiva. Durante il lunghissimo inverno l’alimentazione dipende quasi esclusivamente dalle pernici bianche.
Queste condizioni eccezionali hanno plasmato un predatore eccezionale, il più grande, aggressivo e potente falcone al mondo.
La popolazione più numerosa vive nelle aree dove tutt’oggi sussistono le condizioni dell’ultima era glaciale tra Alaska , Canada, Groenlandia, Islanda, Finnoscandia e Siberia.
Il girfalco è un favoloso predatore deserticolo perfettamente adattato alle latitudini artiche.
Il piumino è più fitto rispetto a quello degli altri falchi e ricopre completamente i tarsi; l’acuità visiva è di poco inferiore a quella del falco pellegrino ma in compenso dispone di una migliore visione crepuscolare che gli consente di individuare meglio i contrasti acromatici e di cacciare nell’oscurità invernale.
La scarsità di opportunità predatorie lo hanno reso fortemente territoriale (la coppia domina un territorio esclusivo che può coprire 30 km quadrati), oltre che particolarmente intelligente e strategico; la ricerca della preda viene effettuata solitamente a bassa quota seguendo il profilo del terreno e aggirando gli ostacoli per sfruttare l’effetto sorpresa;
in estate i maschi sono spesso stati osservati catturare piccoli passeriformi alle prime armi nell’area intorno al nido, piccole scorte di energia procurate senza dispendi.
Come tutti i falconi sono specializzati nella caccia aerea di altri uccelli ma si sono perfettamente adeguati anche alla predazione dei mammiferi di piccole e medie dimensioni.
La incredibile adattabilità a questi climi è testimoniata dalle recenti scoperte sulle sue abitudini invernali, rimaste a lungo un segreto: i ricercatori hanno osservato che molti girfalchi dell’alto Artico svernano e trascorrono lunghi periodi di tempo in mare vivendo e cacciando uccelli marini sulla banchisa polare, lontanissimi dalla terraferma.
Il volo del girfalco è veloce e alterna potenti e lenti battiti d’ala a brevi fasi di planata al modo dell’astore, a cui assomiglia per morfologia più che agli altri falconi: l’ala è più ampia e più larga, la coda più lunga, lo sterno più profondo e i muscoli pettorali più sviluppati.
Nonostante il suo notevole peso, l’ampiezza delle ali determina un carico alare inferiore a quello dei pellegrini e solo leggermente più alto rispetto al falco sacro; abbinato alla straordinaria potenza del muscolo pettorale permette al girfalco di sviluppare una velocità in volo orizzontale che può raggiunge una punta massima di 120 km orari. Solo il falco sacro, praticamente la sua variante meridionale, riesce a competere.
Le prede di terra vengono catturate generalmente con le tecniche d’inseguimento sulla coda, come il falco sacro, mentre per catturare gli uccelli marini si comporta come un pellegrino sebbene con un approccio più diretto; le sue picchiate, che possono raggiungere i 200 km orari, partono da quote più basse e sono meno spettacolari ma più persistenti, arrivando a sfiorare il terreno per involare una preda.
Come i pellegrini, anche i girfalchi attaccano con traiettorie modellate dalla legge di guida di navigazione proporzionale (A), che comanda la virata in proporzione alla velocità angolare della linea di visuale sul bersaglio, con un guadagno di traiettoria ad ogni virata. Tuttavia, questo guadagno è significativamente superiore nei pellegrini rispetto ai girfalchi, che riescono a sviluppare una svolta in planata più lenta e un percorso di intercettazione più lungo; probabilmente questo è dovuto a un adattamento ecologico, perché un basso valore di guadagno di guida diminuisce il rischio di superamento, favorendo l’inseguimento esplosivo su breve distanza così come i lunghi inseguimenti ad alta velocità, le specialità dei girfalchi: l’assalto parte diretto e una volta iniziato non lo abbandoneranno per nessun motivo, continuando ad attaccare con quella determinazione, intensità e facilità d’azione che meravigliosamente li caratterizzano.
Quando incalza la preda, il girfalco sfrutta la strategia dell’inseguimento classico (B) che, manovrando per mantenere l’obiettivo ad un angolo costante del campo visivo, gli fornisce il minimo tempo di intercettazione necessario: la preda resta immobile al centro del campo visivo e diventa sempre più grande e dettagliata man mano che si avvicina; allo stesso modo l’attaccante non si muove dalla prospettiva della preda che, a causa dell’angolo obliquo del percorso del rapace, non riesce a percepirne la posizione esatta.
Grazie alla potenza e alla velocità che riesce a sviluppare, il girfalco insegue la preda secondo la traiettoria più diretta anche per lunghissime distanze, con curve di adattamento poco profonde, arrivando progressivamente a raggiungerla fino a scavalcarla per poi tagliarne repentinamente la traiettoria con un colpo diagonale, ghermendola con gli artigli e finendola a terra con unico colpo di becco; spesso non tenta neanche di afferrarla ma la schianta direttamente al suolo.
Se il primo assalto fallisce insisterà risalendo di potenza sulla coda per poi scaricare tutto il suo peso direttamente sulla preda, con effetti devastanti anche da quote relativamente basse.
Il girfalco si presenta in tre principali varianti cromatiche, chiara, grigia e scura, con una tale presenza di sfumature intermedie (anche all’interno della stessa covata) che per molto tempo gli ornitologi hanno pensato a una vera e propria mutazione morfologica tra sottospecie, riferendosi erronemente ai tre gruppi come ‘forma’ (‘morph o forma chiara’ oppure ‘morph o forma scura’); in altri casi veniva utilizzata la dicitura ‘fase chiara’ o ‘fase scura’, che suggerirebbe però una variazione di colore nel tempo dello stesso individuo.
Nel caso del girfalco si parla sostanzialmente dello stesso falco il cui piumaggio presenta delle semplici varianti cromatiche determinate da connotazioni geografiche specifiche: tutte le popolazioni discendono dalla paleo-sottospecie Falco rusticolus swarthi e sono il risultato dell’isolamento geografico in tre diverse aree separate tra loro durante l’ultima era glaciale, con la variante bianca nella Groenlandia settentrionale, la melanica nella zona del Labrador e l’originale variante grigia limitata all’area eurasiatica. Quando il ghiaccio si ritirò, le popolazioni si sono incrociate fino a produrre l’attuale gamma e distribuzione: la variante bianca, o con uno schema di sbarramento minimo, è quella alto-artica (Groenlandia e nord-est del Canada), la variante grigia è basso-artica (Islanda, Fennoscandia, Russia) e la variante scura è sub artica (Groenlandia e Canada meridionale, Nord degli U.S.).
Il colore nero ė legato al sesso e si presenta principalmente nelle femmine; sembra che risulti difficile per gli allevatori ottenere maschi più scuri del grigio ardesia.
Come gli altri falconi, i girfalchi non costruiscono nidi ma semplicemente sfruttano gli incavi delle pareti rocciose che riutilizzano anno dopo anno; in molti casi possono essere utilizzati più o meno a intermittenza per centinaia e addirittura migliaia di anni.
La datazione al carbonio ha rivelato un nido ancora in uso a Kangerlussuaq, nella Groenlandia centro-occidentale, di un’età compresa tra 2.360 e 2.740 anni.
Il girfalco è da sempre il più ambito tra tutti i rapaci di falconeria.
Grazie alla sua intelligenza ha la capacità di sviluppare un forte legame con il falconiere tanto che nelle prime fasi dell’addestramento si può procedere molto velocemente (tranne che per il volo a monte, che generalmente recepisce con più fatica rispetto al pellegrino) e anzi molti esperti falconieri insistono che per ottenere un buon girfalco da caccia sia fondamentale il lavoro di muscolamento e di esperienza diretta sulla preda durante il primo anno di età quando sta ancora sviluppando, oltre che la muscolatura, il particolare temperamento nella caccia.
I falchi tendono a standardizzare con il tempo le modalità di attacco con le quali ottengono più successi, mentre da giovani possiedono una maggiore plasticità mentale; per i pellegrini questa finestra di tempo è generalmente più ampia rispetto ai girfalchi, che maturano più velocemente e possono essere riproduttivi già al secondo anno di età.
Il girfalco ha bisogno di un esercizio costante per mantenere la potente muscolatura perchè, come per gli accipiter, perde tonicità e vigore più velocemente rispetto ad esempio al falco pellegrino.
Generalmente ha anche bisogno di più spazio per cacciare perché la potenza di volo è così sviluppata e la sua determinazione così radicata che può inseguire orizzontalmente una preda per chilometri prima di catturarla o di decidere di abbandonare e tornare dal falconiere.
Adattato ai climi rigidi e secchi, può diventare piuttosto problematico gestire un girfalco quando vive in climi caldi e umidi in quanto sviluppa una particolare vulnerabilità a patologie quali la tricomoniasi, l’aspergillosi e, data la sua mole, il bumblefoot.
Tutti elementi che vanno considerati prima di accostare la magnificenza del falco dei re.
                   Lara Flisi