Caccia agli storni: i falchi riportano la tranquillità

Ozieri.

Problema risolto

falchi_storniSta ottenendo successo la caccia agli storni. L’intervento dei falchi ha provocato allarme nelle colonie che si stanno in gran parte trasferendo fuori dell’abitato. «Ormai stimiamo che già l’80 per cento degli storni ha abbandonato il centro di Ozieri – precisa Massimo Pagani uno dei falconieri che ha avuto l’incarico dal Comune di attuare questo il progetto di ‘bird control’. Da oltre dieci giorni ogni sera prima del tramonto i falchi sono stati lanciati nelle vie più frequentate e abituale punto di pernottamento degli uccelli. «Non è stato facile anche perché la zona interessata era più vasta di quella stimata in un primo tempo. Nei prossimi giorni procederemo ad effettuare le ultime uscite dei falchi, lasciando un ulteriore intervento a fine mese per scoraggiare eventuali rientri».
La gente ha accolto veramente con favore l’iniziativa che risolve almeno per qualche anno i problemi a volte gravi causati dalla presenza degli storni, con danni alle facciate e inconvenienti igienici nei balconi e nelle strade. «Dobbiamo dire che abbiamo trovato il massimo di collaborazione ed accoglienza fra gli abitanti del centro. Ovunque ci hanno fatto entrare con i falchi nei loggiati e nei cortili».
Massimo Pagani, che vive nella frazione di Biasì a Padru, fa parte dell’Associazione sarda per la Falconeria, svolge questo lavoro insieme a Elio Guenzi che invece viene da Gonnosfanadiga. Entrambi hanno collaborato in diversi interventi con i falchi per cercare di allontanare piccioni o gabbiani da aeroporti o impianti industriali in Italia all’estero. Dopo l’esperienza di Ozieri, già diversi comuni della zona si sono fatti vivi per chiedere interventi di bonifica.
«Per onestà dobbiamo dire che il problema non si risolve definitivamente – spiegano i falconieri – Se gli storni hanno colonizzato Ozieri, evidentemente trovano le condizioni ottimali per rimanervi. Per qualche anno non ci dovrebbero essere problemi, altrimenti credo che in uno o due giorni si riuscirebbe a scacciare gli storni almeno per un altro periodo». Discorso diverso per i piccioni che sono molto invasivi e creano forse anche più problemi. A detta dei falconieri richiedono un progetto più specifico e dai tempi più lunghi. «I falchi che vengono utilizzati per i piccioni sono di specie diversa e più adatti a quel tipo di caccia dissuasiva».
Rossano Sgarangella

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Allevamento Rapaci fra Legislazione e pura Passione

La detenzione dei rapaci è regolamentata dalle norme internazionali descritte dal Cites (Convenzione internazionale delle specie flora e fauna minacciate di estinzione).
Chi si accinge a detenere e, quindi, praticare la falconeria deve conoscere alla perfezione le leggi che la regolamentano.

sparaciaSi parte dal presupposto che i Rapaci, in genere, sono specie minacciate.
Cosa che in alcuni casi è vera. Ma, vero o no, a noi interessa sempre e in ogni caso rispettare le norme, in quanto queste nascono da necessità ambientali e di conservazione del patrimonio faunistico di determinante importanza.

Diciamo che il falco da falconeria si muove, viaggia sempre in compagnia del suo “passaporto” o documento di identità chiamato appunto Cites, nel quale si rileva prima di tutto l’allevamento in cui è nato, la data di nascita, il numero dell’anello inamovibile che a suo tempo è stato messo dall’allevatore nei primi 10 giorni di vita, in quanto la nascita va denunciata al servizio Cites, e non oltre, il decimo giorno

Gli allevatori sanno tutto questo alla perfezione anche perché non rispettare tali regole significa andare incontro a elevatissime sanzioni, in qualche caso anche penali, e non essere più autorizzati a potere allevare in cattività.

L’allevamento dei rapaci è, per chi li ama, una delle cose più interessanti che li riguardano. Hanno infatti una vita di coppia abbastanza movimentata che inizia col vero e proprio corteggiamento e si conclude con la schiusa dei pulli.
Il corteggiamento inizia spesso da entrambi, maschio e femmina. Il maschio nei primi mesi invernali comincia a “schioccare”, emette cioè delle forti vocalizzazioni di richiamo dette appunto “schiocchi”, per attirare l’attenzione della femmina. Compie evoluzioni di volo in aria per dimostrare la sua abilità e offre alla sua partner del cibo.

Essa solitamente non rifiuta in quanto, per trovarsi in quella situazione, ha già praticamente scelto il suo compagno; accetta di buon grado, si mostra favorevole all’accoppiamento, emettendo vocalizzazioni e assumendo atteggiamenti del corpo che dichiarano apertamente le sue buone intenzioni. Abbassa la testa, alza la parte posteriore del suo corpo e cosi avvengono le prime copule che da lì a circa un mese daranno origine alla deposizione delle uova che possono essere da 1 a 5.

Anche durante le prime deposizioni avvengono gli accoppiamenti e il maschio continua a corteggiare, non facendo mai mancare il cibo al nido.
Nei giorni che precedono la deposizione, la femmina cade in una fase di inattività, data probabilmente da sbalzi ormonali, chiamata “letargia da deposizione”. Sembra quasi malata, si muove poco, è goffa e stanca..

Questo atteggiamento passa dopo pochi giorni, quando riacquista quindi l’attività covando e stando sempre allerta nella difesa del suo nido.
La vera incubazione inizia quasi sempre dalla deposizione dell’ultimo uovo. Le prime uova sono effettivamente incubate dopo tre, cinque o sei giorni. La durata è di circa 32 giorni. Questa è più o meno la media dei grandi falconi, in quanto a seconda delle specie e di fattori atmosferici può variare dai 31 ai 36.

La schiusa è qualcosa di veramente emozionante se si ha la fortuna di poterla seguire con una telecamera appositamente posta sul nido della voliera. In qualche caso la madre aiuta il piccolo nascituro nella rottura del guscio.
Il nuovo nato è completamente inattivo, debole e dipendente dalla madre.

sparacia2Un’altra cosa veramente bella è il modo in cui la madre imbecca i propri figli. E’ uno spettacolo di delicatezza, fatto da uccelli predatori per eccellenza. Sembra quasi impossibile.
Il maschio si occupa di spiumare il cibo e portarlo al nido. Alcune volte dopo alcuni giorni di vita, si occupa anche lui dell’imbeccata, ma il suo compito principale è quello della difesa. E’ sempre molto attento e si pone in posatoi dai quali ha un totale controllo della situazione.

La crescita dei pulli è velocissima se si pensa che da circa 30-35 grammi del primo giorno, arrivano in 60 giorni a pesare circa 1 kg. Naturalmente dipende dalle specie..
A questa età sono già completamente indipendenti, in grado di cibarsi da soli, ma non di cacciare.

In natura questa età segna l’inizio dell’addestramento che viene fatto da parte dei genitori, soprattutto dalla madre, la quale li richiama al volo facendoli assistere alla caccia, lasciando che afferrino prede tramortite, quasi vive e continuando così per circa due mesi fino a quando diventano anche loro abili cacciatori.

Rapaci a rischio estinzione, gli insetticidi rompono le loro uova

01 dicembre 2009. Alcuni decenni fa i rapaci, tra cui la poiana è uno di quelli che preferisco, si stavano rarefacendo su vaste zone del nostro pianeta, e per molte specie si temeva addirittura una prossima estinzione. Però, non si vedevano in giro dei cadaveri, e gli ornitologi, che sono quegli scienziati che si occupano degli uccelli, erano stupiti: che cosa stava succedendo?
Si misero così a esplorare i nidi e scoprirono un fatto davvero curioso: le uova risultavano spesso rotte, e il pulcino era andato naturalmente perduto. Si prelevò queste uova e si sottoposero a diverse misurazioni, e la verità venne subito a galla. Il guscio era più sottile di un quinto del guscio delle uova normali.
Dovete sapere che madre natura ha calcolato di fino lo spessore del guscio degli uccelli. Perché, se è troppo spesso il pulcino ha delle difficoltà a romperlo per nascere, e se, al contrario, è troppo sottile, non è più in grado di sostenere il peso della femmina in cova, e, ahimé, finisce per rompersi. Però, il problema risultava soltanto spostato, ma per nulla risolto.
Se i rapaci sparivano a causa delle uova che si rompevano durante la cova, per quale motivo le uova erano diventate così fragili? Qualcuno sospettò che si trattasse di un fenomeno dipendente dall’inquinamento ambientale, e i suoi sospetti erano ben fondati. Si accertò che nei territori frequentati dai rapaci erano state sparse delle tonnellate di insetticidi per proteggere le colture dagli insetti dannosi: soprattutto si era fatto uso di un insetticida dal nome un po’ buffo, la dieldrina.
Residui di dieldrina avevano contaminato i semi e i frutti e gli uccelli vegetariani che se ne erano nutriti, avevano finito per accumulare un po’ della sostanza tossica nel loro grasso. I rapaci che, a loro volta, avevano predato gli uccelli contaminati, si erano procurato un bel regalino sotto forma di dieldrina. Delle prove di laboratorio avevano alla fine messo in luce che piccole quantità di questo insetticida presente nel corpo degli uccelli deprimevano l’attività di un enzima destinato a deporre il calcio sul guscio dell’uovo in formazione.

Di conseguenza, questo guscio era rimasto più fragile, e sotto il peso della femmina in cova non si aveva un pulcino, ma una bella frittata! In tutto il mondo dopo che la dieldrina e altri composti tossici sono stati proibiti, le popolazioni dei rapaci stanno ritornando numerose a conferma che le prove di laboratorio hanno visto giusto.