Interpretazione della Legge 157/92
Cass., Sez. Terza, n. 139 del 10/12001
1992, n. 157, che punisce l’esercizio della caccia con mezzi vietati, atteso che siffatto mezzo, non essendo compreso fra quelli consentiti tassativamente indicati dall’art. 13 della stessa legge, rientra tra quelli vietati ai sensi del comma 5 di quest’ultima disposizione, che considera tali tutti quelli non espressamente ammessi.
La sentenza è stata emessa in un procedimento contro un soggetto che aveva catturato dei nidiacei da utilizzare come richiami; la Cassazione ha detto che non sussiste il reato di incrudelimento verso animali, ma i reati di uccellagione e di impiego di mezzi di caccia vietati.La giurisprudenza della Cassazione in materia di mezzi di caccia consentiti sta aprendo inusitati scenari repressivi che forse sfuggono ai più, ma che giungeranno ad essere sconvolgenti (nel senso che molti resteranno letteralmente sconvolti).
La prima avvisaglia si è avuta con la sentenza n. 8322 del 23/07/1994. In essa la Cassazione affermava che una ricetrasmittente usata per tenere in collegamento i cacciatori è un mezzo di caccia. È vero che poi con sent. n. 1920 del 24/09/99 correggeva il tiro affermando correttamente che sono tali solo i mezzi di abbattimento indicati specificamente, ma già con sent. n. 7756 del 04/07/2000 affermava che i richiami vivi sono mezzi di caccia non previsti.
Il tragico è che, per chi non conosce nulla della caccia e della sua storia, questa interpretazione trova un apparente appiglio persino nella legge sulla caccia! Vediamo perché.
L’art. 13 L. 157/9, intitolato ai mezzi di caccia, elenca i mezzi di caccia consentendo solo fucili di determinato calibro, l’arco ed il falcone e vietando ogni altro mezzo.
L’art. 21 stabilisce poi dei divieti particolari tra cui “prendere piccoli di uccelli”, “usare richiami vivi”, “usare trappole, reti, tagliole, lacci, ecc.”
L’art. 28 stabilisce che di fronte a certe infrazioni la polizia giudiziaria procede al sequestro “delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati”. L’art. 30 lett. h punisce infine chi esercita la caccia con mezzi vietati oppure per chi usa richiami vietati. Da queste norme risulta evidente che il legislatore ha, come sul dirsi, straparlato perché:
le trappole e le reti, che sono certamente mezzi di caccia, li ha inseriti nell’art. 21 invece che nell’art. 13 senza considerare che trappole e reti non esauriscono di certo l’elenco dei mezzi vietati ;
nell’art 13 vieta espressamente ogni mezzo di caccia non previsto in esso articolo, ma poi definisce all’art. 28 mezzi di caccia anche i richiami, ma ne autorizza l’uso.
nell’art. 28 accomuna il cane da caccia ai richiami senza accorgersi che sulla qualificazione dei richiami si potrebbe discutere, ma che senza dubbio la legge non considera il cane un mezzo di caccia; se così fosse l’uso del cane sarebbe sempre e comunque vietato perché né l’art. 13 né altra norma ne autorizza l’impiego!
Orbene, ritornando alla realtà (che è regolata e non creata dal diritto) non vi può essere dubbio sul fatto che, in senso tecnico, i mezzi di caccia sono solamente quegli arnesi o strumenti o animali che servono all’abbattimento o alla cattura di un selvatico: armi da fuoco, armi da lancio, trappole, lacci, reti, panie, falcone, furetto, cane che insegue e sbrana il selvatico, ma non certamente le cose che servono per cacciare, per andare sul luogo di caccia, per cercare la selvaggina, per trovarla una volta uccisa, ecc. Ed il motivo è semplice: mentre i mezzi di caccia sono limitati ed individuabili, tutte le altre cose sono infinite e non determinabili. Nel momento in cui io vado a caccia, tutto ciò che ho con me, dalla macchina, ai compagni, al vestiario, al cibo, serve per cacciare, ma non è essenziale per la cattura dell’animale, tanto che le stesse identiche cose potrei portar
le per fare un’escursione, per fotografare gli animali, per fare il guardacaccia. Quale pazzo si sognerebbe di sostenere che un binocolo è un utile attrezzo sportivo che improvvisamente diviene vietato se viene trovato in mano ad un soggetto che ha intenzione di catturare un animale? La stessa cosa vale per i radiotelefono: esso è uno strumento generico utilizzato dagli escursionisti e il fatto che venga utilizzato da un cacciatore non muta la sua natura e sostanza.
Se fossero vere certe affermazioni della Cassazione si giungerebbe a soluzioni a cui di certo non sarebbe giunto neppure il più incallito animalista:
– chi va a caccia dovrà lasciare a casa il cellulare (così utile in caso di incidente) perché può servire esattamente come la ricetrasmittente per avvisare i compagni che c’è un cinghiale in giro.
– il cannocchiale è meglio dimenticarselo perché può servire ad uccidere la selvaggina e la legge non ne parla.
– il cane serve indubbiamente per stanare e braccare la selvaggina e non è previsto tra i mezzi di caccia; è vero che la legge dice che sono vietati i segugi nella caccia al camoscio, ma in altro articolo, diverso da quello sui mezzi di caccia (art. 13 L. 157/92) e perciò il cane non è espressamente consentito.
– le civette e le anatre di plastica e simili arnesi servono ad attirare la selvaggina e quindi sono mezzi di caccia non previsti.
– la giacca verde serve per mimetizzarsi e quindi è vietata.
Conclusione ovvia per le persone sensate dovrebbe essere perciò la seguente: lo strumento che serve per sua natura all’abbattimento o alla cattura di animali è vietato se non è specificamente autorizzato dalla legge; ogni altra cosa che ha un uso generico, può essere vietata per la caccia solo in base ad una specifica disposizione, come avviene per i richiami vivi.
Tutto questo lungo discorso, utile per comprendere il problema dei radiotelefoni, è superfluo per controbattere la sconvolgente affermazione che le mani sono un mezzo di caccia proibito .. perché la legge non le autorizza! Affermazione di fronte a cui l’onesto cittadino inizia veramente a dubitare del proprio equilibrio mentale e comincia a chiedersi se un buco temporale non lo ha trasportato nel pianeta delle scimmie, dove tutto funziona al contrario; naturale conseguenza quando si giudica senza comprendere le norme che si applicano, senza fare un’analisi dei precedenti storico-legislativi, oppure in base a proprie personali convinzioni, con spregio della realtà e del buon senso.
Perché se le mani sono un mezzo di caccia, allora lo sono anche i piedi, le scarpe, i bastoni da passeggio, ecc.
Facciamo alcune ipotesi:
Ho sparato ad un fagiano che è a terra ferito; non posso torcergli il collo (uso delle mani), non posso tagliargli la testa (uso di coltello); secondo la Cassazione posso solo sparargli un secondo colpo di fucile; se ho finito le cartucce lo devo lasciare agonizzante sul posto e raccoglierlo solo quando è morto; se è ferito e lo raccolgo con le mani è evidente che caccio con un mezzo proibito.
Sono alla ricerca di funghi e di sotto i piedi mi schizza una lepre; chi convincerà il guardacaccia e la Cassazione che non cercavo di catturarla a calci?
Raccolgo dei sassi e mi diverto a vedere quanto lontano li tiro; sarò condannato per caccia alle rondini con mezzi vietati?
Vado a caccia in compagnia di mio figlio che mi aiuta a far uscire i merli dai cespugli; dove sta scritto nella legge che posso farmi aiutare a cacciare da un compagno?
Il mio bambino crede che i merli si prendono con il sale sulla coda; se va nel bosco con un pacco di sale, è in regola? E io risponderò di istigazione a delinquere?
Come può essere che sia reato più grave il raccogliere con le mani un passerotto caduto dal nido, che lo sparare una fucilata dentro al nido? E se raccolgo il passerotto con una paletta, questo è mezzo proibito?
Siccome i mezzi di caccia vietati non possono essere portati in atteggiamento di caccia, che cosa ne faccio delle mani quando vedo un fagiano; me le taglio? Oppure a cacci
a ci possono andare solo i mutilati?
Mi avrebbe detto Totò: “ma mi faccia il piacere!”
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