Per chi pratica la caccia con il fucile, il momento in cui il selvatico frulla davanti al cane fermo è la fine di una tensione emotivamente forte, sebbene positiva, che si concretizza con lo sparo liberatorio e la caduta o la fuga della preda.
In Falconeria c’è tutto ciò che precede lo sparo, ma il frullo corrisponde non già alla fine della tensione, ma, al contrario, all’inizio della cacciata.
L’inseguimento dà vita a lunghi minuti di caccia in cui l’uomo diventa spettatore di ciò che ha pazientemente programmato per mesi, seguendo un sottile filo conduttore fra la sua volontà e la naturale attitudine alla predazione dei due suoi animali, il cane ed il falco.Le emozioni sono forti ed il livello di affiatamento fra i tre componenti la squadra deve essere assolutamente perfetto.
Pena: il disastro… non solo per il fallimento della cattura, che poco importerebbe, quanto per la possibile perdita del falco o addirittura della sua incolumità fisica.
Il legame fra l’uomo ed il falco, animale simbolo della indomita tendenza alla libertà, è veramente rappresentato da un immaginario filo molto sottile che si può rompere in ogni momento.
Il falco non torna dall’uomo per “amicizia” o “sottomissione”, ma soltanto per condizionamento e convenienza.
Per cui basta niente, un parametro che non si incastra alla perfezione nel condizionamento o una opportunità estemporanea, per far decidere al falco di scegliere la libertà.
Questo sottile senso di precarietà è la costante di tutti i voli ed il vero senso della fatalità della nostra vita. Ogni volo è come se fosse il primo o forse l’ultimo… ogni volta.
Come funziona il rapporto fra noi ed i nostri falchi?
Il vero motivo per cui quasi tutti coloro che diventano in seguito Falconieri si avvicinano inizialmente alla Falconeria è proprio per avere un rapporto di collaborazione con il falco.
E’ una ragione ornitofila , più che venatoria.
La caccia viene dopo ed è il passo obbligatorio per avere un rapporto equilibrato e soddisfacente con un falco.
Abituati agli animali “domestici”, parlando di addestramento di falchi, è necessario cambiare decisamente atteggiamento.
Non ci si può aspettare comportamenti che abbiano a che fare con la sfera emotiva. Niente affetto, obbedienza, fedeltà, riconoscenza.
I rapaci, a differenza degli animali addomesticati dall’uomo da secoli, vengono selezionati naturalmente soprattutto in funzione della loro selvaticità e quindi in direzione opposta a quelle della selezione umana, che privilegia i soggetti meno paurosi verso l’uomo e più propensi a farsi sottomettere.
Non sono animali “sociali”, cioè che sfruttano il branco e la collaborazione e non concepiscono la gerarchia ed il concetto di sottomissione interspecifica.
Il risultato è che il normale concetto di “addestramento” che si utilizza con i cani, i cavalli e tutti gli animali che circondano l’uomo da sempre, non funziona con i rapaci.
Punire un cane quando sbaglia, serve a fargli capire che al capo branco (l’uomo) non piace quel comportamento e lui per compiacere il padrone, modifica il suo comportamento, sottomettendosi.
Così, impara a trattenere i suoi bisogni corporali, accetta la mantellina colorata, che tanto piace alla
sua padroncina, non abbaia più, non aggredisce i gatti, sue prede naturali…, insomma diventa un pupazzo nella mani degli amati padroni.
Unico degno rappresentante della razza canina è rimasto il cane da caccia, che ancora può predare, cioè fare quello per cui è stato creato dalla natura.
E naturalmente la maggior parte di coloro che si proclamano “amici del cane”, aborrono la caccia…
Probabilmente cercano nei cani quegli amici che fra gli umani non riescono ad avere, ma chissà , se i cani potessero parlare, cosa direbbero della loro “amicizia”…
Ma torniamo ai rapaci: un rapace non si può punire.
Il rapace divide gli esseri viventi in sole tre categorie. Molto semplice.
Gli esseri viventi che si possono uccidere e mangiare, quelli che non si possono uccidere, ma non sono pericolosi e quelli pericolosi, dai quali fuggire alla vista.
Nel primo gruppo ci sono le prede, nel secondo, per esempio, le mucche, pecore, etc, nel terzo i predatori più forti di lui, per esempio, l’uomo.
Il falconiere per scendere a compromessi con un rapace ha solo una possibilità: passare dalla categoria degli esseri viventi pericolosi, a quella dei non pericolosi.
Per fare questo non si può sbraitare, agitarsi o addirittura “punire”, perché anziché sottomettersi, il rapace avrebbe la conferma che noi siamo pericolosi e più forti di lui e quindi esseri da cui fuggire appena possibile.
Avremo raggiunto così l’esatto contrario dei nostri intendimenti.
Il nostro percorso deve essere capace di convincere il falco che, tramite determinate attività vissute insieme a noi, gli sarà molto più semplice nutrirsi, cioè cacciare.
Bisogna perciò iniziare ad addestrare il falco facendogli capire che non possiamo fargli alcun male, anzi, che gli procuriamo il cibo con estrema facilità.
Quando il falco si convincerà che la nostra presenza significa facile cibo, cercherà di frequentarci il più possibile.
Facile, no?
Assolutamente si, se non ci fossero quelle fastidiose centinaia di eccezioni dovute alla differenza di psiche di ogni falco e di ogni falconiere, a complicare le cose…
Ci sono bellissimi (ed anche numerosi) manuali di falconeria, che descrivono dettagliatamente tutte la mansioni e le metodologie di addestramento. Svelano anche i trucchi… per cui non dovrebbero esserci problemi, seguendo le righe. Ma non è così, altrimenti perché avrebbero definito la Falconeria un’arte?
Allora, a prescindere dal come farlo, il risultato finale dell’addestramento deve essere che il falco deve inseguire e catturare, ma anche tornare correttamente dal falconiere in caso di mancata cattura. E questo avviene soltanto quando il falco acquisisce piena fiducia verso il falconiere, altrimenti fugge e torna selvatico.
Sembra banale, ma …
Qualcuno chiede a volte se il falco “riporta”….
Naturalmente, il falco porta la preda alla sua compagna, come offerta… quando lei gli dà qualcosa in cambio… qualcosa che noi non abbiamo… per cui: niente riporto… quando prende, mangia e possibilmente non vuole nessuno in giro a rompergli le scatole.
Possiamo fare uno scambio… noi diamo una parte di preda a lui ed il resto ce lo teniamo…
Mi pare corretto… un rapporto da pari a pari, nessun padrone, nessun servo…
Scopri di più da Falconeria.org - Il Portale Italiano sulla Falconeria
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.