Rappresentazione di falconieri medievali
Come tutti ben sappiamo, la Falconeria non nasce nel Medioevo, ma ben prima. Tuttavia in questo periodo (per alcuni cupo e oscuro e per altri in rivalutazione e pieno di nuovi slanci per il mondo che sarebbe venuto), la Falconeria raggiunge un ottimo livello di diffusione in tutta l’Europa. Successivamente, nel Rinascimento, quest’Arte giungerà alla sua massima espressione, per poi declinare drammaticamente con l’avvento della polvere da sparo.
Ma qual è il ruolo della Falconeria medievale?
Molto difficile immaginarlo con la nostra esperienza di uomini del Duemila.
Nel Medioevo, il Falco era un cosiddetto status symbol, e praticamente nessun nobile era sfornito di uno di questi animali. Gli uccelli non venivano riprodotti ed allevati in cattività. Si trattava infatti di haggard, ovvero animali catturati in natura ed addestrati successivamente. Tali animali avevano qualcosa di estremamente differente dai nostri: nascevano liberi. La loro indole era plasmata dalle difficoltà della vita e dalla necessità di sopravvivere e il loro volo era “tramandato” di generazione in generazione, non solo in modo strettamente biologico, ma anche con una vena “culturale”, ovvero una modalità di trasmissione delle cose apprese, attraverso l’imitazione (frequentissima tra gli animali). Di conseguenza il falco possedeva sì una base istintiva che ne “regolava” il volo, ma vi era tutto il bagaglio “culturale” e frutto dell’esperienza, fatta allo stato selvatico, che veniva tramandato attraverso l’esempio di caccia fornito dai genitori.
Oggi le cose stanno un po’ diversamente, i Falchi sono tutti nati in cattività, e ciò che li porta a volare è fondamentalmente l’istinto. Il Falconiere è a terra, vincolato ad essa, e deve individuare stratagemmi e tecniche atte a stimolare un corretto volo del Falco. Con un buon addestramento, anche un animale nato in cattività potrebbe (anche grazie alla propria esperienza e quella del Falconiere), raggiungere livelli prossimi a quelli di un selvatico.
Tornando al Medioevo, parlare di Falchi era come parlare oggi di automobili, di lusso e non. L’imperatore aveva l’Aquila reale, e poi via via, scalando, venivano i principi, e tutti i vassalli e il clero, ciascuno con un proprio animale adatto al suo ceto sociale.
In realtà, per il clero ci furono alcune limitazioni all’uso dei falconi in alcune epoche. Questi vincoli furono per esempio sanciti nel concilio di Agda nel 506 d.C. e furono poi confermati nei concili di Epaon nel 517 d.C. e di Macon nel 585 d.C.
In pieno periodo di crociate nella Terra Santa, bisogna ricordare come, per esempio, anche gli ordini monastico-cavallereschi (Templari, Ospitalieri, Teutonici) non potessero di fatto praticare alcun tipo di caccia avendo preso i quattro voti fondamentali (povertà, obbedienza, castità e prontezza alle armi).
Abbiamo parlato di Crociate, ed è proprio tramite queste invasioni-conquiste-difese dei territori della cristianità (il commento dipende dai punti di vista di ciascuno di noi), che tra l’Occidente e l’Oriente si verifica un intenso scambio culturale che apporterà numerose modifiche nel modo di pensare, nei commerci, nei rapporti tra i due popoli.
Con l’incontro-scontro con i turchi (ricordiamoci che le Crociate furono combattute contro le popolazioni arabe guidate dalle popolazioni turche dei selgiuchidi e degli “ortochidi”), si verifica anche lo scambio delle tecniche tra quelle che sono le due direttrici della Falconeria, una che passa per l’Asia e l’Arabia, e l’altra che giunge fino in Europa.
Grandissimo vantaggio che introducono gli arabi è quello dell’utilizzo del cappuccio, mentre in Europa era prassi comune la tecnica della ciliatura, ovvero la legatura delle palpebre dell’animale, effettuata in modo tale che queste potessero essere chiuse o più o meno aperte. Dopo questo addestramento, la ciliatura non veniva più effettuata e l’utilizzo del cappuccio non era più necessario.
Per quanto riguarda il ruolo politico, la Falconeria fu fondamentale in molte occasioni in cui venivano stipulati trattati, accordi ed altre importanti decisioni. Poteva anche essere utilizzata come dote di nozze durante gli sposalizi regali.
Dame e signori del Tardo Medioevo
Alcuni nobili e alcuni regnanti arriveranno addirittura a vietare la cattura di questi uccelli, forse più per un fine egoistico e d’orgoglio, che non protezionistico. Le pene cui si era sottoposti in caso di abbattimento o cattura di un Falco senza autorizzazione, erano veramente severe e commisurate alla mentalità medievale.
Perché il Falco e la Falconeria sono entrate a far così parte della cultura dell’uomo? Come mai i falconi hanno assistito alle dispute umane, dalle desolate distese della Mongolia, fino alle Crociate e alle guerre in Europa? Cos’è che questi animali provocavano e provocano nell’animo umano?
Questa è una domanda cui difficilmente si può rispondere.
Il Falco è visto come un essere quasi sovrannaturale. In lui si intuisce a colpo d’occhio una “cattiveria” e “freddezza” dei lineamenti della testa, della sua forma, degli artigli. Questa aggressività viene inoltre associata alla sua natura di predatore, alla sua picchiata e al suo modo perfetto di volare e di abbattere prede talvolta molto più grosse di lui.
Ma forse, come è sempre stato negli uomini, il Falco è un essere volante, e tutto ciò che è in aria ha sempre affascinato l’animo umano. Quindi, il volo, il “coraggio” (se così si può dire per i falchi), l’abilità, la fisionomia, hanno portato questo animale a entrare nella mente dell’uomo, a diventare l’esempio della cavalleria e della nobiltà.
Quest’influenza sulle attività umane è innegabile, sia dal punto di vista sociale che politico.
La figura alata dei rapaci è riuscita a tramutarsi in un’immensità di simbologie, stemmi e racconti.
è difficile riuscire ad immaginare cosa significasse nel XIII secolo la parola Falconeria. Si trattava di qualcosa estremamente radicato nella cultura di allora. Molto spesso, anzi, sempre, questa forte influenza è trascurata a livello scolastico e tra le persone in generale. L’unico accenno che, in alcuni licei, ancora si fa, è relativo a poche righe sul De Arte venandi cum avibus di Federico II di Svevia in alcuni testi di letteratura italiana.
Oggi la parola Falconeria è in alcuni casi addirittura sconosciuta. Certi chiedono persino “che cos’è. E’ incredibile osservare il “declino” che, in alcuni paesi, quest’Arte ha tristemente subito. Gradualmente è cambiata la mentalità, l’uomo ha scoperto nuovi simboli e occupazioni, nuovi passatempi e, pian piano, gli orgogliosi falconi sono stati sempre più messi da parte.
Addirittura, proprio nel nostro secolo, è successo qualcosa di assolutamente inconcepibile ed opposto a ciò che si verificava in epoca medievale. I Falchi sono stati difatti perseguitati volontariamente o involontariamente. Essi sono stati considerati “nocivi” in base a criteri assolutamente infondati e falsi, che erano e sono imperniati sull’ignoranza di alcune persone. Ancora oggi una vecchia tradizione venatoria è propensa a considerarli “animali nocivi” perché sottraggono e spaventano la selvaggina. Capirete benissimo che il termine “nocivo” è quanto di più complicato esista da definire. Nocivo a chi? Per chi? La questione è piuttosto relativa.
Oltre a questo, involontariamente, i rapaci hanno dovuto subire il massacro che ha comportato il DDT, pericolosissima molecola che comportava seri danni epatici e riproduttivi (come l’assottigliamento del guscio delle uova).
Ancora oggi, sullo stretto di Messina, ogni anno si deve porre molta attenzione ad una bizzarra tradizione che porta all’abbattimento dei Falchi pecchiaioli che lì transitano durante il periodo migratorio.
Come si sia arrivato a tanto non si sa. Il Falco, la simbologia del potere e del coraggio, si è tramutato in pochi secoli in un animale come altri e, per alcuni anni, in un animale addirittura in pericolo d’estinzione. Forse una mancanza di cultura, associata all’allontanamento dell’uomo dalla natura, ha portato a cambiare il modo di vedere questi stupendi animali.
Certo è che la Falconeria, per fortuna, è comunque riuscita a salvarsi. Sicuramente non raggiungerà mai più i livelli e le influenze del passato, e questo è normale, perché le cose cambiano, alcune altre prendono il sopravvento su quelle passate e tutto è giusto e naturale.
Oggi i Falchi, anche se in minor numero, continuano a volare. Probabilmente il vero ruolo dei Falconieri del 2000 è proprio quello di conservare questa tradizione che è nata nella notte dei tempi, mantenere elevato il rispetto per la Falconeria che, al giorno d’oggi, rischia d’essere messa a repentaglio. La Falconeria come fine a sé stessa e per il piacere del Falconiere, come anche scuola per importanti valori, e non come spettacolo e negazione di quella signorilità e simbologia cavalleresca di cui tanto era carica un tempo.
La Falconeria va conservata, ampliata e diffusa, correttamente e con i giusti e sani principi che caratterizzano la falconeria con la F maiuscola.
Vedete… Il rapporto tra uomo e falco è qualcosa di indescrivibile. Adesso mi viene in mente un paragone, magari un po’ azzardato. L’uomo e il falco sono come due nemici in una delle tante battaglie medievali. Prendete le crociate e i due schieramenti, franco e turco. Tra loro c’erano tensioni, battaglie, conquiste, capitolazioni di castelli e fortezze… Ma spesso ci si rendeva conto che il motivo della battaglia era in fondo lo stesso da ambo le parti. In quelle terre si conobbero uomini che si odiavano e che, contemporaneamente, si rispettavano. In alcuni casi tutto questo divenne anche una solida alleanza.
Per esempio quando Zengi va ad assediare Damasco nel 1139, i damaschini resistono con vigore sotto il comando dell’anziano visir, il capitano Unur (Aynard nella sua forma francesizzata). Unur fa appello ai Franchi per la difesa della città. L’ambasciatore Usama viene inviato da re Folque e, tra loro, nascerà una solida ed importante alleanza che verrà poi danneggiata dagli stessi Franchi che arrivarono con la seconda crociata e dettero retta alla Mélisende, moglie dell’ormai deceduto re Foulque.
Si racconta quindi che Usama fece visita a re Foulque a San Giovanni d’Acri, il baluardo cristiano nelle terre d’Oriente. Qui si fermarono ad osservare un grande falco con tredici penne timoniere, di proprietà di un genovese che lo aveva addestrato per la caccia alle gru. Re Folque regalò questo falco ad Usama. Era un mezzo per confermare la loro alleanza, mezzo che oggi può apparire strano, ma che allora era di fondamentale valore.
Di conseguenza, uomo e falco sono due nemici, due caratteri troppo differenti per comprendersi fino in fondo. Tra l’uomo ed il falco c’è rispetto, anche se, a differenza dei cavalieri medievali, questo rispetto è manifestato solamente da parte dell’uomo. Il falco fa il suo interesse, è un animale molto “orgoglioso”, senza sentimenti o attaccamento al suo “padrone” (se di padrone si può parlare). Eppure è proprio per questo motivo che noi lo ammiriamo e continuiamo ad addestrarlo.
Forse è proprio questa diversità e questa voglia di conoscere che porta l’uomo e il falco ad avere un legame che dura da più millenni.
Probabilmente questo legame durerà ancora a lungo. Ma la cosa dipende solo dai Falconieri. Siamo come un’enorme collana distesa nel tempo, di cui noi non siamo che un anello che dovrebbe pensare a consentire il legame degli anelli che verranno dopo di noi. Tutto questo perché la Falconeria continui a volare nei cieli futuri.
Bibliografia essenziale
A. Arpa, Trattato di Falconeria.
René Grousset, La Storia delle Crociate, edizioni Piemme.
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